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paterna il 19 luglio dell'anno 761. Adriano I restaurò tuttavia il cimitero e la superiore basilica s. Silvestri.

Nell'anno 992 quella basilica era già in desertis posita (1). Il Bosio ne vide notabili ruderi; aveva forse due ordini di colonne, nel sotterra si conserva il capitello di una di queste precipitatovi dopo la rovina del superiore edificio. Mentre io scrivo queste pagine si vengono scoprendo gli avanzi della basilica di s. Silvestro e degli oratori annessi, dei quali restano però poche tracce di mura che furono terminate di disfare in tempi da noi non lontani. Le rovine della basilica testé ritrovata corrispondono precisamente al disopra della cripta degli Acilii e della cappella di s. Crescenzione già scoperte due anni or sono; ed inoltre la basilica per mezzo di una scala è in comunicazione con quelle cripte medesime le quali erano senza dubbio il centro della devota visita dei pellegrini. Quindi si conferma la congettura che la tomba del nobile Acilio Glabrione, martire della persecuzione di Domiziano, fosse il nucleo primitivo da cui si svolse poi il cimitero di Priscilla. Però niuna iscrizione di pontefici qui sepolti è fino ad ora tornata in luce, essendo il luogo del tutto devastato, ma giova sperare che continuando le escavazioni, potrà rinvenirsi qualche loro memoria.

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Iusti Ipogeo di militi pretoriani cristiani Il Titolo di Nicomede Iscrizioni del cimitero.

Anche la via nomentana facea capo all'antica porta Collina come la Salaria. L'antica strada nel suo primo tratto da Roma correva alquanto più a destra dell'odierna. Infatti l'anno 1873 negli sterri dell'odierna via Palestro

(1) Marini, Pap. dipl. p. 46.

a circa ottanta metri di distanza dall'asse della via nomentana attuale furono scoperti alcuni tratti della primitiva strada. La nomentana erà situata nella parte culminante della sesta regione civile di Augusto Alta semita, la quale comprendeva il Quirinale e parte del Viminale. La porta odierna fu edificata da Pio IV e sostituita alla vetusta nomentana l'anno 1564. Nei tempi di mezzo anche questa porta tolse il nome da uno dei più celebrati santuari della nomentana, e come quella del Popolo si disse di s. Valentino, la Salaria di s. Silvestro, questa si chiamò Porta Domnae, Porta della Donna, cioè domnae Agnetis, di s. Agnese. In origine la via nomentana si chiamò Ficulense (1) da Ficulea cittadella aborigena situata su i monti Corniculi. Nel secolo quinto dell'èra volgare esisteva ancora la chiesa ficulense posta sotto la giurisdizione del vescovo di Nomento, ma dopo quel tempo si perdono affatto tutte le notizie di Ficulea. Ai giorni dell' impero non più Ficulense ma Nomentana si chiamò la strada da Nomentum (Mentana) la prima, più importante ed antica città sabina che incontrava. Si congiungeva poi presso Eretum (Monte Rotondo) colla Salaria, come testifica Strabone. Presso il quarto miglio dalla porta Collina era il suburbano famosissimo di Faonte liberto di Nerone ove il predetto imperatore si uccise, dopo essersi rifiutato di nascondersi per suggerimento dello stesso liberto entro una cava di arena. Anche Seneca già maestro del tiranno possedeva un suo predio sulla via medesima che viene celebrato da Columella per la fertilità del suolo e la bontà dei vini che produceva (2).

Tre grandi cimiteri si trovano nella zona cimiteriale romana della via e sono quelli di Nicomede, di s. Agnese e di s. Emerenziana. Gli atti di s. Nicomede sono inseriti in quelli dei santi Nereo ed Achilleo e ci dicono che quel martire fu un prete, ucciso nella persecuzione di Domiziano a colpi di piombarole, il suo cadavere fu ripescato dal Tevere ove era stato gettato, e da un suo chie

(1) L`v., lib. III, c. XXIX.

(2) Colum., de re rust. lib. III, c. 3.

rico di nome Giusto seppellito in un predio, hortus, che quel chierico possedeva iuxta muros via nomentana. Gli atti stessi narrano che Nicomede aveva dato sepoltura alla martire Felicola collattanea della celeberrima filia s. Petri s. Petronilla; ed il luogo ove quel martire dette sepoltura a Felicola fu nel settimo miglio della via Ardeatina, cioè nel predio suo o praedium Nicomedis. Il Bosio in un codice vallicelliano degli atti dei santi Nereo ed Achilleo trovò aggiunte le parole: in quo loco dedicata fuit ecclesia in kalendis iunii quae nunc vero penitus destructa est (1). Giustamente osserva il de Rossi che queste ultime parole debbono essere state scritte dopo il secolo ottavo; imperocchè gli itinerari del settimo secolo ci additano la chiesa di s. Nicomede tuttora esistente e visitata, ed il libro pontificale ne testifica i risarcimenti fatti da Adriano I dopo il 772 (2). Della dedicazione di quella chiesa rimase celebre per lunga pezza e solenne la memoria nel martirologio romano piccolo e nei codici liturgici del secolo ottavo, nei quali al primo di Giugno si legge: dedicatio basilicae sancti Nicomedis martyris (3). La prima scoperta di questo cimitero è di data recentissima, poichè risale all'anno 1864. Essa si deve alle generose cure dei sigg. Marchesi Patrizi che lo rinvennero nella loro villa oggimai distrutta, fuori la porta Pia iuxta muros. Si cominciò dallo scoprire una delle più ampie e profonde scale che si conoscano nella Roma sotterranea e che mette a due piani di escavazione. Nel primo il cimitero è allacciato ad una antica arenaria, nel secondo imbocca in un alto e vasto ambulacro, alla cui destra mano a piè della scala medesima è aperto l'adito ad un cubicolo con tre arcosoli; questo cubicolo fu già decorato di belli e varii marmi di cui restano ancora gli avanzi. Anche il cimitero è tutto spogliato e guasto, ed è di breve circuito. Poco discosto dal medesimo fu scoperto un secondo ipogeo cristiano

(1) Bosio, Roma sott. p. 416.

(2) V. Roma sott. t. I, p. 178, 179.

(3) V. Georgi. Martyr. Adonis p. 423, 424.

con la sua scala, ed ove sono stati trovati due pezzi dell'epitaffio di un milite cristiano delle coorti pretorie. Quella guardia aveva il suo castro a piccola distanza dal cimitero (Castro Pretorio); forse quell' ipogeo era un piccolo cimitero dei pretoriani cristiani. Nel luogo ove sono stati trovati i due ipogei suddetti, nei secoli passati erano venute in luce più volte memorie sepolcrali cristiane, delle quali però non si tenne conto veruno per la storia del luogo. Così il Doni vide quivi un grande sarcofago coll' epigrafe di una giovinetta morta l'anno 388: (1)

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Il Fabretti vi trovò l'epitaffio di un prete che era stato ramingo, terra marique pro nomine Christi (2) e quello di una Aurelia Marciana CIVES PANNONIA fattole dal marito e dalla figlia (3). Nelle escavazioni intraprese dai sigg. Patrizi oltre il cimitero sotterraneo si trovò un grande sepolcreto costruito all'aperto in mezzo al quale apparivano le fondamenta e le vestigia d'una piccola basilica di forma quadrilunga con la sua abside, dinanzi al cui vestibolo era grande scala già ricordata che discende al principale dei due ipogei. Poco discosto da questo sepolcreto è la scala minore nelle cui pareti sono pure incavati loculi della consueta forma. Fra le rovine di questo descenso sono state trovate basi di colonnine che sembrano averne adornato la porta ed il vestibolo e due transenne di marmo,

(1) De Rossi, Inser. christ. I, p. 164.
(2) Fabretti, Inser. dom. p. 329 n. 484.
(3) I. c. p. 164 n. 295.

che certamente furono affisse alle finestre di quell'ingresso; ivi fu anche trovata la seguente mutila iscrizione:

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Le lettere sono rozze ed imperfette ma facile ne è la lettura (Dio)nisius milix (miles) cohortis sextae ... ....stus p(a)ter fratri (ben)emerenti posuit qui vixit) annis xxx in pace.

Non sono rare le iscrizioni dei militi cristiani anche nei secoli anteriori alla pace della Chiesa, ai quali spetta la maggior parte di quelle dei pretoriani cristiani, perchè è noto che quella milizia fu abolita da Costantino. Che nell'ipogeo vicino al suddetto sia da riconoscere il cimitero di s. Nicomede risulta dalle indicazioni degli antichi topografi e dalle notizie stesse degli atti di san Nicomede.

Abbiamo detto che al disopra furono scoperte le tracce della basilica; quando e da chi fosse edificata è ignoto. Il libro pontificale ricorda che Bonifacio V creato nel 619; perfecit coemeterium s. Nicomedis et dedicavit illud, le quali parole si debbono intendere della basilica.

Alla memoria di Nicomede sorgeva anche dentro la città un vetustissimo titolo, ricordato nelle sottoscrizioni del concilio romano sotto Simmaco (1) e in un monumento edito dal de Rossi. È una lastra sepolcrale che fu messa in opera dopo tolta dal suo luogo primitivo nell'ambone del Vangelo in s. Lorenzo fuori le mura; è l'epitaffio d'un prete di quel titolo o parrocchia urbana:

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L'anno 1601 il Bosio trovò e discese in uno di questi ipogei che egli congetturò essere il cimitero di s. Nico

(1) Concil. ed. Labbe t. IV, p. 1316.

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