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corporis; et plus est integritatem Divinitatis laedere, quam integritatem hominis violare. E' il danno che reca ai suoi simili un ladro ed un sicario, che li strascina al patibolo? ma qual danno è da paragonarsi con quello, che dagli Eretici soffrono i Cattolici, se vengono privati della Fede istessa di Gesù Cristo, che è il primo principio ed il più sostanzioso alimento della vita dell' anima? E' il disturbo che recano alla pubblica tranquillità i ribelli, che li condanna a morire? ma qual disturbo non soffre e qual danno non ha da temere da un' Eretico pertinace la civile e religiosa società dei Cattolici? Comincia di qui per ordinario la ribellione per farsi strada al rovesciamento dei troni e degli altari? E' finalmente lo scandalo che danno a tutti i buoni i malfattori, ed il bisogno che hanno i cittadini d'essere allontanati dall' imitarli, che ne procura il fatale scempio? e qual bisogno non hanno di questo freno i Fedeli stimolati ad abbandonare la Fede da tanti nemici insidiosi, quante sono le passioni, dalle quali vengono predominati, le suggestioni, che soffrono dal Demonio, i seduttori in fine, i quali ai dì nostri più che mai e con discorsi scorretti e con libri infami cercano di pervertirli? Sono dunque gli Eretici non meno dei lascivi, de ladri e ribelli, rei di pena capitale; e sono chiamati forse con questi nomi dalle Scrit ture (a) e dai Padri (b) per farci comprendere e l'enormità del loro delitto e la gravità del castigo che hanno meritato.

Comparirà però anche più giusta codesta pena, se la pessima qualità considerar si voglia di quegli Eretici, pei quali soli nella mirabile piacevolezza della legge evangelica è riservato l'estremo supplicio. Non sempre si abbandonano gli Eretici, nè tutti senza distinzione vengono condannati alla morte dall' umana legislazione; ma quelli soli, al dire di S. Tommaso (c), che non lasciano alcuna speranza del loro ravvedimento quando nimirum spes non superest resipiscentiae illorum: e sono quel li che o con invincibile ostinazione, o con replicate cadute, o con negative affettate fatte in giudizio si dichiarano impenitenti: e quantunque s'incontri in varie pontificie disposizioni di Pao

(a) 2. Cor. 17. ver. 2.Joann. 10. Job. 24. ver. 17.

(b) S. Greg. Moral. lib. 16. in cap. 24. B. Job. cap. 6. & cap. 57. num. 70., S. August. tractat. 45. in cap. 11. Joan. (c) 2.2. quaest. 11. art. 4.

lo IV. di Gregorio XIII. e di altri Pontefici che basta aver negato una volta il mistero della Trinità, la verginità della Beata Vergine e la reale presenza nel sacramento eucaristico per essere abbandonato al braccio secolare, sono però queste saviissime disposizioni ordinate piuttosto a meglio esprimere la gravità dell' eccesso ed a spaventare gl'increduli, che ad essere eseguite. Assicura l'Albici (a) che niuno a suo ricordo, anche in vista del decreto di Paolo IV. dei 17. giugno 1559., ha incontrata pentito una tal sorte, quantunque giunto fosse all' eccesso di calpestare il corpo e sangue di Gesù Cristo. E si ha infatti una sentenza de' 17. febbrajo 1596., nella quale uno che aveva negata la verginità della B. Vergine, ed aveva creduta la contra ria eresia, non incontrò altra pena che l'abbiura de formali e sette anni di Galera. Ci vogliono assolutamente rei de jure presunti o formalmente impenitenti, perchè siano condannati con questo rigore; e non ci vuol meno dell' ereticale perfidia perchè uno di simil fatta sia riputato meritevole di trattamento più mite. Non v'è ladro, che innanzi al giudice non detesti i suoi furti, sebbene sappia che punto non giova il pentimento a salvarlo. Il solo Eretico impenitente sostiene e difende il suo fallo, e lo sostiene in faccia del Superiore che lo minaccia, e a dispetto della copiosa misericordia che può sperare dal suo ravvedimento. E potrà il ladro uccidersi al primo furto qualificato senz' ingiustizia; e non dovrà essere ucciso l'incredulo dopo reiterate cadute e dopo l' insolente protesta, che fa in giudizio di non volersi pentire? Non avrebbe alcun confine l'irragionevolezza di chi pensasse così ; e non solo non arriverebbe a conoscere la gravità del delitto, ma neppure giungerebbe a scoprire la serie di quelle funestissime conseguenze, che possono venire in seguito di una sì vile indolenza. Un ladro, cui si perdoni ogni castigo, è difficile che cessi dal rubare: chè troppo gagliarde sono le interne ed esterne disposizioni che ha già contratte per usurpare la robba altrui : ma se viene a lui perdonata la morte, e si chiude in vece in un' ergastolo, perde colla libertà anche il potere di danneggiare notabilmente i suoi simili. Non così l'Eretico impenitente, che mostra maggior propensione all'errore, che il ladro alla roba; ed anche fra i cep

(a) de Inconst. in Fide cap. 34. num. 135.

pi ha l'animo pronto e la lingua sciolta alle bestemmie, ed è preparato a sedurre quanti compagni può avere in quel luogo o almeno quanti sono destinati ad usare verso di lui i caritatevoli officj di cristiana pietà. Era Lutero chiuso nel suo nascondiglio di Abstad, quando scrisse nuovi libri per confermare l' empie sue massime, e quando incoraggi Carlostadio Giusto Giona, Melantone ed altri ad imitarlo. Perde il ladro chiuso in un carcere colla capacità di eseguirlo anche il disegno d'involare l'altrui ritiene l' Eretico impenitente un' abituale avversione alle verità della Fede, precipita spesso in atti d'infedeltà, e passando colla cieca sua mente di uno in altro errore, va replicando sempre ed accrescendo il delitto. E chi potrà mai servir d'esempio agli altri Fedeli, perchè non abbandonino la Fede, o si convertano pentiti dell' abbandono già fatto , se il castigo non serve di un' Eretico ostinato? o che altro potrà por termi ne ai delitti di costui, se la morte non tronca col corso de'giorni suoi quello altresì de' suoi traviamenti? Ecco ciò ch'ebbero in mira que' saggi Pastori, che fin dal quarto secolo in varj Sinodi dell' Asia e dell' Africa prescrissero canoni salutari onde invocare utilmente nelle urgenze maggiori il braccio secolare: ecco dove sono dirette le pie intenzioni di quei sovrani cattolici e fedelissimi, che reputano ora non meno di prima il tribunale del S. Officio armato del loro braccio invincibile dopo la Fede cattolica, che con tanta edificazione professano, una delle gemme più splendide del reale loro diadema, nè mai si stancano di arricchirlo di beni e privilegj, e di prestare a lui la più pronta e poderosa assistenza.

So che adesso si ascrive loro a mancamento tanta Religione e pietà. Ma i buoni Fedeli non cesseranno mai di lodarli ; e quei sovrani soli riputeranno men cauti e felici, che senza ragionevol motivo hanno esposto i loro Stati alle invasioni di tanti Eresiarchi per salvar la vita a pochi impenitenti ostinati, e non quelli, che con la perdita di pochi perniciosissimni sudditi hanno conservato in una beata invidiabile tranquillità la Religione e lo Stato; e tanto più si compiaceranno di questo loro sentimento, quanto lo troveranno più coerente alle massime del grande Agostino, il quale non solo si è mostrato sempre di questo sentimento, ma si è fatto carico di quelle difficoltà che promovono certuni, i quali pensano che si debba dar bando ai più gravi castighi per aver Cristiani più sicuri e sinceri, e non ingombrare lo

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saranno

Stato di menzogneri e d'ipocriti. Egli non l' intende così; e di giusto zelo acceso, se a queste minaccie, esclama (a), si convertiranno molti, perchè dovrà trascurarsi un mezzo così efficace per la loro conversione? Se quest' esemplare castigo ritiene molti dall' imitarli, perchè dovrà omettersi questo salutare preservativo? Voglio accordare che non tutti quelli i quali per timore o restano o ritornano alla cattolica Religione sinceri Cattolici; ma se sono di gran lunga maggiori quelli che si convertono con sincerità perchè dovrà trascurarsi la loro conversione per la finzione d'alcuni? Numquid, così egli si spiega, numquid ideo negligenda est medicina, quia nonnullorum insanabilis est pestilentia? Tu non attendis nisi eos, qui ita duri sunt, ut nec istam recipiant disciplinam; sed debes etiam tam multos attendere de quorum salute gaudemus. Anzi egli è così persuaso che giovi un tal contegno, che pensa non debba esser trascurato neppur nel caso che mol ti fossero quelli che fingono, e molti quelli che sforzati in questa maniera fossero per affettare una bugiarda pietà. Anche in questi considera il gran bene di non averli più scandalosi, se non ravveduti e vede in quelli stessi che impenitenti soffrono l'estremo supplicio il medesimo vantaggio che trova negl' ipocriti e quel di più che procurano presso gli altri men robusti e costanti col loro esemplare castigo. La loro ruina rincresce, lo so, alla Chiesa che ama teneramente tutti i suoi Figli, e non meno del celeste suo Sposo vuole la salute di tutti; ma trova anch'essa nella preservazione di tanti altri un qualche compenso, ed asciuga il pianto di qualche perdita colla consolazione di potere stringere al seno non pochi rapiti all' ingorde fauci dei seduttori. Imperciocchè ama ella è vero, soggiunge il Santo, tutt'i suoi Figli teneramente anche ostinati e ribelli, come amava Davidde Assalonne e per tutti adopra le maggiori premure per salvarli; ma se non può la casa di Davidde, non può il regno di Dio aver pace altrimenti che colla morte di alcuni di loro, che altro resta a lei, se avviene che la giustizia abbia il suo corso, che piangere i perduti, e rallegrarsi insieme per la pace acquistata, e compensar con questa il sofferto dolore? Quid ei restat, nisi perditum flere, & sui regni pace suam maestitiam consolari (b)?

(a) in Philip. 8.& in Vatin. (b) Ep.185.al. 50. cap.8. n. 32.

Fossero pure meno acciecati dai loro errori gl' istessi Eretici impenitenti come son certo che in tal caso confesserebbero anch' essi profittevole non che alla Religione ed alla Chiesa ma anche a se stessi un simile castigo. Voi stupite ad una tale proposta : eppure non dico cosa che non sia vera, e che non abbiano detta prima di me accreditati scrittori ; e può servire per molti Alfonso di Castro, uno de' migliori teologi del Concilio di Trento, che lo ha espresso in più luoghi della sua bell' opera De justa Haereticorum punitione Se si danno facinorosi di

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animo così depravato, ai quali, come assicura Galeno (a), expedit mori ita corruptis animo, ut ad sanitatem perduci non possint; chi può negare che non occupino tra questi il primo luogo gli Eretici impenitenti, i quali non vivono che alla propria ed altrui rovina? Giunti costoro al colmo dell' iniquità, disprezzano ogni salutare rimedio; dunque più di una vita pro tratta fra le sregolatezze e misfatti, loro è vantaggiosa la morte: e non lo è solo per gli eterni mali dell' altra vita, che col crescere delle colpe incontrerebbero sempre peggiori, ma anche per quelle disgrazie e castighi gravissimi, coi quali la divina giustizia stanca di più sopportarli suol punirli sì spesso anche tra noi. Leggete la Scuola di Verità del P. Ignazio Fiumi (b); e dalle disgrazie acerbissime e dalle orribili morți incontrate dalla maggior parte degli Eresiarchi e settarj in braccio della divina giustizia, quando è riuscito loro di scansare i rigori della giustizia umana, argomentate se riesce loro d' aggravio il ricevere dai nostri tribunali il meritato castigo, e la mor te istessa, che non è mai disgiunta da quei pietosi officj di ca rità cristiana, che contribuir possono assai bene alla loro conversione e salvezza. E se una funesta sperienza di tutti i tempi ci persuade che quasi d'ogni settario ed Eretico si verifica ciò, che appoggiato ai sentimenti d' Evagrio il Baronio racconta del disgraziato Nestorio, quod justas hominum poenas non luerit ultio divina eum ex improviso oppressit, & quasi captivum ducens in acerbissimam omnium conjecit captivitatem (c), chi

(a) Opusc. Quod animi mores corporis temperamentum obsequantur. tom.5.Oper. Hip.& Gal.

(b) Narratione 16. De pessima Haereticor. morte cap. x.2. (c) Baron. ann. 436. n.5•

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