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bunale laico dell' Eretico: e recherà poi una ruina irreparabile se la Chiesa dopo un'esame accuratissimo abbandona l' Eretico impenitente, ed il principe lo soggetta al rigor delle leggi? Ma non è questa la maggior incoerenza, alla quale dovreste aderire se v' abbandonaste al parer di costoro. Molte ne ho accennate altrove, e tante poi se ne incontrano ove trattasi di morale unità dello Stato e della Chiesa, che è impossibile che non vi sentiate gravemente commosso al solo ascoltarle. Nulla v'è per costoro che guasti e scomponga la morale unità della Chiesa: manchi pure a lei il suo Capo; discordino le sue membra anche ne dommi di Fede almeno non fondamentali; siano i Vescovi tutti Papi nelle loro diocesi; siano i sovrani padroni di tutto ciò, che è più religioso e più sacro: non importa: la Chiesa nulla perde della sua unità. Ma se si tratta dell'unità nelle cause di Fede, e più ancora se trattasi dell'unità delle civili repubbliche, quella risente un grave danno se si separa la cognizione dall' esecuzione e questa ne soffre anche un maggiore, e tutto basta a distruggerla. Un piccol diritto che si riservi a chi non ha parte nel principato, una cosa sola che non dipenda in ogni possibil maniera dalla libera disposizione della podestà secolascompone la necessaria unità introduce uno Stato nello Stato, e tutto riempie di confusione e disordine. Chi inventò idee sì strambe altro non ebbe in mente che la mira di distruggere affatto la giurisdizione della Chiesa e de' sovrani, e confondendo insieme trono ed altare, diadema e tiara, Greggia e Pastori, spacciare in tal guisa tutti i sovrani quai despoti usurpatori d'ogni facoltà e diritto, tutti i cittadini qual turba di vilissimi schiavi, e di cambiare la regale società de' Fedeli in tanti meschini collegi quanti sono i governi nei quali sussiste, e la sua gerarchia ammirabile in una accattolica gerodolia. Non sono stati questi i pensieri di tant' altri meno pregiudicati politici, che qualche parte soltanto hanno adottato del pernicioso sistema, e non hanno avuto altro in vista che di provvedere alla sicurezza e decoro del principato. Ma in una società così ben collegata com'è la cattolica non è necessario che sia approvato tutto il sistema de' suoi nemici per isconcertarla; basta una sola parte; e poste specialmente in gelosia e diffidenza le due gran podestà, sopra le quali tutta si regge, al dire di S. Gelasio (a),`la vasta

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(a) Epist. 4. ap. Harduin. tom. 3. Concil. pag. 893.

mole, forz'è che cada e ruini; e l'accorderebbono anche i novatori de' giorni nostri, se meno trasportati da spirito di novità prestassero orecchio ai disapprovatori dell'antico sistema non solo quando lo impugnano, ma anche quando ne parlano a favore e scoprono i sommi vantaggi che la podestà, che abbiamo attribuita alla Chiesa, può recare ai sovrani ed allo Stato: chè non sempre parlano in modo da pregiudicare all'intolleranza ragionevole e ed farla comparire svantaggiosa ai sovrani, ma la lodano talvolta, anche nel sistema presente, che abbiamo preso a difendere la credono utile e decorosa ai sovrani. L'Osservator filosofo (a) dopo d'aver disapprovata l'intolleranza, di cui parliamo, non lascia di far riflettere che è stata un'invenzione de'principi, i quali nel procurarla ils n'ont eu en vue que leurs intérêts particulieres. E molti de'Francesi negano bensì alla podestà della Chiesa ogn' ingerenza nelle cose temporali, ma non lasciano di rappresentare al loro Re, che il voler' inalzare la reale autorità sulle ruine di quella della Chiesa è un rovesciare l'ordine stabilito da Dio, il che tira seco la ruina della regia podestà e distrugge i fondamenti dello Stato invece di rassodarli (b). Ma non li hanno voluti ascoltare in questa parte, ch' esser poteva favorevole alla Chiesa; e non avendo formato della sua podestà altro concetto che di una potenza contraria usurpatrice de' diritti altrui ed ingiuriosa ai sovrani, hanno dato mano senz' avvedersene colla sua depressione a quelle sciagure che si soffrono presentemente. Spero che non vogliate voi accrescere il numero di pensatori così sconsigliati ed improvvidi, e persuaso che il libero esercizio della podestà della Chiesa non nuoce mai nè è ingiurioso ai sovrani, neppur quando corregge e castiga, deporrete l' antiche ombre e sospetti e con questa fiducia in cuore, che non è fondata soltanto sull' ottima indole del vostro carattere, ma sulla sodezza altresì e gravità delle prove e ragioni che ho addotte per d' inganno, passo a dirmi col solito attaccamento

trarvi

(a) Sect. 12. pag. 53. (b) Assemblea del Clero del 1660.

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LETTERA VENTESIMAPRIMA

Qual parte abbia nelle cause di Fede la suprema podestà

Dalle

del Romano Pontefice.

alle efficaci ragioni ed autorevoli testimonianze, che vi ho addotte finora, voi siete restato convinto, che v'è nella Chiesa cattolica una vera giurisdizione coattiva, che può assoggettare gli Eretici al meritato castigo, senza che ne risenta alcun danno o l'ecclesiastica moderazione o l'autorità dei sovrani o la libertà della Fede ma questo non basta ancora al nostro intento. Il tribunale, di cui si tratta, procede per autorità delegata dal Romano Pontefice; non è legittimo ed autorevole, se manca in lui la pienezza di quella giurisdizione, che è necessaria alla Chiesa, o se non può estenderla ampiamente per tutto il mondo cattolico. Quindi è che merita ogni lode il giudizioso quesito, che mi fate nell'ultima vostra, cercando se il Papa può innalzar tribunale nelle altrui diocesi, ed obbligare tutti i Fedeli a conservar quella Fede, che hanno professata una volta: ed io prendo tanto più volentieri ad istruirvi su questo punto, quanto più interessa la nostra causa, e quanto maggiori sono i nemici, che

lo contrastano.

Fin dal quinto secolo vi fu in Dalmazia un certo Vescovo Onorio (a), il quale mal soffrendo, che Gelasio Papa si prendesse in affari di Fede qualche ingerenza nella sua diocesi, non ebbe difficoltà di rispondergli, che ne restava sorpreso. Oggi poi tanti sono i contraddittori, quanti sono i nemici della podestà ecclesiastica e gli adulatori della secolare, i quali o la negano espres samente a tutti, e per conseguenza anche al Romano Pontefice, o cercano di dividerla per egual porzione tra tutti i Pastori per renderla più soggetta e meno forte. Io però per convincervi che non i soli Vescovi nelle rispettive loro diocesi, ma anche il Romano Pontefice ha in tutto il mondo cattolico la verga pastorale atta a correggere, come dice S. Paolo (b), ogni disubbidien

(a) Ep.6.Gelas.tom.6.Concil.Labbei p.300. (b) 1.ad Corint.4.

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za ed a contenere le pecorelle del sagro ovile nei rispettivi cri ́stiani doveri, altro non ricerco da voi, che la vostra Fede. Chi sa dal vangelo, ch' egli è dopo Gesù Cristo la pietra fondamentale della Chiesa di Dio, contro la quale prevaler non possono le furie infernali (a); che a lui sono state conferite in guisa speciale le Chiavi del Cielo, e l'incombenza di pascere tutto il divin Gregge (b); e fatto maestro del mondo è stato dalla preghiera di Gesù Cristo reso infallibile ne' suoi ammaestramenti (c): e chi riflette di più che non è il primato di giurisdizione del Romano Pontefice affare di scuola, ma un domma di Fede definito assai chiaramente in più incontri, ma con ogni precisione dal Concilio di Firenze in quelle memorande parole; Definimus sanctam apostolicam Sedem & Romanum Pontificem successorem esse B. Petri Principis Apostolorum, & verum Christi Vicarium totiusque Ecclesiae caput, & omnium Christianorum Patrem ac doctorem existere, & ipsi in B. Petro pascendi, regendi & gubernandi universalem Ecclesiam a Domino nostro Jesu Christo plenam potestatem traditam esse, quemadmodum etiam in gestis oecumenicorum Conciliorum & in sacris canonibus continetur; non trova alcuna difficoltà nel riconoscere nel Romano Pontefice un tal diritto, e può ricevere soltanto un qualche maggiore schiarimento da altre fonti e principj non sicurezza maggiore. Senz' ingolfarmi però nel vasto mare de' diritti apostolici e delle singolari prerogative di quel primato, che per divina istituzione gode il Romano Pontefice, sostenuti già e spiegati sì bene da quelle felici penne, delle quali tesse un copioso catalogo l'autor delle note della più volte citata Confutazione &c. al cap. 4. della medesima, non farò altro che secondare il vostro genio , e dirigendo il mio ragionare a quelle sole coazioni e giudizj, che egli può esercitare in qualunque diocesi a difesa della cattolica Religione, procurerò di rendervi più informato del sog getto che abbiamo per le mani. So da S. Bernardo che bisogna uscir fuori del mondo per trovare un luogo in cui tutta spiegar non si possa l' apostolica podestà del Romano Pontefice; orbe exeundum est ei, qui forte vellet explorare quae non ad tuam pertineant curam (d) e leggo nel discorso che fece

(a) Matt.16.vers.15. (b) Joann.21.vers. 15. (c) Luc.22.v.zz. (d) Lib. 3. de Considerat. cap. 1. num. 1.

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il celebre Bossuet nella famosa assemblea del 1682., che questa è la cattedra tant célébrée par les Pères, où ils ont exalté comme à l'envie la principauté principale, la source de l'unité, et dans la place de Pierre l'eminent dégré de la chaire sacerdotale Ï' Eglise mère, qui tient en sa main la conduite de toutes les autres Eglises, le chef de l'episcopat, d'ou part la raison du gouvernement; la chaire principal, la chaire unique, en laquelle seule tous gardent l'unité. Vous entendez dans ces mots S. Optat, S. Augustin, S. Cyprien, S. Irenee, S. Prosper, S. Avit, S. Theodoret, le Con cile de Calcedoine e les autres l'Afrique, les Gaules, la Grece, l'Asie, l'Orient, l'Occident unis ensemble. Le quali espressioni bastar potrebbono a far concepire della podestà del Romano Pontefice l' idea più estesa, più vantaggiosa e sublime : siccome però il mio assunto non mi obbliga ad altro che a preparare per ora la strada spedita alla giustificazione di quel tribunale, che egli ha inalzato da gran tempo nelle altrui diocesi per condannare gli Eretici e difendere dalle loro insidie e dal loro furore la Fede di Gesù Cristo; così non parlerò che di questo. E vi dico francamente che essendo questa una delle cure speciali, che interessano l' ordinaria podestà d'ogni Padre e Pastore del sagro ovile, non può non appartenere a lui, che è stato inalzato in ispecial guisa al governo di tutti, e che divide che divide per modo, al dire di S. Leone, cogli altri le sue sollecitudini, che risente il grave peso d'ogni diocesi, ed ha così comuni cogli altri le sue premure, che il ministero loro non è che una porzione del suo, e non meno da lui che dai rispettivi loro Vescovi ricercano ed aspettano i Fedeli protezione e difesa : nobis, così egli (a), cum omnibus cura communis est ; neque cujuspiam administratio non nostri laboris est portio, ut, dum ad B. Petri Sedem ex toto orbe concurritur, et illa universalis Ecclesiae a Domnino eidem commendatae dilectio etiam ex nostra dispensatione deposcitur, tanto amplius nobis instare oneris sentiamus, quanto cunctis majora debemus. E perchè niuno potesse sospettare che queste sue premure in tutt' altro si dovessero esercitare che nella punizion de' malvagi, quest' è, diceva egli scrivendo ai Vescovi d'Italia, che più interessa l'apostolico

(a) Şer. 5. al. 4. cap. 2.

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