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bona inficiunt, & ex bonis mala, ut recipiantur, abscondunt. E se qualche malvagio scrittore non è eretico manifesto, non lascia per questo d' essere anch'esso perniciosissimo: e se non sono tutti del numero di que' nemici sfacciati, che colle aperte loro empietà dichiarano guerra implacabile alla Chiesa, sono almeno nel numero di que' cacciatori malvagi, che vide Geremia (a), e de' quali si lagnava l'Altissimo, dicendo inventi sunt in populo meo insidiantes, quasi laqueos ponentes, & pedicas ad capiendos viros. La forza di questi argomenti si è fatta sentire anche alle torbide menti de' Ĝiansenisti; e non meno disposti e pronti degli altri Eretici nel combattere la podestà della Chiesa, ma di tutti i più insidiosi ed astuti, senz' opporsi di fronte a quell' autorità che disapprova i libri cattivi e li condanna, hanno inventato un malizioso ripiego che la combatte di fianco, e ne rende inefficace la pratica.

Distinguono costoro il senso del libro da quello della condanna; e supponendo che sia cattivo quel senso che ha avuto in vista la Chiesa nel condannarlo, e buono quello che è contenuto nel libro, decidono francamente, che per aver dessa traveduto toglie talvolta ai Fedeli un pascolo salutare, che apprende per nocivo e venefico, e non li allontana da tant' altri che in realtà sono ta li, e meritano la comune esecrazione. Eludono per tal modo le più severe condanne, e divulgano a man salva colle perniciose loro produzioni anche gli errori nel libro già condannati. Se si trattasse di libri puramente istorici e filosofici, ne' quali non suole ingerirsi il tribunale della Fede, non lascierebbe di comparir temerario il ripiego a chi sa la qualità de' personaggi che si adoperano per esaminare i libri, e le diligenze che s' usano per non prendere abbaglio; ma trattandosi di quelli che interessano la Religione e la salute dell' anime, il ripiego merita censura assai maggiore, e quelle segnatamente che ha riportate non ha molto dalla Bolla dommatica dell' immortal PIO VI. che comincia Au ctorem Fidei (b). Questa maliziosa invenzione và a rovesciare da fondamenti quel divin magistero che Gesù Cristo ha lasciato ai Pastori della sua Chiesa, il quale non sarà mai norma sicura del nostro credere, se non è interprete infallibile di quelle frasi e parole che usa e nel proporre i suoi formolarj è nell' interpretare la mente di que dottori e Padri, che hanno traman. (b) Propos. XIV.

(a) Cap. 9. vers. 16,

dato a noi i divini ammaestramenti, e nel rilevare il senso di que' libri che spargono con astuzia le proscritte eresie. Il dove. re che hanno i Pastori di pascere il divin Gregge porta seco il carico di condurlo ai pascoli salutari e distorlo dagl' infetti e micidiali; e ciò non si può ottenere senza poter' iscoprirne con sicurezza la qualità, e senza potere con autorità somministrar quelli e vietar questi. Non alit haeresim sola cogitandi vis disse pur bene a questo proposito l'Arcivescovo di Cambray sed venenum spargit haeresis & incautos seducit verbis " quae sensu percipiuntur, & verbis Ecclesia damnatis sparsi veneni contagionem sistit. Guardatevi da queste nuove insidie se mai vincontraste in costoro; e riputateli ne' loro maliziosi ripieghi non meno contrarj all' autorità della Chiesa di quelli che la spogliano senza alcuna riserva d'ogni podestà e diritto.

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Ma tardi m'avvedo d' essermi troppo diffuso sul vasto argomento della proibizione de' libri, che è già stato trattato con molta esattezza da varj autori e antichi e moderni, i quali hanno dimostrato ad evidenza la necessità e giustizia delle medesime; e su di un' argomento inoltre, in cui abbiamo consenzienti, come accenna il Simanca (a), tutte le colte nazioni, e che però si può dire appoggiato al buon senso ed al diritto comune delle genti più che al religioso e politico; e intorno al quale voi non avete promosso altra difficoltà che quella dell' incompetenza del giudice nel sentire condannate dal S. Officio tant' opere non d'altro forse colpevoli che del delitto d'avere maltrattato il S. Officio. A questo adunque richiamo, il mio ragionare, e prendo a mostrarvi, quanto s'allontanino dal vero i vostri divisamenti, e quanto mal' a proposito li abbiate appoggiati alle provvide disposizioni del can. Nullius, che leggesi nel Decreto di Graziano (b). Rileggetelo di grazia; e sono certo che nulla troverete di ripugnante, e d'incongruo nella condanna di cui parliamo. Quattro persone esige il citato canone oltre il reo, perchè sia bene istituito un giudizio, il giudice, l'accusatore, i testimonj ed il difensore e queste sono appunto quelle che intervengono nella condanna de' libri suddet

(a) Le Catholicis Institut. Tit. 38. (b) Can. 1. caus. 4. quaest. 4.

ti. Esso viene accusato al tribunale supremo o dallo zelo di qualche divoto fedele o dall' attenzione del fiscale, che come in tant altre cause, così anche in questa a pro del comun bene fa le veci di delatore. Il reo è l'autore o piuttosto il suo libro: e tan ti sono i testimonj, che si chiamano per rilevarne il carattere, quanti sono que' valenti teologi e canonisti, che si adoperano perchè sia esaminato con ogni attenzione e premura . Havvi anche chi ne prende con grande zelo la protezione e difesa ; e se non sono più che evidenti, e più che dimostrate le accuse, e se gli autori sono cattolici, e se per altri libri hanno recato qualche vantaggio alla Religione ed alle scienze, si chiamano allora gli autori istessi a discolparsi. Il giudice è il Romano Pontefice incombenzato da Gesù Cristo di confermare tutti nella vera credenza il quale dopo d'aver sentito il parere di saviissimi consultori, ed il voto de' Cardinali più colti e più dotti, o lo assolve come immune da ogni errore, se tale lo mostrano o la qualità delle usate espressioni ovvero il contesto, o lo sospende finchè sia corretto, se pochi sono e di non molta conseguenza gli errori, o lo condanna in fine, se non merita alcuna moderazione e riguardo. Leggete la Bolla di Benedetto XIV., che comincia Sollicita, e il modo descrive e la forma della condanna de'libri, e tutto troverete confor me a quanto vi ho esposto finora: e lasciate poi di ricredervi, se vi dà l'animo, del mal concepito sospetto, che vi fa dubitare che in questi giudizi qualche cosa siavi d'incoerente e vizioso. Tutto è fatto a norma delle prescritte leggi, e nulla manca di ciò che esige il rigore di un giudizio il più regolare ed esatto.

Sono è vero ne' libri che si condannano presi di mira talvolta i consultori, i Cardinali ed il Sommo Pontefice, che hanno parte e nell'esame e nel giudizio di queste cause; ma oltre che non sono per lo più codeste ingiurie il primo scopo cui son dirette le pessime loro produzioni, perchè abbonda spesso d'aperte eresie chi ha il coraggio d'oltraggiare quel tribunale che difende la Fede; fatene di meno se vi dà l'animo, e trovatemi, se vi riesce, un' altro giudice competente da sostituire in loro luogo: e se trattandosi di un tribunale supremo supremo, non è possibile che vi riesca in tanta necessità d'agire, e dove è sì grande il pericolo della seduzione, chi può concepire in questo giudizio alcun disordine? e come avrete voi il coraggio di rinfacciarlo al tribunale della Fede? voi, che non osereste per certo di disapprovare un sovrano, che con giu sta guerra prende a vendicare i suoi torti; un giudice che offeso

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dal reo nel suo tribunale ne ripete le dovute soddisfazioni, a tenor delle leggi (a); e voi stesso che assalito per istrada da ingiusto aggressore, al partito v' appigliaste di difendervi anche a costo della sua vita? o come non avranno motivo d'acquietarsi quegli stessi, che soffrono il danno di una tale condanna, al sentire dal loro prediletto Rousseau nel discorso sopra le scienze, che la situazione più vantaggiosa al buon dritto è di aver'a difendersi contro una parte integra ed illuminata che sia giudice nella sua causa? Se non che io credo d'accordarvi troppo ammettendo che il supremo sagro tribunale sia giudice e parte in queste cause. A parlare con più esattezza non si può attribuire ad esso in alcun modo codesta taccia, quantunque non riprensibile, quando è inevitabile. L'autorità che esercita il tribunale è un bene non de' soggetti che lo compongono, ma della Chiesa, che con quella si difende e conserva, e non l'interressa meno d'ogni altra sua prerogativa. Non la propria dunque, ma la causa della Chiesa fa il tribunale del S. Officio allorchè procede contro coloro, che colle stampe procurano di rovesciarlo. La Chiesa è la parte che resta oltraggiata: pochi prezzolati scrittori sono quelli che con libri infami la offendono: il tribunale della Fede è il giudice che li proscrive e condanna. E dov'è in questo giudizio il sognato difetto? Se voi non adottate o le chimere del pessimo commentatore della Bolla di Paolo III., che a screditare siffatti giudizj, che tante volte hanno meritato le sue opere, si è figurato che tutto succeda per capricciosa disposizione di due o di tre Frati; o l'impudenza del Tosini (b), che finge di non sapere, che niuna di queste condanne si pubblichi senza l'approvazione del Papa, nulla ritroverete in loro di disordinato ed improprio ed ogni retto estimator delle cose resterà sempre in forse se nelle provvidenze che in quest' incontri si prendono dal tribunale della Fede, più debba ammirarsi la diligenza che usa per non errare, o la moderazione che pratica coi delinquenti, il quale, potendo pel gran divario che passa tra l'offensore e l'offeso esigere da loro con tutta ragione per ogni minimo oltraggio la più rigorosa soddisfazione autorizzato anche dall' esempio dell' evangelista S. Giovanni, che al dire del Fleury (c) depose quel prete,

che

(a) L. addictos c. 1. de Epicopali audientia. (b) Storia, e sentimenti sopra il Giansenismo Tom. 2. §. 16. (c) Discors. 7. §. I.

pago

aveva fatta la scritta Storia de'viaggi di S.Paolo, e di S.Tecla, egli di preservare dalla seduzione i Fedeli altro non fa che levare dalle loro mani i libri cattivi, e perdona per lo più ogni altra pena agli autori. Leggete l'indicata Bolla di Benedetto XIV., e sono certo che svanirà tosto ogni sinistra apprensione.

Prima però di chiudere questa lettera voglio trattenermi alcun poco sopra i lamenti che movono contro del tribunale, cui è commessa la revisione de' libri prima che si stampino, alcuni scrittori indiscreti, i quali o avidi di una libertà senza freno e troppo pieni di se stessi vorrebbono potere stampare senza alcuna dipendenza e riserva, o amatori soffistici più delle antiche cose che della Religione all' incontrare in qualche libro d'antica edizione qualche cassatura, che suppongono fatta dagl'Inquisitori, o un libro ristampato colla mancanza di qualche sproposito, che era scorso nelle prime edizioni, empiono il mondo di doglianze e clamori, e non v'è improperio che non iscaglino contro del tribunale. Quanto ai primi vi dico che o questi pretendono l'assoluta libertà delle stampe; e vengono disapprovati non che dalle salutari disposizioni del sagrosanto Concilio di Trento, che ha severamente proibite le stampe furtive, ma da molti eruditi scrittori, che anche ai dì nostri l'hanno impugnata con gran valore, e da' pessimi effetti che ha prodotto dovunque è stata adottata, e dall'ottima situazione di que' luoghi, ne' quali non ha potuto essere introdotta. Quelli ce li mostra con troppo funesta rimembranza la Francia; viene questa descritta da Tommaso Barol, il quale parlando de' libri di Spagna e d'Italia scrive (a) così: Rari quidem libri in Hispania, Italia, Sicilia cuduntur sed quia sub censura prodeunt plerumque veri & docti. Alibi scribunt indocti doctique poemata, ubicumque libera sunt praela. Nè occorre di trattenersi molto nel disap provare una tal libertà, detestata in fine da' varj Protestanti, e da alcuni de' Giacobini medesimi. O altro non pretendono che di criticare la scelta de' revisori ; e restano smentiti e dalla quali tà delle persone di probità e dottrina, che vengono destinate ad un tale impiego, e dalle saviissime regole che sono loro prescritte, perchè non riescano ad alcuno d'ingiusto aggravio e molestia, e dal ricorso per ultimo, che ha sempre aperto ogni autore al

(a) Barol. Dissert. de libr. lect.

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