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di Carlo Magno fu un nobilissimo uomo di Roma, il quale fu della detta schiatta de' Capocci, ed ebbe nome Africo Capocci, il quale trovando in casa loro a Roma le sopradette scritture, sì seguitò lo scrivere de'fatti di Fiorenza e di Fiesole, e di molte cose e storie antiche. (1) E però io Ricordano sopradetto fui per femmina (cioè l'avola mia) della detta casa de' Capocci di Roma, e negli anni di Cristo MCC... (2) capitai a Roma in casa i detti miei parenti, e quivi trovai le sopradette scritture, e scrissi quello che trovai, in specie de' fatti della nostra città di Fiorenza e di Fiesole. ·E molte altre scritture, memorie, e croniche v' avea, fatte per lo sopradetto scrittore: delle quali cose non mi curai di scrivere, nè di copiare. E ho scritto le sopradette cose, le quali trovai di questi nostri passati: e ancora scrissi molte cose, le quali vidi de' miei di nella nostra città di Fiorenza. E in Roma stetti dal dì 2. d' Agosto anni MCC... insino a di 11. d'aprile anni.... Ritornato ch' io fui nella detta nostra città di Fiorenza, cercai molte scritture di cose passate di questa medesima materia: e si trovate e cercate in più croniche e scritture, (3) per lo modo le trovai, (4) ne feci scrittura e memoria. (5) Ma sallo Iddio che scritture eran quelle; imperocchè ne' primi capitoli della sua storia manca l'ordine, la connessione, la verità: ridicole sono le descrizioni, ch' egli ci fa dell' Asia, dell' Africa, e dell'Europa: è una favola tutto ciò ch' egli narra intorno alla storia antica: un romanzo, il principio della storia moderna. Egli è poi così credulo e semplice che ripete intorno a Troia, a Fiesole, e a Roma certe favolose ed assurde tradizioni che tolgono quasi ogni fede alla sua narrazione, (6) Ma vogliono essere a lui perdonati simili errori; imperocchè non conoscendosi allora nè i tempi, nè le origini delle cose per la scarsità de' libri e per trascurarsi le ricerche nelle autentiche scritture degli Archivj, seguì egli l'uso comune del suo tempo, cioè di prestar fede a quelle novelle che inventate furono per supplire alla ignorata storia, e dar pascolo ai curiosi, ne' secoli prossimi a quello in cui

(1) Cap. XL. (2) Non si sa proprio l'anno che Ricordano andò a Roma per esser mancanti nei Manoscritti i numeri degli anni. (3) Al Cap. CCIII. dice che avea trovate scritture anche nella Badia di Firenze. (4) Cioè, che le trovai. (5) Cap. XLI. (6) Il Malispini non è il solo che racconti queste favole antiche; fa lo stesso anche Giovanni Villani sull'antichità di Fiesole, sulla dimora che ivi fece Catilina, o sui fatti di Fiorino.

visse. (1) Pensi dunque il lettore che la storia del Malispini è scritta in un secolo nel quale mancavano i confronti da certificare un giudizio.

Oltre al venderci il Malispini per infallibili oracoli le fole ricevute allora comunemente, cade anche spesso in istranissimi anacronismi; come per esempio che la Chiesa di S. Pietro fu fondata in Roma a' tempi di Ottaviano, (2) vale a dire prima della nascita di Cristo, e molto prima di quella di S. Pietro: Che fu celebrata la messa la mattina di Pentecoste nella Chiesa della Canonica di Fiesole nel tempo di Catilina, (3) cioè prima della nascita di Cristo: Che il tempio di S. Giovanni in Firenze fu fondato al tempo della morte di Cristo. (4)

Stroppia e confonde talora anche i nomi; (5) come ex. gr. Totila con Attila; imperocchè è sbaglio, com' egli narra, (6) che Attila devastasse Firenze, non essendo egli mai passato di qua dall' Appennino, ma fu Totila, il quale nella guerra che dovette sostenere contro i Generali di Giustiniano, la rovinò quasi affatto. (7)

Cade parimente in alcune false interpretazioni, come quando deriva il nome di Pisa dal pisare o pesare che i negozianti facevano ivi le merci, (8) mentre sappiamo che dalla greca città di Pisa (detta pure Alfea) vennero i fondatori o i nominatori della città Toscana: quando trae il nome di Lucca da luce (9) in questo senso, ch' ella rilucesse per il Cristianesimo, mentre ch'ella era già colonia romana e col nome di Lucca nella storia de' gentili: quando egli dice che il nome di Pistoia viene da pistolenzia, (10) non essendo questo vocabolo neppur voce vera di nessuna lingua morta o viva. (11)

(1) A quelle novelle fa allusione Dante nel C. X. del Paradiso, ove Cacciaguida parla de' casti e santi costumi delle donne Fiorentine ai di suoi, quando

L'una vegghiava a studio della culla,

E consolando usava l'idioma,

Che pria li padri e le madri trastulla;
L'altra, traendo alla rocca la chioma,
Favoleggiava con la sua famiglia

De' Troiani, e di Fiesole, e di Roma.

(2) Cap XI. (3) Cap. XVII. (4) Cap. XXXVIII. Tutti quegli errori sono così grossi, che v'ha luogo a sospettare che sieno stati inseriti dai Copisti nella Storia del Malispini. (5) Vedi le Nozioni preliminari, Vol. II. pag. L. (6) Cap. XX. (7) Anche Dante nel C. XIII. 'dell' Inf. seguitò la tradizione comunemente ricevuta a' suoi tempi che Firenze fu distrutta da Attila: Quei cittadin, che poi la rifondarno

Sovra' cener che d'Attila rimase.

(8) Cap. XXII. (9) Cap. XXIII. (10) Cap. XX. (11) La parola italiana ê. pestilenza, dalla pestilentia latina.

T. 111.

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Ma se, ragionando delle cose antiche, il Malispini si mostrò troppo credulo, (1) fu però al sommo veritiero ed ingenuo, diligentissimo ed accurato nel descrivere i fatti dell' età sua o de' tempi a quella vicini, (2) per quanto l' ignoranza della cronologia e della buona critica di quel secolo gli permisero. Egli può sbagliare un numero, un luogo, un piccolo accidente, ma non mentisce; tale come lo sa racconta il fatto, sia pur di vitupero a qualunque personaggio. Scrive poi con tale placidezza che, ancora quando sgrida il peccatore, mai non è veemente, mai non s' avviva il racconto a giovanile baldanza; mai non s' ode un consiglio antiveggente e fermo da età virile. È proprio il vecchio che gode di appuntare un fatto, e talora una frase, non sentendo più nemmeno il travaglio che dan le cure delle pubbliche faccende. Ma quando commenta, assegnando ai pensieri il motivo, dando alle azioni la ragione del successo, allora è quasi sempre apostolico e guelfo. Il ghibellino è un peccatore che ha da essere disgraziato, o se riesce a bene, è in parte almeno un convertito. Così la sventura del guelfo va col suo spergiuro: egli è un beato, se ha fortuna. La qual maniera di ragionare la storia non può piacere nemmeno all' uomo divoto, cui parrà troppo la ragione divina commista cogli affarucci umani. Creda dunque il lettore alla storia, e si guardi dal guelfo. (3)

In quanto alla lingua il Malispini tiene del rozzo suo secolo, non conosce quasi grammatica, ha molti vocaboli caduti affatto in disuso, molte uscite di nomi e conjugazioni di verbi o dure o goffe per noi, frequenti ellissi, confuso il più delle volte l'andamento del periodo, nessun artifizio di stile: ma i modi sono per altro generalmente assai buoni, le voci sono in lui proprie e significative, e nel suo libro si comincia notabilmente a sentire la vera indole della prosa italiana. (4) Si veda dunque in lui, dice il Perticari, il prisco aspetto de' vocaboli e il ritratto dell' antichità: ma perch' egli tutto s' imiti, è troppo vecchio, nè giunge alla gentilezza e alla purità del Villani: e quella sua semplicità è tanta che spesso non si distingue dal

(1) Dobbiamo però molto commendare la sua buona fede e diligenza nel rintracciare la verità; imperocchè nei Capitoli XXXVI e XLII. egli dice che, avendo trovate le cose scritte in due maniere, nell' una e nell' altra vuole registrarle. (2) E ben se ne seppe valere Giovanni Villani che trascrisse nella sua Storia, accrescendo, abbreviando, o copiando, quasi tutti i Capitoli del Malispini, senza mai neppur nominarlo. (3) Benci, Proemio alla Stor. Fior. del Malispini. (4) Ambros. Manuale della Lett. Ital. T. I.

selvaggio; onde l'onoreremo al modo che Quintiliano volea onorato Ennio, come cioè quei boschi venerabili per la vecchiaia, in cui le grandi ed antiche roveri non così t'empiono l'animo della loro bellezza, che più non vi gettino un sacro orrore, come di religione. (1)

CAP. XVI.

Come Catelina ebbe Belisea moglie di Fiorino.

Dicemmo a drieto (2) come per Catelina e per li Fiesolani fu sconfitto il re Fiorino, e morto lui e tutta sua gente: ora ritorneremo a dire della sua donna (3) e della sua figliuola, come arrivarono, e poi torneremo a Cesare e a' Romani. La detta donna del re Fiorino ebbe nome Belisea, la più bella donna e savia che in quello tempo si trovasse ; e quando il detto re Fiorino suo marito fue sconfitto e morto, la detta donna rimase fedita (4) e presa, (5) e per uno cavaliere atante (6) chiamato Pravus (7) fu celata. Venne agli orecchi al detto Catelina, (8) e saputolo, fece morire il detto Pravus di mala morte. Il detto Pravus era lo più valentre (9) cavaliere che a suo tempo si trovasse, e 'l detto Catelina ebbe grande letizia, quando la detta reina Belisea gli fu venuta alle mani, perocchè iufino al tempo ch' era in Roma, il detto Catelina n' era forte innamorato, a tanto che 'l detto Catelina la fece curare diligentemente quanto più si potesse; e guarita, il detto Catelina la tenne siccome sua donna, e quella che più amava che se medesimo: e a uno centurione pervenne alle mani la figliuola del detto re Fiorino, e della detta reina Belisea, la quale, come diremo, avea nome Teverina, la quale fue la più bella donzella che in quello tempo si trovasse. Il detto centurione avendo veduto la morte crudele, la quale Catelina avea fatta fare a Pravus, già per questo non rivelò la donzella a Catelina, anzi celatamente la tenne nella città di Fiesole, siccome per innanzi (10) udirete.

(1) Scritt. del Trecento, Lib. II. Cap. VI. (2) Drieto, o come dicono i nostri contadini dreto, per dietro. (3) Moglie. (4) Ferita. (5) Prigioniera. (6) Poderoso, robusto, capace d'aiutare, dall' antico atare per aitare o aiutare. (7) Alla latina, per Pravo. (8) Cioè quel fatto. (9) Per valente. Vedi le Nozioni preliminari, Vol. II. pag. XXVII. (10) In seguito.

CAP. XVII.

Come un centurione tenea Teverina figliuola di Fiorino Belisea, e come pervenne agli orecchi di Belisea, e come riebbe; e come poi il detto centurione se ne la portò vi maliziosamente.

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Avuto (1) Catelina la vettoria (2) sopra i Romani, fece grand allegrezza, e fece sonare trombe e stormenti, (3) e fece gran dissima letizia della reina Belisea, e tutto il guadagno fece par tire (4) e participare con tutti i cittadini maschi e femmine d Fiesole, e così col piccolo come al grande, e tantosto ando alla camera sua, dove avea fatta mettere e curare delle sue fe rite la reina Belisea, e venne allato a lei, e incominciò a piangere con lei, baciandola con gran diletto, e mandò per tutti i medici (5) della città, e fecela curare per sì fatto modo, che subito la renderono sana e liberata più che fosse mai. Il detto Catelina, come a drieto abbiamo detto, la reveriva (6) e teneva per sua donna e la reina poco si contentava, (7) e lamentavasi il dì e la notte piatosamente, e pregava per l' anima del suo Signore (8) e di Teverina sua figliuola e il detto centurione, il quale era in Fiesole, e tenea uno bello palazzo, tenea segretamente la detta Teverina figliuola di Fiorino e di Belisea, e dimorava nel detto palazzo con cento cavalieri, ed era posto (9) dalla mano dritta d''oriente; lo quale palazzo era molto forte, su grande fortezza fabbricata di marmo: e Teverina piangea notte e dì, e non si potea racconsolare, pensando della sua madre e del suo padre, e molto pregava la morte che l' uccidesse, acciò ch' accompagnasse (10) il padre e la madre, credendosi che la sua madre fusse morta; e di questo lamentarsi il detto centurione forte la riprendea, e recavasela in braccio confortandola quanto potea. Îl detto centurione mai non andava al palagio di Catelina, e vedendo (11) che il detto centurione non venia a lui, mandò per lui più volte, e ogni volta mandava (12) dicendo ch' era di mala voglia, e sì dicea: i' non voglio nè altra gioia nè bene in questo mondo che Teverina; e

(1) Cioè avendo avuto. (2) Per vittoria, come Catelina per Catilina . (3) Antico, per stromenti. (4) Dividere. (5) Mandar per alcuno vale mandarlo a chiamare. (6) Onorava, rispettava. (7) Cioè non amava Catilina. (8) Marito. (9) Cioè il detto palazzo. (10) Cioè nella tomba. (11) Cioè Catilina. (12) Cioè il centurione.

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