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fluito anche in questa confusione e stortura? Comunque sia, invano si cerca l'occasione e motivo dell' istituzione del tribunale del S. Officio fuori della malvagità degli Albigesi, che più furibonda d'ogni altra infettava ai tempi d' Innocenzo III. il divin Gregge, ed esigeva i più pronti ed efficaci provvedimenti; e l'immediata sua istituzione e principio fuori della provvidenza divina, che mai non manca di suggerire alla dilettà sua Sposa i rimedj opportuni ai mali peggiori, perchè le porte dell' Inferno non prevalgano contro di lei, e dello zelo e dell' industria de' Romani Pontefici sempre instancabile nel pronto disimpegno delle proprie spirituali incombenze .

V'è che ridire anche nelle tracce segnate in questa ricerca dal favoloso Giannone, che troppo si scosta dall' indicato principio. Io ho ridotto l'incominciamento del nostro tribunale al principiare del secolo decimoterzo; nè l'ho fatto senza grande avvedimento e ragione: e sebbene non abbia io potuto fissare l'anno preciso della sua origine, non voglio però permettere, che lo prolunghiate con costui e con varj altri oltre alla metà di questo secolo, per non esporvi al pericolo di dover cre dere con loro, ch'altra incombenza non avessero i primi Inquisitori, che hanno preceduto il Pontificato d' Innocenzo IV., che quella di predicare, disputare ed istruire. Tutt'altro dimostrano le Bolle e canoni testè indicati: e la sola predicazione era già stata esperimentata riparo assai debole contro il furore degli Albigesi, i quali o turavano com' aspidi l'orecchie per non ascoltarla, o alla celeste dottrina de' predicatori apostolici opponevano con egual lena ed impegno le più lusinghevoli voci de' lo ro perversi ammaestramenti. Nacquero gl' Inquisitori corredati di opportuna autorità di procedere e sentenziare; la quale protetta poi dai fedeli sovrani, e sistemata vie meglio dai Romani Pontefici acquistò sul declinare del decimoterzo secolo maggior forza e vigore, come vedremo in appresso, ma non fu mai sfornita di quell' autorità, che compete a vero e legittimo tribunale esteriore.

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Anche il commentatore della Bolla di Paolo III. è caduto questo errore, il quale non ricordandosi d' avere scritto sul principio del capitolo secondo, che i Domenicani ed i Francescani fin dalla loro origine agivano insieme coi Vescovi in Inquisitionis causis ac processibus e in verbi Dei praedicatione...& Inquisitionis munere, e d'aver distinta l'una dall'altra

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incombenza, ha poi l'inavvertenza di scrivere sul fine del capitolo terzo, che S.Domenico e S.Pietro martire erant ex Inquisitorum concionatorum numero, qui verbo & exemplo contra Haereticos praeliabantur, & eorum personas, sicubi latebant inquirebant atque investigabant, ut, iis detectis, nec ad Fidem conversis, legitima potestas de eorum causa judiciario more cognosceret. Io apprenderei volontieri da questo signore come facevano que'santi predicatori a trar fuori dalle loro tane ed e donde scoprivano i loro errori queste volpi insidiose interponevano con loro le opportune istruzioni ed ammonizioni per assolverli pentiti, o consegnarli ostinati al giudizio del tribunal secolare, e di quai mezzi si servivano a quest' effetto. Della sola predicazione non già; che o non la ascoltavano non ne profittavano; e non v'è predicatore che sappia dal pulpito come pensano i suoi ascoltanti. Aggiungevano adunque a lei qualch' altra cosa; e quest' è ch'io desidero di sapere dal nostro bravo indovino: ma temo che non sarà mai per soddisfare ai miei desiderj se non aggiunge quel munus Inquisitionis, che ha indicato una volta, ma che ha poi escluso ben presto, non altro riconoscendo ne' primi Inquisitori che il carattere di semplici predicatori. Senza di quello non avrebbono mai saputo que buoni Padri i pensamenti de❜loro ascoltanti; e se dopo d'aver rilevata da incerti rumori e notizie stragiudiciali la reità di qualch' uno o lo avessero chiamato amichevolmente per convertirlo o lo avessero abbandonato al foro laico per farlo abbruciare, non avrebbero fatt'altro che un passo irregolare ed un' aperta ingiustizia. Tutt' altro metodo aveva prescritto la Chiesa per la giuridica spedizione di queste cause, il quale non poteva essere eseguito senza che quelli che venivano destinati ad mun is Inquisitionis oltre a quella di predicare avessero anche l'altra autorità di ascoltare giudicialmente i denuncianti, sen tir quelli che si davano per informati, e costituire i colpevoli per procurarne o l'emenda colla persuasione o coll' abbandono il castigo. Per tutto questo non basta la semplice predicazione: che nel testo indicato confessa in S. Domenico e in S. Pietro martire munus Inquisitionis, e poi non vuole riconoscere in loro che le sembianze di semplici predicatori, altro non fa che dir cose tra loro ripugnanti e contrarie, ridurre l'officio dell' Inquisizione, che sin dal suo nascere fu riputato di grande imbarazzo e riguardo, al semplice me

e il nostro commentatore

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stiere della non difficile predicazione, ed impegnare tante Bolle de' Romani Pontefici a non far altro che a suggerire agl' Inquisitori l'obbligo di denunciare gli Eretici, noto già a tutti i Fedeli anche prima dell' istituzione del S. Officio. Anche il restringere l'autorità di ragguardevoli persone ecclesiastiche alle sole delazioni senza lasciar loro altr' ingerenza che quella di ammonire ed istruire dolcemente, riservando ad altri tribunali la forza ed autorità di correggere, pute alquanto di quella eccedente spiritualizzazione, che i più indiscreti regalisti vorrebbero introdurre nel tribunal della Chiesa. Ma di questo vi ho parlato abbastanza altrove; e pare a me d'avervi anche scritto abbastanza sull'origine del sagro tribunale. Vi ho esposta la fissa e permanente sussistenza, che vanta dai tempi almeno di Gregorio IX.; il metodo, che fin d'allora usava, non molto dissimile a quello che si pratica presentemente; lo sbaglio di chi vorrebbe di troppo o anticiparne o posticiparne l'origine; ed ho escluse le calunnie di tanti, che non la vogliono ripetere che dalla politica de' Romani Pontefici o da altre viziose sorgenti. Manca solo quella maggior precisioche nel fissare le epoche suol'esigersi dai più nojosi antiquarj. Ma se io non ho saputo soddisfare in questo con maggiore esattezza ai desiderj vostri ed ho confessate ingenuamente le mie incertezze, voi dovete argomentare da ciò quanto mi sia a cuore di non ingannarvi con false congetture e rapporti : e sicuro della sincerità, colla quale v'istruisco, acquisterete sempre maggiore facilità di dissipare quelle tenebre di falsità e calunnie, che hanno sparse nella vostra mente tant' altre guide infedeli. In niun' altra cosa mi troverete così fluttuante e dubbioso: intanto ansioso di poter risarcire questa mancanza con più esatta istruzione mi dico al solito

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LETTERA VENTESIMAQUINTA.

Propagazione e favore ch' ebbe il tribunale del S. Officio nel suo incominciamento e progresso.

L'odiosità al dir de' malevoli è quella macchia, che, come l'ombra i corpi opachi, ha sempre accompagnato per ogni dove il tribunale della Fede: e non contenti di renderlo per tale calunnia a tutti spregevole, hanno ancora la temerità d' inferire da così chimerica supposizione, che è dunque dichiarato contro di lui il dissenso di tutte le genti e nazioni, e per conseguenza l'irregolarità del suo stato. Nella qual maniera di ragionare non so s'io debba più disapprovare la loro temerità nel prendersi gioco dell'altrui buona fede, avanzando le più solenni imposture, o l'imprudenza loro nell'aprir per tal modo un'ampia strada, onde mostrar sempre meglio la stima che merita un tribunale sì saggio. Imperocchè se dalla supposta universale odiosità si credono essi in diritto d'inferire la cattiva sua qualità, quale scampo resterà loro di escludere l'appoggio che trova la sua bontà nel comune consenso di tutti i Fedeli, poichè avrò dimostrato che fu a tutti accettissimo? Contrariorum eadem est ratio; non è men noto che sicuro l'assioma: e se merita disprezzo ciò che è disapprovato da tutti, non può non meritare approvazione ed encomio ciò che è accolto da tutti favorevolmente, come fu accolto in ogni tempo da tutti i buoni il tribunal della Fede, ciò che prendo ora a dimostrare per distruggere quella falsa opinione che dite d'aver concepita su questo punto.

Dopo il felice suo incominciamento non vi è stato Pontefice da Innocenzo III. sino a Paolo III., pel lungo giro cioè di più di tre secoli, che non abbia applaudito e protetto il tribunale del S. Officio; non Concilio di qualche nome, che non n'abbia fatti magnifici encomj; non principe infine o magistrato, che l'abbia defraudato della sua assistenza e protezione. Innocenzo III., Alessandro IV. e varj altri in seguito scrissero lettere premurosissime ai Vescovi ed agl'Inquisitori, perchè non trascurassero una così vantaggiosa istituzione. Gregorio IX. prefisse l'ordine da tenersi e nel procedere e nella scelta de' nuovi officiali e ministri. Lo confermò Innocenzo IV., e suggeri regole salutari ai sovrani

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e magistrati, onde divenisse più vantaggioso, ed esortò gl' Inquisitori a continuare con diligenza e coraggio il malagevole impiego, e di molti privilegj li arricchì e di spirituali e temporali fa vori. Urbano IV., Clemente IV., Niccolò III., Onorio IV., Clemente V., Gioanni XXII., Gregorio XI., Martino V., Calisto III., Pio II., Sisto IV., Innocenzo VIII., Alessandro VI., Leone X., Adriano VI. e Clemente VII. non furono dissimili in quest' impegno ai gloriosi loro predecessori, come si può vedere e nella raccolta che fa il Pegna delle loro Bolle in fine del Direttorio di Eimerico, e ne' Bollarj de' Domenicani e Francescani. Manca mol. to alla pretesa moltiplicità de' nemici del tribunale, se si devono detrarre dal numero di quelli, che l'hanno odiato, i Romani Pontefici, che soli bastano colla subline loro dignità a rappresentare l'universalità de' Fedeli, ed all'approvazione dei quali chi volesse detrarre la forza che merita per essere l'istituzione del S. Officio un libero esercizio del loro primato, si troverebbe nella misera necessità di non poter più far conto neppure del primato medesimo, al quale per altro non si può ripugnare sen za dichiararsi Eretico manifesto. Ma non sono i soli Papi gli approvatori di così utile istituzione. Scorrete la storia de' principa li Concilj congregati dopo il decimoterzo secolo ; e li vedrete tutti impegnatissimi a favorirla, ed in ispecial modo quelli di Vienna, di Costanza e di Trento; il primo de' quali la cura si prese di por riparo ai difetti de' suoi inesperti e viziosi amministratori, l'altro lo fornì di nuovi ajuti e ripari, ed il terzo cangiò più volte le prese risoluzioni in materia di disciplina, perchè sospettò che riuscir potessero di pregiudizio al tribunale della Spagna. E sarà questo parto di ostile disapprovazione, e non piuttosto contrassegno evidente di venerazione e rispetto? Non meno de' sagri Pastori si sono mostrati propensi a favorirlo i magistrati e sovrani. Era preceduto di pochi anni il suo incominciamento, quando Federico II. munì co'suoi diplomi una così lode. vole istituzione: e giunse tant' oltre il loro favore, sino a ricercarlo con importune preci al Romano Pontefice, ove non era ancora eretto, sino a procurare di stabilirlo a forza, ov' era già ov'era decaduto, sino a farlo una delle loro più calde premure nelle testamentarie disposizioni, come leggesi di Carlo V. : e di quest' universale favore di tutti i sovrani sono una non equivoca prova le sue leggi e statuti ricevuti con molta religiosità in tanti dicasterj e governi, e il giuramento di osservarli che ha prestato

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