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Se tu disideri, mentre che vivi, di volere ferma onestà, (1) fa' che fuggi coll' animo le rie allegrezze della vita mondana.

Disce aliquid: nam, quum subito fortuna recessit,
Ars remanet, vitamque hominis non deserit umquam .

Impara alcuna cosa; chè, quando subitamente la ventura si parte (2) da te, l'arte rimane, e la vita dell' uomo mai non abbandona. (3)

Impara arte, sì che (4) quando le ricchezze fuggono, (5) l' arte rimane, e non abbandona la vita dell' uomo.

Appara arte, perocchè, quando snbito la ventura si parte da te, l'arte si rimane, e non abbandona mai la vita dell' uomo.

Disce, sed a doctis; indoctos ipse doceto.

Propaganda etenim est rerum doctrina bonarum.

Impara, ma da coloro che sanno, (6) et insegna a coloro che non sanno; perchè la dottrina delle buone cose si de' ac

crescere.

Imprendi, (7) ma da' savii, et ammaestra e (8) non saputi: (9) la dottrina delle buone cose è da essere palesata. (10) Appara, ma da' savii, e gli non savii ammaestra: la dottrina de' buoni è da preporre (11) alle cose mondane.

(1) Verisimilmente dee leggersi fama onesta. (2) Partirsi, figurat. cessarsi. Il Boccaccio nella Vita di Dante: li sospiri (li quali erano già alla loro fine vicini) cominciarono in gran parte a partirsi senza tornare. (3) Il nostro proverbio: impara l'arte, e mettila da parte. (4) In forza di perchè, perciocchè (5) Mancano, vengono meno. (6) Íl B. Jacopone:

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Colui dolare insegniti

Che sa della mannara:
Se vuoi d'arare imprendere,
Imprendi da chi ara:
Chè rade volte è savio

Chi dallo matto impara.

(7) Impara. (8) Per i. (9) In forza di sost. savii. (10) Fatta manifesta, renduta pubblica. (11) Preferire, far più conto.

Tranquillis in rebus, iis adversa timeto :
Rebus in adversis melius sperare memento.

Nella prosperitade sempre temi l'avversitade, e nell' avversitade siati a niente di sperar bene. (1)

Quando tu hai buono stato, guarti (2) dal reo; e quando se' in avversitade, spera d' aver meglio.

Nelle cose trauquille sempre abbi cura (3) delle cose avverse, e anche nelle avverse abbi a mente di sperare meglio.

Ne pudeat, quae nescieris, te velle doceri:

Scire aliquid, laus est; pudor est, nil discere velle.

Non ti vergognare di volere essere ammaestrato di quello che tu non sai; chè assapere (4) alcuna cosa sì è laude, e colpa è a non volere imparare alcuna cosa.

Non ti vergognare di essere ammaestrato di quello che tu non sai; imperocchè la sapienzia è laude, e la ignoranzia è biasimo.

Non ti vergognare le cose che tu non sai volerle apparare; perocchè a sapere alcuna cosa che tu non sappi, t' è loda; (5) ma a colpa ti fia imputato (6) a non volere apparare.

·Demissos animo ac tacitos vitare memento.

Qua flumen placidum est, forsan latet altius unda.

Quelli che paiono umili nel loro animo, e quegli che sono taciti, siati a mente di schifargli: chè lo fiume, lo quale pare piacevole, (7) per avventura più alta onda v'è nascosa.

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E nell' Eccles. C. XI. 27. in die bonorum ne immemor sis malorum, et in die malorum ne immemor sis bonorum. E al C. XVIII. 25. memento paupertatis in tempore abundantiae, et necessitatum paupertatis in die divitiarum. (2) Per guardati, frequente negli Antichi. (3) Prendi guardia, pensiero, sta' in guardia. (4) Lo stesso che sapere. (5) Lode. (6) Attribuito, ascritto. (7) Qui in senso di placido, quieto.

Schifa li oziosi (1) e taciti (2) con l'animo; perocchè là dove il fiume è più cheto, ivi è forse più alto. (3)

Uomini troppo parlanti e animosi, (4) e uomini taciti abbi a mente di non usare con loro: uno fiume che sia cheto v'è forse più alta l' acqua.

Damnaris numquam post longum tempus amicum.
Mutavit mores; sed pignora prima memento.

Di nullo temporale (5) biasimerai altrui che già per lungo temporale ti sia istato amico; avvegnachè e (6) costumi siano mutali, ma (7) sempre ti sia a mente le dolcezze del primo

amore.

Non dannerai (8) l'amico dopo lungo tempo: chè mutare custumi, è ricordarti delle prime opere. (9)

Dopo molto tempo non dannare mai il tuo amico ; perchè (10) abbia mutato i costumi, ricorditi de' servigi primai. (11)

Morte repentina noli gaudere malorum:

Felices obeunt, quorum sine crimine vita est.

Non ti rallegrare della subitana (12) morte de' rei uomini, perchè li beati uomini muoiono, la vita delli quali sì è sanza peccato.

(1) Ozioso in forza di sost. vale metaf. colui che è placido, peritoso. Nella stampa del Wogel: Demissus, est placidus, subtimidus. (2) Tacito in forza di sost. colui che tace. (3) Il proverbio: l'acqua cheta rovina i ponti. (4) Può essere che il volgarizzatore abbia letto emissos animo invece di demissos animo. Se non che sospetto, dice il Vannucci, che i copisti abbiano scambiato l'avverbio poco in troppo, e che nell' originale fosse uomini poco parlanti e animosi. (5) Tempo. (6) Per i. (7) Pare che in questo luogo ma stia in forza di pure. (8) Condannerai. (9) Il Vannncci può intendersi che il mutare costumi nell' amico, è un ricordare a te ec. Ma sarebbe senso stiracchiato e assai rimoto dal lat. mutavit mores ec. Penso che senza la coma abbia a leggersi: che mutasse costumi, e ricorderaʼti ec. (10) Qui vale benché. (11) Voce antica, oggi primieri, primi. (12) Così in antico per subitanca.

Non ti far lieto (1) della subita morte de' rei, muoiono ancora de' buoni.

perocchè

Non ti rallegrare della morte subitana de' rei; coloro muoiono felicemente, delli quali la vita è innocente e sanza peccato.

Quum tibi contigerit studio cognoscere multa,
Fac discas multa, et vita nescire doceri.

Quando avverrà che per istudio tu sappi molte cose, fa' che impari molte cose, e no (2) schifare di volere esscre ammae

strato.

Quando per tuo studio saprai molte cose, ancora impara, acciocchè non ti bisogni l'altrui dottrina. (3)

Quando t' avverrà che avrai apparate molte cose, fa' che non ti vergogni però di volere apparare più.

(1) Non ti rallegrare. (2) In luogo di non per ischivare la durezza che ne deriverebbe scrivendo non schifare. (3) Qui il traduttore senz'altro lesse il testo diversamente .

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IL FIORE DI RETTORICA

DI FRATE GUIDOTTO DA BOLOGNA

Di

i Frate Guidotto (1) nulla han saputo dirci gli storici. Solamente il P. Sarti, nella sua Opera intorno ai Professori della Felsinea Università, scrive che la famiglia Guidotti era indigena di Bologna, trapiantata in Roma, ma che di Frate Guidotto niente v' ha di sicuro: certi nihil statui posse arbitror. Chi dice ch' egli fosse Frate Godente, e chi Frate Domenicano.

Abbiamo di Guidotto un' Opera intitolata Fiore di Rettorica. Il Gamba dice che Ovidio Montalbani deve aver condotto il Maffei ad annunziarla con inesattezza, nel suo Libro de' traduttori Italiani, la Rettorica ad Erennio. E noi dobbiam sospettare che il Paitoni, il quale per confronto, com' egli dice, fattone accuratamente (2) crede di potere affermare che non sia altro che un compendio o ristretto de' libri de Inventione, senza che nulla ventri de' libri ad Erennio, (3) abbia condotto il Gamba ad annunziarci anch' egli per cosa certa che in questa Rettorica Guidotto si contentò di dare un immaginato compendio o ristretto de' libri non ad Herennium, ma de Inventione di Cicerone; compendio, che neppur segue sempre le vestigia dell'oratore Romano. (4) E come potea Guidotto seguire quelle vestigia, se dal libro dell' Invenzione non trasse neppur per ombra la sua Rettorica? È cosa in verità molto strana che, non andando il Maffei ed il Paitoni d' accordo nello stabilire donde avesse preso Guidotto il suo Fiore di Rettorica,

(1) È chiamato anche Padre maestro Guidotto o Galeotto, Messer Fra Galeotto o Guidotto, e il Cav. Fra Galeotto Guidotti. (2) Che razza di accurato confronto e' facesse, indovinala Grillo; chè quel ch' egli afferma non è nientemeno che il rovescio della medaglia. (3) Biblioteca degli autori antichi ec. Tom. I. pag. 117. (4) Prefazione al Fiore di Rettorica di Frate Guidotto, Venezia 1821.

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