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divine disposizioni, ed è un pretendere fuor d'ogni ragione che la pecora sia per provvedere ai bisogni dell' ovile meglio del suo pastore, e che riesca per ordinario nell'esercizio delle cristiane virtù migliore e più esperto chi riceve le istruzioni di quello che lo istruisce e perfeziona. Ma di questo abbastanza : mi volgo ora a maggiore schiarimento del nostro argomento a dileguare i varj altri dubbj, che sono, non so come, derivati in voi da principj sì giusti, e che sembravano più acconci a distruggerli che ad eccitarli. Non potendo però in questa lettera, in cui mi sono diffuso anche di troppo, lo farò nel venturo ordinario, nel quale vi mostrerò quanto poco soffra dal la fissata massima la spirituale podestà e condizione della Chiesa. Accogliete intanto questa lettera come un nuovo attestato del sincero mio attaccamento alla vostra degna persona, e credetemi sempre

LETTERA DECIMASETTIMA.

Il diritto che ha la Chiesa di castigare gli Eretici con pene anche temporali non fa cambiare stato al suo spirituale governo .

Manco male che non le spirituali delle censure ecclesiastiche ma le sole pene temporali lasciate in piena disposizione della Chiesa vi hanno recato una qualche apprensione. Questa riserva mi persuade che i libri cattivi, che avete letti, non sono stati i peggiori. Questi s'inoltrano assai di più; e dopo d'avere spogliato il tribunal della Chiesa de' temporali flagelli, furiosi s'avventano alla sua destra, e tentano di privarla di que' fulmini istessi, che privano i colpevoli d'ogni bene e vantaggio spirituale, e quella sublime podestà, che, al dire del Salmista, è nata a renderla terribile ut castrorum acies ordinata, viene ristretta da loro o sulle cattedre annunciatrice pacifica delle celesti istruzioni, o sugli altari benefica dispensatrice delle celesti benedizioni e favori. Grazie al Cielo voi o non avete incontrati spropositi sì grossolani ed estesi, o non hanno almeno fatto in voi alcun colpo e voglio sperare, che molto meno vi riusciranno in appresso, e che riconoscerete mai sempre nella Chiesa di Gesù Cristo quell' energia di esteriore coercizione, che portan seco le censure ecclesiastiche, senza soffrir mai che alcuno o coi Wiclefisti ed Ussiti la neghi affatto, o coi Giansenisti moderni la debiliti per modo, che nulla ritenga del suo antico vigore. A compiere però del tutto l' integrazione e aggiustatezza delle vostre massime d'uopo è che vi rassodiate meglio anche per quella parte, che l'uso riguarda delle pene temporali e sensibili; e che le confessiate anch'esse di libera disposizione della Chiesa, allorchè sono medicinali e leggiere, senza lasciarvi più sorprendere dallo scrupolo, che riuscir possano di qualche discapito alla sublime sua condizione e carattere Quell' alto grado di perfezione che acquista il regno di Gesù Cristo e dalla divina sua origine e dai vincoli superiori che legano tutte le membra tra loro e col loro capo, e dal fine altissimo cui è diretto, tanto è lungi che

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LETTERA

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DECIMA SETTIMA. venga diminuito coll' ingerirsi talvolta in cose materiali e sensibili, che anzi ne ritrae maggior estensione e vaghezza. E come il celeste suo Sposo disceso dal sen del Padre nulla ha perduto di quello ch'era per aver vestito le nostre fragili spoglie, ed invol to in rozzi panni e chiuso in vile capanna, acquistò nuovi pregj e splendori la divina sua gloria; così nulla perde di sua celeste prerogativa la podestà della Chiesa, se a compiere il gran disegno delle principali sue incombenze non delle sole superiori cose e divine ma si serve ancora delle materiali e terrene; e queste sì che rivolte a più alte mete acquistano nelle sue mani nuova forma e splendore, ma non perde quella l' eminente prerogativa di spirituale e celeste che ha acquistata dagl' indicati princi pj. Chi la pensa diversamente forz' è che degradi dal sublime suo stato non che la podestà della Chiesa ma la divina rivelazione ancora e tutto l'ordine superiore della Grazia, che, al dir dell' Angelico (a), alle naturali cose si appoggia, e sopra di loro s'inalza mirabilmente: sic enim Fides praesupponit cognitionem naturalem, dic' egli, sicut Gratia Naturam, et ut perfectio perfectibile. L'increata Sapienza formò la sua Chiesa non di puri spiriti ma di uomini composti di carne ed ossa. Non si servì di sole interne ispirazioni ed ajuti per santificarli, ma dell' acqua per rigenerarli, del pane e del vino per nudrirli spiritualmente, e della voce e delle scritture per istruirli; nè di soli predestinati ma d'ogni sorta di visibili adoratori del divin nome volle composto il celeste suo regno. Com'è possibile adunque che la temporalità e sensibilità delle cose così disdica alla Chiesa che non ne possa far' uso liberamente? o com'è conciliabile, per dir meglio, l' incoerenza de' nostri contradditori, i quali ben persuasi che nulla siavi da riprendere in lei allorchè per aggiungere nuove pecorelle al sagro ovile e per pascere e nudrire le già aggregate si serve e dell'acqua e del pane è del vino e di tutto il sensibile apparato de'sagri riti e delle visibili cerimonie colle quali e dalle materiali sue cattedre e dai marmorei altari dispensa le sue divine istruzioni e misteri, movono poi sì gran rumore allorchè stende la mano ad un flagello per correggere un difettoso suo Figlio e ricondurre all'ovile una pecorella smarrita ?

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Nè mi dite che v'è gran divario tra il promovere il bene

(a) Part. 1. quaest. 2. art. 2. ad 1.

Cc

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e l'impedire il male, e che potendosi ottenere la salute dei buoni e la conversione degli empj per via di ammonizioni, istruzioni e sussidj anche esteriori e sensibili, ma che nulla mostrino di cortigianesco e profano, non sono da usarsi i flagelli, che collo strepito della loro forza e violenza l'avvicinano di troppo alle pompe e clamori delle corti profane, e le dominazioni” imitano ed i costumi dei regni di questo mondo. Nol dite di grazia; chè non è combinabile il vostro scrupolo colle massime di S. Tommaso dal quale udiste poc' anzi che quanto v' ha nella Natura d'inferiore e perfettibile tutto serve di base all' Ordine superiodal quale viene sollevato a maggior perfezione, e che lo strepito istesso e pompa esteriore del principato non disdice del tutto all' Ordine spirituale che conserva qualch'uniformità coll'Ordine temporale. Quello però che vi deve distorre maggiormente dall'ammettere una tale distinzione si è il riflesso di non pregiudicare al vostro decoro, e di sfuggire il rimprovero d'esser ripugnante a voi stesso, che tante volte ho dovuto fare in queste lettere ai nostri oppositori. Voi avete già accordata alla Chiesa la libera facoltà di far' uso nelle sue condanne della scomunica: ma a questa vanno annesse, all'insegnare di tutti i dottori, moltissime temporali penalità, e nella pompa e rito, col quale suol' esser fulminata imita talvolta lo strepito dell' altre comuni criminali condanne. Non può dunque più comparire ai vostri sguardi sì grande il divario tra l'uso di queste pene e di altri castighi corporei senza che grande si mostri l' incostanza de' vostri pensieri, tanto più che i castighi provenienti dalla Chiesa non sono poi di tanto strepito quanto voi vi ideate. Arma ista, direbbe a questo propósito Cassiodoro Cancelliere del Re Teodorico, juris sunt, non furoris. Haec ostentatio nimirum est contra noxios instituta ut plus terror corrigat quam poena consumet.

Perchè però questi migliori sentimenti, che procuro d'inserire nell' animo vostro, non restino appoggiati non restino appoggiati a sole prove indirette e semplici congetture, piacemi di premunirli di due esempj luminosissimi, che soli bastano a mettere fuor d'ogni dubbio la controversia presente. Consiste il primo in quei flagelli dei quali più volte armò la destra il divin Redentore contro i profanatori del Tempio. Risguarda l'altro la mirabile conversione di S. Paolo, che prostrato al suolo dall'onnipossente voce del Redentore e percosso da penosissima ceci

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tà, coll' ajuto della divina grazia che operava interiormente in tempo che l'afflizione lo molestava al di fuori, aprì gli occhj della mente alla divina luce, e di vaso d'ira fu cambiato all'improvviso in vaso di elezione. Flagelli, prostrazioni e corporali sciagure servirono allora a far risplendere vie meglio la divina podestà di chi ne fece uso, ed hanno reso più luminoso e solenne il castigo degli empj e il ravvedimento del peccatore; e le percosse e flagellazioni che usa la Chiesa per richia mare oll' ovile le pecorelle smarrite e tutto contenere il divin Gregge ne' cristiani doveri saranno adesso azioni indegne del di vin ministero e capaci di cambiare la medesima in tutt'altro regno da quello che uscì dall' onnipotente destra del Redento

re? Ah cessate una voltà di temere senza motivo e confessate con S. Gregorio altrove citato, che non è solo conveniente, ma che oportet inimicis Ecclesiae omni vivacitate mentis & corporis obviare. Quella discreta ingerenza, che si prende la Chiesa nelle cose materiali e corporee, tanto è lungi dal deprimere dal sublime suo grado la spirituale podestà di lei, che anzi la compie e perfeziona e senza ragione hanno sempre in bocca i Regalisti moderni quelle parole di Gesù Cristo, Reges gentium dominantur eorum vos autem non sic, e quel regnum meum non est de hoc mundo, che si leggono nelle Scritture, delle quali testimonianze nulla v'ha di meno atto a confermare i loro spropositi. Tolga il Cielo ch'io voglia attribuire alla Chiesa la dominazion de' Gentili, dalla quale non che l'umile Sposa del Redentore ma ogni sovrano cattolico esser deve alienissiino; ma non dobbiamo per questo privarla di ciò che è indispensabile anche in ogni più mite e religioso governo.

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La gentilesca dominazione fu proibita anche ai Re d'Israello: Non elevetur cor éjus in superbiam super fratres suos, così si legge nel Deuteronomio, con quello che segue (a), e tutti esclude gli eccessi di un sovrano gentile. Nè lo soffre adesso la divina clemenza ne'sovrani cattolici, ai quali fa sapere S.Matteo (b), che la vera e rigorosa dominazione è propria de'principi infedeli; principes gen tium dominantur eorum; ma non conviene alla sovranità dei Cristiani, ai quali intima S. Paolo che non hanno diritto di negare neppure ai servi ciò che loro è dovuto; Domini quod justum

(a) Deuteron. cap. 17. v. 20. (b) cap. 20. v. 25.

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