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serietà, qui fa palese il suo piacevole e comico genio, e confessa che più per far ridere, che per deridere, ha fin qui ragionato contra l'italico idioma. Ed io veramente giuro, che vedendo con tanta gentilezza e con un motto sì arguto assalita la riputazione degl' Italiani più in questo, che negli altri luoghi, in vece di adirarmi, ho riso. Quello però che può parerci più strano, si è, che non avendo il nostro autore giammai raggiunta la verità, quando più seriamente faceva egli vista di cercarla, ora scherzando l'ha mirabilmente colpita. Non so già dire, se altri popoli declamino, o sembrino recitare in palco, allorchè parlano; o se fischino, o se raglino. So bene ch' egli è pur troppo vero che gl' Italiani parlando sospirano. E se allo Scrittor franzese, perchè scherza, e a me non si volesse credere, almen si creda al nostro Petrarca, il quale sul bel principio de' suoi versi confessa che il suono delle sue parole italiane altro non era che suon di sospiri.

Voi, ch' ascoltate in rime sparse il suono Di quei sospiri, ond' io nodriva il cuore ec.

E più manifestamente altrove chiama egli sospiri tutte le sue parole.

S'io avessi pensato che si care

Fosser le voci de' sospir mie' in rima ec.

Doveva egli ancora parlar sospirando, allorchè

scrisse:

Quando io muovo i sospiri a chiamar voi ec.

Così pure in altri luoghi; nè sol egli, ma moltissimi altri poeti d' Italia confessarono ch' egli sospiravan parlando. Tutto ciò fu verisimilmente osservato dal Dialogista, in udire i ragionamenti di qualche Italiano mal concio (132) al pari del Petrarca, i quali sicuramente dovevano essere corteggiati da una gran folla di sospiri. Ed eccovi il manifesto fondamento dell' ingegnoso motto con cui questo autore scherza intorno al parlare o al pronunziare degl' Italiani, dicendo ch' essi parlando ch'essi sospirano. Ma con sua buona pace può parere troppo crudele e alquanto tirannico questo suo non volere che i poveri amanti d'Italia possano confondere co' sospiri le parole. Tuttavia, posciachè in Francia dee sembrar forse o strana cosa, o difetto, che gl' innamorati sospirino; affinchè non sieno per l'avvenire con tanta ragion motteggiati da altre persone gl' Italiani, io consiglio i nostri o a non più innamorarsi, o almeno a strozzare i sospiri quando fossero presi da quel tiranno d'amore, o da altre violente passioni. Egli è chiarissima cosa, che usando sì fatta cautela, non potrà più dirsi che pure un Italiano parlando sospiri. Intanto, poichè s'è per noi scoperto che in questo dialogo studia e brama il nostro autore di scherzar con piacevoli motti, non

ci dispiaccia d'udire com' egli motteggi eziandio i suoi nazionali con dire, che propriamente i soli Franzesi parlano. Il n'y a pro

prement que les François qui parlent (133). E vuol egli, come io penso, dire, che siccome alcuni Italiani (cioè gl' innamorati ) hanno il vizio di parlar sospirando, così alcuni Franzesi hanno quello di parlar molto; laonde, in paragon degli altri popoli men loquaci, può acutamente dire quel Censore che i soli Franzesi parlano. Tale, dico, e non altra, m' avviso che sia la sua mente; poichè, se per parlare volesse egli mai per avventura intendere il pronunziar naturalmente le parole, sarebbe pinione troppo sconcia, e riprovata dalla sperienza, il voler sostenere che i soli Franzesi, e non gl' Italiani ancora pronunziassero naturalmente la loro lingua. Non può essere caduta in pensiero a questo scrittore, uomo giudizioso, una sì fitta sentenza. Nè il credo io sì dimenticato di sè medesimo, che abbia inteso d'apportarne una pruova col soggiungere: E di ciò in parte è cagione il non mettersi da' Franzesi alcun accento sopra le sillabe che precedono la penultima; perchè da tali acconti si vieta che il ragionamento non sia continuato in un medesimo suono. Se ciò fosse vero, potrebbe ancor provarsi che propriamente i Greci e i Latini non parlassero, perchè non men dell' Italiano avevano gl'idiomi loro gran copia di vocaboli accentati nell' antepenultima, cioè di parole sdrucciole. Ora non sarebbe egli una strana opinione il credere che per ciò i Greci e i Latini propriamente

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non parlassero nè pronunziassero naturalmente il loro linguaggio? Io non voglio fermarmi più su questa materia. Solamente dirò, sapersi da noi tutti che in Italia, in Fran cia e in e in Ispagna, alcune città e provincie con leggiadria maravigliosa e con gran naturalezza, altre men gentilmente, ed altre in fine con dispiacevole tuono, pronunziano la lingua loro. Sicchè il pronunziar naturalmente e con suono continuato una lingua nobile e dolce, quali sono le tre divisate, non vien propriamente dalle parole o dagli accenti della lingua, ma da una disposizione e grazia particolare, e da un abito proprio di chi la pronunzia; essendo sempre un medesimo linguaggio quello che dagli uni è pronunziato con somma grazia e naturalezza, e dagli altri con ingrata e spiacente armonia.

Ma non perdiamo di vista il Censore, la cui accortezza ben sapea quanto giovi nel suo paese, perchè un libro abbia credito, il guadagnar la benevolenza d' un certo tribunale che altrove s'è per noi veduto ritener grande autorità sopra le lettere amene. Segue egli dunque in tal maniera a descrivere le glorie della lingua franzese. Onde viene che le donne in Francia parlano si bene? Non vien egli ciò, perch' elle naturalmente parlano, e senza studio veruno? Non può negarsi, replicò Aristo. Nulla ci è di più acconcio, di più proprio e di più naturale, che il linguaggio della maggior parte delle donne franzesi. Se la natura stessa volesse parlare, io credo ch' ella prenderebbe in prestito la lor lingua per

naturalmente parlare. Chi prenderà un giorno a far delle annotazioni erudite alle opere di questo scrittore, potrà qui far pompa d' erudizione con dire che questo gentil concetto è falsɔ ad imitazion degli antichi, i quali scrissero, che se gli Dei avessero voluto parlare, avrebbono usata la lingua di Platone, di Plauto, e d' altri simili valentuomini. Ma io dirò prima d'essi, ch' egli è molto probabile che alla natura giammai non venga talento e voglia di parlare; massimamente sapendosi che ella non avendo lingua, e altre membra umane, come si supponea che l'avessero gli Dei, si troverebbe molto imbrogliata, quando volesse eseguire un tal pensiero. Laonde non si potrà tanto facilmente scorgere alla pruova, di qual linguaggio, se franzese, o italiano, o greco, ella piuttosto volesse valersi per ben parlare. In qualunque favella però costei ragionasse, si può credere ch'ella potrebbe e saprebbe naturalmente parlare, appartenendo a lei il fare che le fortunate donne di Francia parlino sì naturalmente. Vero è ch'io non le darei consiglio d' usar quel linguaggio corrotto e vizioso di alcune donne, le quali tuttochè sieno franzesi, pure nelle conversazioni tratto tratto parlano con espressioni straordinarie, straordinarie, e ripetono cento volte una parola ch' appena è nata, non essendovi cosa che più di questa apporti noia ai saggi uditori. Così altrove afferma lo stesso Dialogista; non sarebbe se non bene il prevenire la natura con tale avviso, acciocchè, se pur si risolvesse una volta di parlare, disavvedutamente non prendesse in prestito la lor

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