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Per sette porte intrai con questi savi : Giugnemmo in prato di fresca verdura. 112 Genti v' eran con occhi tardi e gravi, Di grande autorità ne❜lor sembianti : Parlavan rado con voci soavi. 115 Traemmoci così dall' un de' canti

In luogo aperto, luminoso, ed alto; Si che veder si potean tutti quanti . 118 Colà diritto sopra'l verde smalto

Mi fur mostrati gli spiriti magni,

Che di vederli in me stesso n'esalto.

[fa Cicerone che Velleio dica] pertimuissem, nec rhetorem, quamvis eloquentem ; neque enim flumine conturbor inanium verborum(a). E Quintiliano insegna che si sapientes iudices dentur, perquam sit exiguus eloquentiae locus (b).

110 Per sette porte, perocchè disse ch'erano sette le muraglie intorno a quel castello .

117 Potean, che legge la Nidobeatina, preferisco allo stravagante potèn che, quant' osservo, leggono tutte l'altre edizioni. E se per Tandamento del verso converrebbe, che potèn o si pronunciasse colla conda sillaba breve, ovvero si spezzasse e pronunciasse

Si che veder. si po- ten tutti quanti;

una delle medesime licenze aggiunta alla crasi delle due vicine vocali ea basta ad abilitarne anche il potean. Spezzatura di versi consimile all'accennata, per chi no'l sapesse, accade da praticarsi indispensabilmente, non solo in altri versi di questo medesimo poema, nel 14 esempigrazia del canto vi. della presente cantica, ma in alcuni eziandio d' altri poeti. Vedi la nota al detto v. 14.

118 Diritto dee qui equivalere a dirimpetto, dirincontro — verde smalto appella metaforicamente il prato di fresca verdura.

120 Esalto, antitesi in grazia della rima per esulto; e forse fondata nella non del tutto improbabile supposizione, che i Latini verbi exsultare ad exsaltare derivinsi da sinonimi fonti, quello da exsilio e da salio, e questo da salto. N'esalto poi dice, o per enallage di tempo, invece di n' esaltai; ovvero a dinotare, che durava in lui il contento di quella vista fino al tempo che ciò scriveva.

(a) De nat. Deor. lib. 2. n. 11. (b) Instit. orat. lib. 2, cap. 17.

121 lo vidi Elettra con molti compagni,
Tra' quai conobbi ed Ettore, ed Enea,
Cesare armato con gli occhi grifagni.
124 Vidi Cammilla, e la Pentesilea

Dall'altra parte, e vidi 'l Re Latino,
Che con Lavinia sua figlia sedea.
127 Vidi quel Bruto, che cacciò Tarquino,
Lucrezia, Iulia, Marzia, e Corniglia,

121 Elettra. Tutti i comentatori riconoscono questa Elettra per quella figliuola d'Atlante moglie di Corito Re d'Italia, che di Giove generò Dardano fondatore di Troia: e con ragione; perchè viene accompagnata e corteggiata dagli eroi della discendenza di Dardano, Ettore, Enea, e Cesare, che da Enea, riconosceva la sua origine, Nascetur pulchra Troianus origine Caesar (a). Solo un moderno [il Volpi] senza addurne ragione alcuna, contro il comun parere, dice esser questa anzi l'Elettra figliuola di Agamennone, e Clitennestra, dal nome della quale intitolò Sofocle una sua tragedia, che ancor si legge. Venturi .

122 Ettore figliuolo di Priamo Re di Troia, e di tanto valore che quasi solo fu cagione che Troia si difendesse dieci anni Enea, figliuolo d'Anchise Troiano, notissimo nelle storie, e nelle favole. Volpi.

123 Cesare, Giulio, primo Im peratore Romano con gli occhi grifagni, di sparviere grifagno: accenna gli occhi neri e lucidi che dice Svetonio nella di lui vita aver esso avuto.

124 Cammilla donzella guerriera figliuola di Metabo Re de' Volsci, che combatte a favore di Turno. Pentesilea Regina delle Amazoni, che andò in soccorso de' Troiani, e fu uccisa da Achille. Venturi . 125 Latino Re degli Aborigeni padre di Lavinia.

126 Lavinia, promessa in isposa a Turno Re de' Rutuli, e poi sposata ad Enea; cagione che adirato Turno movesse guerra a Latin ad Enea. Lavina leggono l'ediz. diverse dalla Nidob

127 Bruto ec. Lucio Iunio [e non Marco, come dice un moderno, il Volpi, che cacciò di Roma Tarquinio Superbo, e diede alla patria la libertà. Venturi. Tarquino per sincope scrive Dante in grazia della rima.

128 Lucrezia moglie di Collatino, violata da Sesto Tarquinio, figliuolo del Superbo, la quale si uccise per attestare la sua innocenza. -- lulia, figliuola di Cesare e moglie di Pompeo il grande, amantissima del marito. Marzia, moglie di Catone Uticense, ceduta da questo per moglie ad Ortensio, morto il quale, ritornò al primo marito a

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E solo in parte vidi 'l Saladino.

130 Poichè 'nnalzai un poco più le ciglia, Vidi 'l maestro di color che sanno, Seder tra filosofica famiglia.

133 Tutti l'ammiran, tutti onor gli fanno. Quivi vid' io e Socrate e Platone,

Che 'nnanzi agli altri più presso gli stanno. 136 Democrito, che 1 mondo a caso pone, Diogenes, Anassagora, e Tale,

Cornelia, figliuola di Scipione Africano il maggiore, e moglie di Gracco, donna di rara prudenza e facondia. Venturi. Corniglia per Corneglia, antitesi a cagione della rima.

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129 In parte, vale quanto in disparte, come scrisse il Boccaccio tratto Pirro da parte (a), invece di tratto in disparte Saladino, fu soldano di Babilonia, et eccellente in arme. Et il Poeta dice averlo veduto solo, perchè pochi, o nessun altro di quella generazione s'è renduto famoso. Et in disparte, per essere stato di region lontana. Vellutello.

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130 Maestro, capo, prencipe, intende Aristotele, al quale, dice nel Convito, la natura più aperse li suoi segreti (b), ed il quale solo a' suoi tempi era in grandissima voga di color, che sanno, vale di coloche sapienti sono, de filosofi, rogoì, cioè sapienti, appellati prima che Pitagora, per isfuggire l'arroganza del nome, scegliesse in vece quello di filosofo, di amatore cioè solamente della sopienza. Vedi Cicerone (c), e Diogene Laerzio ( d ) . Platone pur

134 Socrate filosofo Ateniese, maestro di Platone Ateniese, maestro d' Aristotele.

135 Che'nnanzi ec. Vuole accennare, che Socrate e Platone si avvi cinino in grandezza di fama ad Aristotele più d'ogn' altro filosofo . 136 Democrito Abderita a caso pone, intendi, fatto. Seguitando costui la dottrina di Leucippo, insegnò, essere il mondo composto di certi corpicciuoli indivisibili a caso uniti inseme. Volpi.

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137 Diogenes, o Diogene Cinico, da Sinope, filosofo amatore della povertà, e del disagio, e rigoroso riprensore degii altrui difetti. Lo stesso. Anassagora Clazomenio, filosofo dogmatico antichissimo. ed eccellente. Lo stesso. Tale, o Talete, Milesio, un de' sette savi della Grecia. Lo stesso.

(a) Nov. 96.6. (b) Tratt. 3. cap. 5. (c) Tusc. 5. (d) Prooem, ad vit. philos.

Empedocles, Eraclito, e Zenone : 139 E vidi'l buono accoglitor del quale, Dioscoride dico: e vidi Orfeo',

Tullio, e Livio, e Seneca morale : 142 Euclide geometra, e Tolommeo, Ippocrate, Avicenna, e Galieno, Averrois, che'l gran comento feo.

138 Empedocles, o Empedocle, filosofo, d'Agrigento città di Sicilia; il quale compose un bellissimo poema della natura delle cose; in che fu poi da Lucrezio poeta Latino imitato. Lo stesso Eraclito d'Efeso, filosofo antichissimo, i cui scritti intorno alla natura delle cose erano ripieni d'oscurità. Lo stesso. Zenone Cittico, cioè da Cittico, antica città di Cipro, principe degli Stoici. Fu un altro Zenone detto Eleate, dalla patria, dialettico acutissimo. Lo stesso.

139 140 Il buono accoglitor, l'eccellente raccoglitore e scrittore del quale, il concreto per l'astratto, per della qualità, della virtù cioè dell' erbe, delle piante, e delle pietre, de' veleni, e loro rimedi; delle quali cose scrisse Dioscoride d'Anazarba nella Cilicia Ori feo, nativo di Tracia, figliuolo d' Eagro, e della musa Calliope. Fingono i poeti, che costui usasse tanta maestria nel sonar la cetra, che i più fieri animali, e gli alberi stessi concorressero ad udirlo. Volpi.

141 Tullio Cicerone Livio legge la Nidob. invece di Lino che leggono tutte l'altre ediz. e Livio istoriografo Romano ripete nella Nidobeatina anche il comento. Ed ecco tolto così'l congiungimento di cose disparate imputato a Dante in questo passo: Guarderaiti, dice il Casa nel Galateo, di non congiunger le cose difformi tra se, come Tullio, e Lino, e Seneca morale,

Seneca Morale, fu Spagnuolo, e maestro di Nerone; da lui poscia fatto ammazzare. Volpi.

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142 Euclide, il celebre autore degli elementi geometrici. Tolommeo Claudio, l'astronomo e geografo, autore dell' in addietro comunemente ammesso mondiale sistema, detto Tolommaico.

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143 Ippocrate, medico Greco antichissimo ed eccellente nato nell'isola di Coo, della razza d' Esculapio. Volpi Avicenna, Arabo, medico eccellente. Fiori circa gli anni di nostra salute 1040. Lo stesso Galieno appella Galeno, il famoso medico Pergameno, o per uso di parlare [appellandolo istessamente anche nel Convito (a)], o per epentesi in grazia del metro.

144 Averrois, o Averroe, Arabo gran comentatore d'Aristotele, ma

(4) Tratt. 1. cap. 8.

145 lo non posso ritrar di tutti appieno; Perocchè si mi caccia 'l lungo tema,

Che molte volte al fatto il dir vien meno .
148 La sesta compagnia in duo si scema:
Per altra via mi mena 'l savio duca

Fuor della queta nell' aura, che trema:
E vengo in parte ove non è, che luca.

empio nelle sue opinioni. Volpi. feo per fe, ad ischivare l'ac-
cento, e fare la rima adoprò, tra gli altri, anche il Casa son. 35.
Per cui la Grecia armossi e guerra feo.

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145 Ritrarre ponesi qui metaforicamente per descrivere, per riferire". 146 Mi caccia, mi spinge, mi dà fretta il lungo tema, la vasta materia del mio assunto.

147 Al fatto il dir vien meno, non può il dire stendersi a tutto l'accaduto.

148 Sesta compagnia, per compagnia senaria, di sei in due si scema, ellissi, invece di dire, in due parti dividendosi si scema, si spiccîolisce, rendesi di minor numero. Le due parti nelle quali si divide sono, Virgilio e Dante una, Omero, Orazio, Ovidio, e Lucano l'altra; restando questi, e proseguendo quelli il loro viaggio.

149 Per altra via, cioè non più per quella che passava tra gli eroi, piana ed aperta; ma per un altra affatto da quella diversa, per cui scendevasi al secondo infernal cerchio.

150 Fuor della queta. Che non fosse l'aria nella magione degli eroi da' sospiri agitata, accennollo Dante .con dire che avevano essi sembianza ne trista, ne lieta (a) nell' aura che trema, non per sospiri solamente, come al di là delle sette mura, ma per sospiri, pianti e alti guai, come dal seguente canto apparira.

(a) Vers. 84.

Fine del canto quarto

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