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L'articolo è rimesso alla sezione (In mezzo a questo egli non ha subito alcuu cambiamento).

645. Insorgendo qualche controversia fra i proprietari, cui tali acque possono essere utili, i tribunali decidendo, devono conciliare l'interesse dell' agricoltura coi riguardi dovuti alla proprietà ; ed in tutti i casi devono essere osservati i regolamenti particolari e locali sul corso ed uso delle acque.

(Detto articolo, il VII del progetto, fu adottato senza discussione).

646. Ogni proprietario può obbligare il suo vicino a stabilire i termini di confine delle loro contigue proprietà. Lo stabilimento dei termini di confine si fa a spese comuni. (Questo articolo era l' VIII del progetto).

Il sig. REGNAUD (de s. Jean d'Angely) dice, che lo stabilimento dei termini di confine, e l'obbligo di soffrirlo, non sono altrimenti una servitù, e questa disposizione sarebbe meglio collocata nel codice rurale.

Il sig. TREILHARD sostiene, che l'obbligo di soffrire lo stabilimento di confine è una servitù. L'articolo è adottato.

Nella discussione qui prodotta si veggono campeggiare gli argomenti riguardanti tanto il dominio individual e, quanto il sociale intorno al possesso e l'uso delle acque. Il sig. Berlier annotò che comunque le acque siano una proprietà, non si può dissimulare che essa è di una specie onninamente particolare. Qui si ha di mira l'associazione territoriale propria della civile convivenza.

Quanto al possesso acquistato mediante opere manufatte dal proprietario del fondo inferiore contro l'utente o proprietario superiore di lasciar decorrere le acque; questo principio appartiene all'uso di qualsiasi proprietà, ed appartiene intieramente al diritto individuale di dominio privato. In fatti egli è lo stesso che dire che niuno senza il proprio

consenso o espresso o tacito può contrarre vincoli ed impedimenti nell'uso della cosa a se appartenente. Ora un'opera manufatta dal padrone del fondo inferiore sul fondo del superiore autenticata con un possesso non violento, non clandestino, non precario continuato per trent'anni, fa necessariamente supporre che il padrone del fondo superiore acconsenta di non deviare il corso della sua acqua contro il praticato dalle opere suddette costrutte dal padrone del fondo inferiore. Qui dunque si verifica il consenso libero del padrone. Qui dunque si tratta del mero diritto privato ed individuale.

Ma trattandosi di un rivo puramente naturale, e consultando i rapporti della socialità, noi troviamo finalmente che tutti i dissidi vengono composti dall' articolo 645 sanzionato anche dall'autorità legislativa. Eccone il testo =

In

sorgendo qualche controversia fra i proprietari, cui tali « acque possono essere utili, i Tribunali decidendo devono << conciliare l'interesse dell' agricoltura coi riguardi dovuti « alla proprietà: ed in tutti i casi devono essere osservati « i regolamenti particolari e locali sul corso ed uso delle << acque «<<.

Con questa ordinazione sarebbe mai possibile di sostenere la disastrosa ed antisociale proposizione, essere lecito al superiore padrone dell'acqua di privarne l'inferiore ad aemulationem? Più ancora la maniera di vedere e di assumere i principj direttivi dichiarata dal Tommasio, dall'Hommel, dallo Schuster e da altri simili cervelli potrebbe mai conciliarsi colla ordinazione di quest' articolo? Dove riscontrar potrebbero mai quel gretto, divorante e selvaggio dominio ed uso delle contigue ed associate proprietà da lor predicato ?

Per soggiunta poi, oltre il principio fondamentale di contemperare l'uso delle acque compatibilmente ai diritti individuali e sociali, di modo che soddisfatto il bisogno particolare si consulti al bisogno degli altri associati, noi troviamo un' altra gran regola generale espressa colle parole

in tutti i casi debbono essere osservati i regolamenti

particolari e locali sul corso ed uso delle acque. Conseguentemente a questa ordinazione, noi ravvisiamo il mantenimento dei regolamenti particolari e locali, quindi delle leggi e delle consuetudini legittimate SUL CORSO ED Uso delle acque. Rimane dunque la sola questione se colla successiva legislazione questi regolamenti fuori della sfera del diritto puramente privato sieno stati abrogati. Ma considerando che tali regolamenti sono veramente politici, ne risulta che colla successiva Austriaca legislazione non furono realmente tolti di mezzo come fu di già provato.

CAPITOLO III.

DELLA QUALITÀ LEGALE DEI BENI SUI QUALI SI PUÒ STABILIRE L'ACQUEDOTTO.

S. I. Oggetto delle ricerche di questo capo.

L'intitolazione di questo capo mostra abbastanza l'oggetto delle seguenti ricerche. Non fu proposta la solita domanda su quali beni possa essere stabilita la ragione dell'acquedotto, ma fu proposto di esaminare solamente la qualità legale dei beni suddetti. Col domandare su quali beni si può stabilire la ragione di acquedotto, si sarebbe proposta una questione per lo meno equivoca; perocchè intendere si poteva la diversa qualità materiale dei beni. Questa non può essere una questione, perocchè è per se manifesto, che la ragione dell'acquedotto non può essere imposta che sopra beni stabili. Se dunque l'interrogazione alludesse alla qualità materiale dei beni, la risposta sarebbe stata pronta, nè abbisognerebbe di un capo apposito per essere dimostrata.

Ritenuta dunque la qualità materiale dei beni come ristretta agli stabili od immobili, resta a vedere della qualità legale che può formare oggetto delle presenti nostre disqui

sizioni. La qualità legale di cui parliamo qui, si riferisce propriamente alle relazioni di dominio indotte dalle diverse modificazioni operate si per fatto dell' uomo, che per fatto della legge. Ognuno sa che in conseguenza dei contratti o delle leggi, sia passate, sia presenti, un fondo stabile può essere diversamente posseduto, di modo che i diritti di proprietà ed il godimento conseguente sieno variatamente distribuiti. Così dicesi un fondo goduto a usufrutto, ad enfiteusi, a locazione. Così pure si annoverano beni sia fidecommissari, sia feudali, sia censuari, sia demaniali, ec. Da questa relazione ne seguivano diverse qualificazioni legali dello stesso immobile, in forza delle quali si limitavano o modificavano le facoltà sia dei possessori, sia dei chiamati, sia dei padroni diretti, di modo che si poteva o non poteva stabilire una servitù, o anche stabilita, essa cessava all'avvenimento della caducità, della consolidazione del diretto coll'utile dominio, e così discorrendo,

Dovendo noi trattare della ragione dell'acquedotto in relazione a queste diverse legislazioui, sotto l'impero delle quali può essere stata stabilita, noi siamo obbligati di esaminare partitamente le qualità legali influenti tanto per introdurre o no la ragione dell' acquedotto, quanto per mantenerla o estinguerla in conseguenza di queste legali qualità. Ecco l'oggetto preciso, ed ecco il motivo delle ricerche comprese in questo capo, ed ecco pure spiegato il senso della sua intitolazione.

Qui solamente soggiungere dobbiamo una cosa comune a tutte le diverse legislazioni; questa riguarda la qualità materiale dei beni sui quali imporre si può la ragione dell'acquedotto. Fu già detto, che questi essere non possono che beni immobili. Ciò risulta espressamente tanto dalle disposizioni del diritto romano, quanto da quelle del codice Napoleone, e finalmente del codice Austriaco. Quanto al diritto romano, fu già veduto di sopra, che la ragione dell'acquedotto viene assolutamente annessa ai beni immobili. L'unica questione che nacque si fu, se questa fosse solamente rustica, o anche urbana, perpetua o no. Quanto al

codice Napoleone, ciò apparisce dalla sola lettura del titolo IV, libro secondo del medesimo, e specialmente dal capo III di questo titolo. Quanto finalmente al codice Austriaco, ciò si vede palesemente nci SS. 474 e 477 del medesimo, dove si annovera fra le servitù prediali quella di cavar acqua, di abbeverarvi gli armenti, di deviarla o condurla.

Da tutto ciò è manifesto essere stato per autorità positiva di tutte e tre le legazioni stabilito il principio, non potersi la ragione dell'acquedotto costituire che sopra di un fondo stabile. Ciò premesso passiamo all'esame delle qualità legali influenti sullo stabilimento del diritto dell' acquedotto.

S. II. Se sopra beni concessi ad usufrutto si possa stabilire l'acquedotto.

I principj fondamentali circa l'usufrutto sono comuni a tutte e tre le legislazioni che contempliamo. Abbiamo quindi prescelto di trattare prima di tutto la questione, se sopra beni dati ad usufrutto si possa stabilire la servitù dell'acquedotto, onde procedere poi a quegli altri beni sui quali le legislazioni hanno stabilito qualità divergenti. Ad evitare qualunque equivoco, avvertiamo qui che noi parliamo dell' usufrutto il quale non eccede la vita del concessionario, se trattasi di una persona individuale; ed il periodo di cento anui secondo le leggi romane, se si trattasse di una persona morale. Il codice Austriaco ha tolto il limite di cento anni (Vedi il §. 129 del codice civile universale). Quest' avvertenza è necessaria per non confondere il vero usufrutto personale coll'usufrutto progressivo e perpetuo indotto dalle feudali consuetudini e dalle mostruose istituzioni dei fedecommessi perpetui introdotti nel medio evo e sconosciuti dalla romana Legislazione. Tanto in questa, quanto in quella del codice Napoleone e del codice Universale Austriaco l'usufrutto vien ristretto ai limiti ed ai rapporti puramente personali di un solo individuo o di una sola persona morale. Solamente quanto alla limitazione dei cento anni fissata dal Romano diritto noi soggiun

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