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E come a tai fortezze da' lor sogli Alla ripa di fuor son ponticelli, 16 Cosi da ino della roccia scogli

Movien, che ricidean gli argini e i fossi Infino al pozzo, che tronca e raccogli. 19 In questo luogo dalla schiena scossi

Di Gerion trovammoci: e'l Poeta Tenne a sinistra ; ed io dietro mi mossi . 22 Alla man destra vidi nuova pièta,

Nuovi tormenti, e nuovi frustatori,

Di che la prima bolgia era repleta.

di dirneli la parte dall'acqua prominente, e la sola atta a far ombra, con equivalente concetto dicesseli la parte dove il Sol rende figura, cioè dove il Sole percuotendo viene a formare delle figure, o sia de' contorni alle ombre. Così io prima. Ora però

Nascendo il Sol vien meno ogni altro lume.

14 A tai fortezze, attorniate cioè da più fossi — da' lor sogli, dalle soglie o limitari de' loro ingressi .

Is Alla ripa di fuor, alla ripa fuor de' castelli circondante l'ultima fossa -son ponticelli, intendi, sopra di ciascuna fossa.

16 17 Da imo della roccia, dal basso della balza ond' erano stati calati da Gerione. Movien così legge la Nidobeatina, che mai nè quì nè altrove (a) legge moven come l'altre edizioni leggono, e che starebbe meglio sostituito per mossero che per movevano, che è ciò che dee qui significare. Vedi anche la nota al v 47. del precedente canto. Muovere in questo luogo vale quanto aver principio, avere origine . Vedi 'l Vocabolario della Crusca al verbo muovere S. 11.

racco

18 Che tronca legge la Nidob., e ch'ei tronca l'altre ediz gli per raccoglie spiegano i comentatori; ma io amerei più di crederlo sincope di raccoglieli; di modoche tronca e raccogli significhi lo stesso che li raccoglie e tronca: in quella guisa cioè che la testa della ruota raccoglie in se i saggi e li tronca, sicchè non passino nella di lei cavità, dove entra l'asse. Dei dubbi che il prelodato autor degli Aneddoti muove contro di questa pluralità e raunamento di scogli, parlerò nel canto xxiir. v. 134. dove principalmente appoggia l'autore il suo dubbiare. 22 Pieta, affanno. Vedi anche Inf. I. 21.

24 Repleta. Latinismo di Dante non ancor dalla Crusca accettato, chiosa il Venturi. Ma potrebbe anch'essere, che al tempo di Dante

(a) Inf, xxxiv. 51. Par. xiv. 110. ec.

25 Nel fondo erano ignudi peccatori :

Da mezzo in quà ci venian verso 'l volto; Di là con noi, ma con passi maggiori: 28 Come i Roman, per l'esercito molto,

31

L'anno del giubbileo, su per lo ponte,
Hanno a passar la gente modo tolto:
Che dall' un lato tutti hanno la fronte
Verso 'l castello, e vanno a santo Pietro:
Dall' altra sponda vanno verso 'l inonte,
34 Di quà, di là, su per lo sasso tetro
Vidi Dimon cornuti con gran ferze,
Che li battean crudelmente di retro.
Ahi come facean lor levar le berze

· 37

fosse ugualmente in uso l'aggettivo repleto, che 'l sustantivo replezione. 25 Erano ignudi peccatori, legge la Nidobeatina; e l'altre edizioni erano ignudi i peccatori.

26 27 Da mezzo in quà ec. Dividevasi la turba di coloro in due brigate correnti in contrarie direzioni. Dal mezzo della larghezza della bolgia fino alla sponda, su della quale i due poeti camminavano, correva una brigata contrariamente al camminare de' poeti, e però dice ci venian verso il volto; e dal mezzo della bolgia alla sponda opposta correva l'altra brigata nella stessa direzione che i due poeti camminavano; solo che affrettava quella brigata il passo più che i poeti non facessero.

28 29 30 Esercito per turba, folla. Tolto, preso, stabilito.

Ponte a Castel sant' Angelo.

33 Verso il monte. Quando abbia Dante pe'l monte inteso alcun mon te particolare di Roma, e non tutta la opposta a Castel sant' Angelo. montuosa parte della città, appellata li monti, dovrebbe tale, piuttosto che 'l Palatino o l'Aventino, ch' altri intendono, essere il cosi detto monte Giordano, picciolo promontorio di rimpetto, e pochissimo distante da esso ponte.

34 Sasso tetro, di color ferrigno, di cui ha detto che tutto Malebolge era formato (a).

37 Facean legge la Nidobeatina, e facen l'altre edizioni Levar le berze, per affrettare il passo: Berza, spiega il Vocabolario della Crusca, parte della gamba dal ginocchio al piè: ma qui sta per tutta la

() Vedi 'l principio del canto.

Alle prime percosse! e già nessuno Le seconde aspettava, nè le terze. 40 Mentr' io andava, gli occhi miei in uno Furo scontrati; ed io si tosto dissi : Già di veder costui non son digiuno, 43 Perciò a figurarlo i piedi affisi:

E'l dolce duca meco si ristette

Ed assentì ch' alquanto indietro io gissi: 46 E quel frustato celar si credette

Bassando viso, ma poco gli valse;

Ch' io dissi: tu, che l'occhio a terra gette, 49 Se le fazion che porti non son false

Venedico se tu Caccianimico;

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gamba: ed alzar le gambe a significare affrettamento di passo e fuga s' altri no'l dicono, il diciam noi Lombardi. Alcuni [nota il Volpi ] per berze intendono vesciche, o bolle, che levansi nella pelle a forza di battiture. Lat. vibices, pustulae.

Dee pe'ruffiani, che costoro sono, avere il Poeta scelto la frustatura, per essere la medesima tra noi il solito castigo de' ruffiani. 41 42 Si tosto dissi vale o subito così dissi, o per ellissi subito cost come lo vidi dissi non son digiuno, non sono stato fin ora privo. 43 A figurarlo, per ridurmi a memoria chi egli fosse I piedi af fissi, così la Nidobeatina ove le altre edizioni leggono gli occhi affissi Il seguente verso però, E'l dolce duca meco si ristette, richiede che i piedi non gli occhi affiggesse, cioè fermasse, Dante: imperocchè tener fissi gli occhi in quell'ombra poteva anche andando. Affiggere per fermare adopera Dante anche nel Purg. xvII. 77.

49 50 Fazion, fattezze che porti, che hai non son false, non sono fallaci. Venedico [Venedigo legge il testo della Nidob. e Venetico quelli del Landino, Vellutello, e Daniello] Caccianimico, Bolognese, che per danari indusse la sorella, chiamata Ghisola, a consentire al Marchese Obizo da Este signor di Ferrara. Daniello.

51 Ma che legge la Nidobeatina meglio di ma chi, che leggesi nell' altre edizioni; imperocchè non cerca già il Poeta, qual persona precipitasse Caccianimico colaggiù, ma qual cagione, qual peccato. Cerca il quid, no 'l quis. a si pungenti salse: metaforicamente per si aspre sferzate; che, come le salse pungenti feriscono la pellicola del palato, Così quelle sferzate la pelle del dorso.

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52 Ed egli a me: mal volentier lo dico;
Ma sforzami la tua chiara favella,

Che mi fa sovvenir del mondo antico.
55 I' fui colui, che la Ghisola bella

Condussi a far la voglia del Marchese,
Come che suoni la sconcia novella.
58 E non pur io qui piango Bolognese:

Anzi n'è questo luogo tanto pieno,
Che tante lingue non sonora apprese
61 A dicer sipa, tra Savena e'l Reno:
E se di ciò vuoi fede, o testimonio,
Recati a mente il nostro avaro seno.
64 Cosi parlando, il percosse un demonio
Della sua scuriada, e disse, via

53 54 Tua chiara favella, al contrario delle voci delle ombre, che
parean fioche. Vedi la nota al v. 73. del canto primo della presente
cantica. Istessamente spiega anche il Venturi. E questa spiegazione
rigettandosi non resterebbe altro, che d'intendere per la chiara fa-
vella l'idioma Toscano, che Dante parlava. Ma come poi faremmo
avverare, che l'idioma Toscano piuttosto che il Bolognese,
od altro,
che da' suoi compagni doveva Caccianimico udire, facesse al medesimo
sovvenire del mondo antico, cioè del mondo per lui passato?

57 Come che suoni ec., in qual altro modo si pubblichi di tal cosa la corrotta fama; perchè dicono, che alcuni dicevano non esser vero che messer Venetico fosse di tal cosa consapevole; ed altri, che nulla ne era seguito, avegnachè 'l Marchese l'avesse fatta per altri mezzi molto sollecitare: così'l Landino, nel di cui sentimento convengo io pu re, che sconcia sia detto in vece di corrotta. Di sconcio per guasto. ch'è lo stesso, vedi 'l Vocabolario della Crusca.

58 E non io pur, io solo, Bolognese qui piango.

60 61 Tante lingue per tanti uomini apprese vale qui istruite, ve dine altro esempio nel Vocabolario della Crusca -sipa dicono i Bolognesi in vece di sia, e non già in vece di si, come chiosano altri spo sitori — Savena e'l Reno, due fiumi tra i quali è situata Bologna e par te del Bolognese.

63 Seno figuratamente per cuore, che ha il seggio nel seno. Così 'I Voe. della Cr. Suppone la espressione notoria fama d'avarizia ne' Bolognesi 55 Scuriada, sferza di cuoio via particella significante lo stesso che va via, partiti.

Ruffian, qui non son femmine da conio. 67 lo mi raggiunsi con la scorta mia : Cl

70

Poscia con pochi passi divenimno,
Dove uno scoglio della ripa uscia ↓
Assai leggieramente quel salimmo,

E volti a destra su per la sua scheggia,

Da quelle cerchie eterne ci partimmo.

66 Conio impronta sul danaro, qui' pe 'I danaro medesimo; onde femmine da conio vale quanto femmine, che per danaro vendono la propria onestà, femmine venali..

69 Uno scoglio, uno di quelli che ha già detto di sopra [versi 16. e 17.] che da imo della roccia movien, e ricidean argini e fossi . 71 Su per legge la Nidobeatina e sopra l'altre edizioni scheggia per ischeggiato, mal tagliato, dorso...

72 Quelle cerchie 'eterne ec. Cerchie [ comenta il Daniello] chiama quel sasso, che il settimo dall'ottavo cerchio divide : eterne, continove ; perché abbraceiava a torno a torno tutte le bolge: che se eterne volesse dis perpetue in questo luogo, parrebbe che solamente quelle cerchie, e non altre parti d'Inferno fosser tali. Adunque eterne, continove; Ovid. Ad mea perpetuum deducite tempora carmen, idest continuum carmen : cam' è l' Eroico verso a differenza dell'ode, e dell'elegie.

Si-partiron [ chiosa diversamente il Vellutello] da quelle cerchie eters ne. Intendendo, che essi si partirò da tutte le sponde tanto di questo, quanto de superiori cerchi; perchè questa, che lasciavano ora a dietro, era l'ul. tima; non intendendo il pozzo, verso del quale andavano, per cerchio, essendo cosa minima rispetto a' cerchi, è piuttoso da esser demandato punto, che cerchio. Eterne dice, perché eterne sono ancora le pene, che da quelle son contenute.

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Il Venturi, tenendosi parte col Vellutello e parte col Daniello, per quelle cerchie intende tutte le precedenti passate ripe; e per eterne piega ad intendere continuate, non interrotte; perocchè, dice, appunto di queste si fatte cioè non interrotte ] non ne restava a veder più, per esser quelle del pozzo, che rimanevano a passarsi, intermėzzate dai ponti.

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A me però sembrerebbe la più sbrigativa d'intendere per quelle cerchie il circolare alto muro, ond' erano i poeti da Gerione stati deposti, ed a cui erano vicini; ed il circolar argine appiè di esso muro, sopra del quale stavano; e che eterne esse due cerchie appelli Dante perocchè parti di quel luogo, ch' egli medesimo appella luogo eterno (a).

(a) Inf. canto I. 114. ed altrove.

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