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sere sanza malizia di pensarla. Adunque più grave è di mentire pensandovi, che subitamente e non pensandovi.

CAP. XVII.

Del Giurare.

Nulla perfetta persona usa il giurare. Santo Isidoro dice: come non puote mentire chi non favella, così non si può spergiurare chi non usa il giurare. Guardar si dee altri di giurare, e non lo dee altri usare se non in sulla necessitade. Anche dice: quando noi ci ausiamo (1) a giurare, nel peccato dello spergiuro caggiamo. Non si può dire che la provvidenza di Dio giuri, che dice: juravit Dominus, et non poenitebit eum, cioè, quelle cose che giura, non muta.

CAP. XVIII.

Dell' Odio.

Odio è ira invecchiata. Laove è odio, carità essere non puote. Santo Isidoro dice: quegli si scosta dal regno di Dio che şi dilunga dalla carità. Non gli uomini, ma i vizj debbono es sere odiati. Seneca dice: peggio sono gli odj coperti, che i palesi. Santo Isidoro: meglio è l'odio de' rei, che la loro compagnia. Seneca dice: meno offende lo nimico che molto parla, che il nimico che istà pure (2) cheto.

CAP. XIX.

Di coloro che seguitano il Diavolo.

Seguitare lo Diavolo si è le sue tentazioni mortali mettere in opera, e perseverare ne' peccati. Santo Bernardo dice: perseverare nel male si è proprietà del Diavolo; e sono del Diavolo degni coloro che, a sua simiglianza, dimorano nel peccato. Anche dice: nulla è maggior farnasia (3) che nella penitenza del cuore ostinata volontà di peccare. Santo Anselmo dice: perchè non hai tue in odio di seguitare colui, lo cui nome tu

(4) Ausarsi in signif. di assuefarsi. (2) Solamente. (3) Alterazione della voce frenesia; ma non è ammessa nel Vocab.

hai in orrore? Perchè non temi d'essere figliuolo di colui, della cui presenza la carne e l'ossa ti tremano? Perchè non hai tue in odio con lui abitare in perpetuo, lo quale tu seguiti, serpente antico, dragone velenoso? Se tu vedessi lo Diavolo, cui tu seguiti, tu fuggiresti dalla lunga, e non lo seguiteresti più. Ma a tal' ora lo comincerai a vedere, quando tu nol potrai fuggire, cioè al punto della morte.

CAP. XX.

Della Tentazione.

Tentazione, secondo santo Agostino, è materia da aoperare virtudi. Anche dice: pericolosa tentazione è a non essere tentato. Se' tentato acciò che ti eserciti; se' tentato acciò che tu che non ti conoscevi, sia provato d' altrui. Santo Girolamo dice: per certo lo Diavolo non cessa di tentare e di pugnare contr' all' uomo giusto; o e' gli muove dolore nel corpo, o e' gli muove angoscia di mente, ovvero che lo accende a lussuria ovvero a dire male d'altrui; e se contra a queste cose valentremente (1) noi combattiamo, e tutta quella fatica umilmente conoschiamo da Dio, sanza dubbio riceveremo la nostra mercede in cielo. E la mente, che in terra averà vinte le amaritudini, in cielo assaggerà somma dolcezza.

CAP. XXI.

Degli Eretici.

Eretici sono coloro, che errano dalla veritade. (2) Dice santo Girolamo: non è cosa sconvenevole che gli eretici sieno chiamati empj, imperò che per lo errore della mala dottrina sono dalla verità istrani. (3) Santo Gregorio dice: gli eretici corruttori fanno forza, però che le menti de' fedeli e lo populo, con forza di parole e d' opere, sempre spogliano; chè, non potendo ingannare li savi, sì iscuoprono del cuoprimento della fede gli sciocchi,

(1) Per valentemente, frequente negli Antichi. (2) Che si allontanano dalla verità, che s' ingannano. (3) Alieni, allontamati.

FINE DEL VOLUME TERZO ED ULTIMO.

CORREZIONI

Oltre agli Errori, accennati nella fine del Volume II., essendomene caduti sotto gli occhi alcuni altri, li andrò qui notando.

ERRORI

Pag. 48. v. 33. E il Poliziano

»67. v. 30. Se tu mi vesti ben que-
sta Canzone

» 120. v. 39. alla Regina di Francia
>> id. v. 17. Pace sei con la guerra
» 235. v. 23. Non perchè 'l verso sia
» 236. v. 1. Che lo suo pregio danne
» 241. v. 10. Ond' io gran neia sento
» 259. v. 14. Ch' ha buono stallo

E Dante

CORREZIONI

Se tu mi vesti ben questa fanciulla

Al Re di Francia
Pace fei con la guerra
Non perchè 'l vero sia
Che lo suo pregio danna
Ond' io gran noia sento
Chi ha buono stallo

Alla pag. 286. la Canzone, che ivi ho riportata, non è di Guido da Polenta, ma una parte di quella Canzone di Dante, che incomincia

Voi che, intendendo, il terzo ciel movete.

Mingannò il Codice, da cui la trascrissi, nel quale il principio di essa è diverso dal principio di quella di Dante.

Nel Vol. I. alla pag. 128. e seg. ove dice

Poi non mi val mercè nè ben servire

In voi, Madonna, in cui tegno speranza,
Non so che cosa mi poria valere,

è stato lasciato indietro un verso. Correggi:

Poi non mi val mercè nè ben servire

In voi, Madonna, in cui tegno speranza,

E amo lealmente,

Non so che cosa mi poria valere.

A que' versi della pag. 82.

Chè avvene spessamente,

Che' ben servir a grato

Non è rimeritato

Allotta che 'l servente aspetta bene:

Tempo rivene che merta ogni scoglio,

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essendo stato rimproverato di non avere apposta nessuna dichiarazione alla voce acoglio, dalla quale non si sa che senso cavarne, dirò ora qui quel che sento. Scoglio hanno tutte l' Edizioni a stampa ed i Codici; ma nessuno de' diversi significati, che il Vocabolario da a tale voce, si adatta a questo luogo. Io crederei che scoglio valesse qui l'escoeil, escoel, escueil, escuel de' Provenzali, che suonava accoglimento, prosperità, elevazione ec. ed il senso ne verrebbe chiaro, spiegando: donna, voi mi mostrate orgoglio, ed io vi chiedo pietà: a voi m' inchino, e spero alla fine d'aver da voi ristoro e guiderdone del mio servire; chè, sebbene avvenga sovente che il ben servire non sia rimunerato allora quando il servente spera bene, cioè d'essere guiderdonato, pure viene il tempo ch' egli merita ogni accoglimento, cioè ch'è accolto e rimunerato della sua servitù. Se la lezione del testo non è viziata, non saprei che altro valore si potesse dare alla parola scoglio: lascio che altri definisca meglio di me la questione.

Alla pag. 226, nota 5. ho detto: Cicerone negli Uffizj: idem velle ec. e lo stesso ho annotato alla pag. 212. del Vol. II. Quel passo non è di Cicerone, ma di S. Girolamo, e deve leggersi così: eadem velle et eadem nolle firma amicitia est.

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