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da preftantissimo Cittadino, che non teme ne' suoi fratelli l'abborrimento alla servitù; che non prende in sospetto il libero esercizio della ragione; che Ji ama goveruare uou mandre, ma uomini; che finalmente ai lumi di consumata e liberale Politica aggiugne quelli della Sapienza, delle Arti e del Gufto.

PREFAZIONE.

LETTORE, se vai nel numero di coloro, che gridano sacrilegio a tutti gli ardimenti di stile, se con cuore assiderato, e rattratto dalla superstiziosa pedanteria ti accosti alla lettura di Persio; non toccar Persio: egli è libro scomunicato per tutte le anime paurose, egli dichiara altamente, egli stesso, di non volere a lettori, che ingegni caldi e bollenti.

Se ad ogni parola del pedestre idioma latino (come pure dell' italiano, rispetto alla traduzione ), se ad ogni bizzarra metafora, se ad ogni comparazione o troncata, o serrata in un termine solo, se a tutte le allusioni, ch'egli fa di continuo agli antichi costumi, alla storia, alla favola, alla stoica filosofia tu pretendi schiarimento e ragione; va lontano da Persio: egli è un Quaquero che per ogni mille parole non ne risponde che una, e bene spesso nessuna. Se speri finalmente trovarvi idee terminate, limpide transizioni, legami evidenti tra ciò che precede, e ciò che consegue; non aprir Persio: egli è una voragine che assorbisce tutti gli spiriti dilicati, ed avvezzi al pancotto.

Ma per renderlo intelligibile tu dunque ci affogherai in un lago di note. Tutto il contrario. Le troppe note hanno moltiplicato le tenebre su questo poeta. Le poche lo faranno forse più chiaro.

Le pongo in fine, non a seconda del testo, perchè le note appie di pagina non sono ordinariamente che distrazioni, oltre l'essere un guasto dell'edizione.

Le appoggio tutte al testo latino, perchè stimerei oltraggio a' lettori italiani, e a me stesso, dilucidar parole e frasi italiane.

Cito gli autori, e le cose, non sempre l'opera, e il verso, e la pagina, perchè in un libro di bella letteratura non mi garba punto il metodo de' forensi. Il lettore studioso mi sarà grato del mio silenzio che lo pone in neces sità di cercare per se medesimo i passi citati, rintracciando i quali raccoglierà per via cento altre cognizioni molto più utili di quelle ch'io potrei suggerire.

Non rapporto le varianti, poichè mi manca pazienza per tanto affare: non rendo ragione delle prescelte, poichè ogni modo il proprio gusto non fa mai regola: non la rendo tampoco del mio frequente dissentire dall'altrui interpretazione. Mi giustificherà abbastanza la traduzione stessa, se sarà per avventura più naturale e più chiara.

Non premetto finalmente, secondo l'erudita consuetudine, la vita del mio Autore, perchè nulla non ho trovato che aggiugnere a ciò che altri ne ha scritto. Nè a me piace ingrossare di cose altrui questo libretto, qualunque ei siasi,

SATIRE

DI

A. PERSIO FLACCO

PROLOGUS.

NEC fonte labra prolui caballino,

Nec in bicipiti somniasse Parnasso
Memini, ut repente sic poeta prodirem.
Heliconiadasque, pallidamque Pirenen
Illis relinquo, quorum imagines lambunt
Hederæ sequaces: ipse semipaganus
Ad sacra vatum carmen affero nostrum.
Quis expedivit psittaco suum Xaipe?
Picasque docuit verba nostra conari?
Magister artis, ingenique largitor
Venter, negatas artifex sequi voces.
Quod si dolosi spes refulserit nummi,
Corvos poetas, et poetrias picas
Cantare credas Pegaseïum melas.

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ΤΟ

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