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tenza egli avrà presa dai precetti di Gatone, riferiti da Plinio il vecchio. (1) Che in ogni modo questo libro sia d'antico conio, lo dimostra il sapere che faceva autorità in tutte le scuole a' tempi di Carlo Magno; ed è a credere, che quando poi si cominciò a scrivere nella nostra lingua, se ne sieno fatte per comune utilità le versioni.

Di questa operetta, scritta in distici latini e divisa in quattro libri, abbiamo tre volgarizzamenti antichi, due dei quali furono per la prima volta pubblicati dal Vannucci, (2) ed uno venne per sua cura ridotto a miglior lezione. La prima di queste versioni pensa il suddetto Vannucci che rimonti al 1250, e sia forse anche più antica. Essa è dettata con purezza e bontà di lingua, con schiettezza e proprietà di vocaboli, da qualche arcaismo in fuori, e con forme di dire efficaci, brevi, significanti. Ma del volgarizzatore non sappiamo veruna cosa, nè anche il nome. Della seconda null' altro egli dice fuorchè è tratta da un antico Codice della Riccardiana, e che dimostrasi scrittura del miglior tempo. Anche di questa non si conosce l'autore nè pur di nome. Tuttavia esser egli Toscano, e aver vissuto nel miglior tempo della nostra lingua, è manifesto dalla proprietà delle voci, e dalla schiettezza e leggiadria de' modi ond' è sparsa la sua scrittura. La terza fu pubblicata dal Manni (3) dietro all' Etica di Aristotile e alla Rettorica di Tullio, e ristampata per cura della Marchesa Anna Pepoli Sampieri. (4) Anche di questo volgarizzamento, secondo il Manni assai antico, è ignoto l'autore. Ma chiunque egli sia stato, certamente, in facendo il suo lavoro, si valse di un testo latino, secondochè osservò lo stesso Manni, molto accavallato e malmenato. Di questi volgarizzatori si troverà quando l'uno, quando l'altro, più o meno fedele; il che non dee recar maraviglia considerata la qualità di quei tempi, e soprattutto la mancanza dei buoni testi latini.

Se agli esempi, che siam per recare, della prima versione, la quale appartiene indubitatamente al Secolo XIII., uniamo quelli delle altre due, e il volgarizzamento ancora di qualche distico fatto da Albertano, da Bartolommeo da S. Concordio e da altri, speriamo che non ci sarà apposto ad inutile pompa

(1) Histor. natur. 29. 7. (2) Milano, MDCCCXXIX. (3) Firenze, 1734. (4) Bologna, 1827. Nel secolo XV., ed anche posteriormente, si sona fatte de' distici di Catone altre versioni italiane in prosa e in verso ; e non meno di quattro a stampa ne furono esaminate dal Gamba nella Marciana, ma sono tutte feccia e mondiglia,

Imperocchè il raffrontare gli autori, come abbiamo detto altrove; (1) il considerare, allorquando maneggiano lo stesso argomento, le differenti gradazioni della loro dizione; e lo studiare il vario numero e la varia armonia delle parole, esser non può che di grandissimo giovamento a chi ami dir bene e italianamente: nè tutto questo, gridino pure in contrario i miscredenti de' nostri tempi, non s' otterrà se non attingendo alle belle primitive forme dell' antico parlare italiano.

LIBRO I

Plus vigila semper, nec somno deditus esto:
Nam diuturna quies vitiis alimenta ministrat.

Sempre più vegghia, nè sie (2) troppo dato (3) al sonno; imperciocchè lo riposo del die (4) dà nutricamento (5) a' vizii. Sempre più vegghia, e non ti dare al sonno; chè el (6) cotidiano riposo dà nutricamento a' vizii.

Sempre vegghia molto, e non ti dare al sonno; perocchè il troppo riposo a'vizii dà accrescimento.

Più vegghia sempre, che tu non dormi, e non esser dato al sonno; chè lo lungo riposo nutrica i vizii. (Albertano.)

Virtutem primam esse puto, compescere linguam:
Proximus ille Deo est, qui scit ratione tacere.

Costringere (7) la lingua, credo che sia la prima (8) vertude: (9) quelli è prossimo (10) a Dio, che sa tacere a ragione, La prima virtù sì è di costringer la lingua: colui è prossimano (11) a Dio, che sa tacere con ragione.

La prima vertù penso che sia l'uomo costrignere (12) la

(1) Prefaz. al Vol. I. pag. VII. (2) Sie e sieti per sii ec. è modo che sente il sies e siet de' Latini, e che ricorda que' tempi, ne' quali la nostra lingua pendeva ancora indecisa circa la desinenza. (3) Dedito, in clinato. (4) Convien dire che il volgarizzatore, in luogo di diuturna quies del testo, leggesse diurna quies. (5) Nutricamento, sostant. per metaf. vale tutto ciò che serve a promuovere, ad agevolare, ad accrescere una cosa. (6) Per il. (7) Tenere a freno, moderare. (8) Principale, eccellente. Il Daumio spone: primariam, praecipuam. (9) Ora virtude. (10) Vicino. (44) Antiquato; oggi prossimo. (12) Sintassi latina, cioè che l'uomo stringa ec.

CO

sua lingua: perocchè quelli è propinquo (1) a Dio, che sa stare cheto con ragione.

La prima virtù di tutte penso che sia costrigner la lingua: quegli è prossimo a Dio, che sa tacer per ragione. (2) ( Albertano)

Nil temere uxori de servis crede querenti:

Saepe etenim mulier, quem conjux diligit, odit.

Non credere (3) alla tua moglie, quando si lamenta (4) della tua famiglia, sanza (5) cagione: imperciocchè spesse volte colui che 'l marito ama, la femina l'ha in odio.

Non credere alla moglie mattamente, quando de' servi ella si lamenta; spesse volte la moglie inodia (6) quello che 'l ma

rito ama.

Cosa nessuna non credere mattamente alla tua moglie perch' ella si rammarichi del tuo servo; perocch' il più delle volte colui che 'l marito ama, la femina ha in odio.

Niuna cosa mattamente non credere alla tua moglie, che de' tuoi serviziali (7) si lamenta; chè spesse volte la femina inodia cui lo marito ama. ( Albertano)

Contra verbosos noli contendere verbis:

Sermo datur cunctis, animi sapientia paucis.

Contra gli uomini che sono pieni di parole non ti contendere (8) con loro; perchè la parola è data a ciascuno, ma'l savere (9) dell' animo è dato a pochi.

Con coloro che son pieni di parole non contastare; (10) el parlare è dato a molti, la sapienzia è data a pochi.

(1) Latinismo, vicino. (2) Nel volgarizz. di Albertano, Tratt. III. questa sentenza leggesi tradotta così: la miglior virtude e la maggiore che l'uomo possa avere in sè, si è di costrigner la lingua sua, e quegli è amico d' Iddio, che sa tacere a ragione. (3) Non prestare, non porger fede. (4) Si richiama, fa doglianza. (5) Per senza. Quel sanza cagione volea collocarsi dopo non credere, e forse fu trasposto dal copiatore sbadatamente. (6) Lo stesso che odia; oggi non è usato. (7) Servigiale e serviziale si disse anticamente per servo. (8) Disputare, questionare. Forse dopo contendere manca di parole. (9) Sapere, senno. (10) Verbo disusato, oggi contrastare.

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Contra gli uomini pieni di parole non contendere di novelle; (1) perocchè 'l sermone è dato a tutti, ma 'l sapere dell'animo è dato a pochi.

Contro gli uomini pieni di parole non ti contrastar di раrole. (2) ( Albertano.)

Dilige sic alios, ut sis tibi carus amicus:

Sic bonus esto bonis, ne te mala damna sequantur.

Ama sì altrui, che sie (3) amico a te; così sie amico alli amici, che non te ne seguiti troppo danno.

Ama sì ognuno, che tu sia caro amico a te; e sia sì buono a' buoni, che a te non sia danno.

Ama sì altrui, ch'egli ti sia caro ed amico; (4) sii buono a' buoni, acciocchè danni non te ne seguitino.

Ama sì altrui, che tu sii caro amico a te stesso; e sie buono ad altrui, che mal danno non ti seguisca. (Fior di Virtù)

Multorum quum facta senex et dicta recenses,
Fac tibi succurrant, juvenis quae feceris ipse.

Tu che se' giovane, e odi uno savio vecchio parlare delle lode altrui, fa' quanto puoi che di te sia detto lo somigliante. (5) Conciossiacosachè tu vecchio lasci (6) e (7) detti et (8) e fatti di molti, fa' che tu giovane ti soccorrino le cose che tu hai fatte.

Quando tu sarai vecchio, racconterai i detti e' (9) fatti lodevoli; ma fa' sì in tua gioventudine, (10) che e' (11) ti soc corrano in vecchiezza.

verso.

(4) Lo stesso che disputare, questionare di parole. L'Arutzenio chiosando il contendere verbis del testo, dice: verbis contendere idem est quod altercari, altercatione contendere. (2) Manca la traduzione del secondo (3) Che tu sii o sia. (4) Sembra che il traduttore abbia letto ut sit tibi ec. (5) La stessa cosa. (6) Sottintendi o in scritto o in voce. Parrebbe, dice il Vannucci, che il traduttore avesse letto relinquis, in cambio di recenses. Anche quel tu giovane può credersi che stesse collocato dopo il tu hai fatte, e dicesse non tu giovane, ma da giovane. (7) E senz' apostrofo invece dell' articolo plur. i o li. (8) Latinismo per e, non più in uso. (9) Per e i. (10) Ora, gioventù. (11) Ellino, elli, ei, e'.

Quando tu vecchio reciterai antichi detti e fatti, fa' che ti soccorrano cose che tu abbi fatte dalla tua gioventudine. (Albertano)

Quum fueris felix, quae sunt adversa caveto:
Non eodem cursu respondent ultima primis.

Quando se' benavventuroso, (1) ischifa le cose avverse; perciocchè le cose ultime non rispondono alle prime.

Quando sarai avventurato, guardati dall' avversitade; chè le cose non stanno sempre in uno stato. (2)

Quando sarai felice, considera le cose che avverse ti possono venire; imperocchè in uno medesimo corso le prime fe lici cose non rispondono all' ultime.

Exiguum munus quum dat tibi pauper amicus,
Accipito placide, plene et laudare memento.

Quando un amico povero ti dà uno cigulo (3) dono, ricevilo allegramente, e ricorditi di lodarlo pienamente.

Quando lo povero amico ti dà uno picciolo dono, allegramente lo ricevi, e pienamente il loda.

Quando l'amico povero ti dà un picciolo dono, ricevilo graziosamente, e ricordati di lodarlo pienamente.

Infantem nudum quum te natura creavit,
Paupertatis onus patienter ferre memento.

Conciossiacosachè la natura ť abbia criato (4) infante nudo, ricorditi di portare (5) pazientemente lo carico (6) della povertà. Poichè Iddio ti creò in questo mondo ignudo (7), ricor dati di portare pazientemente lo carico della povertà.

II (1) Felice. (2) Si mantengono, rimangono nel medesimo essere. Passavanti nello Specchio di vera penitenza: e fugge come l'ombra, e mai non istà in istato. (3) Cigulo in senso di piccolo, usato spesso anche dal Giamboni; oggi è fuori d'uso. (4) Per creato, voce della poesia. (5) Sop portare. (6) Peso, incomodo. (7) Manca per avventara infante, o simile.

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