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abbiasi cura di domandare se una data provvidenza anteriore risulti o no da diritto di privata eguaglianza naturale. In caso affermativo essa appartiene al diritto privato civile, in caso negativo essa appartiene a politico regolamento. Se dunque non è incompatibile col nuovo codice, si deve soggiungerla come suo complimento o suo modo di esecuzione. Ecco il criterio sì di ragione che di autorità, in forza della patente che precede il codice civile, col quale si deve supplire, sia al silenzio della legge, sia al modo di esecuzione di un diritto privato non disciplinato, e nudamente definito in teoria, o determinato unicamente in vista della privata eguaglianza, tutte le volte che i privati possono venire a conflitto.

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PARTE PRIMA

DELL'ACQUISIZIONE E DELLA PERDITA DI UNA RAGIONE PREDIALE DI ACQUE

INTRODUZIONE

I.

Al bel principio di quest' Opera ho ampiamente spiegato

che cosa intendere si debba sotto il titolo della Ragion Civile delle Acque nella rurale economia. Qui prego il mio lettore di richiamar quanto esposi dalla pag. 1 alla 10 di questa stessa opera. Ora volendo parlare in particolare dell' acquisizione e della perdita di una ragione prediale di acqua come di cosa appartenente ad un privato sia individuale, sia collettivo, sorge tantosto l'idea dell'acquisto e della perdita di un utile o sia proficuo dominio delle acque, le quali per ciò stesso primariamente si considerano come interessanti. Qui in primo luogo si parla della ragion lucrativa; riserbandomi di parlare dappoi della ragion difensiva delle acque nel senso già spiegato nel §. I delle prenozioni pag. 135,

136.

Ma parlando del dominio sia assoluto, sia limitato di una cosa materiale, fa d'uopo avere ben presente la distinzione fra il dominio puramente naturale ed il dominio veramente sociale o civile. Il dominio puramente naturale si suole comunemente concepire prescindendo dai rapporti della convivenza. Il dominio sociale civile per lo contrario importa necessariamente di computare i rapporti della convivenza come si è avvertito in principio di quest' opera. Il dominio naturale si suole considerare come la facoltà di usare liberamente di una cosa posseduta. Il dominio civile ROMAGNOSI, Vol. VIII,

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poi come la facoltà di usare liberamente di una cosa posseduta salvo ogni contemperamento necessario sociale. Il dominio dunque CIVILE denominar si può dominio naturale socialmente contemperato secondo la necessità della convi

venza.

Coll' usare liberamente si inchiude anche l'esclusivo possesso che costituisce logicamente la così detta proprietà, la quale forma una specie di autonomia privata designata col nome di padronanza L'avros greco si traduce in proprium sui ipsius latino. La libertà propria a taluno di usare di una cosa non può stare insieme colla facoltà di un terzo di usare contemporaneamente della stessa cosa, come lo stare di un corpo in un dato luogo esclude la possibilità ad un altro di occuparlo nello stesso tempo. Allora non esiste la proprietà, ma la comunione.

Quando il privato serve alla legge della convivenza, non serve all'altro privato, ma alla necessità delle cose ed a se stesso. Non è dunque tolta la padronanza col contemperamento; e quindi il dominio naturale non è immutato, ma solamente ATTEGGIATO (1).

(1) In conformità di queste vedute e conclusioni leggesi nell'art. 537 del codice italiano quanto segue: « I privati <«< hanno la libera facoltà di disporre dei beni che loro appar« tengono colle modificazioni stabilite dalla legge ". Il codice austriaco al §. 354 poi dichiara quanto segue: « La proprietà « considerata come diritto è la facoltà di disporre a piacimen« to e ad esclusione di ogni altro della sostanza e degli utili « di una cosa ». Net §. poi 364 si soggiunge: « In generale ha luogo l'esercizio del diritto di proprietà in quanto non ne « sieno lesi i diritti del terzo, nè oltrepassi i confini dalle leggi « stabiliti per conservare e promovere il pubblico bene. » Confrontando questi due paragrafi si vede che nel 354 fu data la definizione del dominio reale in senso astratto e generale; e però ivi si parla del dominio che noi appellammo naturale. Col S. poi 364 questo dominio naturale nei confini stabiliti dalle leggi viene contemperato dai rapporti della sociale convivenza; e però l'unione di questi due paragrafi corrisponde all'articolo unico su recato del codice italiano, e somininistra con questa unione l'idea completa e propria

E qui guardar ci dobbiamo dalla volgare maniera di pensare per cui si suole riguardare l'attributo di civile come fuori della ragion naturale. Imperocchè lungi che la vera ragion civile sia fuori della naturale, essa è anzi l'unica, la reale e la piena ragion naturale, perciò stesso che la socialità è di rigorosa naturale necessità; e nello stato sociale solamente l'uomo può essere ragionevole e potente, a provvedere a' suoi bisogni, e sicuro ed aiutato per costituire il vero genere umano.

A che dunque si ridurrà il dominio non contemperato? O ne parliamo in linea di fatto, o ne parliamo in linea di ragione e di dottrina. Se ne parliamo in fatto, questo si puo verificare in due uomini o nazioni fra loro indipendenti, le quali non abbiano un vincolo comune di convivenza. Se poi ne parliamo in linea di ragione e di dottrina, è certamente cosa utile il considerare prima di tutto questo dominio puramente naturale nella maggiore sua latitudine e semplicità. Coi contemperamenti sociali non si toglie, ma solo si limita e si modifica l'esercizio di questo diritto. Figuratevi un fluido abbandonato all' indole propria o veramente una superficie, una sfera per ogni parte espansiva. Voi immaginerete per esempio un globo, una superficie rotonda. Supponete in seguito il bisogno, qua di allungare, là di restringere questa materia senza toglier nulla alla sua sostanza (come nel fabbricare un edifizio voi figurate i materiali ai quali dovete dare forme diverse): allora quella sfera e quella superficie acquista certe forme le quali nel suo primitivo concetto semplice ed assoluto voi non ravvisavate.

Tale è la naturale padronanza dell'uomo e tale è il modo col quale si procede ragionando sulla medesima. È necessario avere un primo concetto donde partire a fine di non ragionare a capriccio ed autorizzare o un'incondita li

del dominio esercibile nelle civili società, nel quale si esclude uno sfrenato arbitrio nel possesso e nel godimento dei beni fino al punto che al prodigo viene interdetta l'amministrazione ed al trascurato che abbandona i possessi per tanto tempo ad altri, vien tolto il dominio.

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