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che lo conservi e difenda? E' questa la mente dei Regalisti, che persuasi che altro a lui non convenga che il benedire e predicare, quando pure gli sia accordato dai principi, lo spogliano d'ogni forza e diritto, e delle prerogative lo privano non che di celeste e divino ma di regno pur' anche e di vera società religiosa? Ah si vergognino una volta di affettare zelo per la perfezione di un regno che tutto veder vorrebbono ruinato e disperso! e voi persuaso che non muta stato e condizione perchè fa uso talvolta di cose temporali e corporee senza mai perdere di vista le spirituali e celesti, prendete quindi motivo di ammirare sempre più questo parto sublime dell'increata Sapienza, e di riconoscere in me che ho procurato di rappresentarvelo nel suo vero aspetto quel buon servitore ed amico che mi pregio di essere; e pronto a darvene una consimile riprova nel venturo ordinario, in cui vi spiegherò come bene si conciliano colla mansuetudine che conviene alla Chiesa i suoi risentimenti e le sue collere, e come si danno nel regno di Gesù Cristo con bell' intreccio la mano amichevole la giustizia e la pace, mi dico intanto

Dd.

LETTERA DECIMOTTAVA

Il castigare gli Eretici non pregiudica alla mansuetudine, che conviene alla Chiesa.

Quant'è inetta la discreta temporal coazione a trasformare la

Chiesa in altro stato, tant' è impotente a distruggere in lei quel la moderazione e dolcezza, che è tutta sua propria: e come la prima metamorfosi non si può ideare senza estinguere il giusto concetto che aver si deve dell' una e dell' altra podestà; così non si può stabilire la ruina della seconda senza sconvolgere la giusta idea, che ha data Gesù Cristo delle virtù medesime. A rendervene persuaso io vi domando in primo luogo, se parlando della moderazione e clemenza, intendete voi di discorrere di virtù così proprie de' sagri ministri, che punto non appartengano agli altri Fedeli. A tutti, risponderete fuor di dubbio, che appartengono, perchè a tutti Gesù Cristo le ha proposte come uno de' più nobili distintivi de' suoi seguaci, e ha detto a tutti: Discite a me quia mitis sum et humilis corde (a). Ma se sono virtù morali, che a tutti convengono, dovranno adunque, ripiglio io, seguitarne i dettami non che i Pastori del divin Gregge, ma tutti i magistrati cattolici: e se è così, rispondete un poco alla nuova inchiesta ch'io vi faccio e ditemi, se la cristiana moderazione e clemenza sono o non sono compatibili ne' tribunali laici colla giustizia vendicativa. Se non lo sono, di quale adunque vorrete voi spogliarli ? della lenità? ripugna il precetto di Cristo, che l'ha, come si è detto, ingiunta a tutti in comune, e ripugna l'esperienza medesima, che ce li rappresenta assai più miti e moderati di quelli che vissero ai tempi della barbara gentilità. Del diritto di pronunciare le giuste pene ? oltre che con questo ripiego non meno che col primo verreste a spogliarli di una di quelle prerogative, di cui fanno uso senza contrasto, vi si oppone S. Paolo, che della podestà temporale dice assai chiaro, che non sine causa gladium portat (b). E' dunque unibile neʼtribunali laici la giustizia punitiva colla cristiana moderazione. Ma se lo è in questi, qual fatale necessità ci obbliga a crederla insociabile negli ecclesiastici?

(a) Matth. 11. vers. 28. (b) ad Rom. 13. vers. 4.

So, e me l'insegna S. Agostino scrivendo ad Apringio (a) che in questi clementer commendanda est mansuetudo; e sere gli Ecclesiastici, come soggiunge l' Angelico (b), non che figli e seguaci, ma anche ministri del Redentore, e addetti in modo speciale al sagrificio pacifico dei nostri altari esige, che una sì bella virtù sia da loro coltivata con maggiore esattezza, e sulla scorta de' loro direttori e maestri anche i Fedeli devono coltivare in modo speciale una sì bella virtù; ond' è che predisse il profeta che sul sagro monte di quest' amabile società sarebbesi con mirabile armonia accosciato l'agnello col lupo, col capretto il pardo, col toro il leone, ed un solo primario pastore li avrebbe governati tutti a dovere, e niuno sulle amene sue pendici sarebbe stato ucciso. Ma so altresì che predicendo Davidde il governo de' seguaci di Gesù Cristo, disse che sarebbero stati diretti con verga di ferro, reges eos in virga ferrea . Accenna il primo quell' abbondanza di carità che inondar doveva il cuore de' buoni Fedeli; indica l'altro a detta di S. Basilio e di Genebrardo presso lo Suarez (c) il rigore, di cui parliamo e più di lui lo spiega la frase di Geremia che del regno di Gesù Cristo parlando disse che era destinato a dominare sopra ogni regno e nazione, ed a svellere e distruggere quanto vi si trovava di depravato e cattivo anche colla verga e col fuoco (d); e sia pure codesto regno quanto esser si voglia mansueto e pacifico; questo non toglie la coazione di cui si tratta, e c'insegna S. Basilio (e) che potest etiam mansuetus cum ratione excandescere tamen mansuetudinis dignitatem corrumpere; nam nullo modo commoveri, aut tempestive non indignari, lenitudo fuit naturae, non mansuetudinis; e S. Gioanni Grisostomo (f), che licet juste irasci: nam et Paulus Elymae succensuit, Act. 13. ver. 8., et Petrus Saphirae, Act.5. ver.9.; sed id non iram dixerim absolute, sed philosophiam, curam et oeconomiam. Irascitur enim pater filio, sed ejus curam gerens. Ille est qui temere irascitur, qui se ipsum ulciscitur; qui autem aliena corrigit, is est omnium mansuetissimus. Come la civile società più

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(a) Epist. 134.al. 160. (b) 2.2.quaest. 64. art. 4. in corp. (c) De Fide dist. 20. sect. 3. num. 21.

(d) cap.1.ver.10.11.& 13. (e) Const.Monast.tom.z.cap.13. (f) in Psal. 4. ver. 5.

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che dal timore che hanno gli uomini d'essere offesi, come con Obbes e Rousseau hanno pensato alcuni novatori moderni sce dalla propensione ed amore che hanno dalla natura di giovarsi a vicenda; così nascono i castighi da questa propensione medesima, e più che dalla collera che trasporti ad infligerli a vendetta sono originati dal desiderio d'impedire che gli empj rie scano altrui di nocumento e ruina; e dove predomina la carità possono bensì le altre virtù acquistar nuovo lustro e splendore, ma non mai ripugnare e distruggersi tra loro. Quindi è che la lenità e dolcezza strette con più sodi legami negli Ecclesiastici a questa sublime virtù diverranno più luminose e perfette, ma non lascieranno per questo d'essere congiunte come coll' altre tutte virtù morali così con quella della giustizia, che in ispecial modo nella Chiesa di Dio alla pace s'unisce ed affeziona : e nascano pure da sdegno e collera le sue risoluzioni; chè questo non offusca la sua dolcezza e splendore, ma l'ira stessa è lodevole quando non è preceduta da impazienza ma dal solo zelo della giustizia: illa ex vitio, dice S. Gregorio (a), haec ex virtute generatur: e tanto è falso che si opponga alla bellezza delle morali virtù, che anzi al dire d'Aristotele (b) e di Cicerone (c) l'ira è come la cote sopra la quale la fortezza si raffina e perfeziona, ed è non che sociabile collo sdegno e coi castighi, ma vive sì strettamente congiunta alla moderazione e clemenza, che neppure concepire si può senza di loro. Ponderate con diligenza l'indole d' ognuna, e resterete convinto di quanto v'espongo.

Altro non è la mansuetudine, al dir dell'Angelico (d), che una virtù, la quale frena l'impeto dell'ira, perchè non s'accenda indebitamente, e non passi ad atti viziosi: ed altro non fa la clemenza, che mitigare le pene, perchè non si stendano oltre i confini di una discreta e ragionevole moderazione. E qual campo resterà alla Chiesa di esercitarsi in quella, se non ha collere o zelo da raffrenare, e nelle più gravi ingiurie non può concepire quel giusto sdegno, che sprona ad un ragionevole risentimento? Come potrà ella essere clemente, se non ha pene da mitigare, ed è sprovveduta di que' strumenti di risentimento e di collera, i quali sempre portano a lodevoli operazioni, quando

(a) Job. 5. v. 2. (b) lib. 3. Ethic.
Ethic. (c) Acad. 4,
(d) 2. 2. quaest. 157. art. 1.

restano dipendenti e soggetti a questa virtù, e nel calor dell'impresa non vanno mai disgiunti dalla ragione, che li guida e dirige? Cum per zelum, così S. Gregorio (a), animus movetur, curandum semper est, ne haec eadem, quae instrumento virtutis assumitur menti ira dominetur, nec quasi domina praeeat, sed velut ancilla ad obsequium parata a rationis tergo nunquam recedat.

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Appoggiato a questi principj, che sono innegabili, ridetevi pure delle ciancie di costoro e a chi pretende di dimostrare, che la Chiesa non può castigare gli Eretici, perchè è mite e clemente, rispondete pur con franchezza, che non sa ciò che si dica, e che la sua deduzione non solo non nasce per legittima illazione dalle premesse, ma vi contraddice e ripugna espressamente, e con una ridicola incoerenza viene a dire in sostanza che la Chiesa è e non è mansueta e clemente. E' tale, perchè, come vanno ripetendo con troppa frequenza, volle Gesù Cristo che queste virtù fossero uno de' suoi ornamenti maggiori. Non è tale, perchè, come con troppa incoerenza soggiungono, non ha zelo e collera da reprimere, nè pene da pronunciare. Noi soli siamo liberi da tante contraddizioni ed abbagli, e provvediamo assai meglio al decoro della celeste Sposa del Redentore, che la discreta coazione ammettiamo, di cui ho favellato sinora. E guardatevi, ripeterò a tutti i malvagi col profeta Geremia (b), dalle collere e dall' armi di quest' innocente colomba, a facie irae, a facie gladii Columbae, che sebbene sia senza fiele e priva d'irregolari trasporti, ha però ale robuste ed agili da percuotervi, e rostro pungente da spaventarvi. Nella nostra supposizione disapprova la Chiesa nell'eresia un male gravissimo, che non può non essere oggetto delle comuni disapprovazioni. Ha pene e giusti risentimenti, ne' quali occuparsi con lode. E se senza giusto motivo non si accendono le sue collere; se le modera a tem po, perchè non eccedano; se perdona talvolta le pene, o le mitiga con ragione ; se paziente aspetta i colpevoli a penitenza; se li castiga per se stessa colle sole pene medicinali e leggiere; se anche quando li abbandona non si dimentica di pregare ed insistere per la loro conversione e salvezza; se paga in fine

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