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che si dimentica del padre, dimostra giustissima qualunque punizione usar si voglia con chi colla Fede abbandona Iddio miglior padrone e miglior padre di tutti: Si servorum nequissimus habetur, ecco le sue parole, qui Dominum suum fuga deserit isque verberibus, vinculis, ergastulo, et cruce, et omni malo dignissimus judicatur, et si filius eodem modo perditus atque impius existimatur, qui patrem suum dereliquerit, ne illi obsequatur, ob eamque causam dignus putatur, quod sit exhaeres, et cujus nomen de familia penitus deleatur, quanto magis qui Deum deserit, in quem duo vocabula domini et patris acque veneranda conveniunt (a)? L'altro poi nel luogo citato nell' altra lettera dice espressamente a nome di tutti i Cristiani, che si idem ac Diagoras sentiremus, cum tot ac tanta habeamus Dei colendi pignora, ratum ordinem, perpetuum concentum, magnitudinem, colorem, figuram, descriptionem mundi, merito in atheismi crimen et in capitis judicium voca remur. Crediatemi amico che non altronde nasce il loro sdegno che dallo scorgere impiegata la forza a danni di quella giustizia, che tutta vorrebbero vedere occupata a distruzione dell' empietà. E quest'è che indusse anche Lucifero Calaritano a disappro vare altamente le ingiuste persecuzioni dell' Imperator Costanzo, e ad esortarlo a tutte rivolgerle contro gli Eretici: Debes enim (così egli col solito acceso suo zelo) pro Christo, non Christianos se clamantes interficere. E non propose già un tal partito quasi uno sforzo di singolar perfezione, ma lo insinuò come preciso dovere che nasce da precetto divino, soggiungendo che haec nobis dedit mandata Dominus: si custodita fuerint, tunc Christiani esse perseverabimus; contra cum gladio digneris ejus persequi servos, non te utique jam Christianum potueris nuncupare, sed plane latronem vel gladiatorem. E si meraviglia poco sopra, che Costanzo divenuto lupo rapace e satellite del Demonio si vada ideando che i Pastori del sagro ovile dovessero dire ai soldati: Nolite arma sumere contra Constantium Diaboli satellitem; nolite resistere templo omnium Demoniorum; magis autem facite quaecumque fieri praeceperit.

Resta ch' io parli di S. Atanasio, di S. Ilario, di S. Gregorio Nazianzeno e di S. Martino che alla seconda classe appartengo

(a) De Justitia lib. 5.cap. 19.

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no, e sogliono anch'essi annoverarsi tra i patrocinatori di quella tolleranza indiscreta, che esclude ogni pena almeno temporale dai violatori della cattolica Religione. Siccome però questi non si sono opposti per altro motivo alla condotta brutale degli Ariani e di altri fanatici persecutori, se non per quelli istessi che indussero i primi apologisti a scrivere contro i Gentili; così anche per questi quadrano assai bene le risposte già date: e deve credersi che dove esclama S. Atanasio che piae Religionis est non cogere sed suadere, e dove S. Ilario soggiunge che Dio obsequio non eget necessario: non requirit coactam confessionem; e quando fra le atroci persecuzioni degli Ariani esclama S. Gregorio, nova & inaudita praedicatio, quae verberibus exigit fidem; quando, dissi, e questi e varj altri Padri si esprimono in queste ed altre maniere consimili, è da credersi che le loro espressioni non vadino a combattere che l'irregolarità ed ingiustizia delle persecuzioni che sono dirette ad un fine perverso e regolate da una peggiore condotta; non le nostre, che hanno in mira la difesa e conservazione della Fede di Gesù Cristo, e sono regolate dalle più giuste massime della cristiana moderazione e dolcezza. E chi può credere che abbiano parlato altrimenti e S. Atanasio, che nel Concilio Niceno non lodo solamente, ina unito agli altri Vescovi procurò dall' Imperatore quell'esilio, cui soggiacque Ario coi suoi più ostinati seguaci, e S. Ilario, di cui scrisse Venanzio Fortunato, che contra haereticas acies sicut olim in corpore, non cessavit in spiritu dimicare giunto sino ad incoraggire con prodigiosa apparizione il Re Clodoveo a quella strage di Eretici, che non senza la sua assistenza, come giova credere, con somma facilità eseguì poco dopo; e si mostrò poi così contrario agli Eretici e loro fautori, che non la perdonò neppure a Costanzo Imperatore, che chiamò per ben tre volte coll' obbrobrioso nome di Anticristo e di lupo rapace pel favore che prestava agli Ariani? Spiega egli stesso il perchè ha disapprovato gli Ariani persecutori scrivendo a Costanzo, e dice che li detesta perchè cogunt non ut Christiani omnes sint, sed ut Ariani, & confessam in Deo Fidem ad consortium piaculi sui sceleris compellant. Non sono da questi diversi i sentimenti di S. Gregorio sebbene inqualch' espressione si mostri alquanto più alterato degli altri: e fuori di quelle ingiustizie, che troppo lo alienavano dalle violenze de' barbari persecutori, esprimon ben' altro che disapprovazione della coazione discreta le sue parole dove dice colla sua solita

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eloquenza (a) exscinde arianam impietatem, exscinde perniciosum Sabellü errorem. Haec & laicis praescribo; haec & presbyteris; haec & iis, quibus imperium creditum est; non tantas vires sermo meus habiturus est pro S. Trinitate bellum gerens, quantas edictum tuum, si perversis dogmatibus imbutos compresseris. E' vero che S. Martino Turonense con alcuni altri Vescovi della Francia si risentì contro lo zelo imprudente di quei Vescovi che procurarono presso di Massimo la morte di Prisciliano e compagni; ma chi dirà per questo che egli disapprovasse ogni sorta di temporale castigo, egli che fu discepolo di S. Ilario acerrimo persecutor degli Ariani, che tanti tempj ed altari abbruciò degl' idolatri, e che non potendo talvolta colle proprie forze chiamò ed ottenne ajuti superiori dal Cielo per eseguirlo, e colle sue mani stesse rovesciò quell'altare sopra del quale si riscuoteva da un ladro ipocrita un culto indegno? S. Martino altro non disapprovò nel fatto del Vescovo Itacio, che lo zelo imprudente che l'indusse a porgere replicate istanze pel supplicio di quegl' infelici con grave discapito dell' ecclesiastica lenità, e contro lo stile della Chiesa, e ad incrudelire contro chiunque non poteva aver compagno nelle sue violenze. Ce ne assicura Sulpicio Severo, il quale e dice di se stesso, che non avrebbe disapprovato lo zelo d'Idacio o Itacio, se non avesse combattuto più del dovere per pura ambizione di vincere, e di S. Martino dice che apud Treveros constitutus non desinebat increpare Ithacium, ut ab accusatione desisteret ; Maximum Imperatorem orare, ut sanguine infelicium Priscilliani & sociorum ejus abstineret satis superque sufficere, ut Episcopi sententia Haeretici indicati Ecclesiis pellerentur. Novum esse & inauditum nefas, ut causam Ecclesiae judex saeculi judicaret. In altro aspetto non fu mai disapprovato il rigore e non senza ragione l' Eminentissimo Orsi con molti altri attribuisce quella qualunque felicità temporale, ch'ebbe per qualche tempo fra le sue tirannie Massimo l'usurpatore, e le molte temporali disgrazie che incontrò nel suo governo l' Imperator Graziano, che alla disposizione divina, che per accreditare in questa parte i sentimenti di tutti i buoni Fedeli preparava con quella il meritato castigo all' ereticale perfidia, e puniva con queste quell' inazione colla quale l'Imperator Graziano

(a) Homil. in dictis Evangeliorum.

si era reso spettatore troppo indolente delle calamità della Chiesa (a). Non la pena adunque di Prisciliano ma la maniera colla quale venne promossa divenne oggetto di disapprovazione pel S. Vescovo ed in questo aspetto il fatto d' Idacio fù disapprovato anche da S. Leone, il quale per altro parlando nella lettera a Turibio delle pene temporali date ai Priscillianisti tant'è lontano dal riputarle ingiuste, che anzi le dichiara utili e meritevoli ď approvazione, perchè per tal mezzo la moderazion della Chiesa severis christianorum principum constitutionibus adjuvatur, dum ad spirituale nonnunquam recurrunt remedium, qui timent tem porale supplicium .

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Varie altre espressioni d'antichi Padri procurano di piegare al loro partito i nostri avversarj : nè si vergognano d'abusare anche di quelle di S. Gioan Grisostomo sebbene sappiano dallo Spondano, ch' egli il primo tra tutti i Vescovi procurò che fos se stabilita la pena di morte contro chiunque avesse dato ricovero agli Eunomiani e Montanisti, e leggano nelle sue Omilie con qual forza stimoli non che i magistrati, ma anche le persone private a percuotere anche con ischiaffi i pubblici bestemmiatori. Ma non ho io nè tempo nè pazienza d' andar dietro a tutte l'inczie di costoro, che per sostenersi interpretano la moderazione per una sciocca inazione, la dolcezza per una connivenza vilissima, e la cristiana lenità e clemenza per una total privazione d'ogni autorità e potere. Vi basti il detto fin quì; e paragonando le sentenze che portano i nostri nemici a favore della loro tolleranza con quelle che ho addotte nell' altra mia a favore della punizione, le loro colle mie risposte, vivo sicu rissimo che scoprirete in quelle sola debolezza e capriccio, in queste tutta la ragionevolezza e vigore e vinto dall' evidenza della cosa non esiterete un momento ad accordarmi, che niun presidio trovar può negli antichi scrittori e maestri il loro ruinoso sistema, e resterete sempre persuaso che sono costretti a cozzare non che colle più evidenti dimostrazioni ma coll'autorità di tutt'i secoli coloro, che s'impegnano a sostenere che il delitto d'eresia non deve essere castigato con pene temporali; ed io sempre più soddisfatto della vostra docilità avrò sempre nuovi argomenti onde pregiarmi di essere

(a) ad ann. 384. pag. 218,

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Anche la pena di morte è opportuna e giusta allorché trattasi di Eretici impenitenti.

Se voi aveste della morte quell' opinione che ne aveva il filosofo o per meglio dire l'impostore Apollonio Tianeo, il quale, al riferir di Filostrato (a), la riputava la più mite tra tutte le pene, non avreste mai dubitato se sia o no eccedente ne'giudizj di Fede. Non ha luogo l'eccesso ove il castigo è mitissimo. Ma voi siete più giusto estimator delle cose, e considerate la morte pel maggior ca stigo temporale che possa soffrire fra noi un colpevole; e col dottissimo Pegna confessate che quaelibet poenitentia, in quam mor tis supplicium commutatur, mortis comparatione levis censetur (b). Così la pensa anche il tribunale del S. Officio, il quale non abbandona all'estremo supplicio che gente di perduta coscienza e rea delle più orribili empietà. E' dunque ragionevole il vostro dubbio; e allora solo diverrebbe imprudente e strambo, quando richiamata la cosa a maturo esame voleste restare nelle vostre incertezze, ed anche a fronte dell'autorevole principio da cui discende e delle molte invincibili prove che ne persuadono l'equità voleste credere la pena di morte irregolare ed ingiusta. Di niuna pena per verità aveva io disegnato di sostenere in ispecie la convenienza e giustizia, e per amore di brevità e per non ripetere inutilmente ciò che hanno detto di loro Alfonso di Castro, il Pegna e tanti altri: siccome però voi avete mostrato desiderio ch'io m' occupi di questa con maggior precisione; e pare altresì che questa pena porti seco maggior contraddizione, ed abbia più bisogno e diritto d' ogni altra d'essere sostenuta ; così mi presto volontieri al vostro genio e credo che resterà soddisfatto abbastanza solo che lo inviti a riflettere al principio integerrimo da cui deriva, ed ai personaggi più illustri che l'han no sostenuta e difesa contro le più impegnate contraddizioni.

(a) De vita Apollon. Tyan. lib. 7. cap. 13. & 14. (b) Apud Eymeric. part. 2. Direct. comment. 25.

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