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ad adempiere fuorchè la volontà del proprio imperante riconosciuto. Egli per conseguenza respinge qualunque atto di un altro suo pari che tende a farsi giustizia di propria mano, e peggio di commettere soperchierie. Parimenti egli vede un criterio, col quale viene disimpegnato dal sottostare ad un comando evidentemente incompetente di una subalterna magistratura. Egli almeno può protestare contro un editto, per esempio, municipale o provinciale emanato senza far constare della suprema autorizzazione col quale, per esempio, gli venisse imposto un dato tributo non comandato da veruna legge o intimata una pena non comminata dal supremo legislatore, o che eccedesse la sfera delle piccole nozioni economiche autorizzate da una legge fondamentale.

Egli finalmente conosce che oltre il territorio soggetto a quel tale imperante, le leggi di questo non obbligano; e però, un privato valer non si può in un affare che avesse all'estero fuorchè delle leggi di quel paese; e viceversa, se da uno straniero venisse molestato nel proprio stato con leggi straniere, egli può difendersi colla sua indipendenza.

Fu detto in terzo luogo che il comando supremo deve essere ingiunto sotto di una data sanzione. Sotto il nome di sanzione si comprende la privazione di un bene, o l'irrogazione di un male minacciate contro i negligenti o i trasgressori dell' intimato comando. Ognun sa che senza della sanzione la pretesa legge si risolve in un consiglio o in un desiderio. Volendo esigere dagli nomini un dato atto o fatto positivo o negativo, conviene prevalersi della molla che spinge ed effettua tutte le loro azioni, e quindi usare dei premi e delle pene. Questo modo di agire dei legislatori presta una cauzione presuntiva dell'esecuzione della legge medesima, e da questa cauzione nasce appunto l'idea di sanzione, , per cui si reputa la legge inviolabile. Il sanctum dei Latini allude a questa inviolabilità. Viceversa la violazione od il peccato forma il contrapposto del sanctum dei Latini suddetti.

Fu in quarto luogo apposta la qualificazione o relazione della legge ad un dato popolo. Con ciò si volle distinguere

la legge del Rescritto. Nella comune intelligenza la legge vien data a tutto un popolo, o se riguarda una classe, lo fa in una maniera complessiva e come indistinta da tutto il popolo. Quando per lo contrario un atto del sommo imperante riguarda una data persona o un dato luogo, riceve il nome di Rescritto. Gli atti poi delle subalterne autorità ricevono il nome di ordinanze, di nozioni, di sentenze, di decreti, ec.

Nell' esaminare le leggi importa dunque di vedere se il comando derivi dal supremo imperante riconosciuto : se sia autenticamente promulgato, e finalmente se sia ingiunto ad un popolo sotto di una data sanzione. Nei casi pratici queste inspezioni possono cadere in uso come l'esperienza lo comprova.

La promulgazione della legge non differisce per la sua forma materiale da qualsiasi manifestazione di una volontà fra uomo e uomo. Dunque si suppone che l'uomo che deve eseguire la legge possa intenderla ed eseguirla. Dunque per ciò stesso si suppone obbligatoria per le persone capaci di questa intelligenza e di questa esecuzione. Posta difatti la intelligenza, l'uomo concepisce nella sua mente prima di eseguire i suoi atti una norma dei medesimi. « Il potere agire « liberamente in vista di una norma preconosciuta costituicsce la moralità ». Dunque all'esecuzione della legge ed alla responsabilità per la sua negligenza o trasgressione, esigesi necessariamente la moralità. Dunque le persone incapaci o mancanti di questa moralità non possono lecitamente essere sottoposte alla sanzione della legge, nè giudicate responsabili per la loro trasgressione. Anche questo forma un canone direttivo e pratico per giudicare dell' applicazione delle sanzioni della legge in conseguenza delle attribuzioni, o sia dell'autorità competente della persona che la comandò.

Ora passiamo a vedere l'azione della legge sulle attribuzioni dei cittadini dotati di moralità. Qui parliamo di leggi quali debbono essere e non quali possono essere. Qui parliamo di giustizia e non di mero fatto. Ognuno sente di ROMAGNOSI, Vol. VIII.

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leggieri la distinzione fra i diritti attribuiti dalla natura ed i diritti attribuiti dalla società. I primi diconsi naturali ed i secondi civili. I primi vengono portati, per dir così, dall'uomo stesso con se; ed i secondi vengono indotti dai гарporti comuni della convivenza e comandati dalle circostanze necessarie di questa convivenza. I primi diconsi nativi ed j secondi dativi. I primi vengono riconosciuti, dichiarati e protetti dalla legge, e con questa dichiarazione e protezione si effettua anche una attribuzione positiva fatta a nome della società. I secondi vengono indotti, conferiti e difesi dalla legge medesima; e per conseguenza la loro attribuzione originaria e fondamentale riesce del tutto pubblica o sia sociale. Sui nativi dunque si può accampare un diritto irrevocabilmente quesito contro le innovazioni legislative: sui dativi nou mai, perocchè fino dal loro principio involgono la clausola di poter essere tolti dall' autorità sociale che li diede a norma delle esigenze pubbliche, e che può e deve toglierli e sostituirne altri a norma di queste stesse esigenze. Tullo ciò dunque che eccede i diritti nativi rimane in piena pode stà dell'autorità legislativa; ed ogni mutazione opera sul momento senza che si possa legittimamente contrapporre verun diritto irrevocabilmente quesito. Il volgo dei giureconsulti suole citare gli statuti personali, ma ben altri molti diritti esistono fuori di quelli da loro intesi, i quali racchiudono la stessa mutabilità senza che si possa contrapporre verun diritto irrevocabilmente quesito. Tali per esempio sono le successioni creditarie, tali i contratti a perpetuità a molte generazioni, per ciò stesso che i passaggi per causa di morte non possono essere stabiliti e sanzionati che per pubblica autorità. Tali eziandio i diritti sopra i beni posti fuori del civile commercio, ed assoggettati alle disposizioni di ragion pubblica, e che per conseguenza divengono di ragion pubblica o sia nazionale dal momento che vengono sottratti al privato commercio. Conviene ben distinguere questi caratteri onde nelle pratiche questioni non iscambiare le teorie dei diritti nativi con quelle dei dativi. Ciò ci conduce a parlare delle innovazioni legklative.

§. XXIII. Delle innovazioni legislative nella sfera
della civile protezione.

noto che le genti vanno passo passo o migliorando, o decadendo, o esistono indipendenti, o cadono sotto la conquista, o da piccole associazioni passano a formarne delle grandi. Per tutte queste cause e per altre indotte dalla fortuna o dal pensiero dei governanti, i popoli subiscono una varia posizione, e le leggi si vanno mutando. Altre vengono rivocate in tutto, e ciò chiamasi abrogazione. Altre vengo-: no mutate in parte, e ciò si chiama deroga o modificazione. Altre finalmente vengono col fatto abbandonate, e cadono in disuso, e ciò costituisce la dissuetudine, la quale le abolisce. Conviene conoscere la forza di tutti questi termini oude discernere quando una legge sia stata tolta in tutto od in parte. Siccome però l'autorità legislativa risiede unicamente nel sommo imperante, così conviene sempre esplorare o l'espressa o la tacita volontà di lui in tutte queste versioni. Qui si domanderà che cosa sia l'abrogazione di una legge. Rispondo essere « la rivocazione di un comando ce sanzionato e promulgato dal sommo imperante riconosciu<< to, vale a dire, la rivocazione di una legge vigente ed obbligante i cittadini a fare o ad ommettere qualche cosa. ›› Quante specie di abrogazioni vi sono? - Due specie generali : l' una espressa, l'altra tacita. L'espressa vien fatta mediante un posteriore comando promulgato, col quale si dichiara che quella tal legge viene rivocata o cessa di aver vigore. La tacita viene operata mediante la dissuetudine o sia il non, uso riconosciuto ed approvato, o sia meglio non disapprovato dalla suprema autorità nei casi occorrenti. Come colla consuetudine approvata o nou disapprovata viene introdotta una legge o sia un uso al quale si dà forza di legge; così pure colla dissuetudine o sia col non uso suddetto viene tolta di mezzo, sia una consuetudine, sia una legge scritta antecedente.

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Parlando dell' abrogazione espressa essa si può distingue

re in diretta ed indiretta. La diretta viene effettuata allorchè con parole espresse viene dichiarata l'abolizione d'una data legge precedente. La indiretta poi si può verificare in due modi diversi: il primo mediante l'incompatibilità della nuova legge coll' antecedente : il secondo mediante la cessazione della causa o sia dell'oggetto della legge anteriore.

Tutti questi modi sono suggeriti anche dal senso comune, perocchè si tratta della semplice mutazione della volontà positiva, come negli affari privati ne' quali appunto si verifica la innovazione mediante i modi sovra descritti. Ad ogni modo volendo confermare coll'autorità tutte queste distinzioni, noi ci possiamo giovare del suffragio delle diverse accreditate legislazioni.

Primieramente quanto all' incompatibilità leggiamo nel diritto romano quanto segue: - Non est novum ut priores leges ad posteriores trahantur. Sed et posteriores leges ad priores pertinent nisi contrariae SINT, idque multis argumentis probatur Leg. 28, ff. de legibus. '

Quum posteriores leges prorsus contrariae sunt prioribus per eas abrogantur priores. Secus quum magis quid diversum quam contrarium praecipiunt: hoc enim casu per eas non abrogantur priores, sed potius ad eas trahuntur, id est cum eis commiscentur (1.).

« Il suffit pour établir un droit nouveau qu'une loi contienne une disposition contraire à celle renfermée dans une loi anterieure, encore que la loi dernière en date ne fasse pas une mention expresse de celle qui l'a precédée (2). »

« Ces lois dont il s'agit, et toute autre loi dont le texte serait inconciliable avec celui de la constitution, ont été abrogées par le fait seul de la promulgation de cette constitu

(1) Pothier ad pandectas. Institut. lib. I, tit. III, art. IV,

num. XIII.

(2) Parere del Consiglio di Stato di Francia 11 giugno 1806, approvato da S. M. Bulletin des lois 104. 1806, pag. 181, tom. 29.

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