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Che se da savi antichi fu cotanto biasimata, come corrompitrice del popolo, quella musica effemminata e dissoluta, quanto più ora si dee condannar la moderna, che forse senza paragone è più molle e tenera, e che fa più molli e lascivi i suoi uditori? O venga poi questa effemminatezza dal soverchio uso delle crome e semicrome, e delle minutissime note, dalle quali si rompe la gravità del canto; o nasca dalle voci de' recitanti, le quali o naturalmente, o per arte, son quasi tutte donnesche, e per conseguenza inspirano troppa tenerezza e languidezza negli animi degli ascoltanti; o proceda essa dall' uso delle ariette ne' drammi, le quali solleticano con diletto smoderato chiunque le ascolta, o dai versi che contengono sovente poca onestà, per non dir molta lascivia; o dalla introduzione delle cantatrici ne' teatri, o pure da tutte queste cagioni unite insieme: certo è che la moderna musica de' teatri è sommamente dannosa ai costumi del popolo, divenendo questo sempre più vile e volto alla lascivia in ascoltarla. Più non si studia quell'arte che, come dianzi affermò Quintiliano, e si attesta da tutti gl' antichi scrittori, insegnava a muovere, temperare e mitigar col canto gli affetti dell' uomo. Tutta la cura si pone in dilettare gli orecchi; e il pessimo gusto de' tempi nè pur soffre que' drammi ove la musica non sia molto allegra, molle e tenera. Negat Plato ( son parole di Boezio nel lib. 1, cap. della Musica esse ullam tantam morum in Republica labem , quam paulatim de' pudenti ac modesta musica invertere.

Statim enim idem quoqué audientium animos pati, paulatimque discedere, nullumque honesti, ac recti retinere vestigium, si vel per lasciviores modos inverecundum aliquid, vel per asperiores ferox, atque immane mentibus illa batur. Ma verranno ancora tempi più saggi (così mi fo io a sperare) che riformeranno la musica, e le renderanno la sua maestà, e quell' onesto decoro di cui ella ha tanto bisogno per darci un sano diletto. Si ubbidiranno i zelanti pastori della Chiesa di Dio, che tante volte hanno sbandito quella musica che da' teatri è arditamente penetrata ne' sacri templi, e quivi sotto il manto della divozione signoreggia, non ornando ma infettando la gravità delle divine lodi, e specialmente alcuni sacri poemi che si appellano oratorii. Con tal moderazione e riforma diverrà la musica utilissima al popolo, e grata al sommo Dio, da cui e per onore di cui ella è stata inventata; essendo veramente la musica in sè stessa una divina, soavissima e lodevolissima cosa.

Ed ecco il primo difetto de' moderni drammi, che per avventura è il più considerabile, benchè il meno osservato. A questo vorrebbono altri aggiungere il gravissimo danno che viene alle città per cagione degli stessi professori della musica, i costumi de'quali talor nel sesso migliore, e spesso nel debole, s' accordano colla lascivia ed effemminatezza del canto, non senza dispiacere degli uomini pii, e de' savi cittadini. Ma perchè questi non sono propriamente difetti della musica o de' drammi, io m' astengo dal parlarne. Passiamo adunque ad

altri difetti

considerando la poesia di cui son composti i drammi. Nè si creda già ch'io voglia motteggiare i poeti, se con esso loro mi condolgo, perchè l'arte ch' eglino professano, oggidì sia condannata a servire al teatro. Con sì poco onore, anzi con tanto loro discredito, ciò si fa ne' tempi nostri, ch' io sto per dire, essersi la poesia vilmente posta in catene; e laddove la musica una volta era serva e ministra di lei, ora la poesia è serva della musica. Se ciò da noi si provasse, non so qual ri putazione e gloria sperassero i poeti dal comporre questi drammi sì armoniosi. Ma nulla è più evidente, quanto che la poesia ubbidisce oggi, e non comanda alla musica. Primieramente fuori del teatro si suol prescrivere al poeta il numero e la qualità de' personaggi dell'Opera, affine di adattarsi al numero e alla qualità de' musici. Si vuole che a talento del maestro della musica egli componga, muti, aggiunga o levi le ariette e i recitativi. Anzi ogni attore si attribuisce l'autorità di comandare al poeta, e di chiedergli secondo la sua propria immaginazione i versi. Per lo più fa d'uopo il ben compartire le parti del dramma, e dividere geometricamente i versi, acciocchè non si lagni alcun recitante, quasichè a lui si sia data parte o minore o di forza inferiore a quella degli altri. Sicchè, non come l'arte richiede e l'argomento, ma come desidera la musica son costretti i poeti a tessere e vestire i drammi loro. Aggiungasi, che per ubbidire a' padroni del teatro si dee talvolta accomodar l' invenzione e i versi a qualche macchina o scena

vezzo,

che per forza si vuol introdurre e far vedere al popolo. Tutto questo però potrebbe di leggieri comportarsi. Ma in iscena poi qual uso, qual gloria mai rimane alla poesia? Vero è che si recitano i versi; ma in guisa che il canto o l'ignoranza de' musici recitanti non ne lascia quasi mai intendere il senso, e bene spesso nè pur, le parole, alterando e trasfigurando le Vocali: la qual cosa da alcuni maestri è stimata e chiamasi (10) cantare dittongato, quasi non solo la grammatica, ma la musica ancora abbia i suoi dittonghi (11). Se non si avesse davanti agli occhi stampato ciò che si canta, io son certo che l'uditorio punto non comprenderebbe, qual azione, qual suggetto si rappresentasse in scena. Mancando all' uditore il libricciuolo (come suol chiamarsi) dell' Opera, egli non vede e non ascolta, se non alcuni musici che ora escono ed entrano, ed ora l' uno

ora l'altro cantano, senza poter punto discernere le cose che da lor si cantano, o il gruppo o lo scioglimento della favola. Adunque la musica è quella che suole e vuole far ne' drammi la sua comparsa; nè ad altro si ricerca oggidì ne' teatri la poesia che per servire alla musica di mezzo e di strumento laddove ella soleva e doveva essere il fine principale. E in effetto il gusto de' tempi nostri ha costituito l'essenza tutta di questi drammi nella musica, e la perfezion loro nella scelta di valorosi cantanti. Per udir questa sola si corre ai teatri, e non già per gustare la fatica del poeta, i cui versi appena si degnano d'un guardo sul libro, e possono in certa maniera

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dirsi non recitati, perchè recitati da chi non li sa, e quasi direi non li può, per cagion del canto moderno, fare intendere al popolo. Oltre a ciò, è manifesta cosa che quel dramma è più glorioso e stimato, a cui per cagion della musica è toccata la ventura di maggiormente dilettare il popolo. Nulla poi si bada, se la favola e i versi del poeta sieno eccellenti, o degni di riso. Perciò si son veduti parecchi drammi tessuti dai più valenti poeti rimaner senza plauso; e questo essersi conceduto ad altri ch'erano sconciamente nella poesia difettosi. Anzi non s'amano troppo da' maestri della musica que' drammi che sono molto studiati, e contengono sentimenti ingegnosi, perchè ai versi e alle ariette di questi non si sa così facilmente adattar la musica. Si vorrebbono solo parole dolci e sonanti; poco importando, anzi molto giovando ai sopraddetti maestri, se le ariette son prive di sentimenti forti e d'ingegnose riflessioni (12), purchè abbiano belle ed armoniose parole. Ma per verità io non so dar torto alla pretensione di tal gente; poichè, se ne' drammi si studia solamente, o almeno principalmente il diletto della musica, ragion vuole che il poeta prendendo a comporli, componga secondo il gusto e il bisogno della musica, non secondo il suo talento ed ingegno; e ch' egli serva, non comandi.

a

Ciò posto, non avremo gran difficultà trarne due conseguenze. La prima è che i poeti non possono comporre cosa perfetta in genere di tragedia, tessendo sì fatti drammi. La seconda sarà che, quando anche si

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