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Essa si propone la conservazione e la liquidazione dei beni del fallito e la ripartizione di essi tra i creditori.

1. Concetto generale del sistema adottato per l'amministrazione del fallimento.

2. Estensione e fini dell' amministrazione stessa.

1. Parecchie importanti modificazioni si sono introdotte con questo titolo del nuovo Codice all' ordinamento organico dell'amministrazione del fallimento contenuto nel codice precedente, provvedendo anzi tutto, con molta assennatezza, all'unità della stessa, che antecedentemente andava frastagliata da prima nelle mani di sindaci provvisori, in numero spesso di due e talvolta anche di tre, scelti per ordinario fra le persone dei creditori, per passar poscia in quelle di altrettanti sindaci definitivi.

L'esperienza aveva già da gran lunga fatti palesi i difetti di questo sistema; quali, la confusa responsabilità e le non rare collisioni dipendenti dalla pluralità dei sindaci, le frequenti opposizioni del loro interesse individuale, come creditori, coll' interesse generale della massa che dovevano rappresentare; in fine la

difficoltà somma, se dir non si vuole impossibilità, in cui erano posti i creditori di esercitare sull'amministrazione del fallimento la solerte vigilanza richiesta dal sentimento del proprio interesse. (1)

Egli è per ciò che le nuove disposizioni esordiscono col nostro Articolo dalla dichiarazione generale che l'amministrazione del fallimento è esercitata da un unico Curatore, estraneo alla massa dei creditori e nominato dal Tribunale, con la sorveglianza di una Delegazione dei creditori, fissando così fin da principio il concetto fondamentale dell' unità in tutti gli stadi del procedimento. (2).

La massa dei creditori di un fallimento, che si congiunge per un interesse collettivo, non è un'associazione volontaria e libera, sì bene un'associazione fortuita, creata dalla necessità, protetta dalla legge, e che la legge organizza, regola e tiene unita. La legge e la massa dei creditori, gl' interessi degli assenti, i diritti della minoranza contro le pretensioni e i disegni della

(1) L. Fiore, Nuovo Codice di Commercio del Regno d'Italia, Commentato da distinti Professori e Giureconsulti V. III. Pag. 567.

(2) Atti della Commissione ecc. Parte III. Verbale CXXXIII N. 788. Pag. 559.

maggioranza, l'ordine pubblico, e il principio della uguaglianza nei sacrifizi e nelle perdite, era mestieri che fossero in cotesta associazione tutelate, e lo sono difatto dalle attribuzioni che la legge affida alla Delegazione dei creditori ed al Giudice delegato.

2. L'ammistrazione si propone la conservazione, dei beni del fallito e a questa è provveduto nei Capi II e III di questo medesimo Titolo; la loro liquidazione, la quale naturalmente consiste nella determinazione, del passivo e dell'attivo, e alla determinazione del passivo è provveduto nel Titolo III e a quella dell' attivo nel Titolo IV; finalmente si propone la ripartizione tra creditori delle attività, depurate dalle passività, e a questa è provveduto nel Titolo V. Col nostro commento dipaneremo al rispettivo luogo questa matassa filo per filo.

SEZIONE I.

DEL CURATORE

ARTICOLO 714. Il curatore è scelto dal tribunale tra persone estranee alla massa dei creditori che non siano parenti od

affini del fallito sino al quarto grado inclusivamente.

1. Perchè all' amministratore del fallimento è dato nome di Curatore, e non più, come nel precedento Codice, di Sindaco? 2. Perchè è scelto tra persone estranee alla massa dei creditori?

3. Quali sono i parenti od affini del fallito esclusi da tale ufficio?

1. Dimostrammo già che il Curatore del fallimento non ad altro assomigliava che all'antico Curator bonorum che a termini delle romane leggi si costituiva per autorità di giudice ai beni del debitore oberato, e che anzi era la stessa cosa, sì per la forma della sua elezione e sì per gli stessi doveri che gli erano imposti e le stesse attribuzioni che gli erano conferite (1). Da ciò si deduce, a parer nostro, la ragione per la quale i compilatori del nostro nuovo codice, ossequenti alle tradizioni del romano diritto, hanno attribuito all' amministratore del fallimento il nome di Curatore e non quello di Sindaco, conciossiachè nella lingua nostra, con quest' ultimo nome, si designa il

(1) Veggasi a pag. 390 del Tomo I.

semplice revisore di conti (1) e non l'amministratore, che per la natura delle cose, fa mestieri sia fornito dei più ampi poteri che l' amministrazione del fallimento e i fini che essa si propone, richiedono.

2. Secondo il Codice precedente l'amministrazione del fallimento, come abbiamo già osservato, era affidata per ordinario ai sindaci scelti per regola nel novero dei creditori.

Senza annoverare le altre cagioni per le quali questa istituzione non potè produrre i buoni frutti che se ne attendevano, è impossibile di non riconoscere soprattutto che assai di rado l'interesse individuale dei creditori incaricati dell'amministrazione, potrebbe conciliarsi coll' interesse comune della massa e col miglior andamento del delicato affare ad essi affidato (2). In questa considerazione, suggerita dall' esperienza, sta la principal ragione dell' opposto sistema adottato col nostro Articolo, il quale impone che il Curatore sia scelto dal tribunale tra persone estranee alla massa stessa.

(1) Dizionario della lingua Italiana

cabolo Sindaco.

Bologna 1824. Vo

(2) Atti della Commissione ecc. Parte III. Verbale CXXX n. 766 Pag. 509.

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