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in avvenire superato giammai. Poichè in ciò i due pregi in se racchiuse, che ciascuno di per se potè costituire il principato a due primi Oratori del mondo, a Demostene tra' Greci, e a Cicerone tra i Latini, al primo de' quali, secondo il sentimento del giudiziosissimo Quintiliano, non si poteva aggiugnere una parola, nè dal secondo levare. lo pertanto facendo omai la mia opinion manifesta, mi fo a credere, più che per l'eccellenza dell' elocuzione, e della disposizione essere per la stupenda invenzione degno di quella stima, a cui veggiam sormontato il Boccaccio, e per questa principalmente, gran reputazione presso tutti i popoli, ancorche stranieri, essersi acquistato e godere tuttavia. Io so bene che alcuni pochi non giusti giudici senza vederlo, o pure vistolo appe na una volta con poca reflessione, e con minor capitale di sapere, hanno reputato il Decamerone opera frivola e vana, e inutile affatto, e buona solo per vecchiarelle e gente oziosa, sentendo non altro in se contenere che novelle, ed hanno stimato per tutt'altro essere egli pregevole, che per le cose quivi narrate. Ed in vero a quella guisa che le belle fabbriche, e l'eccellenti pitture a prima vista non fanno concepire di se negli animi de' riguardanti la giusta stima, tanto più se eglino di quelle arti siano ignoranti, ma tornandole per molte fiate a riguardare, scoprendovi sempre nuove bellezze, e nuovi pregi, allora finalmente un' adeguata specie forman della loro perfezione, così interviene di questo miracoloso componimento, che a prima faccia rassembra d'ottimo stile certamente, e d' ottimo divisamento, ma a un'invenzione che non abbia in se utilità veruna, e a chi non ha pratica degli affari del mondo rassembra anche inverisimile, e quasi quasi ci lagneremmo del Boccaccio, che dietro a materia cotanto vana

si fosse andato perdendo, ma rileggendolo, e considerandolo attentamente, e facendovi sopra col senno mature e più profonde riflessioni non segue poscia così. Non è mica lungi punto dal vero la testimonianza di Lionardo Salviati, il quale confessa, che avendo circa a venti volte letto il Decamerone avanti di fare l'opera sua delli Avvertimenti, e convenendogli per questa bisogna rileggerlo nuovamente tuttogiorno nuove finezze ed eccellenze vi scorgeva da lui per l'innanzi non osservate. Anzi chi bene e profondamente l'intenzion del Boccaccio avrà penetrato, giudicherà son certo non altra miglior elezione aver egli potuto fare, che lo scriver Novelle, come egli fece. Imperciocchè prese egli con grand' animo a volere dipignere al vivo il Mondo tutto, e tutti i costumi, e i caratteri degli uomini più interni ed occulti, i quali sono diversi secondo le Nazioni e l'età, e gli studi loro e le varie loro condizioni ed impieghi, e affetti, e brighe, e inganni, e passioni, e a disvelare la falsità di tante opinioni popolari adottate per vere o per ignoranza o per malizia, e lucidamente i sentimenti intimi, e le sincere idee, e macchine, e riggiri, e fini di ciascuno, e dipignergli quali sono in verità non apparenti nè superficiali nè in niuna altra guisa alterati. E questa essere stata l'intenzione del nostro M. Giovanni il vide bene il chiaro e maraviglioso intelletto, e ne' maneggi del mondo cotanto addestrato del Magnifico Lorenzo de' Medici, come egli accenna ne' Comenti alle sue rime, dove antepone ad ogni altra virtù di quella pregiatissima Prosa l'invenzione. Chi ha letto, dice egli, il Boccaccio uomo dottissimo, e facundissimo facilmente giudicherà singulare, e sola al mondo non solamente la invenzione, ma la copia e eloquenza sua. E consi

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derando l'opera sua del Decameron per la diversità della materia, ora grave, ora mediocre, ora bassa, e contenente tutte le perturbazioni che agli uomini possono accadere d'amore e odio, timore, e speranza: tante nuove astuzie e ingegni, e avendo ad esprimere tutte le nature e passioni delli uomini, che si trovano al mondo senza controversia giudicherà nessuna lingua meglio che la nostra essere atta ad esprimere. Fin qui il magnifico cioè quel grand' uomo, cui può meritamente andar fastoso l'uman genere, e di cui pochi eguali potrà vantarne, ma più 'distintamente va divisando ciò Benedetto Buommattei ad altro traen lolo laddove delle loli della Toscana favella prese in una sua eloquente Orazione a ragionare: Volete, dice egli, un ritratto, un modello, un' effigie, un' idea per imparare a descrivere la maestà d'un Re, la prudenza d'un Capitano, la maestà d'una Matrona, la modestia d'una Vergine, la sfacciataggine d'un' impudica, la malizia d'un servitore, la fedeltà d'un amico, la temerità d'un amante, la passion d'un geloso, il furor d'un disperato, la semplicità d'uno stolto, la rustichezza d'un villano, la strettezza d'un avaro, la magnanimità d'uno splendido, la fine d' un prodigo, l'oscenità d'un ipocrita, la fortezza d'un animo generoso, pietà d'un vero cristiano o l'empietà d'uno scellerato ateista? Leggete quel libro che vi troverete ogni cosa. E comechè quest' impresa, che è stata il pensiero e lo studio di tanti uomini altezza d'ingegno, e per dottrina solenni sia meglio, e più ampiamente, che a qualunque altro, che tentata l'abbia, riuscita nel Decamerone al Boccaccio, per questo la rinomanza sua è a quell'altezza in ogni parte del mondo salita, donde ne l'impetuoso fiato ed ardente dell' invidia, nè

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la voracità del tempo d'ogni gran cosa distruggitore, non la faranno non che cadere, ma neppure crollare giammai. Questo è quel pregio, che unito a tutte le altre di sopra accennate eccellenze di questa eloquentissima, e perfettissima prosa l'ha renduta non ch' altro a tutti i Greci scrittori superiore, come negli Orti de' Rucellai alla presenza di molti dotti Gentiluomini Fiorentini non potè non confessare quel dottissimo Greco di Costantino Lascari, secondo il testimonio del Gello. E l'Argiropolo altro parimenti Greco, e nella lettura de' suoi autori versatissimo, da pura forza del vero indotto non solo questa medesima verità confermò, ma aggiunse la ragione di questo essere non la eloquenza sola, ma la viva e artificiosissima descrizione de' costumi di tutti gli uomini altresì. Hic minime silentio praetereundum est, son parole del Bocchi che il testifica, quid Argyropylus vir natione Graecus, idemque doctissimus sentiret de Boccaccio, qui Graecis in auctoribus sapienter et diu volutatus,

cum

hoc centum fabularum opus legisset accurate af firmare graviter solebat, Graeciam ipsam nullum habere auctorem, qui tam copiosus esset tam eloquens, nec qui tam magno artificio mores cunctorum hominum exprimeret, e avea ben ragione di ciò affermare quel savio Greco, perchè niuno si era a gran pezza a questa singolar virtù, che nel Decamerone risplende eziandio tra suoi Greci appressato. Il che andrei partitamente dimostrando col paragonare gli scrittori di quella immortal lingua, e in cui le Muse stesse favellarono al Decamerone, se agio me ne prestasse il tempo e non me ne ritraesse la tema d'avervi omai troppo lungamente tediati. Questa dunque è la più bella, e la più profittevole, e la più stupenda dote, che riluca nel Decamerone, la

quale da per se sola era sufficiente a renderlo eterno nella memoria de' posteri. Ma avendovi poi aggiunte in grado eccellente tutte le altre virtù, che rendono gli altrui scritti in qualsivoglia lingua pregevoli, chi potrà mai appieno commendarlo, e qual facondia potrà deguamente ridir le sue lodi? O beata la nostra Toscana, e beata la nostra favella arricchita di un si inestimabil tesoro. Laonde a buona equità raccogliendo tutte le prerogative di questa stupenda prosa il giudiziosissimo poeta Gio. Matteo Toscano, ma in fine ponendovi questa che io testè vi divisava, esclamava quasi estatico

O Etruria ter beata; felix

Ter Florentia, Tusciae alme ocelle
Tibi haud Pallados urbs, ferive Martis
Aequet se ingenij feracitate.

Testis Boccatius vel hic, qui amoenas
Fabellas, Charitum lepore tanto
Tinxit, iudicio ut peritiorum
Nihil sit mundius, elegantiusve:
Ast hic, cui facili levique opella
Crevit pagina per iocum, atque ludum
Omne surripuit decus vetustis
Oratoribus, alta quotquot olim
Grandi pulpita voce personabant,
Scitus, perlepidus, nitens, venustus,
Comis: apposite loco intumescens,
Qui mores hominum, intimosque sensus
Expressit graphiceque, mimiceque

Questa eccellente, in sommo grado apprezzabil prerogativa, questa dote tanto singolare e tanto propria del Decamerone non diminuisce un minimo che, non che si perda come l'altre nel traslatarlo in altre lingue, per questo in tutte è acclamato tra i più grandi scrittori di tutti i secoli e d'ogni nazione, come più largamente sono per

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