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fuerint, Christiano mentiri non audentes, ibidem illius Christiani procacissimi sanguinem fundite ... chè è ben giusto, come soggiunge altrove, che sia preceduta da autentiche prove la nostra Fede; auctoritas divina praecedat... ut qui negant bonum non suadeantur nisi cum subacti fuerint: e dichiarando anche meglio in progresso della sua apologia i suoi sentimenti, e distinguendo le giuste dall' ingiuste persecuzioni, quelle sole chiama ingiuste che vanno a ferire i cultori della verità, non le altre che combattono la menzogna, e quelle e non queste disapprova e condanna dicendo, tunc Christianos puniendos, si quos non colerent, quia putarent non esse Deos, constaret illos Deos esse. Ma costa essere indubitabili verità quelle che gli Eretici ricusano di venerare; meritano adunque secondo la mente di Tertulliano que' castighi, che avrebbono meritati i Cristiani ricusando di adorare il vero Dio. Ripete lo stesso S. Giustino nella sua apologia; et sic, dice, teneamus nihil nos mali a quodam perpeti posse, nisi malefici convincamur, aut improbi deprehen damur. Non la perdonate nè a sesso nè ad età, soggiungeva nella sua legazione Atenagora, se sono veri i tre delitti, che vengono a noi attribuiti, l'empietà, le cene tiestee, gl' incesti. Trium flagitiorum infamem rumorem de nobis spargunt, impietatem, epulas thiesteas, concubitus incestus, quae si vera sunt nulli, vel sexui vel aetati parcite ... merito in atheismi crimen, et in capitis judicium vocaremur. Dubiteremo noi dell' empietà dell' Eretico dopo d'aver dimostrato che se la prende con Dio direttamente, e tenta di tutta sconvolgere la vasta mole del celeste edificio della sua Chiesa, e la stessa civile società urta e sconvolge?

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Ma chi può tener dietro a tutte le dottrine ed espressioni degli antichi Cristiani favorevoli a quella temporale coazione che abbiamo intrapreso a sostenere senza far crescere oltre i soliti confini codesta lettera ? Io per solo amore di brevità mi restringerò a pochi, ed oltre le addotte non aggiungerò che quelle di S. Atanasio, di S. Gregorio Nazianzeno, di S. Gregorio Magno, di S. Girolamo, di S. Leone, di S. Agostino e di S. Bernardo, e scorrendo per tal modo da' primi all' ultimo Padre sarà poi facile a voi il conchiudere, che tutti sono stati del medesimo sentimento. S. Atanasio nel libro del Sinodo di Rimino dice espressamente di Ario e degli Ariani, che per le tante cose che a danno di tutti i Fedeli avevano sparse contro il figliuolo di Dio non che il divino sdegno ma si erano meritato anche

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tra noi quel castigo, che Gesù Cristo dichiara convenire agli scandolosi; quantum sibi ire thesaurum recondunt.... expedit ei ut suspendatur mola asinaria in collo ejus, et demergatur in fundum maris (a). S. Gregorio Nazianzeno parla in più luoghi di temporali coazioni, e scrivendo all' Imperatore Costanzo non solo le approva, ma stimola ogni ordine di persone a dar inano a si utili imprese, assicurando esser meglio por freno a questi, che a delitti comuni: Haec et Laicis praescribo, dic' egli, haec et presbyteris mando, haec et iis, quibus imperium creditum est omnes rectae doctrinae opem ferte, qui Dei beneficio opem ferre potestis. Magnum est caedem comprimere, adulterium coercere, furtum castigare, multo majus pietatem sancire, ac sanam doctrinam largiri. Non tantas vires sermo meus habiturus est pro sancta Trinitate bellum gerens, quantas edictum tuum, si perversis dogmatibus imbutos compresseris. S. Gregorio Magno ne parla anch'egli in tanti luoghi, che lunga cosa sarebbe il ripeterli tutti al presente. Vi basti il sapere, che scrivendo a Gennadio lo loda moltissimo pel rigore che usava contro gli Eretici, e dice che non meritavano meno e la loro empietà e i danni gravissimi che recano alla Chiesa ed allo Stato; ed epilogando in fine quel molto che aveva detto, e la necessità accennando della temporal coazione conchiude, che oportet inimicis Ecclesiae omni vivacitate mentis et corporis obviare ! S. Agostino non ne ha parlato solo approvandole, ma ne ha sostenuta con forza l'equità e giustizia; e se si mostrò alquanto dubbioso un tempo e discorde dagli altri Vescovi nel decidere se fosse o no espediente l'usare allora di quelle più gravi pene, che s'andavano introducendo anche ne' tribunali ecclesiastici, non dubitò mai della giustizia della temporal coazione, come osserva Cristiano Lupo, e diede poi in appresso prove si grandi della sua assoluta approvazione, che non lascia alcun' appiglio a chi volesse porla in questione. Si può dire lo stesso di S. Girolamo e di S. Leone. Sono essi in questa parte così uniformi di massima agli altri PP., e così impegnati nel sostenere, che in affari di Religioné non è da risparmiarsi la temporal coazione, che il primo a nome anche di molti altri nella lettera 63., già altrove citata, ammo

(a) Epist. de Synod. Arimin. num. 2.

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nisce Teofilo Vescovo di Alessandria per la troppa pazienza, che usava cogli Origenisti, che ingombravano i monasteri della Nitria, e lo loda poi pel rigore, cui aveva dato di piglio in appresso; e S. Leone tali e tante conferme addusse di questa verità, che non le pene sole approvò che si adoperavano utilmente per frenar l'eresia, ma il metodo medesimo seguì e prevenne col suo esempio, che si usa anche adesso.

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Vi stanco io forse soverchiamente: eppure non posso a meno di aggiungerne qualch'altro a quelli che ho addotti sin quì di non dissimile forza e calibro; chè troppo interessa la causa che ab biamo per le mani, e troppo mi preme di rendervi persuaso in punto di tant' importanza. Si sono mostrati di sentimento uniforme ai già detti e S. Innocenzo I., che esortò Lorenzo Vesco. vo di scacciare i seguaci di Fotino già bandito da Roma, e S. Ambrogio, che approvò la legge di Teodosio che sbandiva dalla città Gioviniano ed i suoi seguaci. Taccio di Origene, di S. Ottato, S. Epifanio e di cent altri, che sarebbe cosa troppo lunga il volere qui parlar di tutti, e può supplire abbastanza all'omissione degli altri il solo S. Bernardo, il quale come la serie de' Padri, così egregiamente la catena compie della più chiara ed invincibile tradizione su questo punto, e merita non meno degli altri somma venerazione e rispetto pel raro merito della sua dottrina e pietà, e pel maggiore schiarimento che può recare a questa verità colla maggiore precisione e chiarezza con cui ne parla. Egli ha scritto con tanta esattezza, che non solo esorta i principi ad intraprendere contro gli Eretici quelle vendette, che con privato non plausibile tumulto usurpavano talvolta gli zelanti Fedeli, ma promove e raccomanda quelle crociate, che Eugenio III. aveva intimate contro di loro, ed esorta il Vescovo di Costanza a procurare la troppo necessaria carcerazione di Arnaldo da Brescia; e facendosi carico di quelle cavillazioni, che ricavano i settarj dal non vedersi praticati ne' pri mi tempi con tanta frequenza e metodo rigori consimili, ne' commentarj sopra la Cantica distingue il tempo dell' orrido verno, in cui doveva la Chiesa gemere sotto il peso delle più fine persecuzioni, da quello della primavera, in cui divenuta adulta e protetta dai fedeli sovrani sarebbe stata in libertà di recidere gl' inutili tralci, ed esercitare le giuste vendette contro i suoi medesimi persecutori. Chiama il primo tempo opportuno non al taglio e rigore, ma alla piantagione ed alla semina; l'altro lo dice atto non ad plantandum solamente, ma ad potandum quod jam plan

tatum erat, e ad usare que' rigori e quelle spade che tutte avrebbe voluto vedere rivolte ne' suoi giorni a danno de' miscredenti.

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Che possano rispondere adesso l'increduli per sostenere il ruinoso edificio della loro mal concertata cabala io non lo so ideare; solo a vostro totale disinganno voglio avvertirvi in fine che è così certa ed evidente la ragionevolezza di quelle coazioni che ho preso a difendere, che neppure i Protestanti, i meno appassionati almeno ed indocili, hanno ricusato di confessarla. Già udiste come ne parla il Coccejo. Ugo Grozio ne trova i contrassegni e la pratica anche ne' primi tempi del cristianesimo, e sebbene nega che fin d'allora si procedesse alla pena di morte, accorda però che la Chiesa non ha mai disapprovate quelle pene anche temporali e gravissime, che ai delinquenti inescusabili lasciavano spazio da potersi pentire: Illa poenarum genera, quae circa sacra inexcusabiliter delinquentibus poenitentiae tempus reliquerunt, vetus Ecclesia non improbavit. Non fa tante restrizioni il Boemero, ma riportate le varie pene, che gli oltraggiatori della divina maestà hanno sempre incontrate presso gli Ebrei, i Romani, i Germani, Sassoni, Cinesi, Turchi, e si potevano aggiungere anche gli Egiziani e gli Ateniesi, dice che un così grave delitto, che tanto interessa la comune salvezza, si frena con gran ragione anche coll' umane leggi e castighi: Ipsumque facinus poenis humanis recte coercetur (a). Al Grozio succede il Barbeirac, che non sempre coerente a se stesso dopo i maggiori encomj fatti alla tolleranza ha dovuto con troppo ardite espressioni approvare non che l'uso de' castighi semplicemente, ma della forza e resistenza ancora contro chiunque volesse impe dirci di far professione della Religione, che noi crediamo la migliore car du reste il est clair, que l'on peut se défendre soi-même contre ceux, qui voudroient nous empêcher de faire profession de la Religion, que nous croyons la meilleur (b). Avrebbe parlato meno male, se meno acciecato dal suo spirito privato avesse scritto della Religione che è la migliore, invece di dire di quella che noi crediamo migliore. E' chiaro che si può difendere la sola vera cattolica Religione coll'armi; e che la falsa non può pretendere che qualche tolleranza, allorchè il vo

(a) Jus eccles. Protest. lib. 5. tit. 7. de Haeret. sub num. 8. (b) in not. ad Pufendorf. lib. 8.cap. 6. §. 3.

lerla distruggere, come esigerebbe il dovere, non altro ci ripromette che maggiori sciagure e pericoli. Ma non sono da aspettarsi da costoro che verità dimezzate e mancanti: voi attenetevi alle poc'anzi addotte de' SS. PP., che non dalle impure fonti delle passioni e partiti, come gli Eretici e miscredenti, ma hanno derivate le celesti loro istruzioni dalle limpidissime fonti della divina rivelazione ed io non per altro motivo vi ho addotte le testimonianze degli eterodossi se non perchè restiate convinto che mentita est iniquitas sibi, e che è così lampante la verità che vi scrivo, che sa farsi approvare anche da quelli che l'odiano e l'impugnano ostilmente. Saremo così quanto più uniformi di sentimenti tanto più impegnati in quella sincera amicizia che mi fa essere

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