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LETTERA VENTESIMATERZA.

Si conferma quanto è stato detto colla costante pratica della Chiesa per tutto il tempo che ha preceduto l'istituzione del tribunale del S. Officio.

Non sarebbe men vero quanto vi ho esposto finora intorno al

diritto che ha la Chiesa di castigare gli Eretici con pene anche temporali, quantunque fosse stata impedita talvolta di eseguirlo. Non si fa sempre ciò che si può: e non sono pochi i diritti, che gli stessi nostri avversarj accordano alla Chiesa, i quali sono restati talvolta in una prudente inazione, o da crudeli persecuzioni impediti empiamente. Siccome però la pratica, quand' è universale e costante, serve a meglio scoprire il diritto; così non mi dispiace di vedermi stimolato da voi à diffondermi alquanto più su questo punto, sul quale non ho tralasciato di darne nelle passate mie lettere un qualche cenno: ed a maggior vostra istruzione vi dico senza punto esitare, che in questa parte la pratica ha sempre corrisposto a quella teorica, che ho dimostrata nelle passate mie lettere, e non è mai andato disgiunto il diritto dal fatto. Non è già ch'io pretenda di sostenere, che la Chiesa abbia nel castigare gli Eretici conservato sempre lo stesso stile. Come da ogni altro tribunale ed in ogni altro affare di mu tabile disciplina, così nella difesa della Religione sarebbe ingiusta cosa il pretenderlo dal tribunale della Fede: e sappiamo dai dottissimi Cardinali de Lugo (a) e Brancati (b) e da varj altri canonisti e teologi, che la Chiesa colla sua solita commendevole prudenza e saviezza ha in questa parte variato assai bene regolamento e sistema, passando da uno in altro genere di pene, da una in altra maniera più forte di pronunciarle, secondo che esigeva il ben pubblico ed il buon' ordine del divin Gregge. Solo nell' undecimo e duodecimo secolo s'incominciano ad incontrare conciliari e pontificie disposizioni, che obbligano i tribunali laici ad eseguire contro quelli, che l'hanno meritata, e che vengono

(a) Disput. 24. sec. 2. (b) Disp. 15. art. 2. §. 2.

abbandonati al braccio secolare, quella pena di morte, la quale in addietro non aveva che permessa, come utile e giusta, al loro zelo e potere: Damnati saecularibus potestatibus, aut earum Balivis relinquantur animadversione debita puniendi............. Et si quis eorum contra praedicta fecerit..... excommunicationem incurrat; quam si per annum sustinuerit, ex tunc velut Haereticus condemnetur. Così si legge nel terzo capo del Concilio Lateranense IV. sotto Innocenzo III. (a). Questa più forte e risoluta maniera però di opporsi al furore degli Eretici, alla quale dopo il lungo giro di tanti secoli ha creduto bene di appigliarsi, non prova che non ne abbia avuto sempre il diritto, e che anche prima non abbia o per se stessa immediatamente o per mezzo dei fedeli sovrani cercato di opporsi alla loro perfidia con ogni maniera di spirituale e temporale coazione. Lo ha fatto senza meno quante volte lo ha permesso la prudenza, e ricercato il buon' ordine : ed è giustissimo il sentimento del Tommasino, il quale dopo d'avere riportato il testè citato decreto d'Innocenzo III., che ha sparso qualche seme del tribunale presente, confessa (b), che non ha fatt'altro che rinvigorire la pratica di tutti i tempi, e quindi inferisce, che non meritava i rimproveri, che ne fanno i non meno ignoranti che maliziosi suoi disapprovatori: Ce décret m'a paru contenir la meilleure partie tant des anciennes loix des Empereurs chrétiens contre les Hérétiques, que des Canons des Conciles d'Afrique sur le même sujet; ainsi on n' a nul sujet de rendre ce Concile, ces Canons, ou cè Pape odieux, come s'ils avoient donné commencement à cette Inquisition, dont on a conçu tant d'aversion avec plus de passion, que de sagesse & de discernement. Basta riflettere alle leggi ed al metodo, ch' hanno prescritto Gesù Cristo (c) e S. Paolo (d) a fine d' impedire la seduzione de' Fedeli, che fin da que' tempi gli Eretici procuravano a tutto potere, per conchiudere, che non furono in questo discordi dai posteriori i tempi apostolici, e che conviene o stenderne agli uni ed agli altri la disapprovazione, o rispettare in tutti egualmente quegli stabilimenti, che provengono dall'istessa provvida ed autorevol sorgente.

Per dare però documenti più luminosi e sensibili di quella

(a) Concil.Labbeit.13.p.934. (b) Traité des Edicts p.2.c.13. (c) Matth. 18. ver. 17. (d) Tit. 3. 10. 1.ad Cor. 5. 11.

pratica, che in ogni tempo ha osservata la Chiesa, non parlerò dei tempi posteriori al duodecimo secolo, nei quali l'istituzione del tribunale del S. Officio ha reso il castigo degli Eretici più regolare, costante e metodico, parlerò solo dei secoli, che l' hanno preceduto; e in tutti vedrete gli Eretici divenuti oggetto delle giuste collere dei sagri Pastori, ed in guisa speciale di quelle del Romano Pontefice, che, come conveniva appunto al suo primato, ha avuto in ogni incontro più di qualunque altro una cura particolare di svellere dal campo del Signore le perniciose zizzanie, e di allontanare dal sagro ovile i lupi rapaci. A questo fine erano diretti i molti libri, che al sorgere d' ogni eresia gli Apostoli, i SS. Padri e tant' altri scrittori ecclesiastici composero fin dai primi tempi del cristianesimo per iscreditarla co' suoi inventori e seguaci e ne resta ben presto persuaso chi scorre il vangelo di S. Gioanni contro Ebione e Cerinto; le varie lettere canoniche di S. Pietro, di S. Paolo e de' SS. Giacomo, Gioanni e Giuda contro i Simoniani, Nicolaiti, Ebioniti e Cerintiani; l'opere di San Giustino, di Musano, d' Apollinare, di Teofilo e di S. Ireneo contro i Marcioniti, gli Encratiti, i Montanisti, gli Ermogeniani, i Valentiniani, anzi contro tutte le eresie de'primi due secoli. Sono a queste succedute le opere di Clemente Alessandrino, dei due Dionigi e di S. Atanasio contro i Valentiniani, i Carpocraziani, i Gnostici, Basilidiani ed Ariani: e per dir breve, quelle di tutti i primi Padri e dottori contro tutti i primi Eresiarchi ed increduli. Nè gli errori soltanto, ma divennero scopo delle loro collere e risentimenti le persone stesse, che li professavano, trattate si spesso ne' suddetti libri colle obbrobriose taccie di lupi rapaci, di schifose cancrene, di bestie crudeli, di assassini e` demonj, e vilipese coi più solenni rimproveri. Furono diretti al medesimo scopo i canoni e le costituzioni apostoliche e tant' altre ecclesiastiche disposizioni, che stabilirono contro gli Eretici le penitenze più rigorose; nè ebbero certamente altra mira i fulmini pesantissimi dei più solenni anatemi vibrati fin d'allora contro costoro dai Vescovi, o dalle particolari loro sedi o uniti in Concilj, o dal supremo Gerarca del cristianesimo, de' quali piene sono le storie. E' vero, che prima che il gran Costantino inalberasse sù i sette colli la Croce di Gesù Cristo, e si dichiarasse veneratore e seguace de' divini suoi ammaestramenti, non troverete nella Chiesa di Dio le spade alzate per castigarli con pene anche temporali più rigorose e terribili ( sebbene armata ben d'al

tro che di pene spirituali e leggiere avrebbe veduta la destra dell' Imperator' Aureliano Paolo Samosateno, se avesse ricusato di cedere a chi comunicava col Papa quella casa vescovile della quale per la sua eresia era stato privato): non lascierete però d'incontrare fin d'allora segni non dubbj di quell' esteriore giurisdizione contenziosa e coattiva che la Chiesa doveva esercitare in appresso, ed il sibilo udirete di quella verga, e le minaccie di quelle asprezze e rigori, che fece temere S. Paolo a quelli di Tessalonica e di Corinto (a). Riandate le sagre carte ed i libri preziosi de'Padri apostolici, ed incontrando in quelle un' Anania bugiardo ucciso dall' imperiosa voce del principe degli Apostoli, una Zafira estinta, un Simone prostrato al suolo, rimproverato un Pontefice da S. Paolo (b), acciecato un' Elima, ed esposto un' Incestuoso alle più crudeli vessazioni del Demonio; e trovando in questi che San Gioanni per non restare dalle ruine oppresso si scostò da quel bagno in cui si lavava Cerinto nemico della verità (c), che S. Policarpo chiamò, rimproverandolo pubblicamente primogenito di Satanasso Marcione che cercava la sua amicizia (d), e che S. Ignazio commendò lo zelo di quei di Corinto che odiavano gli Eretici con tanto ardore che negavano loro anche il passaggio per le loro contrade (e); dite voi francamente che voci son queste e segni dell' alto potere di quella Sposa celeste dell' Agnello divino, che squallida e mesta gemeva allora sotto le forbici d' ingordo carnefice come di Gesù Cristo predisse il Profeta ma sarebbe poi divenuta bella come il sole e terribile come un' esercito preparato a combattere. Dite che se in varj di quest' incontri mancò l'apparecchio e la pompa solenne di giudizio esteriore, non toglie questo qualunque esercizio di quella coazione di cui parliamo e che non mancò sempre, e la prescrisse lo stesso San Paolo (f) nelle accuse de' Vescovi, e furono effetti di un formale giudizio ecclesiastico le abbjure di Cerdone sotto il pontificato d' Igino attestate da Eusebio (g), e l'esclusione che ebbe dal consorzio di tutti i Fedeli scoperto che fu impenitente e rilasso, come rac

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(a) Epist.2. ad Thess. 1. vers. 8., & 1.ad Cor. 4. ver.21., &2. ad Cor. 13. vers. 10. (b) Act. 23. V.3. (c) Irenaeus lib.3.c.3. 23.V.3. (d) Iren. lib. 3. cap. 3. (e) Epist. ad Ephesios.

(f) 1. ad Timoth.c. 5. ver. 19. (g) Hist. lib. 4. cap. 2.

conta S. Ireneo (a). Il Valesio (b) ed il Massuet (c) ed il Cardinal Orsi (d) pretendono, che la parola greca disauevos, di cui si vale il Santo, significhi, che Cerdone si separò da se medesimo dalla Chiesa; ma con più fondamento a parer mio il Tillemont (e) è di contrario parere come lo è stato il Rufino nella sua versione d'Eusebio (f), dal quale sono così tradotte le parole di S.Ireneo, Convictus a coetu fraternitatis arcetur.

Non dissimili a questi atti di foro contenzioso ed uniformi al costante esercizio, ch' ebbe la Chiesa, di sua giurisdizione esteriore anche prima che vegliassero intorno al suo trono quei Forti d'Israele, e circondassero la regale sua Sede que' sodi ripari, che ne' fedeli sovrani le andava preparando la provvidenza divina, sono e la scomunica, che incontrò Marcione, e lo attesta S. Epifanio (g), per mano del Vescovo suo padre, dalla quale ricercò invano d'essere assoluto dal Romano Pontefice, e le condanne de' Montanisti fatte dai Vescovi dell'Asia, poi o dal Papa Eleuterio, come crede probabile il Tillemont (h), o, come appoggiato all' autorità di Tertulliano nel libro contro Prassea crede assai più verisimile il Cardinal Orsi (i), dal suo antecessore il Pontefice San Sotero. E quel giudizio, dal quale si sottrasse Novato al dire di S. Cipriano (k), quando urgentibus fratribus imminebat cognitionis dies, quo apud nos causa ejus ageretur, & judicium Sacerdotum voluntaria discessione praecessit, quasi evasisse sit poenam, praevenisse sententiam: e le condanne in fine prima degli errori seguite in due Concilj d'Antiochia, poi della persona stessa di Paolo Samosateno accaduta nel terzo, delle quali parlano diffusamente il Tillemont (1) e l'Orsi (m), non sono un'argomento chiarissimo di quella verità che vi sto annunciando?

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(a) lib. 3. adv. haeres. cap. 4. num. 3.
(b) in not. ad lib. 4. Eusebii cap. 11.
(c) in not. ad S. Irenaeum lib. 3. cap.4.
(d) Stor.eccles. tom. 2. lib. 3. num. 44.
(e) tom. 2. art. 5. not. 2. (f) lib. 4. cap.2.

(g) Haeres. 42. cap. 1.
I. (h) tom. 2. art. 5. not. 3.
(i) Stor.eccles. tom. 2. lib. 4. n. 22. & lib. 5. n. 13.
(k) Epist. 49. ad Cornelium. (1) tom.4.art.4.
(m) tom. 3. lib. 8. num. 14.

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