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supremo incriticabile tribunale di Roma. Se l'essere stata accordata in qualche luogo la libertà delle stampe ha empito il mondo di produzioni infami e libri nefandi, che passati il mare e i monti, al dir del Valsecchi (a), hanno recato una luttuosissima peste alla nostra Italia; che non sarebbe avvenuto di più luttuoso e fatale, se la medesima libertà e licenza avesse potuto diffondersi per ogni dove? Per liberar poi da ogni rimprovero gl' Inquisitori, i quali o cassarono ne' tempi andati le cattive massime che trovarono ne' libri stampati, o correggono adesso i libri cattivi che si vogliono ristampare, può servire ciò che scrisse S. Girolamo (b) ai fratelli Pammacchio, ed Oceano; cum haec rejiceritis, et quasi censoria virga separaveritis a fide Ecclesiae, tuto legam caetera, nec venena jam timebo, cum antidotum praebibero. Fecero lo stesso nel quarto secolo, S. Eusebio di Vercelli e S. Girolamo (c), e Cassiodoro (d) nel sesto: nè deve rincrescere ai nostri antiquarj, che siano stati imitati talvolta esempj sì grandi e con non piccol vantaggio della Religione e pietà. Credo d' aver per tal modo dileguato ogni vostro dubbio sulla proibizione e correzione de' libri: e pronto a far lo stesso in ogni altra occorrenza di cuore mi dico

(a) De' Fondam. lib. 3. cap. 3. §. 1.

(b) Epist. 84. tom. 1.

(c) Epist. 61. tom. 1. & contr. Ruffin. lib. 2. num. 12. (d) De Instit. divin. cap. 1.

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il

LETTERA TERZA:

Chi abbandona la Religione cattolica dopo d'averla
abbracciata commette un vero delitto.

Oh questo sì che è un quesito degno di voi, e che merita

tutta la nostra considerazione. Voi volete sapere da me se sia o no delitto l'abbandonar la Fede dopo d' averla abbracciata; e questa è appunto quella ricerca, che più d'ogni altra interessa presente carteggio. Di qui prende le mosse la maggior parte degli astuti nostri contraddittori; e mettendo in dubbio la reità dell' Eretico, cerca di screditare quel tribunale, ch'è destinato a punirlo giuridicamente. Io potrei escludere l'irragionevole pretensione di costoro, e soddisfare insieme alle vostre premure col solo accennare la lunga serie dell' infinite leggi e civili e canoniche, che sono state promulgate in ogni tempo per fissare a questo abbandono il competente castigo: poichè se giusta il sentimento dei più accreditati giureconsulti e dottori quello è delitto che è soggetto a pene esteriori stabilite da legittima podestà; chi può negare che lo sia in un Fedele l'abbandonar la Fede cattolica, se questo è di cui parlano, e contro del quale come contro a delitto di lesa divina maestà stabiliscono i più severi castighi i codici più applauditi dell'una e dell' altra legislazione? Quelle che alla civile appartengono sono state raccolte con diligenza, e vendicate con molto valore dal Tommassino (a); ed il Giannone istesso (b) indica sessantasei leggi penali promulgate da nove Imperatori per frenare l'ereticale perfidia, tra le quali non hanno l'ultimo luogo quelle d'Arcadio, Onorio e Teodosio, che la dichiarano delitto pubblico, perchè commesso a danno ed ingiuria di tutti; ac primum quidem volumus

(a) Traité dogmatique & historique des edits, e des autre moyens spirituels & temporels, dont on s'est servi dans tous les temps pour établir & pour maintenir l' unité de l'Eglise catholique. Part. 1. chap. 30. &

31.

(b) Stor. di Napoli lib. 15. cap. 4.

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esse publicum crimen, quia quod in Religionem divinam committitur, in omnium fertur injuriam (a); e l'altra di Federico II., che nel suo editto che comincia Inconsutilem (b) comanda, che crimen haereseos & damnatae sectae cujuslibet, quocumque nomine censeantur sectatores, inter publica crimina numeretur; e dopo d'averlo dichiarato delitto maggiore di quello di lesa maestà umana, vuole, che tutti gli Eretici impenitenti siano assoggettati alla pena di morte. Non è minore il numero delle leggi canoniche, che versano sul medesimo oggetto; e sono state con molt'accuratezza registrate dal Cardinal Brancati (c). Tante e sì ripetute giuridiche dichiarazioni, e pene si varie e se vere stabilite ed eseguite in ogni tempo e dovunque ha riscosso la dovuta venerazione ed i maggiori riguardi l'onor di Dio, la tranquillità dello Stato e della Chiesa e la salute dell' anime bastar potrebbono, torno a ripeterlo, ad escludere il dubbio de' nostri contraddittori. Siccome però l'audacia loro li trasporta ad oppor si a tutto l'intero sistema della più venerabile antichità, ed a spacciare tutti i passati nostri legislatori per menti stupide e preoccupate da' pregiudizj della più vergognosa ignoranza; così è necessario, ch' io prenda a battere una strada più lunga e disastrosa e mi prenda il grave carico di munire con nuovi ripari quelle leggi medesime, che per la loro antichità e non mai interrotta Osservanza altro non si doveano aspettare da noi che venerazione e rispetto. Lo farò ben volentieri a vostro riguardo; e m'aprirà la strada a farlo la stessa definizione dell' eresia e dell' Eretico, di cui non si può ben conoscere l'indole perversa e la maliziosa natura senza rilevarne la deformità e la colpa.

E' l'eresia un'errore contrario alle verità rivelate da Dio e proposte da credersi dalla Chiesa: e quello a sentimento di tutti è vero Eretico > che dopo d' essere stato battezzato abbandona la Fede che nel santo battesimo ha promesso di sempre conservar fedelmente anche a costo della vita e del sangue, e più non crede nè a Dio che parla, nè alla Chiesa che spiega e propone la divina rivelazione, ed a questi oracoli di verità infallibile preferisce pertinacemente o le proprie o le altrui capricciose invenzioni. Questa è l'azion' indegna, e questo è l'orribile disor

(a) L.4.§.1.Cod.de Haeret.& Manich., & L.4.C.Theod.de Haer. (b) Presso l'Eimerico. (c) Disput. 15. de Fide art .2.

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dine, del quale voi desiderate sapere se abbia ragione di delitto: ed io domando a voi se ve ne sapete ideare alcun' altro, cui si possa con più ragione attribuire un tal nome. S. Agostino non soffriva che i Donatisti riputassero un piccol delitto l'idolatria; e questa loro asserzione ha sempre stimata un parto informe della viziosa loro indisposizione: An forte, dic' egli (a), parva sunt crimina & parvi aestimanda? solent enim isti etiam hoc dicere pensantes ea non in statera aequa divinarum Scripturarum, ́sed in statera dolosa consuetudinum suarum. E che dovre mo dir noi di quello d' eresia sostituito, com' egli_soggiunge (b), dal demonio in suo luogo, e giudicato da S. Tommaso di tutti i delitti d'infedeltà il peggiore (c), e da S. Girolamo il maggior che commetter si possa da un'empio, giacchè nullus est impius, com'egli crede, quem Haereticus impietate non vincat?

Ma veniamo all'intrinseche prove, e dall' addotta definizione argomentiamo più di proposito la deformità dell' eresia e la gravità del reato che l'accompagna. La gravezza del male dev' essere scandagliata non v' ha dubbio dalla quantità e qualità di quel bene al quale si oppone; chè niuna cosa ha ragione di male che per questa sola opposizione: e quell'azione è di maggior reità infetta, che nata liberamente da ragionevole creatura riesce dannosa a beni maggiori. In quest' aspetto dovete voi rappresentarvi un' Eretico; e dai molti beni, ai quali dichiara guerra implacabile, dovete argomentare la gravità del suo reato; e son sicuro che non penerete molto a giudicarlo di tutti il peggiore. Poco sarebbe se egli non offendesse che se stesso, scostandosi dalla retta strada, che sola può condurlo a salvamento; chè questo è ad ogni altra colpa comune, e solo si può credere in questo d'ogni altra colpa maggiore per quel primo alimento di vita spirituale, cui abbandona, che solo può ricondurlo vegeto e sano sullo smarrito sentiero. S'avanza egli di più colla temeraria sua arditezza, e prende di mira la divina rivelazione e l'autorità della Chiesa; e tanto invanisce e delira ne' suoi pensamenti, che neppure la perdona a Dio, e lo prende a combattere direttamente sul trono istesso della più sfolgorante sua gloria. Io non farò che scandagliar leggermente la profondità

(a) Lib. 3, contr. Parmen cap. 2. num. 9. (b) De Civ. Dei lib. 18. cap. 51.

(c) 2. 2.q. 10. a 4.

ed ampiezza di sì vaste sorgenti e voi sulle giuste bilance del santuario ponderate a qual segno di malvagità e reato s'inoltra chi tanto ardisce e presume.

che

E' la rivelazione, di cui parliamo, al dire di S. Paolo, un raggio benefico di quell' increata Sapienza, che insinuatasi prima per bocca de' profeti, poi per quella della Sapienza istessa incarnata tra le caligini dell' intelletto dell' uomo debole per se stesso e reso anche più debole per le ferite riportate dal primo peccato, dissipò le sue tenebre, ne rassodò le incertezze, e,coine insegna l'Angelico (a), fece sì, che presto e senza mischianza d'errori, arrivasse a scoprire con certezza quel vero o non mai, perchè superiore in gran parte alla naturale attività d' un' intelletto creato, o sempre assai lentamente per la nostra infermità e fiacchezza giunto sarebbe a scoprire. Anche gli antichi filosofi hanno conosciuto la necessità ch' avevamo di un' ajuto superiore per investigar con profitto le più utili verità, e per essere sicuri che i timidi nostri pensieri punto non si allon tanassero dal vero; ond' ebbe a dire Platone nell' Epinomide; Neminem pietatem docere posse, nisi Deus quasi dux & magister praeiverit; e riporta nell' Alcibiade 2. il detto di Socrate, che vuole nihil tutius atque inconsultius esse quam quiescere & expectare, donec aliquis didicerit quo animo & erga Deos & erga proximos esse oporteat. E tra i moderni filosofi Montesquieu (b) confessa essere la luce della rivelazione il maggior dono che l'uomo abbia ricevuto dal Cielo.

I molti errori che s'incontrano in tutti i sistemi di que’filosofi, ch'hanno vissuto fra le tenebre del gentilesimo, confermano a meraviglia questa medesima verità: e n'avrebbono ammesso dei più grossolani ancora e più perniciosi, se quella divina rivelazione, che fatta ai primi nostri progenitori, e rinnovata poi nel lungo volger d'anni per bocca di santi legislatori e profeti, benchè nascosta per qualche tempo tra gli angusti confini di una sola nazione, non fosse trapelata qualche poco al di fuori, e non si fosse mostrata in qualche maniera ai più lontani e stranieri per impedire quegli sbagli maggiori, nei quali sarebbono di leggieri trascorse le menti degli uomini abbandonati aloro stessi. Eusebio tra gli antichi nella Preparazione e Dimostrazio

(a) Part.1.quaest.1.art.1. (b) Esprit des loix liv.24.chap.1.

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