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bisogno di manifestarlo, la qual cosa tu non potresti fare. E scritto è la femmina solamente cela e tiene credenza quello che non sae. La quinta rascione si è secondo lo fisolafo, (1) che disse: le femmine per lo mal consiglio vinceno (2) lo marito.

III.

Della scusa delle femmine.

E allora madonna Prudenza umilemente e benignamente udito, e conosciuto ciò che 'l suo marito avea ditto, addimandoe primieramente parola e licenza di rispondere, e disse a lui: alla prima rascione, la quale per te allegasti, si paote rispondere che non è matta cosa di mutar consiglio in meglio; ancor se le ditte cose avessi promesso di fare, non perciò mentiresti se non le facessi, imperciocchè è scritto, che l'uomo savio non mente, quando suo proponimento rimuta in meglio: nè non ti nuoce perchè tu diche (3) che 'l tuo consiglio sia stabilito e fermo da grande moltitudine d' uomini, perciò che la veritade e l' utilitade delle cose sempre da poghi (4) savi si cognosce meglio che dal popolo gridatore; perciò che nel romore del popolo non ha nessuna cosa d' onestade. E alla seconda rascione, nella quale dicesti che tutte le femmine sono rie, che neuna se ne trova buona, rispondo che, salva sia la pace tua, non dei così generalmente dispresciare le femmine, nè riprovare loro pogo senno: chi tutte le disprescia, a tutte dispiace. E Senaca disse: non dispresciare lo pogo senno di neuno, e soffera (5) d' udire chi parla, e sie (6) chiaro e allegro, e non aspro; abbie (7) volontà d' apparare e d'insegnare quelle cose, che tu sai, senza romore, (8) e di quelle cose che tu non sai, umilmente l' addimanda. Adonqua molte femmine sono buone, e ciò si puote provare per diversa rascione; perciò che se neuna femmina buona non fosse trovata, lo nostro Signore Dio non arebbe degnato di venire in femmina, e carne umana non arebbe presa dalla Vergine Maria. E ancora ogni uomo sae che molte sante e buone femmine sono; e ancora per la bontà delle femmine dipo (9) la sua Rissurrezione de

(1) Filosofo. Il Boccaccio nella Nov. 19. 9. disse fisofolo. (2) Vincono, Vuol dire le femmine vincono gli uomini ne' cattivi consigli. (3) Tu dica. (4) Per pochi, scambiato il C nel G. Vedi il Vol. II. pag. XL. (5) Soffri. (6) Antiquato per sii o sia tu. (7) Abbi. (8) Senza orgoglio e superbia. (9) Dopo.

gnoe (1) di manifestarsi alle femmine più tosto che agli uomini, chè prima si mostroe alla beata Maddalena che alli Apostoli. Nè non fae al fatto (2) perchè Salamone dicesse delle femmine tutte: nè una buona non n' ho trovata; perciò che quamvis Dio elli non ne trovasse, altri uomini assai hanno trovato delle buone: o per avventura Salamone intese delle femmine in somma bontade poste, delle quali non se ne trova neuna, nè neuno uomo non è sì perfettamente buono se non solo Dio, secondo che di se medesimo disse nel Vagnelo. La terza rascione, nella quale dicesti che se tu ti reggessi per lo mio consiglio, parrebbe che tu mi dessi signoria sopra te, non di' niente, (3) perciò che se a tutti quelli, co' quali noi avemo consiglio, dessimo signoria sopra, neuno uomo potrebbe avere consiglio d' altrui. Adonqua noi abbiamo libero albitro (4) di poter prendere e lasciare lo consiglio, che ci è dato. La quarta rascione là u'dicesti (5) la vanitade delle femmine quello che non sae, tiene credenza, similemente è neiente, (b) nè hae luogo quie; e quello s'intende delle riissime (7) e mal parlanti, delle quali è usato di dire: tre cose sono quelle, che cacciano l' uomo di casa, cioè, lo fummo, (8) e la piova e la mala moglie; delle quali ancora dice Salamone: meglio è abitare nella terra diserta, che colle male femmine. Ma tu non hai trovato me cotale, anzi ispesse volte m' hai provata. (9) E là u' nella quinta parte dicesti che le femmine vincono gli uomini nelli mai (10) consigli, non ha quie luogo; perciò che 'l mal consiglio tu non vuoli fare: ma se 'l mal consiglio volessi fare, e le femmine in questo mal consiglio ti vincessero, consigliandoti nel buono, non sarebbero da biasimare, anzi da lodare. Per la quale cosa disse san Paulo nella pistola a' Romani: non volere esser vinto dal male, ma vinci lo male in bene. E se tu dicessi che le femmine consigliassero male li uomini, che vogliono prendere lo buono consiglio, e in ciò li vincessero, questo sarebbe colpa degli uomini, che sono signori e possono prendere lo buono consiglio, e lasciare lo rio. (11) E san Paulo disse nella pistola prima a quel popolo, (12) appresso alla fine che disse provate tutte le cose, è quella ch'è 'l meglio ritenete.

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(1) Si degnò. (2) Cioè, non è contrario al fatto; o non fa al proposito. (3) Non concludi niente, le tue ragioni sono frivole. (4) Arbitrio. (5) Sottintendi che. (6) Non val niente. (7) Reissime, malvagissime. (8) Fumo, Vedi il Vol. II. pag. 145. nota 4. (9) Mi hai sperimentata. (10) Mali, cattivi. Ma', mai, mali. (11) Il reo, il cattivo. (12) L' Orig. latino: ad Thessalonicenses.

E di' (1) che ha luogo quando le rie femmine consigliano a' stolticcii (2) uomini; ma quie non è così.

INCOMINCIA LO LIBRO

DELL'AMORE E DELLA DILEZIONE DI DIO E DEL PROSSIMO

E D'ALTRE COSE DELLA FORMA DELLA VITA.

I.

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Lo principio di questo mio trattato sia al nome di Cristo dal quale tutti beni discendeno, (3) e dal quale ogna dato è fino, (4) e ogna dono è perfetto discendente dal padre de' lumi. Con quanto amore e con quanta dilezione lo mio amore ami la tua subiezione, (5) figliuolo, appena te 'l potrei innarrare, (6) nè la lingua mia te 'l potrebbe dire. Volendo adonque io Albertano te figliuolo mio Vincenzio informare di buoni costumi, e dell' amore e della dilezione di Dio, e del prossimo, e della forma della vita, in prima due cose credo che t'abbisognino, cioè la dottrina e 'l parlare. Ma secondo che disse Gesù Seraca, che disse: innanzi al giudizio apparecchia la giustizia, innanzi che tu parli, appara: (7) e Salamone disse: chi in prima parla che apprenda, in onta e 'n disprescio 'l si tegna; adonqua odi dottrina primeramente; appresso apprendi per animo, (8) e per la mente ritieni, e perciò che noi viviamo per l'anima, apprendiamo per l' animo, ritegniamo per la mente.

II.

Della dottrina.

Adonque dei avere dottrina, a ciò che tu abbie iscienza sì come disse Salamone, che disse: chi ama la dottrina, sì ama la scienza, e chi l'odia, si è matto. E altrove disse: prendete lo senno mio, e non l' avere: (9) amate piue la scienza l'avere:

(1) Dici. (2) Alquanto stolti, come nericcio, malaticcio ec. (3) Discendono. (4) Ogni dato è ottimo. (5) Soggezione. (6) Lo stesso che narrare. (7) Impara. (8) Apprendi con l'animo la dottrina, e con la mente la ritieni. (9) Pecunia, facoltà.

che l'oro. Ancora: e chi fae la sua casa alta, addimanda la ruina, e chi schifa d'imparare avrà male, e la buona dottrina sì drà (1) grazia. Ancora: lo savio cuore la dimanda. (2) Anche: non cessare, figliuolo, d'udire dottrina. Anco: che tu non obrii (3) le paraule della scienza. E Gesù Seraca disse: figliuolo nella tua gioventudine (4) apprendi dottrina, è 'nfino a' capelli canuti (5) troverai lo savere. Ancora: udite dottrina, e chi la guarderà, non perirà per sue paraule; nè non sarà iscandalizzalo in malvasce opere. E un altro savio disse: con ciò sia cosa che senza dottrina la medicina non faccia prode, (6) e senza dottrina la lepore (7) non puote fuggire dalla bocca del cane, nè senza dottrina la nave non va per mare, nè senza dottrina la trita farina non dà il pane: odi dottrina stu (8) vuoli ischifare ruina. E la tua dottrina de' avere principio; ma finochè tu vivi non dee avere fine, acciò che la tua mente se ne notrichi, sì come disse lo savio: e se io avesse 'l mio piede nel molimento, (9) ancora vorrei apparare, e quello medesimo fine de' essere a imparare, che a vivere. E Cato disse: non sare (10) l'animo tuo d' imparare, chè senza dottrina la vita è quasi una immagine di morte. Ancora dei imparare, ma dalli uomini savi. E la dottrina delle buone cose è da manifestare. (11) E chi alli altri insegna, se medesmo ammaestra. E Marziale disse elli è modo d' imparare.. ...,. (12)

......

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(1) Sincope di darà. (2) L' anonimo: lo cuor savio possederà scienza, e l'orecchia del savio domanda insegnamento. (3) Oblii, dimentichi. (4) Gioventù. (5) Infino alla vecchiaia. (6) Utilità. (7) Latinismo, per lepre. (8) Se tu. (9) Invece di monimento, monumento, sepolcro, per lo scambio dell' N nell' L. (10) Non far cessare, non distogliere, non allontanare. (11) L'anonimo: e la dottrina delle buone cose si dee propagginare. (12) II seguito di questo Trattato, che comprende sessantacinque Capitoli, non è nel Codice, da cui il Prof. Ciampi lo trascrisse, per essere esso stato o lacerato o disperso prima del suo ritrovamento.

IL NOVELLINO

Q

uesto libro denominato da alcuni il Novellino, da altri il Centonovelle, contiene cento Novelle, le quali vuolsi che sieno state dettate da autori diversi. Esse consistono per lo più in leggiadri motti, in brevi avventure, in incidenze storiche; e ad eccezione di due o tre non comprendono nessuna cosa illecita e men che onesta, ed hanno si gran pregio per la grazia del dire, che furono chiamate il fiore del parlar gentile. Ed in fatti sono stese in uno stile sì naturale e sì schietto, che degne sono certamente di studio, trovandosi in esse proprietà, una facilità, una grazia maravigliosa, e quella cara semplicità, ch'è il fondamento della bellezza. Il Boccaccio non isdegnò di prendervi alcun argomento, avendo tratte da esse ex. gr. le sue Novelle delle tre anella, e della donna di Guascogna, che si richiama al re di Cipro.

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Il Lami nelle Novelle letterarie sostiene che le cento Novelle, come raccolta nel loro intero, sieno posteriori al 1300, perocchè vi si parla di fatti ch' ebbero luogo, e di persone che vissero dopo la riferita data. Così, a modo d' esempio, di esse tratta della guerra del re di Francia contro Filippo di Fiandra, avvenuta nel 1304, come G. Villani afferma; ed un' altra, di Uguccione della Faggiuola, già vecchio, che fiorì nell' anno 1313. Egli è vero che alcune sembrano essere del tempo del Boccaccio, altre posteriori: ma la maggior parte di esse hanno un cotal contrassegno di antichità, che chiaramente apparisce dover essere scrittura da porsi nel novero delle più vecchie che s' abbia la lingua volgare, e doversi riputare anteriori senza dubbio al 1300; e parecchie non può negarsi che non ascendano nientemeno che all' età di Federigo II. quando vagiva ancora in culla la nostra lingua.

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