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l'autore e de' tempi, ecco che quell' idea emerge dall'ombra del sospetto alla luce dell' evidenza. Potea forse ORAZIO dire a' Romani, Guardatevi da' guerrieri apparecchi, che in Grecia romoreggiano, da quell' armamento cioè, in cui erasi ritrovato egli stesso ? Di tanta viltà non sarebbe stato capace. Ma le mutate vicende il consigliavan poi a disapprovarlo, dopo aver dato del mento su la polvere. Rivolgesi quindi accortamente all' allegoria.

Rimarrebbe ora da provar che' due epodi fossero altrettanto spiccatamente anticesariani, quanto cesariane le due odi del primo libro abbiamo riconosciute, il che dal leggergli, a prima giunta non si argomenta ben chiaro. Domanderei bensì prima di tutto, se tali fossero usciti della penna d' ORAZIO, quali poi o da lui stesso o dopo la sua morte si pubblicarono, ed ora si leggono? Chiunque stato ne sia l'editore, certo che a sfiocinarne qualunque menomo che di acerbo, rispetto alle persone e alle cose più sustanziali, sommo studio dovette adoperare. E che perciò? Essendo già corsi nella loro stagione, era tarda ogni emendazion posteriore, poichè gli scritti, che in somiglianti strepitosi avvenimenti slanciansi tra'l fervido gareggiar delle parti, si spandono rapidamente, e quanto n'è più rinomato l'autore, tanto n'è più rapido il volo. Ciò solo bastato sarebbe a non riprodurgli, onde non ridestar memorie al vigente governo odiose, e non ritoccar tuoni, dalla nuova tempra della cetra venosina già dissonanti.

Or qual bisogno di argomenti congetturali, se amendue gli epodi, di cui ragioniamo, indelebili conservano i lineamenti della natia loro fisonomia? I mi

cidiali di Cesare non furon già quegli stessi, che l'ultima civil guerra in Roma promossero. Ucciser eglino il Dittatore, che palesemente affettava il principato, intatte lasciando ancora le apparenti forme repubblica. ne, e persuadeansi puerili consilio che la sola sua morte sarebbe bastata a restituire la realtà all' apparenza; le funzioni, e'l potere a'Consoli, a' Tribuni, a' Pretori, che tali oma eran rimasti quasi di solo nome; a redintegrar in somma il Ius Quiritium nel Popolo e nel Senato. La cosa andò tutt' altrimenti; si corse all'arme, furon essi perseguitati, proscritti; Antonio, prima con l'eloquenza, indi col valor militare, formò quell'alleanza, di cui troppo tarda vittima cadde egli stesso. L'ode in somma è diretta ad Populum Romanum, e così ne' più accreditati antichi codici leggesi intitolata. Il popolo prese ad inseguir coloro, che credeano essersepe fatti į liberatori; e al popolo da ORAZIO il nome di scelesti. Se poi tal essendo il componimento, grato potea riuscire ad Augusto, ciascuno da se stesso il decida.

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L' eguale indirizzo al Roman Popolo, presenta ancor essa la xvi. ma molto più fervida e scintillante di bile. Che se dunque e l'una e l'altra ode di questo libro con infinita veemenza contro agli autori de' primi ostili movimenti si avventano; resta dimostrato che contro alla parte de' Triumviri furon dirette. Pugnossi finalmente in Filippi; fu di Cassio e di Bruto versa acies retro: ma ORAZIO avea già scoccato le sue acerbe invettive, talchè nesciebat vox missa reverti, Che rimaneagli a fare? Chiudere le due sfortunate odi intra penetralia Vestae, d' onde poi, secondo almeno io la penso, non uscirono a veder la luce, se non dappoi che il loro autore cessò di vederla.

Parumne campis...fusum est latini sanguinis? Dell' egual figura valsi nella prima del 1. 2. Quis non la» tino sanguine pinguior . . . campus? . . . Quod mare dauniae non decoloravere caedes? richiamandoci alla memoria quel bel verso dell'Eneide: Quae regio in terris nostri non plena laboris ? (1. 1. v. 460 ).

Non ut Carthaginis Romanus arces ureret... Sed ut secundum vota Parthorum sua Urbs haec periret dextera. Procede quest' ode con un corso così continuato e rapido e crescente sempre, che porta all'animo una maravigliosa impressione. Tanta è la forza del primo fra tutti i precetti dell'arte: Sit quodcumque velis, simplex dumiaxat et unum! Il secundum vota Parthorum qual veementissima scossa dar non dovea ad ogni cuore romano? Nė men bella è la provocazione al popolo - Tacion tutti; istupidiscono. Confessan cosi col silenzio il loro torto Allora il Poeta cittadino scioglie egli stesso il dialogo, e accusandogli, destramente gli scusa. Sic est; (opportunissima transizione!) acerba fata Romanos agunt. Spiegasi così la vis acrior, poco prima accennata. Ma evvi ancora la colpa (an culpa?) ed è appunto scelus fraternae necis. Remi sacer nepotibus cruor. Anche nell' od. 28 l. 1. cita nocituram postmodo natis fraudem, e nella vi. del III minaccia a' Romani dover luere delicta maiorum, mostrando tener la sentenza che' peccati ereditarï non rimangano impuniti.

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ODE VIII.

Che questa e la seguente ode duodecima sieno le due

obscenae volucres del canzoniere oraziano, non evvi a ridire; ma che sieno da schivarsi come di lubrico ecci

tamento al mal fare, di ciò non convengo. Il laido è ben altro che'l lascivo. Terrei piuttosto che le libertine e quelle sopra tutte, che a dispetto dell' età nel libertinaggio persistono, grave documento ne potesser ritrarre, scorgendo come la stessa gente di mondo e morda e derida la licenziosa ed ostinata femminile dissolutezza. Mi sembra inoltre che non se ne dovea ommettere la versione, perchè singolari nel loro genere, e sparse in alcuni luoghi d'alcun tratto di non vulgare erudizione; e questo ancora mi è stato di stimolo a tradurle, coprendo bensì del velo dell'allegoria talune delle più nauseose oscenità. Ne dissimulo che non facendolo, parea mi rimanesse non so qual sinderesi di menomar alcun che del mio originale, come se da ciò alcun danno all' integrità dell' opera ne venisse. Certo che FLACCO non senza ragione, sordide così veggendole, dalle altre più gentili sorelle le avea sceverate; giacchè questo ancora arrogesi a confermarmi che da altra mano raccozzato fu questo libro, ex σigwμɛvwv dell'autore.

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Vetus senectus. Se antica vecchiezza scrivesse un moderno, che ne avverrebbe? Gran tesoro appresterebbe egli a' letterati da caffè e a' parasiti de' Grandi per far ridere le brigate, e la loro sapienza, de' dotti di tutte le nazioni e di tutti i secoli deciditrice ostentare. Ma la vecchiezza ha pur le sue gradazioni, ed è singolar cosa che il senior in latino sia un minorativo, anzichè un aumentativo di senex: senior di fatti ( dond'è venuto Signore) anche ad uomo d'anni 45 adat1avasi. Evvi intanto una vecchiezza vegeta e baliosa, cruda viridis que senectus; ed altra poi languida e debile. A quest'ultima affigge ORAZIO l' aggiunto vetus.

Onusta baccis. La somiglianza della figura fe che' La

tini chiamasser bacche le perle, dal nome de' frutti di talune piante, come dell' alloro, dell'ulivo, del mirto etc. Monile baccatum (collana di perle ) fu tra' molti presenti, ch' Enea fece all' infelice Didone (Aen. 1. 1. v. 650 ).

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Quid? quod libelli stoici inter sericos lacere pulvillos amant? M. Montagua (Ess. 1. 3 c. 5) adduce questo passo a provar che gli Stoici scriveano anch'essi de' librettini nel genere di Petronio e dell' Aretino rï ne va citando. Fa in somma quasi argumentare essere stati gli Stoici i Quietisti dell'antichità. L'argomento bensì non regge gran fatto, poichè que' libri trattar potean benissimo delle cose filosofiche le più severe, e quella trista tenergli in mostra a sola ostentazione di dottorismo. Non veggiamo anche oggigiorno ne' boudoirs e nelle toelettes carte di geografia e di musica, il Neuton e la Modista Parigina, la nota della Sarta, e 'l disegno dell' Arco di Tito ingombrar pele-mêle il camminetto il piano-forte, e' divani fra gli alberelli del rossetto e la polvere alla maresciulla? La ribalda, di cui parla ORAZIO, odiava ancor essa le mauvais ton dell' ordine e della simmetria.

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Illiterati num minus nervi rigent, Minusve languet fascinum? Anche questo passo è d' inciampo a' coméntatori nel senso e nella lezione. Il verbo rigere, parlandosi de' nervi, è anfibologico, indicar potendo l'astenia, o lo stenicismo hrauniano. Pure in simili faccende, più di frequente nel significato di vigoreggiare incontrasi, anzichè in quello d'intorpidire. Ingegnasi il Vannetti di accomodarlo all' uno e all'altro, senza che sconcio ne risenta il contesto; e cita opportuna l'autorità d'Ovidio, il quale dopo aver detto (Amor. el. 7'

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