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comun Padre, sull'Inghilterra in ispecie e sui miseri avanzi delle Chiese orientali, che dopo il fatale abbandono sono, al dire del Cardinal Pallavicini (a), divenuti una Babele di discordie ed una Tebe di tragedie, giunti sino a strascinare sul patibolo i loro sovrani e a dimenticarsi affatto del loro antico lustro e splendore, bastar potrebbe al totale loro disinganno. Ma sordi a tutte le ammonizioni e ciechi ad esempj così luminosi e funesti, o non arrivano a scandagliarne la forza, o non giungono a vederli nel loro orribile aspetto e la provvidenza divina in pena dell' enor me ingratitudine, colla quale hanno corrisposto ai segnalati favo ri che avevano ricevuti dalla S. Sede, permette che e non vedano la sorgente delle calamità che soffrono adesso, e non prevedano quelle maggiori, alle quali si vanno inoltrando a gran passi pel nuovo intrapreso cammino. Tutto precipita nelle cattoliche società, se manca l'autorità del Romano Pontefice: e su questa sodissima base s'inalza e sta immobile non meno l'autorità dei soggetti Pastori che la sicurezza del trono e la tranquillità degli Stati: Hac stante > torno a ripeterlo, reliquae stant; sin autem haec, quae omnium fundamentum est & basis, obruitur, caeterarum quoque status necesse est collabatur. Ed è vanissima la lusinga di tutti coloro che credono di poter migliorare di condizione sottraendosi dalla dipendenza del comun Padre e si può ripetere ad ognuno di loro ciò che scrisse Nicolò I. ad Incmaro Arcivescovo di Rems grande impugnatore anch'esso de' privilegj apostolici: Quomodo : Quomodo privilegia tua stare poterunt, si illa cassentur, per quae tua initium sumpsisse noscuntur ? & cujus momenti erunt tua, si pro nihilo nostra pendantur (b)?

Ma non è questo il luogo di trattare de' sommi vantaggi, che il primato del Papa ha recato in ogni tempo a chi l' ha voluto riconoscere e venerare, e delle gravi sciagure, alle quali sono restati soggetti quelli che l'hanno impugnato. Sentano i buoni e colla dovuta gratitudine confessino il gran bene che ne hanno riportato e se gli altri vorranno confessare una volta con qualche ingenuità l'interna loro persuasione, vi diranno piangendo che è stato un cattivo cambio per loro passare dalle mani di chi esercita la giustizia con somma moderazione in

(a) lib. 3. cap. 15. num. 5. (b) Epist. 28. ap. Christian. Lupum tom. 1. schol, in can. 6. Concil. Nicaeni .

pro eo

quelle che la esercitano terribilmente, e che è succeduto loro scostandosi dalla legittima per assoggettarsi a podestà incom petenti ciò che predisse Isaia all' ingrato Israello (a): & quod abjecit populus iste aquas Siloe, quae vadunt cum silentio, propter hoc ecce Dominus adducet super eos aquas fluminis fortes & multas. Ma io dopo sì grandi ruine non posso che piangere con loro e compassionarli, e ritornando al nostro argomento ripeto, che è incontrastabile il diritto che ha il Romano Pontefice di contenere coi suoi giudizj dommatici ed autentiche decisioni tutti i Fedeli nell' unità della Fede, e di castigar quelli che vi contraddicono .

Nasce il primo diritto da quell' autorevole magistero, che a lui ha Gesù Cristo conferito immediatamente quando ha comandato a S. Pietro di pascere il suo Gregge e di confermarlo nella vera credenza. E non può non essere che una vanissima presunzione profittevole alla sola eresia e contraria alla pratica di tutti i tempi ( come rimproverò ad alcuni Vescovi della Francia nelle lettere che scrisse à Luigi XIV., al Nunzio ed ai Vescovi stessi Clemente XI. ) quella di alcuni Pastori che invece di ricevere le dommatiche definizioni della S. Sede colla dovuta venerazione per eseguirle, pretendono di esaminarle, e di assoggettarle al proprio privato giudizio. Nasce l' altro diritto da quella più ampia e distinta podestà di sciogliere e legare, che prima di nessun' altro ed in modo speciale fu conferita da Gesù Cristo a S. Pietro come a Capo e Pastore di tutti; ed è anch'essa una legittima conseguenza del suo primato, come dimostra assai bene il Mamachi nel libro intitolato Pisti Aletini, che scrisse contro l'infame libello intitolato Quid est Papa (b). Si serve anch'egli in quest'opera per confermarlo, del lungo esercizio avuto in ogni tempo, di cui vi ho dato poc' anzi un qualche saggio e in vano si suol dare a lui la taccia di troppo parziale alla S. Sede, e gli si ascriverebbe a delitto la professione di Regolare. Nè questa alla quale noi siamo debitori di quanto abbiamo conservato di utile e buono della venerabile antichità, nè quella nuoce, quando i fatti incontrastabili non ammettono alcun' eccezione; e quegli autori, ch' egli porta in conferma dell' accennata verità (c), nè

(a) cap.8.vers.6.&7.

(b) cap.z.de appell.art.2.& seq. (c) ibid. art. 1. a num. 1. ad 10.

sono involti nelle tenebre de' secoli barbari, nè sono tutti così parziali al Papa, che rendano sospetta la loro attestazione. Una sola n' aggiungerò io a vostro maggior disinganno, ed è di un'autore al quale niuno attribuirà certamente o che sia vissuto ne' tempi, in cui regnavano in tutto il mondo l'ignoranza e le tenebre e la collezione isidoriana, o l'ingordigia de' Frati tutto aveva assoggettato al romano arbitrio, o che con soverchio fanatismo sia stato attaccato agl' interessi di Roma. Egli è vissuto nel quinto secolo, e fu gelosissimo de' primigenj diritti della sua sede. Questi è S. Cirillo Alessandrino, che il Martirologio Romano chiama catholicae Fidei praeclarissimum propugnatorem, doctrina & sanctitate illustrem. Parlando egli ne' libri intitolati Thesaurorum dell' autorità del Romano Pontefice e della dipendenza e soggezione che gli si debbe da tutti i Fedeli, Ut membra, dice (presso S. Tommaso (a)), maneamus in Capite nostro apostolico throno Romanorum Pontificum: restiamo come membri congiunti al nostro Capo, che è il trono apostolico de'Romani Pontefici: da lui dobbiamo cercare ciò, che è da credersi e da tener fermamente, e dobbiamo pregarlo in ogni occorrenza con tutto l'ossequio e rispetto; a quo nostrum est quaerere, quid credere, & quid tenere debeamus, ipsum venerantes & rogantes pro omnibus: a lui solo appartiene propriamente il riprendere, il castigare lo stabilire, il disporre, lo sciogliere, il legare in luogo di quello, che lo ha voluto sollevare a grado così eminente e sublime; quoniam ipsius est reprehendere, cor rigere, statuere, disponere, solvere & ligare loco illius, qui ipsum aedificavit. Così parla egli dell' autorità che compete al supremo Gerarca del cristianesimo, e della somma, precisa ed immediata soggezione di mente e di cuore che è dovuta da tutti i Fedeli alle sue istruzioni e comandi, e così ha epilogato questo gran Vescovo in poche parole quant' io vi ho spiegato con maggior' estensione in questa mia. Ne vi deve recar meraviglia o l'impostura di un' anonimo calvinista sostenitore impudente nel 1645. dell' eresiarca Nestorio, che nega essere questi libri da attribuirsi a Cirillo, o il sapersi che le accennate parole non si leggono negli avanzi preziosi che abbiamo delle sue opere. L'im

(a) suppl. 3. part. quaest. 4.a. b., & opusc. contr. errores Graecor. cap. 68.

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postura è smentita abbastanza da Natale Alessandro (a): e se mancano adesso le indicate parole ne' codici che ci restano, non è da credersi che non fossero in quello di cui faceva uso il S. Dottore; tanto più che sappiamo dalla settima sessione del Concilio di Firenze, che S. Cirillo aveva parlato assai bene del Papa, e Torriano ci assicura d' aver letto un greco frammento in cui s'incontravano parole a queste molto conformi (b). Meditatele senza pregiudizio è colla dovuta attenzione

tutt'altro

e son certo che non vi

resterà più alcun dubbio sull' immediata ingerenza che aver deve sopra i Fedeli delle altrui diocesi il Romano Pontefice, e sul diritto ch' egli ha di tutti istruirli e correggerli opportunamente, e spero che in tutt' altro oggetto mi occuperanno in appresso i vostri comandi, ambiti da me con ogni premura a solo intento di riuscirvi di qualche vantaggio colle mie istruzioni, e di dimostrarmi qual sono

(a) Hist. eccles. saec.V.cap.4. art. 14. (b) lib. 2. de Pontif.potest.

LETTERA VENTESIMASECONDA.

La suprema podestà del Papa non esclude l'ordinaria podestà che hanno i Vescovi di castigare

gli Eretici.

La replica che fate all'ultima mia lettera mi persuade dello sba

per

glio che ho preso inviandovela. Io m'era ideato di dovervi riuscire di qualche noja e rincrescimento per essermi troppo diffuso nel mostrare che ha il Romano Pontefice sopra gli Eretici di qualunque diocesi immediata podestà coattiva non meno de' Vescovi che ne hanno cura speciale : ma voi mi dite anzi che vi ha recato sommo piacere la stessa mia diffusione e vi lagnate piuttosto perchè non abbia detto qualche cosa di più, e non pago d'averla accennata non mi sia alcun poco fermato a provare anche quella de' Vescovi rispettivi. E questa mancanza vi ha sorpreso per modo, che non dubitate d' aggiungere scherzando, che l'ho fatta questa volta da buon Curialista romano, che tutto intento a sostenere il Papato poco si cura di difendere la podestà vescovile. L'ultima imputazione non la passo neppure detta burla; e voglio che restiate persuaso che non uso con voi alcu no strattagemma e finzione, nè per fini indiretti nascondo alcuna di quelle verità, che io credo opportune alla vostra istruzione. Se poi mi permettete che io vi parli colla mia solita sincerità, , neppure posso approvare il desiderio che mostrate di nuove prove e conferme sul punto indicato. Dopo che io v'ho scritto con S. Paolo (a), che hanno i Vescovi la verga pastorale atta a correggere ogni disubbidienza, e che la correzione de' colpevoli 'come in ogni altra ben sistemata società è da considerarsi nella Chiesa di Dio come una delle principali incombenze dell' apostolico ministero, e dopo che tutti i testi e ragioni, che v'ho addotte per dimostrare la podestà che hanno i Romani Pontefici di castigare gl'increduli, ben lungi dall' escluderla ammettono anzi e vogliono anche quella de'Vescovi, che vi restava a cercare di più per

(a) 2. ad Cor. 10. vers.6.

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