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106 Quando un altro gridò: che hai tu Bocca?
Non ti basta sonar con le mascelle,

Se tu non latri? qual diavol ti tocca?
109 Omai,
Omai, diss' io, non vo', che tu favelle,
Malvagio traditor: ch' alla tua onta
Io porterò di te vere novelle.

112 Va via, rispose; e ciò che tu vuoi conta:
Ma non tacer, se tu di qua entr' eschi,
Di quel ch'ebbe or così la lingua pronta :
115 Ei piange qui l'argento de' Franceschi :
lo vidi, potrai dir, quel da Duera,
Là dove i peccatori stanno freschi.
118 Se fossi dimandato, altri chi v' era;
Tu hai dallato quel di Beccaria,

106 Bocca degli Abati, come è detto al v. 8o.

107 Sonar con le mascelle; quel che nel v. 36. disse metter i denti in nota di cicogna, cioè sbattere pe 'l freddo i denti.

109 Favelle, antitesi, per favelli.

110 Alla tua onta la Nidobeatina, alla tu' onta l'altr'edizioni. Al tuo marcio dispetto.

111 Porterò, intendi, su nel mondo.

113 Ma non tacer ec. Volgesi Bocca così a quel solatium miseris socios habere poenarum.

114 Di quel, ch' ebbe or la Nidobeatina, Di que' ch' ebb' or l'altre edizioni.

115 L'argento de' Franceschi, il danaro ricevuto da' Francesi, per cui tradi la patria. Franceschi per Francesi adoprato da buoni scrittori anche in prosa vedilo nel Vocabolario della Crusca.

116 lo vidi ec. Seguita Bocca degli Abati a favellar del medesimo traditore, che avevalo a Dante scoperto; e non contento di averlo già accennato con dire il di lui delitto, vuole espressamente nominarlo quel da Duera, cioè Buoso da Duera, Cremonese; il quale per danaro of fertogli dal generale Francese Conte Guido di Monforte non contrastò al Francese esercito il passaggio in Puglia.

117 Freschi per gelati, agghiacciati.

119 Quel di Beccaria legge la Nidobeatina con l' Aldina ed altre, edizioni, e Beccaria scrivono pnre cotal cognome gli scrittori Lombar

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Di cui segò Fiorenza la gorgiera . 121 Gianni del Soldanier credo che sia

Più là, con Ganellone, e Tribaldello, Ch' apri Faenza, quando si dormia. 124 Noi eravam partiti già da ello,

Ch' io vidi due ghiacciati in una buca
Sì che l' un capo all' altro era cappello :
127 E comel pan per fame si manduca,
Così 'l sovran li denti all' altro pose

di (a), e pronunziasi in Lombardia anche di presente: nè se non male hanno gli Accademici della Crusca per l'autorità di pochi testi voluto in vece scritto Beccheria. Questi fu di Pavia [di Parma il Landino], et Abate di Vallombrosa; al quale, per essersi scoperto certo trattato, che fece contro a' Guelfi in favore de' Ghibellini in Fiorenza, ove era stato mandato Legato dal Papa, fu tagliata la testa. Daniello . 120 La gorgiera dice pe I collo, la parte pe'l tutto.

121 Gianni del Soldanier. Giovanni Soldanieri, secondo Giovanni Villani al decimo terzo del settimo libro, essendo in Firenze di grande autorità, e di fazione Ghibellino, volendo la parte sua tor il governo del popolo a' Guelfi, tradendo i suoi, si accostò ad essi Guelfi, e fecesi di quel governo principe. Vellutello.

122 Più là, più verso il centro Ganellone appella il traditore dell' esercito di Carlo Magno, che Giovanni Turpino appella Ganalon (b), ed altri Gano. Del costui tradimento si è fatta menzione nel canto precedente v. 16. Tribaldello [Thebaldello addimandasi nella Nidobeatina]. Tribaldello de' Manfredi Faentino apri per tradimento di notte una porta di quella città a messer Giovanni de Apia, o de' Pa', com' altri l dicono, condottiere delle armi Papali. 124 Da ello per da lui, o da quello, cioè da quello che fino allora aveva parlato, da Bocca degli Ábati.

125 Che per quando (c):

126 Era cappello, vale quanto stavagli sopra, coprivalo.

127 Si manduca. Manducare per mangiare detto anticamente anche

in prosa. Vedi 'I Vocabolario della Crusca.

128 Il sovrano vale qui quanto il soprastante, lo stante di sopra, sovrano cioè di luogo semplicemente, e non di dignità

neva, ficcava. Enallage.

pose per po

(a) Vedi tra gli altri Corio istor. Milan. parte 2. (b) De vita Caroli M. cap. 21. (c) Vedi 'l Cinon. Partic. 44. 18.

Là 'ye 'l cervel s'aggiunge con la nuca. 130 Non altrimenti Tideo sì rose

Le tempie a Menalippo
Menalippo per disdegno,
Che quei facea 'l teschio, e l'altre cose.
133 O tu, che mostri per sì bestial segno
Odio sovra colui, che tu ti mangi,

:

Dimmi 'l perchè, diss' io per tal convegno 136 Che, se tu a ragion di lui ti piangi,

Sappiendo chi voi siete, e la sua pecca, Nel mondo suso ancor' io te ne cangi; 130 Se quella, con ch' io parlo, non si secca.

ove –

129 Là 've, sinalefa, per là ove il cervello per la sommità del 129 cranio, sotto della quale ricopresi il cervello la nuca, la parte deretana del capo.

130 131 Tideo figliuolo d' Eneo Re di Calidonia, nell' assedio di Tebe, intrapreso per rimettervi Polinice, combattendo con Menalippo Tebano, rimasero entrambi mortalmente feriti; ma premorendo Menalippo, fecesi Tideo recare la di lui testa, e per gran disdegno si mise a roderla (a).

132 Teschio, cranio (b) vella ec.

e l'altre cose, cotenna, capelli, cer

135 Per tal convegno. Con in luogo di per hanno trovato in un manoscritto gli Accademici della Crusca: ma senza far mutazione può la particella per significare lo stesso che la con (c) convegno, convenzione, patto. A simil senso scrissero convegna altri autori (d), e convenium i Latino - barbari (e).

137 Pecca per mancamento (ƒ).

138 Te ne cangi, te ne cambi, per te ne renda il cambio; favorisca io te pure lodando te, ed infamando lui.

139 Se quella con ch'io parlo, la lingua, non si secca, non si risolve in polvere, ch'è poi quanto a dir, se non muoio.

(b) Vedi

Vocabolario

(a) Vedi Stazio nella Tebaide lib. 8. nel fine. della Cr. (c) Vedi 'I Cinon. Partic. 195. 11. (d) Vedi 'l Vocab. de la Cr. () Dufresne Gloss. art. Congenium. (f) Vedi 'l Voc. della Cr.

Fine del canto trentesinosecondo

CANTO XXXIII

ARGOMENTO

:

In questo canto racconta il Poeta la crudel morte del Conte'Ugolino, e de' figliuoli. Tratta poi della terza sfera, detta Tolommea nella quale si puniscono coloro, che hanno tradito chi di loro si fidava e tra questi trova Frate Alberigo.

1

4

La

a bocca sollevò dal fiero pasto
Quel peccator, forbendola a' capelli
Del capo ch' egli avea diretro guasto:
Poi cominciò : tu vuoi ch' io rinnovelli

Disperato dolor, che 'l cuor mi preme, Già pur pensando, pria ch' io ne favelli. 7 Ma se le mie parole esser den seme,

Che frutti infamia al traditor ch' io rodo,
Parlare e lagrimar vedrai insieme.
to lo non so chi tu se', nè per che modo
Venuto se' quaggiù; ma Fiorentino

Mi sembri veramente, quand' io todo.

2 Forbendola ec. per potere più chiaramente e speditamente favellare.

5. 6 Che 'l cuor mi preme già pur pensando, che mi opprime il cuore già fin d'ora, solamente pensando all' azione da costui fattami.

7. 8 Den, è il denno troncato dell' ultima sillaba. - se esser den seme che frutti infamia ec,, val quanto se debbono influire ad infamare costui su nel mondo.

9 Parlare e lagrimar vedrai. Propriamente il vedrai si riferisce a lagrimar, e per catacresi al parlare.

o Chi tu se' la Nidob., chi tu sie l'altre ediz. ma il chi tu se accorda meglio col venuto se', che nel seguente verso leggono poi l'edizioni tutte d'accordo.

13 Tu dei saper ch' io fui 'l Conte Ugolino, E questi l' Arcivescovo Ruggieri :

Or ti dirò, perch' i son tal vicino 16 Che per l'effetto de' suo' ma' pensieri Fidandomi di lui io fossi preso,

E poscia morto, dir non è mestieri. 19 Però quel che non puoi avere inteso, Cioè come la morte mia fu cruda

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13 14 Tu dei saper ch' io fui la Nidob., Tu de' saper ch'i' fu' l' altre edizioni. il Conte Ugolino de' Gherardeschi di Pisa. Dopo di essersi costui, coll' aiuto di Ruggieri degli Ubaldini Arcivescovo di Pisa, reso padrone di Pisa, spogliandone per tradimento della padronanza di quella il giudice Nino di Gallura de' Visconti, abbenchè fosse figlio di una propria figliuola; venne poi tradito dall' Arcivescovo medesimo, il quale facendo credere al popolo, che avesse Ugolino tradito Pisa e rendute le loro castella ai Fiorentini e Lucchesi fece si che a furor di popolo ne venisse il Conte con due figli e due nipoti rinchiuso e fatto morir di fame in una torre (a).

15 I vale qui lo stesso che gli, a lui, come nel preced. canto xxII. v. 73. Vedi ciò che ivi si è detto tal vicino per tormentatore. 16 Ma', apocope, per mali, malvaggi pensieri per sospetti che avesse cioè il Conte rendute, o disegnato di rendere ai Fiorentini e Lucchesi le castella, delle quali si erano i Pisani impadroniti. Che non fosse cotale tradimento se non in sospetto, pare lo indichino i versi 85. e 86.

Che se 'l Conte Ugolino aveva voce
D'aver tradita te delle castella.

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18 Dir non è mestieri, cioè ch' io fossi preso e morto essendo ciò a notizia di tutti.

muda con molta con

22 Brieve pertugio, picciolo finestrello. venienza appella Dante quella torre, o sia la prigione in essa : imperocchè muda è quell' oscura camera, nella quale si ripongono gl' ingabbiati uccelli per far loro mutare [ mudare diciam noi Lombardi ] non le penne, come spiega il Vocab. della Cr., ma l'innamoramento ed il canto, d' una in altra stagione.

(4) Gio. Villani lib.7. cap.120. c 127.

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