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127 Disse: questi è de' rei del fuoco furo: Perch' io là, dove vedi, son perduto,

E si vestito andando mi rancuro.

130 Quand' egli ebbe 'l suo dir così compiuto, La fiamma dolorando si partio,

Torcendo, e dibattendo il corno aguto. 133 Noi passammo oltre ed io, e 'l duca mio, Su per lo scoglio infino in su l'altr' arco, Che cuopre'l fosso, in che si paga il fio A quei, che scommettendo acquistan carco.

127 Del fuoco furo, del fuoco che fura, che nasconde agli occhi altrui gli spiriti che tormenta. Vedi cant. prec. v. 41. e seg.

128 Là dove detto in luogo di dove ed ove semplicemente. Vedi il Cinonio Partic. cap. 148. 1.

129 S vestito, si avvolto da questa fiamma mi rancuro, m' attristo, mi rammarico. Verbo Provenzale dicelo il Varchi, citato dal Vocabolario della Crusca.

135 Si paga il fio per si dà il dovuto gastigo.

136 Scommettendo aquistan carco, disunendo, mettendo divisione, e seminando discordie tra parenti, o amici, o per altro titolo tra se congiunti, si caricano con ciò la coscienza d' un gravissimo peccato. Venturi. A me però sembra inoltre che circonscriva Dante quest' altra spezie di cattivi con si fatti termini, per formarcene un paradosso : un avvenimento cioè in costoro affatto particolare, e contrario a quanto intendiamo accadere in chiunque altro acquisti carico di qualsivoglia genere, acquistandolo anzi questi commettendo ed ammucchiando, legno esempigrazia a legno, pietra a pietra, delitto a delitto ec., non gia scommettendo e separando.

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CANTO XXVIII

ARGOMENTO

Arrivano i poeti alla nona bolgia, dove sono puniti gli seminatori degli scandali delle scisme, e delle eresie: la pena de' quali è lo aver divise le membra. E tra quelli trova Macometto, ed alcuni altri.

I

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Chi poria mai, pur con parole sciolte,

Dicer del sangue, e delle piaghe appieno,
Ch'i' ora vidi, per narrar più volte ?

4 Ogni lingua per certo verria meno,

Per lo nostro sermone, e per la mente,
Ch' hanno a tanto comprender poco seno.

1. 2. 3 Chi porla mai ec. Due cose facilitano a ben rappresentar con parole alcun fatto, cioè, il raccontare il fatto più volte [ giovando ciò a correggere ogni mancanza o nella enumerazione delle circostanze, o nella espressione ], ed il raccontarlo con parlare sciolto da ogni briga di metro, e di rima, che spesso n' escludono que' termini che sarebbero i più adatti. Queste due cose tocca il poeta nostro nella presente sinchisi, di cui eccone la costruzione. Chi mai per narrar più volte, pur [ eziandio] con parole sciolte, poria [ per potrebbe (n)] dicer [per dire (b)] appieno del sangue, e delle piaghe, ch' io vidi ora? Alla significazione, a cui è qui adoprata la particella ora, ch'è certamente la stessa che della qui, in questo luogo [nel luogo cioè appena nel fine del precedente canto commemorato], nissuno degli espositori, nè tampoco de' grammatici, vi ha posto mente. Dirò io adunque che, come i Latini hanno talvolta adoprato l'hic avverbio di luogo per nunc (c), così all'opposto adopera qui Dante ora per quì, in questo luogo .

5 Per lo nostro sermone, per l'idioma, pe 'l parlar nostro.

6 Ch' hanno poco seno, poca capacità, a comprendere tanto, a capire ed esprimere tanto stravaganti ed orribili cose. Seno propriamente significa cavità, ma quì, com'è detto, dee intendersi per capacità .

(a) Vedi 'l Prospetto di verbi Toscani sotto il verbo potere n.29. (b) Vedi il Vocab. della Cr. (c) Vedi 'l Tursellino Partic. Lat. ed. di Padova 1745. c.77.

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8. 9 Fortunata terra di Puglia. Esiggono le circostanze del discor che fortunata vaglia qui quanto disgraziata; al qual senso la medesima voce estendersi, vedi nel Vocab. della Cr. fu del suo san

gue dolente, si dolse delle sue ferite.

IO II

10 11 12 Per li Romani. Così leggesi in un bellissimo ms. del fu March. Capponi, ora della Vaticana (a), così nel parimente bellissimo ms. della libreria Chigi segnato L. V. 167., e cosi attesta il Venturi di essere scritto in qualche edizione è certo se non malamente legge la comune per li Troiani. Nella Puglia non fecero i Troiani mai guerra, nè strage veruna : e pretendere, come il prefato Venturi pretende, che per Troiani possono intendersi i Romani, perocchè da loro discendenti, la sarebbe una troppo violenta stiracchiatura. Tanto più che, per attestazione di T. Livio (b), le prime brighe tra i Romani e i Pugliesi furono nel consolato di C. Petelio, e L. Papirio, negli anni di Roma 429, in tempi cioè troppo dalla Troiana origine discosti. Per li Romani adunque sta bene scritto; che di fatto per le Romane. armi molta gente peri nella Puglia, prima eziandio della guerra asprissima con Annibale, di cui il Poeta dice in seguito: e tra gli altri fatti vi fu l'uccisione di due mila Pugliesi, che Livio medesimo racconta fatta dal Console P. Decio (c), e per la lunga guerra ec la seconda guerra Cartaginese contro i Romani, che durò più di tre lustri, nel corso della quale soffrirono i Romani a Canne nella Puglia sconfitta tale, che le anella tratte dalle dita dei morti [ quantunque non si portasse anello che dai nobili ] empirono la misura, chi dice di un moggio, e chi fino di tre moggia e mezzo : tantus acervus fuit [sono parole di Livio] ut metientibus, dimidium super tres modios explesse sint quidam auctores. Fama tenuit, quae propior vero est, haud plus fuisse modio (d). E però male il Venturi, correggendo l'errore di stampa delle più di tre mila moggia e mezzo del Daniello, v'aggiunge egli, che non furon meno di tre moggia e mezzo, come riferisce Livio. Tale contegno di Livio nello scrivere dee lodar Dante

con dire che non erra .

( 4) Num. 266. nell'anno 1368. Toin. I.

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lo stesso copiatore avvisa, (6) Lib.8. 25. (c) Lib.10. 15. (d) Lib. 23. 12. Ddd

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13

Con quella, che sentio di colpi doglie,
Per contrastare a Ruberto Guiscardo,
E l'altra, il cui ossame ancor s'accoglie
16 A Ceperan, là dove fu bugiardo

Ciascun Pugliese, e là da Tagliacozzo,
Ove senz'arme vinse il vecchio Alardo ;

13 14 Con quella, intendi gente che sento di colpi doglie, che senti il dolore dell' aspre percosse per contrastare legge la Nidob., per contastare l' altre ediz. a Ruberto Guiscardo, fratello di Ricciardo Duca di Normandia. Deesi per quella gente intendere la moltitudine de' Saraceni che Ruberto battè aspramente, e costrinse ad abbandonare la Sicilia e la Puglia, delle quali si erano resi padroni («). Gio. Villani dice, che avendo Alessio Imperatore di Costantinopoli occupata la Sicilia e parte della Calabria, fossene da Ruberto Guiscardo dispossessato (b).

15 16 17 18 E l'altra, il cui ossame ec. L'altra gente morta_nella prima battaglia tra Manfredi Re di Puglia e Sicilia, e Carlo Conte d'Angiò, a Ceperano, luogo nei confini della Campagna di Roma verso Monte Casino; le ossa della qual gente, ancor trovano gli agricoltori sparse pe' campi, e, secondo il costume loro, quando sanno che sono di cristiani, raccolgono e ripongono in qualche sacro cimiterio là dove fu bugiardo ciascun Pugliese, mancò della promessa fede al Re Manfredi. Giovan Villani, che citano qui 'I Vellutello e 'l Venturi, racconta la cosa in modo come se a Ceperano cedesse l'esercito di Manfredi a quello di Carlo senza contrasto; e 'l mancamento di fede de' Pugliesi al loro Re Manfredi riportalo avvenuto nella battaglia, in cui Manfredi rimase ucciso, sotto Benevento (c): Dante però di un fatto successo nell' anno 1265. potè esserne meglio informato che il Villani e ben perciò il Villani stesso, della sepoltura di Manfredi lungo il fiume Verde parlando, s' attiene alla testimonianza di Dante Di ciò, dice, ne rende testimonianza Dante nel Purgatorio, capitolo terzo (d) ―e là da Tagliacozzo [ da per a vedi il Cinonio (e)], ove senz' arme ec. intendi l'altra gente morta a Tagliacozzo [castello nell' Abruzzo Ulteriore, poche miglia sopra i confini della Campagna di Roma ] nel fatto d' armi tra il detto Carlo d'Angiò divenuto Re di Sicilia e di Puglia, e Curradino nipote dell'estinto Re Manfredi; nel qual fatto Alardo di Valleri Cavalier Francese di gran senno e prudenza consigliò in modo il Re Carlo, che, dopo di avere con due soli terzi di sue genti combattuto e perduto

:

(a) Ptolemaei Lucensis Annal. an.1071. (b) Lib.4. cap. 17. (c) Lib. 7. cap.5. eg. (d) Ivi. (e) Partic. 70. 2.

19 E qual forato suo membro, e qual mezzo
Mostrasse ; d'agguagliar sarebbe nulla
Il modo della nona bolgia sozzo.
22 Già veggia per mezzul perdere, o lulla,
Com' io vidi un così non si pertugia,
Rotto dal mento insin dove si trulla.
25 Tra le gambe pendevan le minugia;
La corata pareva, e 'l tristo sacco,

Che merda fa di quel, che si trangugia .

finalmente coll' altro terzo, riserbato e posto in aguato, uscendo improvisamente contro del trionfante nemico esercito, disperso quà e là a bottino, cagionogli colla sola presenza la totale costernazio ne e la fuga (a).

19 20 21 E qual ec. e ciascuno della gente nelle fin qui dette battaglie malconcia mostrasse chi le membra sue forate, e chi mozze,

sarebbe nulla d'agguagliar, per ad agguagliar [ della particella da per a, o ad, è detto nella precedente nota ] in niente cioè agguaglierebbe il modo sozzo della nona bolgia: ellissi, e vale quanto, il deforme orrendo modo col quale punisce i rei la nona bolgia.

22 23 24 Già veggia ec. Costruzione. Già così non si pertugia veggia per perdere mezzul o lulla, com' io vidi un rotto dal mento infin dove si trulla. Veggia significa botte; e vezza appellasi in Bergamo anche oggidì. Mezzule è la di mezzo delle tre tavole che d'ordinario entra. no a comporre il fondo della botte: e dall' essere di mezzo all'altre due dee aver sortito il nome di mezzule. Lulle, come il Vocab. della Cr. e concordemente tutti gli espositori intendono, sono dette l'altre due tavole di quà, e di là dal mezzule e crederei di non allontanarmi molto dal vero se le giudicassi appellate con tal nome, o da luna [ cangiata lan in due, come si è fatto culla di cuna] o, che mi par meglio, per sincope da lunule, o sia lunette; per essere appunto tale la loro figura, perciocchè contenuta da un arco di circolo, e da una retta. Trullare, tirar coregge, spetezzare. Vocab. della Cr.

:

25 Minugia, budella, intestini ne se non che per sineddoche ap pellansi oggi in Toscana [testimonio il Vocab. della Cr.] minuge le corde di liuto, di violino ec., per essere cioè le medesime composte di minugia in quel modo che canape appellasi la fune perchè fatta di canape ; e legno oggimai la carrozza si appella, perchè fatta di legno.

26 27 La corata pareva, la coratella appariva, vedevasi e'l tristo sacco ec. il lordo ventricello, che converte, in gran parte almeno,

(a) Gio. Vill. lib.7. cap.26. e 27.

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