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come bramate, nuove prove e ragioni per meglio presidiare l'autorità, che ho accordata alla Chiesa, d'infliger pene temporali, non senza accennare in fine sode ragioni e congetture che persuadono che non il solo diritto di decretarle, ma la stessa foro esecuzione può a lei convenire, e non sarebbe affidata con egual frutto a ministri della podestà secolare. Vi mostrerò in tre altre lettere successive quanto storte siano quelle deduzioni, che avete creduto di dover fare da si giuste premesse a danno della dignità della Chiesa e della maestà de' sovrani, e dell'unità della causa.

E per farmi dal primo, io non vedo perchè tra tanti beni, de' quali ha voluto la provvidenza divina arricchire la Sposa di Gesù Cristo, non possa aver luogo anche il diritto di contenere per via di forza e pene temporali i Fedeli ne' cristiani doveri. Pare a me, che sicuti temporalitas addita est Ecclesiae pro dote sua, videri potest alicui, quod ad ejus defensionem similiter addere sufficeret adversus impeditores poenam vel censuram temporalem, ut est mulctatio pecuniarum, vel corporalis detentio, vel arrestatio bonorum. Parole son queste di Gersone (a), tanto più efficaci al nostro intento, quanto provenienti da una bocca meno sospetta di parzialità verso di noi, e più affezionata all' autorità de' sovrani. Nè ragionevole soltanto rassembrami una tale supposizione, ma necessaria pur' anche: e finchè non riesce a quelli che l' impugnano di dimostrare, che l'ordine inferiore e le pene temporali in ispecial modo non hanno alcuna influenza nella conservazione e tranquillità della Chiesa, e di degradare la cattolica società da quell'alto grado di dignità e potere, in cui l'ha posta la sovrannaturale provvidenza niente inferiore a quant' altre ha saputo raccogliere l'umana politica, sarà sempre inutile ogni sforzo che usar si voglia per confinare la sua attività tra i segreti nascondigli del cuore umano, e limitare la sua forza coattiva alle sole pene spirituali. Perchè però le più sottili speculazioni e le deduzioni più rimote non sono a portata di tutti, e passò quel tempo in cui gli uomini procedevano con raziocinio e con metodo nelle ricerche della verità, e tutto si vuol conchiudere adesso per via di brevi riflessioni e di sconnesse erudizioni e principj; così io pure per adattarmi al costume

(a) Tract. de Potest. Eccles. consid.4. tom. 2. pag. 231. edit. Antuerp. 1705.

moderno, quantunque non del tutto plausibile, lasciata la disastrosa via delle speculazioni, che somministrar potrebbero o la struttura, che conviene alla Chiesa, di visibile società che non può non esigere un governo esteriore e sensibile o la condizion materiale di quegl' individui che la compongono, che non può esser mossa senza segni esteriori e corporei, mi appiglierò alla più ovvia e piana di poche osservazioni, che nascono spontanee dall' idea che abbiamo di tutto il sistema e de' principj fondamentali di tutta la vita cristiana che non possono non riuscire efficacissime a tutti, se si eccettuano que' pochi che odiano la luce, e sono di pupille così mal sane che allora è, al dire di S. Agostino (a), che cercano di offuscarla quando risplende più chiara: radiavit lux. & adhuc lippus dicit claude fenestram.

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Volgete di grazia lo sguardo all'indole della cattolica Religione, poi ditemi se altro non vi mostra a primo aspetto, che un sistema ammirabile di sovrannatural provvidenza, che sotto i velami di misteri altissimi umilia l'orgoglio dell'intelletto umano, perchè più non si perda e s'insuperbisca in mezzo alle ricerche vanissime della Stoa e del Peripato, e sotto il giogo di precetti, soavi bensì ma tutti contrarj alle passioni ed al senso, tende a deprimere l' inferior parte perchè sfrenata non sorga a turbare il dominio e la pace della superiore, e invece di distorla dal fine altissimo, cui è diretta, le serva anzi d'ajuto per conseguirlo. Trova questa nella divina rivelazione e nella Grazia quell' agili penne d'innocente colomba, che bramava Davidde per volare e riposar nel Signore: incontra quella ne' digiuni, patimenti e disprezzi quel freno, che Davidde istesso incontrò con tanta sua soddisfazione e vantaggio fra i suoi traviamenti; e uniti per tal modo in dolce armonia e subordinazione gl' interiori e gli ajuti esteriori ambi cospirano al medesimo fine. Ma se le umiliazioni, i patimenti e le mortifica zioni sono una parte essenziale della vita cristiana, e la penitenza non che interiore che detesta le colpe, ma anche esteriore che le emenda e castiga con penitenze anche corporee, è un dovere d'ogni Cristiano, anzi una parte essenziale della vita cristiana come può essere inconveniente alla podestà di chi è destinato a reggere e governare la società de' Fedeli il dar di piglio a questi mezzi medesimi, e il procurare di contenere i Fedeli ne' loro

(a) Serm. 357. de laude pacis.

doveri per quei sussidj stessi che sono stati ad ognuno prescritti per eseguirli? Qual cosa può giovare alla felicità dello Stato ed è in mano del suddito, che non sia anche in disposizion del sovrano? E le sole pene corporali prescritte ad ognuno dalla cattolica Religione, perchè si mantenga costante nell' intrapresa carriera della virtù e si distolga dal vizio, saranno così proprie d'ogni cristiano individuo, che divenir non possano in mano de' Pastori utili stromenti di pubblica edificazione e salute? Ah non è stata così incoerente la Sapienza divina nel concertare il mirabile sistema della cattolica società e la Chiesa fida interprete de' divini suoi ammaestramenti non li ha mai interpretati così stortamente. Stese ella fin dal suo nascere il braccio autorevole a que' castighi anche temporali e sensibili, che sono il soggetto della presente questione : e non mancano nell' ecclesiastica storia esempi luminosissimi, onde renderli sempre più evidenti e sicuri. Lascio per ora i tempi posteriori alla conversione di Costantino, i quali, sebbene venerabili per la loro antichità, lasciano però ai nostri contraddittori il solito scampo di far passare quanto in essi fu fatto per una liberal concessione de' Sovrani piuttosto, che un' originario diritto dell' ecclesiastica podestà li richiamo ai tempi che l'hanno preceduta, ne' quali nè potevano i sovrani accordare ai Pastori, dei quali erano dichiarati nemici, una tale podestà, nè potevano i Vescovi averla usurpata per vana ostentazione ed orgoglio, che erano per la maggior parte uomini di gran santità e dottrina. Ora non può negarsi che anche in questi tempi fossero in uso le pubbliche penitenze: e sebbene io non pretenda che sin d'allora tutti i notorj colpevoli fossero sforzati con violenze esteriori a subire le penitenze suddette, come seguì poi dopo, e si rileva abbastanza dal canone 25. del Concilio di Scialon, che prescrive il ri corso al braccio secolare a quest' effetto (a); so però che lo erano almeno coll'allontanamento e privazione de' sagri misterj, del che non mancano autentici ed antichissimi monumenti. Parlano de' pubblici penitenti e della loro esclusione dai sagri misteri sinchè non avevano soddisfatto ad un tal rito S. Ireneo, Tertulliano e S. Cipriano; e ne parlano come di cosa così usitata ed antica nella Chiesa di Dio, e così contraddistinta dalle segrete incom

(3) Collect. Concil. Harduin. tom.4.pag. 1035.

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benze del foro interiore, che sarebbe un fare apertȧ violenza alle loro espressioni e il non riconoscere un tal uso steso per tutte le Chiese e preveniente sin dai tempi apostolici e il non distinguerlo dai giudizj interiori del foro sagramentale, che è sempre stato tutt'altro che quello di cui parliamo. Ma che altro erano mai, ripiglia acconciamente al nostro proposito il Martene (a), le pubbliche penitenze, che un perenne esercizio di quell' autorità di cui si tratta? ed oltre la privazione di molti beni spirituali in che altro si occupavano che in quelle pene e castighi temporali che sono in questione? Leggete Gioanni Morino, il Tommasino, il lodato Martene e quant' altri hanno scritto sui riti è costumanze antiche, e trovarete in tutti moltissime di quelle pene colle quali frenar suole la Chiesa anche ai dì nostri i colpevoli. Logore e rozze vesti li ricoprivano; avevano i lombi cinti di aspri cilicj: lunghi digiuni li estenuavano: di cenere portavano asperso il capo: e lunghe e disagiate stazioni e dirotti pianti, e laboriose prostrazioni, e nojose solitudini e ritiri, ed una totale privazione d'ogni esteriore decorazione e sollievo li accompagnavano.: e non sono queste pene tutte corporali e sensibili? e non corrispondono ai digiuni, agli abiti di penitenza, agli esercizj di divozione, a certi sequestri e ritiri ed alle pubbliche abjure che s'impongono anche adesso alla maggior parte di coloro, che sono dalla loro irreligione condotti al tribunal della Fede? Certo che tra quelle non leggonsi le carceri, i flagelli e gli esilj, che si praticano talvolta ai giorni nostri: ma non tutte pervennero a nostra notizia le penitenze antiche, quantunque non lasci il Martene di mettere tra queste anche il carcere. Ma quand'anche fossero allora mancate, ciò non vi deve fare nessuna specie, perchè bastano le già accennate al nostro intento. E siccome la privazione d'ogni dignità e d' ogni comodo della vita e decoro esteriore e il disagiato soggiorno e il digiuno e simili afflittive condanne non possono essere escluse dal catalogo di vere pene temporali; così chi volesse cavillare sofisticando su questa diversità non potrebbe più contendere con noi, se convenga alla Chiesa l'infliger pene temporali, ma dovrebbe restringere i suoi dubbj a quali di queste pene si stenda il foro esteriore della Chiesa e a tutte escluderle non servirebbe più a

(a) de Antiquis Ecclesiae Ritibus lib. 1. cap. 6. art. 4. et 6.

lui il pretesto della spititualità del governo ecclesiastico, ma dovrebbe ricorrere alla sola gravità delle pene individue, delle quali abbiamo già fissato di non volerne formare una speciale discussione. Le quali pene però non essendo in sostanza diverse e dai flagelli, che a detta di S. Agostino erano anche ai suoi tempi in uso in tutti i tribunali ecclesiastici, ed a quei castighi che ai dì nostri suol praticare per se stessa la podestà della Chiesa, non vedo che altre divise vestir potrebbe l'inutile opposizione, che quella di una semplice e pretta cavillazione. Niuno giusto estimator delle cose troverà mai un divario notabile tra le carceri e gli ergastoli de' giorni nostri e le segretarie, decaniche e monasterj che servirono a quest' uso ne' primi tempi; tra le esclu sioni dalle loro patrie e diocesi e le lunghe pellegrinazioni, alle quali si condannavano allora i malfattori, e i nostri esilj; tra le privazioni, che s' intimavano allora de' pubblici ministeri ed officj, e le nostre deposizioni; tra le abbondanti limosine, che s'imponevano allora a sollievo de' poveri, e le nostre multe; tra la proibizione in fine di testare e succedere nell' eredità e le nostre confiscazioni, e già vel dissi in altra mia, che non è da pretendersi un' esatta uguaglianza tra i primi ed i tempi nostri ed ora soggiungo, che la diversità de' castighi, che usa la Chiesa presentemente, tanto è lungi dal far sospettare che non ne abbia innato il diritto, che anzi lo approva e conferma. Non si dilata altrimenti eccelsa pianta, nè stende i vasti suoi rami che collo sviluppamento di quella forza e virtù, che da principio inosservata stava nascosta nel seme. E voi cominciando da quei primi semi di coazione e rigore, che vedete germogliare sin dal suo nascere, scorrete pure per ogni età del vasto regno di Gesù Cristo, che sempre maggiore ne incontrerete l'estensione, e se la fatica vi pesa, ricorrete al Morino (a) ed al Martene (b), che nell'immortali loro opere ne hanno dato un distinto ragguaglio. Fornito poi di sì utili cognizioni ed autentiche prove detevi e dell'ardire dell' Ab. Fleury, che disapprova le risoluzioni e pratiche di varj Concilj, perchè presume d'aver dimostrato che non conviene alla Chiesa il diritto d'infliger pene temporali (c), e de' sforzi di varj Regalisti indiscreti, che ripetono

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(a) de Poenitentia.

(c) Discorso 7.

(b) de Antiq. Eccles. Rit, lib. 1.

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