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jure divino nulla jurisdictio competit Episcopis, hoc est, his, quibus est commissum ministerium verbi et sacramentorum, nisi remittere peccata, item cognoscere doctrinam, et doctrinam ab Evangelio dissentientem rejicere., et impios, quorum nota est impietas, excludere a communione Ecclesiae sine vi humana sed verbo (a). Ben discordi da questi sono i sentimenti de' veri Cattolici, i quali hanno sempre creduto, che non le sole spirituali ma anche le pene temporali siano di diritto ecclesiastico allorchè influir possono alla difesa e custodia della cattolica Religione, e non hanno mai guardati con ribrezzo i soldati draconarj e clavigeri che sin dai tempi antichissimi vedevano ai fianchi e de' sagri Pastori e del Romano Pontefice (b), e que' bravi difensori, de' quali parla il Baronio all'anno 286., e più diffusamente S. Gregorio in varie sue lettere, e ne descrive a minuto le incombenze il Tommasino (c).

Tanto è vero che conviene ai Vescovi la podestà, di cui parliamo, che gli stessi nostri contraddittori non l' hanno potuto dissimulare affatto, e molti di loro per trasportarla ne' principi cattolici hanno creduto necessario di trasferire in loro anche il nome di Vescovo, chiamandoli, come si disse una volta scherzando anche il gran Costantino, Vescovi al di fuori della Chiesa ma tutto inutilmente e senza ragione. Il diritto che avevano i Vescovi di castigare anche con pené temporali prima della conversion de' sovrani lo ha confessato la venerabile Facoltà di Pa rigi, riprovando la proposizione d'Erasmo, veteribus Episcopis ultima poena erat anathema, colla seguente confutazione e censura (d): Propter infestationem Tyrannorum in primitiva Ecclesia non poterant Haeretici severiori poena, mulctari quam excommunicationis; postea tamen, cum principes soeculi Ecclesiae submisere colla, perspecta contumacia atque impietate Haereticorum, necessarium fuit, ne dum conveniens, in illos gladio temporali animadverti. Praecedentes autem propositiones (che erano molte) errori suffragantur Haereticorum negantium licere & expedire Haereticos contumaces ex

(a) Confessio Fidei &c. Vitemberg. 1540.

(b) Glossar.D.Dufresne verbo Clavigeri & verb.Draco, & Dict. Macri verbo Draconarii & verb. Clavesignati. (c) de Beneficis part. 1. lib 2. cap. 97. & 98. (d)ap.Argentre t.2.collect.judicior.ecclesiasticor.de nov.error,

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tremis suppliciis coerceri, etiam quando nulla inde sequitur perturbatio reipublicae,& hoc exposcat salus multorum. Quello che ai Vescovi compete dopo che i principi sono divenuti cattolici lo attesta il gran Fenelon dicendo; il mondo sottomettendosi alla Chiesa non ha acquistato il diritto di assoggettarla. I principi diventando figli della Chiesa non ne sono divenuti i padroni. Debbono servirla, non dominarla, baciar la polve de' suoi piedi, e non metterle il gioco (a). Come si debba intendere il detto di Costantino si può vedere nella bella dissertazione, che si ha nel tomo XIII. della raccolta di dissertazioni di storia ecclesiastica dell'abb. Zaccaria, dalla quale si scopre altresì il torto, che hanno coloro, che abusano di quel detto per ispogliare la Chiesa d'ogni ingerenza in cose temporali ed esterne. Io dirò solo in succinto che qualunque decorosa prerogativa sia stata conferita da Gesù Cristo ai sovrani cattolici non può pregiudicare in alcun modo a quel diritto, che compete alla Chiesa d'infliger pene anche temporali a propria conservazione e difesa. Egli non è venuto tra noi per distruggere ma per perfezionare l'ordine delle cose, nel quale, come insegna l'Angelico (b), omnis potentia, vel ars, vel virtus, ad quam pertinet finis, habet disponere de his, quae sunt ad finem. Bella autem carnalia in populo fideli sunt referenda sicut ad finem ad bonum spirituale divinum, cui Clerici deputantur, et ideo ad Clericos pertinet disponere & inducere alios ad bellandumbella justa.

Perchè però i nemici dell'ecclesiastica podestà abusar potreb bero di questi sentimenti medesimi del S. Dottore, e memori de' sommi vantaggi provenienti dalla cattolica Religione alla società civile, riferiti da me nella lettera V., potrebbono pretendere per ciò che anche alla podestà temporale, appartenessero le cause di Fede, dalle quali può risultare in lei pregiudizio o vantaggio; così a scanso d'ogni equivoco vi spiegherò meglio codesti principj, e distinguendo il diritto dall'esecuzione, le cruente dalle pene medicinali e leggiere, la causa principale dall'accessoria e subordinata, fisserò con maggior precisione ciò che in queste cause all'una ed all'altra podestà propriamente appartenga. E quanto al diritto di esaminare la qualità della pena, e di approvarla quando sia alla giustizia

(a) Discours à S. A.S. E. de Cologne le jour de son sacre . (b) 2.2. quaest. 40. artic. 2.

ed equità coerente, dico che non vi può essere dubbio che convenga alla Chiesa; e trattandosi di affari suoi proprj vi conviene per modo che non sono giuste se non vengono da lei promosse o almeno approvate: ma quanto al diritto di decretarle, se si eccettui la pena di mutilazione e di morte che disdice alla singolare dolcezza e mansuetudine che a lei raccomanda sì spesso il celeste suo Sposo, è tutto suo proprio in questi affari, nè si può in alcun modo trasferir ne' sovrani, ai quali nient'altro è riservato a tutto rigore che il fulminare ed eseguire le vendette di sangue quando i rei vengono abbandonati al loro foro. Nè possono in alcun modo ingerirsi nelle cause di Fede senza sua previa interpellazione e consenso: e questo non per le sole canoniche disposizioni, ma per indole e natura della cosa stessa, chę dalla sovrannaturale provvidenza è stata affidata privativamente alla Chiesa. Nè punto ci turba l'accennato sofisma del quale abusano i novatori per persuadere il contrario. Non è la sola uti lità che abilita gli Ordini diversi ad ingerirsi in affari che all' altrui dicasterio appartengono: chè non può uno stato meschiarsi nelle faccende dell' altro, col quale confina, quantunque riuscir possano a lui di gran pregiudizio o vantaggio; nè può alcuna umana podestà disporre della divina onnipotenza, quantunque idear non si possa mezzo di questo più vantaggioso per tutto con durre ad un'imperturbabile tranquillità. I fini al dir dell' Angelico, e non l'interesse e vantaggio decidono dell' estensione del le potenze; e quelle sono subordinate e soggette che a fine più limitato ed inferiore conducono: e possono bensì le inferiori essere in dolce alleanza congiunte colle superiori, ma non possono mai dominarle ed averle dipendenti e soggette. Il perchè essendo la podestà della Chiesa d'ogni terrena podestà di gran lunga maggiore, (e lo confessò lo stesso Mons. Bossuet) e tanto maggiore, che al dire di S. Girolamo (a), hoc imperium tanto civili excellentius est, quantum coelum terra, immo etiam multo praestantius; e dovendo essere alla beata immortalità, che è il principale suo scopo, tutte rivolte le felicità temporali, alle quali mirano le podestà civili, quella e non queste può arrogarsi il diritto di stendere la falce autorevole in più ampia argomento preso dall' utile, che l'una e l'altre ne

messe : e

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(a) Homil. 15. in Epist. ad Corinth.

possono riportare dall'inoltrarsi nella sfera delle rispettive incombenze, quant'è valevole a provare, a parer dell' Angelico, che può la Chiesa per suo originario diritto infliger pene anche temporali, tant'è inetto a sostenere quell' intemperante ingerenza, che accordano ai sovrani i Regalisti indiscreti. Anche il senso riporta insigni vantaggi dalla Ragione, il corpo dall'anima, il fabbro dal guerriero che fa uso dell' armi: ma chi dirà per questo che debba il senso regolare i giudizj della Ragione, il corpo le tendenze dell' anima, e debba prescrivere il fabbro al guerriero la forma dell' armi più atta a combattere ed il metodo più utile e spedito di maneggiarle? Non è diversa da queste la condizione delle due podestà: restano anch'esse subordinate come i loro fini, e senza l'approvazione e consenso della superiore non può l' inferiore avere alcuna autorevole ingerenza ne' suoi affari, quantunque riuscir potessero opportuni al proprio intento. E notate bene che non sono queste massime e questi esempi capricciose invenzioni messe in campo per rendere plausibile una privata mia opinione. Sono massime ed esempi proposte ed usati spessissimo dai più savj dottori a questo medesimo intento: e si deriderebbero con tanto maggiore indecenza, quanto sono più autorevoli di quelle de' Regalisti moderni le penne dei Gregorj, de’Nazianzieni, e dei Tommasi, dalle quali derivano.

Alle ragioni sodissime degli accennati Padri aggiungono gran peso anche le sagre Scritture e non pochi avvenimenti che s'incontrano nella sagra storia, che tutti collimano a togliere alla podestà temporale ogni ingerenza, qualor si tratta di cose appar tenenti all'Ordine superiore per tutte addossarle alla Chiesa. Come le gabelle ai sovrani, così riconosce S. Paolo appartenere alla Chiesa il diritto di riscuotere le decime (a). Più chiare ancora sono le espressioni, delle quali egli si serve per attribuire a lei il diritto d' infliger pene temporali, e dove interroga i Corintj se debba visitarli con piacevolezza o rigore (b) e dove prescrive al Vescovo Timoteo d'usare impero ed asprezza e dove fa sentire il fischio della pastorale sua verga. L'averla poi usata anch'esso nella più strepitosa maniera e coll' incestuoso di Corinto e col mago Elima non meno che S. Pietro con Anania e Simon mago, e l'averne fatt'uso servendosi di quel nome medesimo

(a) 1. ad Corinth. cap. 5. (b) 2. ad Corinth. cap. 10.

proscritto allora da tutte le podestà temporali dimostra evidentemente e l'indipendenza che ha questo diritto da chi governa temporalmente e che è sì proprio della spirituale potestà che non può essere nelle cose di sua pertinenza trasferito altrove senza manifesta ingiustizia. Dico nelle cose di sua pertinenza per includere tra i diritti ecclesiastici non che i beni temporali che sono necessarj al sostentamento del divin culto e de'suoi ministri e le pene temporali che servono alla sua difesa, ma molt'altre cose che in qualunque altra maniera siano necessarie al mantenimento e buon' essere di sì rispettabile società. Ed il saper noi con quanto ri gore fosse sin dai tempi dell' antica alleanza castigato Oza che stese la mano profana all' arca cadente, e il Re Ozia per aver voluto spargere sull'altare de' Timiami incenso profano quale zelo s' accesero Giosuè e Finees per timore che sorgesse di là del Giordano un' altare diverso da quello che gradiva il Dio d'Israello (a), e l'incontrare si spesso nelle nostre storie e le sagre adunanze frequentate dai primi Cristiani a dispetto di tante leggi imperiali che le vietavano, e le leggi pubblicate per loro di rezione e governo, e i fori aperti da tutti i Vescovi, e le peni tenze imposte contro i divieti degl' Imperatori, che caesariano gladio infierivano, come dice Tertulliano (b), contro tutti quel li che si scoprivano seguaci di un tale sistema e costume, ci ri. petono a voce assai chiara che non i soli beni e le sole pene tem. porali ma che è di sua privativa ispezione tutto ciò che alla esterior disciplina ed universale governo della Chiesa appartiene .

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Quand'anche però mancassero sì grandi testimonianze ed esempj, le ordinazioni de' Papi e Concilj bastano a renderci persuasi che sono state distinte da Dio le incombenze dell'uno e dell' altro governo, e che il diritto di provvedere a tuttociò che ha relazione ed è necessario all'ordine superiore non è meno proprio della Chiesa di quello sia proprio de'sovrani il provvedere a tut to ciò che concerne l'Ordine inferiore. Ma ritornando alle pene che più d'ogni altra cosa interressano il nostro argomento, siccome queste sono state le più usate e frequenti sin dai tempi apostolici, così non possono in alcun tempo essere disdette alla Chie sa per trasferirle nella libera e sola disposizione de' sovrani. Col divenire questi suoi Figli di persecutori che erano non hanno a

(a) Jos. 22. ver. 13. (b) Apologet.cap. 5.

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