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ta opinione è tanto più insussistente e meno ragionevole quanto la trovo più disapprovata dai bravi canonisti e dottori che cita il Pegna (a), e più discorde dalle costituzioni d'Alessandro IV., Clemente IV. ed Innocenzo VIII., che nelle cause di Fede l' hanno rigettata espressamente. Io non l'ho indicata per altro motivo che per farvi comprendere quanto fuor di proposito esagirino i nostri avversarj sì grande avvilimento, che può avere dall' opinione d'accreditati autori un' aperta esclusiva. Io v'accordo e concedo ben volontieri, che debba il giudice secolare dopo il seguito abbandono senz'alcuna dilazione, indilate, come si spiega il Lateranense IV., eseguir quanto prescrivono le leggi, e che si renda sospetto di favorire l'errore se ricusa di prestarsi ad un sì preciso e rilevante dovere. Dico ciò non ostante che nulla vi scapita in questa supposizione l'autorità del sovrano, ma acquista anzi gran lustro e decoro, perchè altro non fa in questi incontri che esercitare la sublime sua podestà, eseguire le stesse sue leggi e compiere quel decoroso incarico, che ha ricevuto dal Cielo, di proteggere la Religione e la Chiesa. Esercita la sua podestà; perchè nel prestare l'autorevole suo braccio in sussidio dell'ecclesiastiche disposizioni altro non fa che usare di quel potere, che è tutto proprio del sovrano cattolico, non della Chiesa che mai non istende la mano pietosa a sanguinose e terribili ese cuzioni, ed anche con questo mezzo ha l'onore di far sì che Coelorum via largius pateat, et terrestre regnum coelesti regno famuletur, come si spiega S.Gregorio (b). Succede, al dir del Cardinale Belarmino (c), in questi avvenimenti alla podestà secolare relativamente a quella della Chiesa ciò che avviene a qualunque arte, che sussista nelle civili repubbliche, per rapporto alla podestà de' sovrani. Questa perchè diretta alla co

mune felicità, in cui vanno a collimare tutte le facoltà anche più limitate e ristrette, dev' essere considerata com un arte d'ogni altra maggiore, e può servirsi utilmente di tutte l'altre per quanto contribuir possono al suo fine ed intento Copre così di suo ordine il pittore di onesti veli quelle nudità, che pregiudicar potrebbero al buon costume: così procu

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(a) Comment. 85. quaest. 36. part. 3. Director.

(b) lib. 3. Epist. 65. al. lib. 2. Epist. 62. ad Mauritium Imp. (c) de Potest. Papae in reb. tempor. cap. 2. num. 5.

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ra il mercante il trasporto di quelle merci e derrate, delle quali scarseggia lo Stato, e cessa il fabbro e si astiene da quelle opere, è manifatture che riuscir potrebbero di pregiudizio alla repubblica. Ma chi dirà per questo, che nell' ubbidire ai suoi cenni non esercitino gl' indicati artefici il loro mestiere, e che divengano per questo nelle loro opere puri stromenti di una podestà superiore? Fa lo stesso il sovrano allorchè ricercato seconda la voce della podestà della Chiesa, e castiga chi la disturba ed offende. A vantaggio di un' Ordine superiore fa uso della sua arte di governare, esercita la nobile sua autorità; ed è in lui tanto più lodevole quest' azione, quanto è da più sagro dovere prescritta, a miglior fine diretta ed accompagnata da più decorose e favorevoli circostanze. E potrà forse lagnarsi il pittore, perchè contro sua voglia si guida talvolta a mal partito l'arte sua dalla podestà de' sovrani e l'inferior parte potrà credersi talvolta oppressa dalle indiscrete pretensioni e dai pesi enormi della parte superiore ma non mai potrà lagnarsi il sovrano che ha voluto egli stesso ciò che vuole la Chiesa, ed ha dichiarato i di lei cenni di suo singolar lustro e splendore, ed altro non fa in queste esecuzioni, come prendo a mostrare in secondo luogo, che osservare le stesse sue leggi. Imperciocchè hanno bensì, come vi ho detto, i canoni de'Concilj e le decretali de' Romani Pontefici approvate come giuste quelle leggi di tanti avveduti sovrani, che dopo i giudizj ecclesiastici condannano gli Eretici a più severe punizioni, e le hanno talvolta anche promosse come utilissime all'una e all'altra società, ma non sono in sostanza emanate che dalla sovrana loro podestà, e la stessa maniera di eseguirle non è stata prescritta senza la loro approvazione e consenso Per judicum quoque officia, ne sit cassa episcopalis cognitio, definitioni executio tribuatur (a): così stabilirono gl' Imperatori Arcadio ed Onorio, e con ben lunga serie di prontissime esecuzioni ne hanno rinnovata varj altri in ogni tempo l'approvazione e consenso, l'Imperator Sigismondo in Costanza, Carlo V. in Germania, Ferdinando I. e II. in Boemia, Austria e Stiria, Leopoldo I. e Mattia in Ungheria. Carlo VIII. e IX. Francesco I. e Lodovico XIV. in Francia, Sigismondo in Polonia, Maria in Inghilterra e tant' altri principi in

(a) L. 8. Cod. de Episcopali Audientia

tutte le parti del mondo cattolico. Il dir poi che principi di sì gran senno o non abbiano conosciuto abbastanza il sublime carattere della loro dignità, o l'abbiano voluto avvilire per modo di non aver ribrezzo d' assoggettarlo alle più vili operazioni, sarebbe una vera pazzia. L'hanno anzi sollevato all' auge maggiore di sua grandezza, esercitandola per queste azioni nella gloriosa incombenza che ha ricevuto dal Cielo di giovare colla sua forza ed autorità alla cattolica Religione ed alla società de' Fede. li, della quale prerogativa, a detta dello stesso Luigi VII. Re di Francia, cosa non v'è che più onori un sovrano, e che più degnamente risuoni sulle sue labbra; digna vox est majestāte regnantis, Dei servum et Ecclesiae defensorem se principem profiteri (a).

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Siccome però non è la sola natura dell'azione, ma anche il modo, con cui viene procurata, che apporta gran lustro al principato, così mi piace di accostarmi più da vicino a questa benchè per se stessa troppo funesta e disgustosa tragedia per rilevar quindi e nella Chiesa, che abbandona, i più decisi caratteri di ossequioso rispetto verso la podestà secolare, e nel sovrano che castiga, le più luminose divise di un potere dominante e supremo. E' presente il giudice secolare all'attuale abbandono; e raccolti in ben dettagliato sommario sente tutti i meriti della causa, e tutta vede la tela degli atti giuridici, che sono stati fatti non solo contro, ma anche a favore del reo; sente dichiarato il delitto, le pene incorse e l'abbandono che si fa del reo al suo tribunale. Qui termina l'azione del giudice ecclesiastico, e qui appunto è dove il giudice secolare comincia a spiegare le maestose insegne della nobile sua giurisdizione. Egli riceve il reo fra le sue forze, non senza ritenere e la podestà di sospendere l'esecuzione, se mai fosse notorio l'aggravio, per ricorrere a scanso di una manifesta ingiustizia o allo stesso o ad altro giudice superiore, ma ecclesiastico, perchè l'aggravio risulti in forma giuridica nel tribunal competente, e la libertà di differire l'esecuzione, se il pentimento del reo o altra notabile circostanza esigessero nuove relazioni ed esami. Egli è, che lo condanna al supplicio; egli, che comanda al solito ai suoi ministri di eseguirlo; egli, che per tal modo ajuta e difende la Chiesa. Se questo sia un' avvilire l'autorità se

(a) Epist. pro Episc. Anicien, ap. Balutium in notis ad Petrum de Marca Concord. lib. 2. cap. 12.

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colare, e renderla vile mercenaria della podestà ecclesiastica, decidetelo voi. Io in tanto esercizio di propria autorità e comando, in tanti contrassegni d' ossequio e rispetto invece di ravvisare ne' sovrani quei vili esecutori, che sognano i nemici della podestà ecclesiastica, altro non vedo che quegl' instancabili edificatori stranieri predetti già da Isaia, allorchè disse, Aedificabunt filii peregrinorum muros tuos & Reges eorum ministrabunt tibi; quei forti scudi io vedo impenetrabili, che a suo riparo e difesa pendevano dalla mistica torre di Davidde: e quei Re finalmente e quelle Regine, che lo stesso Isaia chiamò suoi alimentatori e nutrici: Erunt Reges nutricii tui, & Reginae nutrices tuae: ed ai quali intimò Davidde (a): Et nunc Reges in telligite, erudimini qui judicatis terram: servite Domino in timore. E nelle loro esecuzioni altro non vedo che una di quelle gloriose intraprese, alle quali aspirava l' Imperatore Arnolfo allorchè disse ai Vescovi congregati in Triburia: habetis me omnibus Ecclesiae Christi adversantibus, & vestro sacerdotali ministerio renitentibus opportunissimum bellatorem (b).

Lo vedo anch'io, che la podestà secolare, costretta da un sacro dovere a secondare l' ecclesiastiche disposizioni, non ha in queste cause, come nelle sue proprie, l'azione principale ed il primo luogo. Ma che? cesserà per questo d'essere meno rispet tabile e gloriosa ? o sarà necessario perchè sussista nel naturale suo stato, che lo spirito si assoggetti alla carne, e le celesti cose cedano il luogo alle terrene ed umane? Nisi vero aequum est spiritum carni fasces submittere, & coelestia terrenis caedere (c)? Non l' intendeva così S. Gregorio Nazianzeno, e niuno l'intenderà che sia giusto estimator delle cose. Io venero nel sovrano una viva immagine del supremo reggitor d'ogni cosa, e nel procurare in ciò che non interessa la Religione la temporale felicità de' suoi sudditi lo credo indipendente da tutti: ma non lo credo tale allorchè trattasi di ciò che può riuscire di utile o danno alla cattolica Religione. In questi affari duopo è che dipenda dalla podestà della Chiesa e non che la persona,

(a) Psalm. 2. vers. 10.

(b) Concil. Harduin.tom.6. part. 1.pag.438.edit. Paris. 1614 (c) Orat.-17. ad Civ Nazianz.gravy. tim. perculs.tom. 1.pag. 271.Oper. edit. Paris. 1609

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ma la stessa sua autorità vi resti in qualche modo subordinata e soggetta e si guardi bene dal far cenno colla sua disobbedienza di soffrirne mal volontieri il peso ; chè il cattivo esempio ridonderebbe in grave pregiudizio della sua eterna salute non solo ma dello stesso suo trono, giacchè come riflette da suo pari il Card. Pallavicini, a proporzione che egli rispetterà la più sublime podestà spirituale, che Gesù Cristo ha introdotta nel mondo, sarà anch'esso e per divina disposizione e consiglio e per ordine e natura delle umane vicende rispettato e servito dai fedeli suoi sudditi, ai quali hanno intimato S. Pietro (a) e S. Paolo (b) l'obbligo di obbedire non meno alla Chiesa che a lui, come quella che è fornita di podestà della sua non meno sublime e perfetta. E tengo per verità infallibile la massima di S. Gregorio M., che fece sapere a tutti i principi, che quanto veriųs auctori omnium serviunt, tanto securius commisso sibi mundo dominabuntur (c).

sa,

Mi sbrigherò più presto dall' altra difficoltà, che provate per non saper conciliare con queste esecuzioni l' unità della cauessendo questa così mal fondata, che incontra ovunque esempj e pratiche che la distruggono. Assicura il Claro (d) ed il Farinaccio (e), che può un giudice eseguire la sentenza dell'altro, sia o no soggetto al medesimo, appartenga o no alla stessa provincia, ed abbia o non abbia dall' altro una totale indipendenza; ed il Boemero confessa, che obtinuit alicubi ut alius cognoscat de crimine, alius sententiam latam exequatur; e dice inoltre nel medesimo luogo, che un semplice Feudatario, il quale non ha come eseguire la sua sentenza, può ricercare il Prefetto, ut in subsidium juris executionis curam suscipiat. Se in questi giudizj non manca la necessaria unità, perchè diremo noi che sia per mancar nelle cause di Fede, qualora la Chiesa, che cruentas refugit ultiones, dichiara l' Eretico impenitente, e l'abbandona al braccio secolare, e la giustizia di questo, che terribiliter exercenda est, lo assoggetta al meritato castigo? Non pregiudica al parer di Fr. Paolo, in queste cause, se si divide il diritto dal fatto, e se la Chiesa giudica dell'errore, ed il tri

(a) Epist. 1. cap. 2. vers. 13. (b) ad Rom. cap. 13. vers. 1. (c) lib. 5. epist. 25. (d) quaest. 96. fin. vers. Item quaero (e) quaest. 197. num. 10.

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