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Vendi or l'anima al lucro, e merca e fruga
Ogni angolo, e niun meglio ingrassi e traffichi
Dal rigido cancello i Cappadoci.

Doppia il censo: il doppiai; già è triplo e quartuplo
E decuplo. Fa punto; e fia trovato,
Crisippo, il finitor del tuo sorite.

NOTE

Alla Satira I.

RIPRENDE nei nobili la vanità del far versi, e gli sciocchi applausi, di cui onorano i poetastri. Attacca nel tempo stesso la marmaglia poetica e gli oratori forensi, deridendone l'affettazione nel recitare, nel perorare, nel correr dietro alle parole antiquate e alla pompa delle figure, trascurato il vero e il patetico dell'argomento. Accenna per ultimo le qualità, ch'ei desidera nel suo lettore. La Satira intera è un dialogo tra Persio e un Amico, che sorprende il poeta nell'atto che questi tutto solo sta declamando alcuni suoi versi sulla vanità delle umane sollecitudini.

POLYDAMAS. vers. 4. In questo Polidamante principe Trojano e codardo gl' interpreti trovano disegnato Nerone. Quando la verità non è libera, o la sua nudità ferisce troppo la vista, ella prende il velo dell' allegoría, che la rende più piccante e più bella. L'allegoría è un' arme di riserva; ma la sciagura del Testi (se il fatto è vero) è un grande avviso per chi l'adopra.

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TROYADES. ib. Nessun nome suonava si dolce all' orecchio degli antichi Romani come quello di Eneadi e Trojugeni. Questa origine tenuta per divina ne lusingava molto l'orgoglio; e il moderno Transteverino non l'ha per anche dimenticata, amando tuttavía di sentirsi chiamare sangue Trojano. Persio, che vuol pungere gli effemminati Romani, li chiama Trojane, e con questa medesima derisione avevali già notati, prima di lui, Cicerone in una lettera ad Attico.

LABEONEM. ib.

Azzio Labeone poeta inettissimo e a Nerone carissimo per una pessima sua traduzione dell' Iliade verso per verso. Questa ignominia della suprema potestà protettrice de' Labeoni è stata spesso redenta da ottimi Principi, che favorendo regalmente le buone Lettere provvidero assai bene alla propria estimazione. Ma i Labeoni son tanti e si coraggiosi e si scaltri, ch' egli è gran ventura e gran senno il sapersene sbarazzare.

SCRIBIMUS. v. 13.

Ecco un passo che fa girare il cervello nel cercarne la connessione con quel che segue.

Gl'interpreti quanto abili nell'affogare il testo d'erudizione, altrettanto trascurati nell'indicare i legami quasi insensibili d'un pensiero coll' altro, allo scontro di questi vacui, o saltano il fosso prudentemente, o vi seppelliscono dentro se stessi e il lettore, di modo che, quando n'esci, ti pare d'aver visitato l'oracolo di Trofonio. Ma sparisce ad un tratto questa caligine se poniam mente, che qui Persio ad esempio d'Orazio nella Sat. 1. 1. 11. si crea ex abrupto un secondario interlocutore, il quale si assume la difesa de' poeti e degli oratori, che Persio ha in animo di malmenare. Con questo adunque, e non più coll' amico col quale ha dato principio alla satira, introduce Persio nuovo dialogo; e quando con ironía, quando con serietà me lo sferza solennemente. A fine ancora di tirarne maggior partito sel finge un vecchio stolido e caricato, tutto avido dell' applauso dei patrizj e del popolo. Non dissimulo che siffatto miscuglio d'interlocutori primarj e secondarj senza passaggi, ti fa spesso rinnegar la pazienza, e rende questa satira la più tenebrosa di tutte. Ma l'Edippo di questi enigmi è il buon senso, che cammina semplice e dritto. Qualche interprete per uscir d'imbarazzo non suppone altri attori in iscena che Persio, e il suo Amnico. Ma questo ripiego genera spesso contraddizione di sentimenti. Di più le prese e riprese non corrispondono: e finalmente al v. 53 Persio stesso apertamente ci dice, che la persona, con cui sin' allora ha parlato, è tutta fittizia. Quisquis es, o modo quem ex adverso dicere feci. Queste e più altre ragioni mi hanno consigliato ad interlineare il dialogo che ha luogo tra gl' interlocutori secondarj e il poeta, unico filo, che possa condur salvo il lettore in questo malagevole labirinto.

PATRANTI FRACTUS OCELLO. . 18.

Patrare est veneri operam dare;

unde pater. La Crusca alla lettera F ha registrato il verbo italiano, il cui participio attivo risponde perfettamente al patranti. Non sapendo io usurparmi i privilegj del Baflo e del Casti, ho fatt' uso d'un addiettivo innocente, che partecipa, se non erro, del patranti e del fractus.

1

CAPRIFICUS. v. 29. Fico selvatico. Lo vediamo allignare fra le muraglie scrupolate e fra sassi, e romperli, separarli per farsi luogo. Giustissima e vivissima immagine del cacoete poetico.

DICTATA. ». 33.

Non è inverosimile che qui Persio punga di furto la vanità del poeta Nerone, i cui versi per adulazione leggevansi nelle scuole dai pedagoghi. E i versi d'un poeta in trono son sempre bellissimi, arcibellissimi.

Qui pure i

com

QUID NON INTUS HABET. NON HIC etc. p. 50. mentatori, nemine excepto, si sono stillati il cervello in traccia del vero senso, dal verso quid non intus fino all' O Jane, a tergo; ed hanno ottenebrato questo passo mirabilmente. Una delle precipue fonti dell'oscurità del nostro poeta procede dall'ommissione, in lui quasi perpetua, delle parole intermedie che incatenano un sentimento coll'altro, e non solo delle parole, ma pur delle idee, tacendo egli sempre quelle che formano conseguenza necessaria e spontanea, nella mente almeno di ogni culto lettore. Le quali ommissioni si suppliscono molte volte dal recitante col tuono della voce, coll'azione, col gesto; e di tale sussidio abbisognano tutte le satire, ma più quelle di Persio tendenti molto al drammatico. Dal difetto di questi anelli intermedj scaturendo adunque in gran parte il bujo di cui tanto ci lamentiamo, reputo obbligazione, necessità d'ogni traduttore amante della chiarezza il supplirli, ogni volta che la connessione de' sentimenti lo chiegga; ma il supplemento sia rapido, e tale che non isnervi la precisione del testo, o ne tradisca lo spirito. Lo Stelluti e il Silvestri, che in queste brevi lagune gettano perpetuamente tre e quattro versi del proprio per riempirle, han fatto di Persio una liscivia, un brodo lungo che stomaca. Il Salvini all' opposito che fa sempre le sue traduzioni col vocabolario alla mano, e non bada nè a chiarezza d'idee, nè a sceltezza di termini, il Salvini ci ha regalato un vol garizzamento di Persio assai più tenebroso del testo: e queste sono le ammirate sue fedeltà. Di che modo io mi sia governato fra queste secche, lo vedrà il lettore per se medesimo, nè mi accuserà, spero, di avervi aggiunto troppo del mio, se noterà che gran parte della presente versione duramente vincolata al patibolo della terza rima, è costantemente più corta della Salviniana, sciolta d'ogni legame. Il che piacemi d'annotare.

VERATRO. v. 51.

Persio fa spesso menzione dell'elleboro. Io ne farò qui un motto per tutte le future occorrenze. L'elleboro altrimenti veratro, quasi virus atrum per la sua violenza catartica, aveva voce presso gli antichi di ottiina medicina per la pazzia. Quindi il

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