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a tanto che tu sii chetato e contento di te medesimo; chè quelli che è contento di sè, elli è sofficiente, ed è nato con le ricchezze.

II. Metti freno alla tua concupiscenza, e parti (1) da te tutti li diletti, che privatamente ismuovono (2) lo cuore alli desiderii. Tanto mangia che tu non ti satolli, e tanto bei che tù non t' inebri. Quando tu se' in compagnia di gente, guarda che tu non misdichi (3) di coloro, che di tua volontade non sono. Non ti concedere alli presenti diletti, nè non desiderare quelli che presenti non ti sono.

III. Sostieni tua vita di poche cose; non seguire la voluttà della vivanda. Lo tuo palato si smuova (4) per fame, e non per savore. Li tuoi desiderii pregia poco; chè tu de' pro cacciare solamente che non ti falli, (5) e tu, allo esemplo divino composto, parti (6) te dal corpo per te congiugnere col tuo spirito.

IV. Se tu istudi in continenza, tu abiterai in magione non dilettabile ma profittabile; e non sia conosciuto il signore per la casa, ma la casa per lo signore. Non t' infingere di essere quello che tu non se', ma vuogli parere chi tu se'. Sopra lutte le cose ti guarda che tu non si povero di laida povertade, e che tu non sii abbandonato in semplicezza tua, nè in leggerezza senza fermezza, nè in laida iscarsitade. Se tu hai poche cose non piangere, e delle altrui non ti fare maraviglia.

V. Se tu ami contenenza, fuggi tutte laide cose innanzi ch' elle vegnano. Credi tutte cose che possono essere, e sostieni quelle che puonno essere sostenute, se non sono laidure. Guardati da laide parole, e tuoi detti sieno più profittabili che cortesi. Ama uomini bene parlanti, ma più ama coloro che amano lo diritto (7) e che lo parlano. Infra li tuoi affari mischia un poco di gioco, sì temperatamente ch' elli non abbia abbassamento di dignità, nè diffalta (8) di riverenza; che riprendevole cosa è molto ridere, e puerilmente effuso e dirotto femminescamente. (9) Dunque se tempo è di giucare (10), portati secondo tua dignità saviamente, sì che nullo ti riprenda che tu sii aspro, che nullo ti dispregi e tenga a vile, dispettandoti (11) per troppo fare. Di te non sia udita nulla villania, anzi avve

(1) Dividi, allontana. (2) Traggono, incitano. (3) Misdire, antico, per dir male. (4) Il testo palatum tuum fames excitet. (5) Il testo: quia hoc tantum curare debes ut desinat. (6) Dividi, separa. (7) Il giusto. (S) Difetto, mancanza. (9) Il testo: si pueriliter effusus, si muliebriter factus. (10) Per giocare, voce del Contado. (11) Dispregiandoti. 53

T. 111.

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nevole cortesia. Tuoi occhi sieno senza allegrezza, e tuo riso senza voce, e tua voce senza gridare, e tua andatura senza romore, e tuo riposo non sia con negligenza. Quando gli altri giocano innanzi a te, pensa alcuna cosa onesta.

VI. E se tu vuogli essere continente, tu ischiferai tutte lode, e altrettale ti sembri essere biasimato dalle male genti come essere lodato per le buone opere. Sii lieto che tu dispiaci a' rei uomini, e quando elli pensano o dicono male di te, allora ne dei tu essere allegro, e credere che ciò sia tuo pregio. La più grave cosa che sia nella continenza si è guardar te dalle parole, che i lusinghieri dicono, per cui lo coraggio (1) si muove a grande diletto. Non chiedere l'amistà di alcuno uomo per lusinghe.

VII. Non essere ardito nè rigoglioso; umiliati e abbassati, e non ti vantare gravosamente; (2) insegna volentieri agli altri, e rispondi bellamente. Se alcuno ti riprende a diritto non te ne corrucciare, perocchè lo fa per tuo prode. (3) Le aspre parole non dottare, (4) ma abbi paura dell' uomo.

VIII. Caccia da te tutti li vizii, e delli altrui non mesdire (5); non sii riprenditore troppo aspro, ma insegna senza rimprocci, e ciò sia in tal maniera che sempre abbi allegrezza dinanzi (6) tuo gastigamento. Quando l' uomo falla perdonagli leggermente. Intendi bene quelli che parlano e ritieni fermamente le savie parole, e delle altre non ti caglia. Se alcuno ti domanda di alcuna cosa, tu dei rispondere isbrigatamente (7); a colui che ti tenzona (8) dàlli tosto luogo e partiti da lui.

IX. Se tu se' continente distringi (9) tutti i malvagi movimenti del tuo corpo e della tua anima, e non ti caglia che altri non se n' avveda; chè assai è da che 'l vedi tu.

X. Sii movente (10) ma non molle, sii costante e non pertinace. Tu credera' che tutti gli uomini sieno pari di te, se tu non dispetti (11) li più poveri per orgoglio, e se tu non dotti (12) li più grandi per dirittura (13) di vita. Non essere negligente a rendere beneficio, e non essere pronto a ricevere. A tutti gli uomini sie (14) tu benigno, e a nullo lusinghieri; (15) a pochi sie familiare e a tutti diritto. (16)

(1) Cuore. (2) Il testo: submittes te, non projicies, gravitate servata. (3) Utilità. (4) Temere. (5) Dir male, censurare. (6) Il testo : ita ut admonitionem hilaritate praevenias. (7) Con prestezza. (8) Il testo contendenti facile cede. (9) Il testo animi tui motus corporisque observa, ne indecori sint. (10) Il testo: mobilis esto, non levis (11) Dispregi. (12) Temi. (43) Rettitudine: recte vivendo. (14) Sii. (15) Il testo: blandus. (46) II testo: omnibus aequus'.

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XI. Sie più fiero in giudicamento e in fatto che in parole, e più in tuo cuore che in tua faccia. Sie pietoso vendicatore, e dispiaccianti tutte crudeltadi. Conta lo pregio degli altri ma non di te; di nullo non abbi invidia perchè elli sia in grande stato, chè non sai che dee essere di lui e di te, chè in un giorno tal fiata si muta lo stato. Sie sempre contrario a coloro che si assottigliano (1) d' ingannare altrui sotto specie di simplicità. Sie lento all' ira, ed isbrigato (2) alla misericordia. Nelle avversitadi sie fermo e savio, e le tue virtudi cela, sì come li altri i vizii. (3)

XII. Dispregia la vanagloria, e delli tuoi beni non essere crudele agli altri. (4) Non avere in dispetto (5) lo poco senno di alcun uomo; parla poco ed intendi chetamente quelli che parlano. Sie fermo e sicuro e lieto, e ama sapienza senza orgoglio; e ciò che tu non sai dimanda dolcemente sì che tu l' apprendi.

DELLA GIUSTIZIA.

I. Giustizia è congiunta con natura, ed è trovata per lo bene e per lo mantenimento di molte genti, e non è ordinamento di uomini, anzi è legge da Dio, e mantenimento di umana compagnia. In questa vertude non conviene ad uomo pensare che convenevole sia, chè ella dimostra ed insegna. Se tu vuogli seguire Giustizia, primieramente ama e temi Iddio ch'è nostro criatore e nostro Signore, sì che tu sie amadore di lui; e lui puo' (6) tu amare in questa maniera, cioè, che tu facci bene a ciascuno, e a nullo male; e allora ti chiameranno le gente (7) giusto, e ti seguiranno, e fáranno reverenza, ed amerannoti.

II. Se tu vuoli essere giusto, non è mica assai a non danneggiare li altri, ma ti conviene essere contrario a quelli che danneggiare li vuolono, (8) perocchè non danneggiare non è niente giustizia. Non ti prendere a forza le altrui cose, e rendi quelle che tu hai prese come non dei, se tu puoi, e se non puoi, tuttavia sii in buona volontade se tu potessi renderle chè buona volontade si è reputata per fallo; e gastiga, se tu hai lo podere, quelli che le prendono.

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(1) S'industriano. (2) Il testo: pronus . (3) Il testo: occultator virtutum sicut alii vitiorum. (4) Il testo: vanagloriae contemptor et bonorum, quibus praeditus es, non acerbus exactor. (5) Dispregio. (6) Puoi. (7) Per le genti, al modo Fiorentino. (8) Per vogliono, donde vuolno.

III. Nella discordia che sia dinanzi da te non difinire per doppie parole, ma guarda la qualità del coraggio. (1) Una cosa sia lo tuo affermare e lo tuo giurare: che già non (2) vi sia lo nome di Dio chiamato, tuttavia v'è elli testimonio, e perciò non trapassare la verità, acciocchè tu non trapassi la legge di giustizia. (3) E se alcuna fiata ti conviene menzogna dire, tu la dirai non mica per falsità, ma per la veritade difendere. Se ti conviene la verità confessare per menzogna, tu non dei niente mentire, ma scusare per onesta cagione. L' uomo giusto non iscuopre le segrete cose, ma tace quello che è da tacere, e dice quello che è da dire: L'uomo giusto è così apparecchiato e presto a seguire tranquillità, che quando gli altri sono vinti per malvagia volontade, ed elli vince. (4)

IV. Dunque se tu farai tali cose, tu attenderai tuo fine lieto e senza paura, e allegro potrai vedere le cose triste, e sarai libero di udire le cose di romore, e siguro (5) riguarderai l'estremitade. (6)

(1) Cuore. Il testo; ex nulla vocis ambiguitate controversiam nectes, sed animi qualitatem speculare. (2) Che benchè non (3) Bartolomm. da S. Concordio: niuna differenzia sia appo te 'n affermare, o 'n giurare. Sappi che di fede e di religione si ragiona là ovunque si tratta di verità: perocchè, avvegnachè Iddio non sia chiamato, quando non si giura, eziandio al non giurante egli è testimone. (4) Il testo: ut dum alii vincuntur a malis, vincantur ab illo mala. (5) Per sicuro. (6) Il testo: prospicies haec tristia hujus mundi hilaris, tumultuosa quietus, extrema securus . Qai termina il volgarizzamento di Bono Giamboni, il quale ha ommesso di traslatare la Somma delle sopraddette quattro Virtù, contenuta nel Trattato di Martino.

INTRODUZIONE ALLE VIRTÙ

Questo

uesto libro può dirsi una specie di romanzo spirituale, di cui sembra che il Giamboni prendesse l'idea dalla Consolazione della Filosofia di Boesio. Vuolsi in esso rappresentare un giovane male avventurato, che stanco delle tante traversie, che accompagnano l' umana vita, alle Virtù s' indirizza per esser fatto loro fedele e compagno; ma non vede il suo intento adempiuto se non dopo di essersi trovato presente alle diverse battaglie, che dalle dette Virtù, onde abbattere i Vizii, è forza che si sostengano, e dopo d' aver dato loro prove le più convincenti di sua verace e ferma credenza.

CAP. I.

Incominciasi il libro de' Vizii e delle Virtudi, e delle loro battaglie e ammonimenti. Ponsi in prima il lamento del fattore dell' opera, onde questo libro nasce.

Considerando a una stagione lo stato mio, e la mia ventura fra me medesimo esaminando, veggendomi subitamente caduto di buono luogo in malvagio stato, seguitando il lamento che fece Giobbe nelle sue tribulazioni, cominciai a maladire l'ora e il die ch' io nacqui e venni in questa misera vita, e il cibo che in questo mondo m' avea nutricato e governato. E pienamente (1) luttando (2) con guai e gran sospiri, i quali venieno (3) della profondità del mio petto contradio, (4) fra me medesimo dissi: Dio onnipotente, perchè mi facesti tu vivere in questo misero mondo, acciò ch' io patissi cotanti dolori, e portassi (5) cotante fatiche, e sostenessi cotante pene? Perchè non mi uccidesti nel ventre della madre mia; o, incontanente che nacqui, non mi desti tu la morte? Facestilo tu

(1) Altamente, fortemente, profondamente. (2) Rammaricandomi, querelandomi. (3) Per veniano; oggi è rimasto alla poesia. (4) Contrario, ripugnante. (5) Sopportassi.

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