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Noi, che tignemmo'l mondo di sanguigno,
Se fosse amico il Re dell' universo,

Noi pregheremmo lui per la tua pace,
Da ch' hai pietà del nostro mal perverso,
94 Di quel, ch' udire, e che parlar vi piace
Noi udiremo, e parleremo a vui,

97

Mentrechè 'l vento, come fa, si tace.
Siede la terra, dove nata fui,

Su la marina, dove 'l Po discende,
Per aver pace co' seguaci sui,

100 Amor, ch' al cor gentil ratto s' apprende,

90 Che tignemmo il mondo di sanguigno, che morimmo ammazzati . 93 Da ch' hai legge la Nidob. meglio che altre ediz. chi po' ch'hai, accorciando allo stesso modo poi e poco, e chi poi ch' hai, creando l' ingrato suono de' vicini oi e ai ...

94.95 Di. Sopra questa voce pongano le moderne edizioni il segno di verbo: ma ella non è qui se non segno del secondo caso. Il senso n' è abbastanza chiaro: Noi parleremo a voi di quel che vi piace udice, ed udiremo di quel che vi piace parlare ti piace, invece di vi piace leggono l'ediz. diverse dalla Nidob. Ma abbenchè parli Francesca con Dante solamente, risponde però alla richiesta di esso Dante venite a noi parlar (a), ed in oltre accorda con parleremo a vui del seguente verso vui per voi antitesi in grazia della rima.

96 Tace, catacresi, per istà quieto, non ci molesta.

97 98 99 Siede la terra ec Era la parlante ombra Francesca figlia di Guido da Polenta Signor di Ravenna, che visse a' tempi di Dante, femmina bellissima, e molto gentile, maritata dal padre a Lanciotto figliuolo di Malatesta Signore di Rimini, uomo valoroso, ma deforme della persona; la quale innamoratasi di Paolo suo cognato, cavaliere di tratto molto avvenente, ebbe con lui disonesta pratica, sino che trovata in sul fatto dal marito, fu da lui con un sol colpo uccisa insieme col drudo. Volpi. Dice adunque, che la terra, ove ella nacque, cioè Ravenna, siede su 'I mare, perocchè dal mare solamente tre miglia discosta; anzi un tempo vi era del tutto vicina (b) dovel Po discende, in vicinanza, a circa una decina di miglia, dove scarica il Po per aver pace co' seguaci sui, per riposare le acque sue e dei molti fiumi che gli s'immischiano e lo sieguono al mare. Ŝui, alla maniera Latina, per suoi, sincope in grazia della rima.

100 Cor gentil. Il Boccaccio vieta il pigliar quel gentile in significato

(a) Vers. 81. (b) Baudrand Lexic.geogr.

Prese costui della bella persona,

Che mi fu tolta, e 'l modo ancor m' offende. 103 Amor, ch' a nullo amato amar perdona, Mi prese del costui piacer sì forte,

Che, come vedi, ancor non m'abbandona. 106 Amor condusse noi ad una morte:

Caina attende, chi vita ci spense.

Queste parole da lor ci fur porte. 109 Da ch'io 'ntesi quell' anime offense, Chinai 'l viso, e tanto 'l tenni basso Fin che'l Poeta mi disse: che pense? 112 Quando risposi, cominciai: o lasso,

,

di nobil lignaggio, o di animo adorno di gran virtù; ma vuole che significhi solamente cuor dolce, e naturalmente disposto ad amare; potendo questa facilità ad intenerirsi valere per qualche discolpa del grave fallo. Venturi .

101 Prese, accese, innamorò costui, Paolo il cognato suddetto. -persona per corporatura. Vedi 'l Vocab. della Cr.

102 E'l modo ancor m'offende. La maniera, con la qual le fu tolta, essendo stata colta in atto venereo, l'offende, perchè ricordandosene ne prendeva dolore. Daniello.-Ma ben anche può intendersi del repentino modo, che non diede un minimo tempo di chiedere perdono à Dio prima di morire; ch'è ciò di cui doveva quella coppia esserne più rammaricata.

103 Nullo per niuno, adoprato da buoni autori anche in prosa. Vedi 'l Vocab. della Cr. amar perdona, vale rilascia, esentua di ria

mare.

costui

104 Mi prese, mi fece schiava del costui piacer, del piacere di sì forte, così fortemente, così indissolubilmente. 106 Ad una morte, perocchè uccisi tutti e due, com'è detto, con un sol colpo.

107 Caina, luogo nell' Inferno de' fratricidi, denominato così da Caino uccisore del fratello Abele chi vita ci spense, chi la vita ci distrusse, ci tolse. Chi'n vita ci spense leggono malamente l'ediz. diverse dalla Nidob.

108 Da lor, perocchè parlava Francesca a nome ancora del cognato. 109 Offense per offese, epentesi dal Latino, in grazia della rima. 112 O lasso ec. Accenna con questa esclamazione qualche rimorso in se medesimo di simili falli.

Quanti dolci pensier, quanto disio Menò costoro al doloroso passo ! 115 Poi mi rivolsi a loro, e parlai io,

E cominciai: Francesca, i tuoi marţiri A lagrimar mi fanno tristo e pio. 118 Ma dimmi: al tempo de' dolci sospiri, A che, e come concedette amore, Che conosceste i dubbiosi desiri? 121 Ed ella a me nessun maggior dolore, Che ricordarsi del tempo felice

Nella miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.

114 Al doloroso passo, alla morte, e dannazione.

115 Parlai io dice, perocchè fino allora avevano parlato essi, o sia Francesca a nome di tutti e due: e l'esclamazione o lasso, quanti ec. fu fatta parlando con Virgilio solamente Pò e parla' invece di poi, e parlai, leggono le ediz diverse dalla Nidob.

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117 A lagrimar ec. Sinchisi, di cui la costruz. Mi fanno tristo e pio a [vale fino a (a)] lagrimare, fino a farmi piangere tristo pel pro prio rimorso di simili colpe, e conseguentemente pe 'l meritato ugual gastigo: pio, per compassione a quelle anime.

118 Al tempo de' dolci sospiri, al tempo ch'ognun di voi sospirava per amoroso fuoco, senza manifestarvelo l'un l'altro. Suppone che in essi, come in tutti intraviene, facesse da prima la modestia e la ragione qualche argine al conceputo amoroso ardore..

119 A che, ad occasione di che, a quale incontro - come, in qual modo. Questa ricerca non fa già Dante per mera curiosità, ed oziosità; ma per venire col fatto a renderci istruiti, quanto a sciorre il freno alle male nostre inclinazioni e passioni abbiano possanza i cattivi libri e colloqui.

120 Conosceste, intendi, accertatamente — i dubbiosi desiri i desiri non manifestati innanzi se non con segni dubbiosi, equivoci.

123 Cid sal tuo dottore. Il Daniello e'l Venturi per non trovarsi tra gli scritti di Virgilio sentenza che confermi il detto di Francesca, sonosi rivolti a Boezio, scrivendo questi In omni adversitate fortunae, infelicissimum genus infortunii est fuisse felicem (b). A me però sembra, che ciò sa'l tuo dottore non voglia dire, come questi due valent' uomini suppongono, che ciò il dottore scritto avesse; ma che il sa(a) Vedi 'l Cinon. Partic. 1. 21. e'l Voc. della Crusca. prosa 4.

(b) De consolat.

124 Ma se a conoscer la prima radice

Del nostro amor tu hai cotanto affetto, Dirò, come, colui, che piange, e dice. 127 Noi leggevamo un giorno per diletto

Di Lancilotto, come amor lo strinse: Soli eravamo, e senza alcun sospetto. 130 Per più fiate gli occhi ci sospinse

Quella lettura, e scolorocci'l viso :
Ma solo un punto fu quel, che ci vinse.

133 Quando leggemmo il disiato riso

Esser baciato da cotanto amante:

Questi, che mai da me non fia diviso,

136 La bocca mi baciò tutto tremante :

Galeotto fu il libro, e chi lo scrisse:

pesse per prova, trovandosi anch'egli nella miseria dell'infernale carcere: tanto più che non era poi Francesca donna di lettere. 124 125 Ma se a, la Nidob. Ma s'a, l'altr' ediz.

la prima radice del nostro amor, la prima cagione dell' amorosa nostra pratica-affetto per desiderio.

126 Dird come colui, che ec. Non vuole dire di più che nel vers.9. del canto xxxul. di questa cantica Parlare e lagrimar vedrai insieme in vece di dirò hanno l'ediz. diverse dalla Nidob.

farò

127 Noi leggevamo, la Nidob. ed altre antiche ediz. Noi leggiavamo dopo l'Aldina e quella della Crusca tutte le moderne.

128 Di Lancilotto, come ec. di Lancilotto, cavaliere celebrato ne'romanzi [ma principalmente in quello intitolato Tavola ritonda, che era in prezzo a i tempi di Dante ] come egli invaghito di Ginevra, giunse al suo intento. Venturi amor lo strinse, per legd, rese inriamorato schiavo, intendi, di Ginevra.

130 131 Per più fiate ec. Tale lezione più volte li mosse a sospirare e ad amorosamente riguardarsi, e ad impallidirsi, come sogliono il più delle volte far gli amanti: onde Ovidio nel lib. 1. de arte amandi = Palleat omnis amans, color est hic aptus amanti. Daniello.

133 Il disiato riso, la bocca, et è posto l'effetto per la cagione cioè il riso per la bocca, dalla quale esso ha dependenza. Lo stesso 135 Questi, Paolo il cognato..

136 Tutto tremante; non essendo ancora ben certo qual fosse in tal atto l'animo di quella. Vellutello .

137 Galeotto fu il libro, e chi ec. Galeotto, nome proprio di uomo,

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che fu l'infame sensale tra Ginevra e Lancilotto [suddetti]. Ma qui in senso di nome appellativo vuol dire, che quella impura leggenda, e il suo autore indusse Paolo e Francesca a quella enormità, come Galeotto quei due antichi amanti a corrispondersi illecitamente. Benvenuto da Imola ci dà contezza con tal nome essersi in quel tempo appellato chiunque facevasi mezzano d'intrighi d'amore e quindi è, che insegnandosi amorose malizie nelle cento novelle del Boccaccio, fu loro posto in fronte il cognome di Principe Galeotto, che ritengono nel titolo i testi antichi. Venturi.

Io però per crederglielo ne vorrei vedere qualch' altro esempio diverso da questo di Dante, e dall'allegato titolo del Decameron del Boccaccio.

Mai non adopera Dante fuor di qui'l termine di galeotto che nel senso di semplice nocchiero, talmente che non ischiva di appellar galeotto perfino lo stesso angelo che tragitta anime dal mondo al Purgatorio (a): ed ove accade di mentovar ruffiani, mai d'altro che del medesimo chiaro e comun termine di ruffiano si vale:

Ruffian, baratti, e simile lordura (b).

Ruffian, qui non son femmine da conio ec. (c)

Ed il pretendere, che al senso di mezzano d'intrighi d'amore, o sia di ruffiano adoperi qui galeotto, dicendo Galeotto fu il libro, e chi ec., è un pretendere che stucchevolmente dica Dante cosa, che già per la precedente narrativa non può non essere intesa. E chi mai dalla precedente narrativa non capisce più che abbastanza che fu quel libro incentivo al cadere de' due amanti?

Riguardo poi al titolo di Principe Galeotto attribuito alle Novelle del Boccaccio: nè tutti i testi ve lo attribuiscono, nè molto meno piace a tutti la pretesa interpretazione (d).

Io per me adunque, attesa la universale asserzione degl' interpreti [del Boccaccio, di Benevento suddetto, del Landino, e di tutti gli altri, che Galeotto stesso, il mezzano degli amori tra Lancilotto e Ginevra, fosse lo scrittore di quel libro, me la sbrigherei con dire, che Galeotto foss' anche il titolo del libro; o datogli dall'autore medesimo, ovvero dal volgo attribuitogli dal nome stesso dell' autore [come per cagion d'esempio appelliamo comunemente Ariosto il poema l'Orlando Furioso, perchè scritto dall'Ariosto; e Tasso il Goffredo, perchè scritto dal Tasso]; e che Galeotto fu il libro, e chi lo scrisse vaglia quanto Galeotto fu il nome del libro, e di chi lo scrisse.

138 Quel giorno più non vi ec. La particella vi vale in quello, in quel

(4) Purg. 11. 27 (b) Inf. xI. 60. (c) Inf. xvII. 66. (d) Vedi l'anno¬ tazioni dei deputati alla correzione del Decameron del Boccaccio n. 1.

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