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40 Però va oltre: i'ti verrò a' panni,
E poi rigiugnerò la mia masnada,
Che va piangendo i suoi eterni danni.
43 lo non osava scender della strada,

Per andar par di lui; ma 'l capo chino
Tenea, com' uom che riverente vada.
46 Ei cominciò: qual fortuna, o destino
Anzi l'ultimo di quaggiù ti mena?

E chi è questi che mostra 'l cammino? 49 Lassù di sopra in la vita serena,

Rispos' io lui, mi smarri' in una valle,
Avanti che l'età mia fosse piena.

fica lo stesso che fiedere, ferire. Vedi 'l Vocabolario della Crusca alla voce Fiedere.

40 Ti verrò a'panni, verrò appresso a te; alludendo all' atto che faceva di tenerlo pe'l lembo della veste. v. 24.

41 Masnada per comitiva semplicemente, come Purg. I. 130. Vedi anche il Vocabolario della Crusca.

43 Io non osava ec. per non abbruciarsi i piedi nell'infuocata rena, come n'era stato da Virgilio avvertito (a):

50 In una valle, nella selvosa oscura valle delle ree passioni e de' vizi, detta ne' primi versi del poema.

51 Avanti che l'età mia fosse piena. Due errori, uno in conseguenza dell' altro, commettono qui, a mio giudizio, tutti gli espositori . Il primo è d'intendere, che si smarrisse Dante in cotesta selvosa valle net mezzo del cammin di nostra vita, cioè [come a suo luogo è detto] in età d'anni trentacinque. L'altro è di conseguentemente spiegare, che per la non piena età ne indichi il Poeta il medesimo mezzo di nostra vita. Innanzi [ecco il Daniello, da cui non sembrano discordi gli altri spositori che l'età sua fosse piena; perchè disse, che vi si smarrè nel mezzo del cammin della sua vita.

Non hanno cioè essi avvertito ch' era Dante nel mezzo del cammin di nostra vita, d'anni trentacinque, mentr' era nell' Inferno e parlava con ser Brunetto; e che, dicendo Avanti che l'età mia fosse pienia, mostra evidentemente che fosse, mentre così parlava, a cotale pienezza di età pervenuto: come ben mostrerebbe d'esser vecchio chi parlando dicesse, avanti che mi sopravvenisse la vecchiaia.

(a) Cant. prec. v. 73. e segg.

52 Pur ier mattina le volsi le spalle :

Questi m' apparve, tornand' io in quella,

E riducemi a ca per questo calle.

D'uopo adunque è distinguere l'età nella quale si smarrì Dante sonnacchioso (a) nella selvosa valle, dalla età in cui, come dal sonno risvegliato, trovossi nella valle smarrito. Qui parla dell' età in cui si smarri; e nel principio del poema dice l'età in cui si riconobbe smarrito: età che, perchè appunto nel mezzo di nostra vita, è la più compiuta di forze, e quasi lume di Luna in mezzo al di lei periodo, perciò intende essere la piena e più perfetta.

52 Pur ier mattina, solamente ieri mattina : non avendo di fatto impiegata nell' Inferno che la notte sopravvenuta al giorno in cui troVossi smarrito nella valle (b).

53 Questi m' apparve ec. Se alla dimanda fatta da ser Brunetto, Chi è questi che mostra il cammino, avesse voluto Dante soddisfare, avreb be dovuto dire, che questi era Virgilio. Dal contegno però adoperato dal medesimo Virgilio nell' incontro con Stazio (c), da quello stare cioè con viso, che tacendo, dicea taci, e dalla paura altresì, che nel medesimo incontro ebbe Dante di manifestare a Stazio il nome di Virgilio, si può conghietturare, che a bella posta tergiversi quì Dante, e ricusi di rispondere a ser Brunetto adequatamente. Che poi verso di Stazio mutasse Virgilio contegno, e se gli facesse finalmente dal poeta nostro nominare, e niente si curi di essere manifestato a ser Brunetto, può di tale divario essere cagione, che Statio era stato di Virgilio studiosissimo, com' egli stesso ivi confessa, e non così ser Brutornand' io in quella, leggono tre mss. della biblioteca Corsini (d), e l'edizione di Firenze 1481. meglio delle altre edizioni, che, leggendo ritornando in quella, non fanno con uguale chiarezza capire, che la persona, che ritornava, era lo stesso Dante. In quella per in quel mentre spiegano alcuni; ma, avendo Dante raccontato nel primo canto, che gli apparve Virgilio mentre appunto, invece di salire il dilettoso monte, ritornavasene alla primiera noia della oscura valle (e), non pare che possa in quella significar altro che in quella valle medesima, a cui ridice qui che volte aveva le spalle.

netto.

-

54 Cu per casa, voce tronca Lombarda. Vedi Anton Maria Salvini

(a) Inf. I. 11. (b) Dal principio del canto I. Lo giorno se n'andava ee. non ha fin qui contato, che la mezza notte nel canto VII. Già ogni stella cade ec., è l'avvicinarsi dell' aurora nel canto xI. I pesci guizzan su per l'orizzonta: e non fa tramontar la Luna, che [ per essere, come supponela, piena ] val quanto far nascere il giorno, se non nella quarta bolgia dell'ottavo cerchio nel fine del canto xx. Ma vienne omai, che già tiene il confine ec. (c) Purg, XXI. 103, e segg. (d) Segnati 607. 608.610. (e) Ver, 76, e seg.

C

55 Ed egli a me: se tu segui tua stella,
Non puoi fallire a glorioso porto;

Se ben m'accorsi nella vita bella.
58 E s' io non fossi sì per tempo morto,
Veggendo 'l cielo a te così benigno,
Dato t'avrei all' opera conforto.
61 Ma quello ingrato popolo maligno,
Che discese di Fiesole ab antico,

E tiene ancor del monte e del macigno,
64 Ti si farà per tuo ben far nimico:

Ed è ragion; che tra gli lazzi sorbi
Si disconvien fruttare il dolce fico.

67 Vecchia fama nel mondo li chiama orbi;

ne' suoi Disc.accad. p.504. qui riducemi a ca ec. vale, al mondo di sopra mi riconduce, passando per questo tenebroso di quaggiù. Venturi. Altri per la casa intendono la celeste patria: ma il verbo riducemi accenna conducimento a luogo dove sia Dante stato prima: e però o il mondo di sopra dee intendersi, o piuttosto la primiera onestà della vita calle, via.

55 56 Essendo ser Brunetto, mentre viveva, astrologo, aveva, dice il Daniello, preveduto che Dante era nato sotto gran costellazione: onde lo esorta a seguire la sua stella, quel celeste influsso, che lo guidava, a glorioso porto, cioè al felice fine delle sue fatiche. Non puoi fallire a glorioso porto, omette per ellissi d' aggiungere il cammino. 57 Se io mentre viveva su nel mondo feci bene le mie supputazioni nel far la pianta astrologica della tua natività. Venturi. Appella la vita nel mondo vita bella per rapporto alla vita disperata, che conduceva esso collaggiù.

61 62 63 Quello ingrato ec accenna il Fiorentino popolo disceso da Fiesole, città antica situata in monte, sei miglia discosta da Firenze. 65 Lazzi, aspri, lapposi, astringenti. Vedi i Salvini disc. 84. centur. 1. Venturi. Sorbo albero noto, che dà frutti d'aspro sapore.

66 Il dolce fico legge la Nidobeatina ove al dolce fico l'altre edizioni. 67 Li chiama orbi, ciechi. Dicesi dai comentatori originato il sopranome dal seguente fatto. Avendo i Fiorentini a preghiera de' Pisani guardata Pisa, mentr' erano questi passati alla conquista dell'isola Maiorica, ritornati vittoriosi i Pisani in segno di riconoscenza offerirono a' Fiorentini, che delle prede di là trasportate si scegliessero qual delle due più loro piacesse, o due porte di bronzo bellissime [che

70

Gente avara invida e superba:

Da' lor costumi fa che tu ti forbi.
La tua fortuna tanto onor ti serba;

Che l'una parte e l'altra avranno fame
Di te ma lungi fia dal becco l'erba.
73 Faccian le bestie Fiesolane strame

Di lor medesme, e non tocchin la pianta,
S'alcuna surge ancor nel lor letame,

76 In cui riviva la sementa santa

Di quei Roman, che vi rimaser, quando
Fu fatto 'l nidio di malizia tanta.

79 Se fosse pieno tutto 'l mio dimando,

ora adornano il duomo di Pisa] o due colonne di porfido, che, perchè non si vedesse com' erano, guaste dal fuoco, coperte avevano di scarlatto: i Fiorentini ciecamente si capparono le due colonne: che sono [dice Paolino Pieri] in Firenze dinanzi alla chiesa del beato Giovanni Batista (a).

68 69 Invida la Nidob. invidiosa l'altre ediz.ti forbi, ti purghi. 71 72 Che l'una parte e l'altra, i neri e i bianchi, fazioni nelle quali era Firenze partita — avranno fame di te. Non si può per questa intender altro se non il desiderio, che prevedesse Dante dover finalmente col giro degli anni nascere in cuore de' suoi concittadini di averio avuto sempre in patria; e per l'onore, ch' era la medesima per ricevere dai di lui scritti, e per gli aspri rimbrotti e frizzi, ch'avrebbersi risparmiati ma lungi fia dal becco l'erba, espressione allegorica in vece di dire ma il desiderio se ne rimarrà digiuno, senza effetto.

73 al 78 Le bestie Fiesolane, que' Fiorentini, che tengono ancor del monte e del macigno dell' originaria Fiesole facciano strame: strame dicesi ogni erba che si dà in cibo e serve di letto alle bestie (b); facciano adunque strame di lor medesime vale quanto s'addentino e si calpestino tra di loro e non tocchino, e non molestino, se nel lor lettame, nel putridume de' loro costumi, surge, nasce per avventura alcuna pianta, alcun cittadino, in cui riviva la sementa santa, civile ed onorata, di quei Romani, che, quando fu fatto il nidio di tanta malizia, Firenze, vi rimasero, vi concorsero a fabbricarla e ad abitarla (c). 79 Se fosse pieno tutto il mio dimando, se tutte le mie preghiere fossero esaudite.

(a) Cron. an. 1118. (b) Vocab. della Crusca. (c) Vedi, tra gli altri, Gio. Vill. Cron. lib. 1. cap. 38.

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Risposi io lui, voi non sareste ancora
Dell' umana natura posto in bando:
82 Che in la mente m' è fitta, ed or m' accuora,
La cara e buona immagine paterna

Di voi nel mondo, quando ad ora ad ora 85 Mi 'nsegnavate, come l' uom s'eterna :

E quant' io l'abbo in grado, mentr' io vivo Convien che nella lingua mia si scerna. 88 Ciò che narrate di mio corso scrivo, E serbolo a chiosar con altro testo A donna, che 'l saprà, s'a lei arrivo. 91 Tanto vogl' io, che vi sia manifesto, Pur che mia coscienza non mi garra,

Ch' alla fortuna, come vuol, son presto.

80 Risposi io lui la Nidobeatina e l'altre edizioni risposi lui.

81 Posto in bando, allontanato, e tra' morti.

82 Ed or, intendi, così malconcia scorgendola

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83 La cara e buona legge la Nidobeatina La cara buona l'altre edizioni.

84 Di voi nel mondo, quando ec. legge la Nidobeatina Di voi quando nel mondo l'altre edizioni.

86 87 E quant' io ec. Costruzione. E convien che, mentrio vivo, si scerna, apparisca nella lingua mia nel mio parlare, quant' io l'abbo in grado, quant' io l'ho caro. Abbo ed aggio per ho usato dagli antichi (a). 88 Di mio corso delle mie venture scrivo mi ritengo a mente. 89 90 E serbolo con altro testo, con l'altra predizione fattami, da Farinata Ma non cinquanta volte fia raccesa ec (b), a chiosare a far chiosare a donna che 'l saprà, a Beatrice; come in seguito alla predizione di Farinata promesso aveva a Dante stesso Virgilio da lei saprai di tua via il viaggio (c).

91 92 93 Tanto ec. Sinchisi di cui ecco la costruzione: tanto, sclamente (d), io voglio che vi sia manifesto che, purchè mia coscienza non mi garra, non mi garrisca, non mi sgridi, non mi rin proveri [ intendi d'alcuno mal operare], son presto, pronto, alla fortuna, come, comunque essa vuole.

(a) Vedi 'l Vocab. della Crusca al verbo avere §. VII. ed il Prospetto di verbi Toscani. (b) Inf.x. 79. e segg, (c) Ivi v. 132. (d) Vedi Cinon part.236. 6.

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