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Filippo re di Francia, (1) e Carlo re di Cicilia, e Adovardo (2) e Arrigo suo fratello, figliuoli del re d'Inghilterra, per fare che i Cardinali, ch' erano in discordia, (3) eleggessono buon pastor e per la Chiesa. E non potendo avere concordia (4) di niuno di loro ch' erano presenti, elessono Papa Gregorio decimo di Piagenzia, (5) il quale era Cardinale e legato in Soria alla Terra Santa: e tornando d'oltremare fue consecrato Papa negli anni di Cristo MCCLXXII. Essendo i sopradetti Signori in Viterbo, avvenne una laida (6) e abominevole cosa sotto la guardia (7) del re Carlo che essendo Arrigo fratello d' Adovardo figliuolo del re Riccardo d' Inghilterra in una Chiesa alla messa, e celebrandosi il sacrificio, a quell' ora del corpo del nostro Signore Gesù Cristo, (8) Guido Conte di Monforte il quale era per lo re Carlo Vicario in Toscana, non avendo riverenza di Dio nè del re Carlo suo Signore, uccise di sua mano con uno stocco il detto Arrigo, per vendetta (9) del Conte Simone di Monforte suo padre, (10) morto a sua colpa (11) per lo re d' Inghilterra: onde la Corte si turbò forte, dando di ciò grande riprensione al re Carlo, che ciò non dovea sofferire. Ma il detto conte Guido, provveduto di compagnia, (12) non solamente gli bastò (13) d' avere fatto il detto omicidio: perchè uno cavaliere il domandò quello ch' egli avea fatto, rispose: ho fatto mia vendetta: e quegli disse: vostro padre fu strascinato: (14) incontanente tornò nella Chiesa, e prese Arrigo per li capelli, e così morto il trainò (15) fuori della Chiesa. E fatto il detto sacrilegio si partì di Viterbo, e andonne in maremma nelle terre del Conte Kosso suo suocero. Per la morte del detto Arrigo, Adovardo suo fratello, molto cruccioso e sdegnato contro al re Carlo, si partì di Viterbo, e vennesene per Toscana, e soggiornò in Firenze e fecevi cavalieri più cittadini, e poi se n'andò in Inghilterra. E il cuore del detto suo fratello in una coppa d'oro fece portare

(1) Questo Filippo era figlio e successore di Luigi IX. morto di peste nella Crociata suddetta sotto Tunisi. (2) Adoardo o Odoardo. (3) Cioè, discordi fra loro. (4) Andar d'accordo. (5) Piacenza. Egli chiamavasi Tedaldo o Tebaldo della Casa Visconti di Piacenza. (6) Sconcia, vituperevole. (7) Cioè sotto gli occhi. (8) Cioè alla elevazione dell'ostia sacra. (9) Cioè per vendicare il Conte ec. (10) Ciò avvenne nel 1270. Guido ammazzò Arrigo, nipote di Arrigo III. `re d'Inghilterra, in vendetta della morte che Adoardo cugino dell' ucciso avea fatta in Londra subire a Simone di Monforte suo genitore. (11) Per sua colpa. (12) Cioè di gente d'arme a cavallo e a piè. (13) Non gli bastò solamente. (14) II Villani : J'ai fait ma vengeance: e quel cavaliere disse: comment? votre pere fut› trainė. (15) Strascinò, dal Francese trainer.

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e porre in su una colonna in capo del ponte di Londra sopra il fiume Tramisi (1) per memoria agli Inghilesi (2) del detto oltraggio per la quale cosa Adovardo, poichè fue re, mai non fue amico del re Carlo nè di sua gente. Per simile modo (3) si partì Filippo re di Francia, e giunto in Francia si fece coronare a Rems. (4)

CAP. CCXXIII.

Come tutti i baroni di Cicilia pasquarono (5) in Palermo.

Negli anni di Cristo MCCLXXXII. il lunedì di pasqua della resurrezione, che fue a di XXX. di Marzo, siccome per messer Gianni (6) era ordinato, tutti i baroni e caporali, (7) che teneano al tradimento, (8) furono a pasquare nella città di Palermo. E andando i palermini, (9) uomini e femmine, a cavallo e a piè alla festa di Monreale fuori della città tre miglia, come quelli di Palermo, così v' andarono i Franceschi e 'l capitano del re Carlo a diletto. (10) Avvenne che uno Francesco (11) per suo orgoglio prese una donna di Palermo per farle villania. Ella cominciò a gridare, e 'l popolo era già tutto commosso contro agli Franceschi, e per li familiari de baroni di Cicilia s'incominciò a difendere la donna; onde nacque grande battaglia tra Franceschi e Ciciliani, e incontanente trassono all' arme, (12) gridando: muoiano i Franceschi. (13) E sì si trassono in sulla piazza, e combattendo presono e uccisono il giustiziere (14) che v'era per lo re: e quanti Franceschi furono

(1) Stroppiatura di Tamigi. Dante nel C. XII. dell' Inf. parlando di questo fatto di Guido:

Mostrocci un'ombra dall' un canto sola,

Dicendo: colui fesse in grembo a Dio

Lo cuor, che 'n sul Tamigi ancor si cola,

cioè si cole, si onora. (2) La nostra plebe dice tutto di Inghilese invece di Inglese. (3) Cioè, com' era partito Adoardo cruceioso e sdegnato contro il re Carlo. (4) Reims. (5) Fecero, celebrarono la pasqua. (6) Giovanni di Procida capo della congiura ordita in Sicilia per cacciare i Francesi da quel regno. (7) Capi, principali. (8) Che erano della congiura. (9) Palermitani. (10) A spasso. (11) Francese. (12) Corsero all' arme. (13) Carlo Martello, nipote di Carlo I. accusa nel C. VIII. del Paradiso questo suo avo di aver dato funesta cagione al vespro Siciliano col suo mal governo: Se mala signoria, che sempre accora

Li popoli soggetti, non avesse

Mosso Palermo a gridar; mora, mora.

(14) Sorta di uffiziale, giudice e mantenitore della giustizia.

trovati per la città, tutti furono morti, per le case e nelle chiese, senza niuna misericordia. E ciò fatto, i detti baroni si partirono di Palermo, e ciascuno in sua terra fece il simigliante (1) d'uccidere i Franceschi ch' erano nell' Isola, salvo che a Messina s'indugiarono alquanti dì: ma per mandato e prego di quelli di Palermo si ribellarono, e peggio fecero a' Franceschi che i Palermini. E trovaronsi morti de' Franceschi più di quattromila.

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La storia di Ricordano, come a dietro è stato detto, si

stende fino al 1282. Giacotto figlio di Francesco fratello di Ricordano, il quale par che nascesse verso il 1250, e morisse verso il 1310. la continuò sino al 1286.: della quale continuazione ci avverte egli stesso, dicendo al Cap. CCXXXI. della storia di Ricordano: e io Giacotto di Francesco Malispini seguitai le croniche del detto Ricordano Malispini.

Il suo stile non è punto dissimile da quello del suo zio, nè sarebbe perciò fuori di proposito il credere ch' egli avesse in qualche luogo ritoccata la storia di lui, facendo delle due una scrittura. Imperocchè la consuetudine di quell' età era di racconciare gli scritti altrui, e specialmente le storie, per renderle più abbondanti di notizie ad utilità de' posteri, ravvisandosi sempre da chi vien dopo in qualche luogo scarse e manchevoli, senza aver cura di distinguere le aggiunte dal primo scritto, come oggidì si farebbe, e come richiede la sana critica, allora sconosciuta. Sembra pertanto impossibile che Giacotto avendo di seguitar quest' uso quasi comune un doppio diritto, come erede e assoluto padrone dello scritto, e come divenuto compagno in certa guisa del primo autore, per causa del sup

(1) La stessa cosa. Questa strage de' Francesi è conosciuta nelle Storie sotto il nome di Vespri Siciliani, per essere avvenuta al primo tocco della campana del Vespro il secondo giorno di Pasqua.

plemento, abbia voluto, nell' aggiungere al fine della storia del zio la sua propria, lasciare intatta dappertutto la precedente scrittura, senza il minimo cangiamento.

CAP. CCXXXII.

Come Guido da Montefeltro entrò in Romagna.

Nel detto anno, (1) essendo il conte Guido da Montefeltro colla forza de' ghibellini entrato in Romagna, gran parte delle terre fece ribellare alla chiesa, siccome quegli che era sagace uomo di guerra; (2) onde Papa Martino rimosse (3) messer Bertoldo degli Orsini, che n' era conte e rettore per la chiesa, e mandovvi messer Gianni de Pà (4) di Francia, valentre uomo, e fecelo conte di Romagna. Al quale fue data per tradimento e moneta (5) Faenza per Tebaldo (6) de' Manfredi di quella terra e con l'aiuto de' Bolognesi e de' Fiorentini e d'altri Signori di Romagna assediò la città di Forlì, ma non la potè avere. (7) Nel detto tempo stando messer Gianni de Pà in Faenza, e facendo guerra a Forlì, il conte Guido da Montefeltro che n' era signore, fece muovere (8) al detto messer Gianni certo trattato per alcuno cittadino (9) di dargli la terra per tra

(1) MCCLXXXII. (2) Dante, C. XXVII dell' Inf. pone Guido nel cerchio de' fraudolenti, e gli mette in bocca queste parole:

Mentre ch' io forma fui d'ossa e di polpe,

Che la madre mi diè, P opere mie
Non furon leonine, ma di volpe.

Gli accorgimenti e le coperte vie

Io seppi tutte, e si menai lor arte,

Che al fine della terra il suono uscie.

Forli, sotto la direzione di Guido, era diventata il centro de' Ghibellini della Romagna. (3) Levò dal suo posto. (4) È chiamato Giovanni di Eppa o de Pà o di Epà: ma i più dicono d' Appia. (5) Per denaro. (6) Il Villani lo chiama Tribaldello, e Dante Tebaldello. Costui, spurio della nobile casa de' Zambrasi, erasi fatto credere pazzo: svegliava improvvisamente i cittadini, gridando alle armi, e facendo suonare per le strade strumenti di bronzo. Quando gli ebbe avvezzati a que' romori, aperse una notte del 1280. una porta della città, e per quella introdusse Bolognesi e Ravegnani, esercito condotto da messer Giovanni d' Appia. Ciò fece singolarmente per animosità contro i Lambertazzi di Bologna ricoverati in Faenza; e in ricompensa n'ebbe la nobiltà di Bologna e vari privilegi: ma dopo due anni cadde estinto nella battaglia di Forlì. Dante il ritrova nell' Inferno fra' traditori della patria:

e Tebaldello

Chè apri Faenza quando si dormia .

(7) Prendere, vincere. (8) Proporre, (9) Per mezzo di un cittadino.

T. III

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dimento. Il primo dì di maggio nel detto anno il detto messer Gian de Pà con sua gente, la mattina innanzi giorno,

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alla città di Forlì credendola avere, com'era ordinato, (1) fugli data l'entrata d'una porta, e entrovvi dentro con un a parte di sua gente, e parte ne lasciò di fuori con ordine che, se fosse bisogno, soccorresse que' dentro: (2) se caso contradio avvenisse, rimanessono tutta sua gente in uno campo sotto una gran quercia. I Franceschi, ch' entrarono in Forlì, corsono la terra (3) sanza contasto: (4) e il conte da Montefeltro che sapea tutto il trattato con sua gente se n' uscì fuori della terra e percosse (5) a que' di fuori, ch' erano rimasi alla quercia, e misegli in rotta. E quelli ch' entrarono dentro, credendosi avere la città, aveano fatto la ruberia (6) e prese le case: e come ordinato fue per lo conte di Montefeltro, fu alla maggior parte di loro tolto i freni e le selle de' cavalli da' cittadini. E incontanente il conte da Montefeltro con parte di sua gente rientrò in Forlì, e corse la terra, e parte della sua gente lasciò sotto la quercia schierati, com' era stata da' Franceschi. (7) E messer Gian de Pà e i suoi, veggendosi così guidati, e' (8) credeansi avere la terra, conosciuto il tradimento, chi potè si fuggì della terra, e andava alla quercia di fuori credendovi trovare la loro gente e là andando erano da' loro nemici presi e morti, e simile (9) quelli che erano rimasi nella terra: (10) onde i Franceschi e la gente della Chiesa ricevettono gran danno, e moriron vi molti caporali (11) Franceschi e Latini. Come Papa Martino seppe la detta sconfitta, mandò al detto messer Gianni assai gente al soldo della Chiesa, facendo (12) guerra a Forlì, e in questa stanzia (13) a mezzo marzo anno detto il detto messer Gianni de Pà conte ebbe per tradimento la città di Cerbia (14); onde quelli di Forlì s' arrenderono alla Chiesa del mese di maggio anno MCCLXXXIII a patti, e mandaronne fuori il conte Guido da Montefeltro e disfecero le fortezze della terra quasi tutta Romagna venne a ubbidienza della chiesa. E poi il

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e

(1) Stabilito (2) Quei di dentro. (3) Penetrarono nella terra e se ne impossessarono. (4) Per contrasto, voce antica. (5) Si scagliò, addosso, assali. (6) Dato il saccheggio. (7) Cioè nel modo stesso ch'era stata schierata da' Francesi. Il Villani dice: com' era l' ordine e la postura ( positura) de' Franceschi. (8) Eglino. (9) Similmente. (10) Dante nel C. XXVII. dell' Inferno, toccando questo fatto, chiama Forli,

La terra, che fe' già la lunga prova,

E di Franceschi sanguinoso mucchio.

(41) Capi, comandanti. (12) Cioè, per far guerra (13) Dimora (14) Cervia.

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