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ne Evangelica e Vincenzo Lirinense nel Commonitorio, e tra i moderni Uezio nella Concordia della Ragione colla Fede e l' Ansaldi nel libro de Traditione principiorum legis naturae hanno dimostrato assai bene quant' abbiano tutti i filosofi e sapienti del mondo profittato in ogni tempo di questa luce divina, e quanta parte abbia avuto in ciò che trovasi di ragionevole e giusto nei loro sistemi di mitologia e morale. Ma lampi erano questi di luce imperfetta, che interrompevano, non dissipavano le loro caligini. À noi soli era riserbata quella copiosa luce divina, che illumina perfettamente, e senz' abbaglio o incertezza scopre ogni più utile verità; e compagna fedele di quelle grazie e forze superiori, colle quali non lascia la provvidenza divina di porger riparo alle deboli forze di una natura già spossata ed inferma, fa sì che l'uomo divenga di se stesso maggiore, e facile e pronto non solo a scoprire le più sublimi ed utili verità, ma anche ad eseguire le più grandi è difficili imprese e quel perfetto sapiente, che non seppe mai produrre nè il Pecile nè il Peripato, nacque al primo spuntar di questa luce divina, è crebbe e si moltiplicò in maniera, ch' ebbe luogo non solo nelle reggie più nobili, ma anche fra le più sconosciute capanne. Ora il credereste! questa appunto è la luce, che l' Eretico non cura e disprezza; quest' è quel lume divino ch' egli pospone al lume tenuissimo della ragione; e questi sono gli ajuti ai quali si oppone con pertinacia e resiste: è potrà farlo senza colpa? e non sarà questa opposizione, in un battezzato specialmente de' delitti maggiori?

› uno

Un filosofo gentile, che non conosce la divina rivelazione, se avviene che s'appigli ad un culto superstizioso, e ch'ammetta un qualch' errore contrario alla stessa naturale onestà, non si oppone che agli scarsi lumi della ragion naturale, che non è capace di preservarlo da ogni errore, ed a que'sussidj comuni, de quali nel presente ordine di provvidenza niuno vien defraudato. Non è così dell' Eretico, che ha già gustato le dolcezze de' sovrannaturali favori, ed ha scoperto quel lume superiore della divina rivelazione, che al dire di S. Paolo Apostolo (a) utilis est ad docendum, ad arguendum, ad corripiendum, ad eru diendum in justitia, ut perfectus sit homo Dei ad omne

(a) 2. ad Timoth. 3.

opus bonum instructus. Egli si oppone non alla sola ragione, ma anche a questa luce divina, che scopre a lui i più reconditi arcani della Sapienza eterna; vi si oppone a ragion veduta dopo d'averne sperimentati i benefici influssi; vi si oppone con espressa malizia chiudendo gli occhj per non vederla; vi si op pone finalmente con incredibile malignità procurando d'avvilirla nella mente di quelli che di buon grado l' accolgono. Quanti mancamenti in un solo ! e quante ragioni per crederli peggiori di tutti! Imperciocchè se commette un delitto chi disprezzando la luce della ragione e degli occhj studiosamente s'ubbriaca e s'accieca, come sarà innocente chi odia questa divina luce, la quale è tanto più pregevole di quella degli occhj e della ragione quant'è più pregevole la Sapienza increata degli incerti e timidi nostri vaneggiamenti e pensieri? Come non crescerà in infinito il suo reato ai dì nostri, ne' quali sì chiara risplende per ogni dove questa divina luce, e sono sì evidenti, moltiplicati e sicuri i motivi d' incontrastabile credibilità, che l' accompagnano?

Ma niun' Eretico, direte voi, disprezza con avvertenza la divina rivelazione, e si scosta a ragion veduta da' suoi divini ammaestramenti: chè pazzo e non Eretico dovrebbe chiamarsi chi non volesse ascoltare un Dio che parla, e lo riputasse capace di spargere errori e menzogne. Chi non ammette le verità rivelate, non è perchè creda Iddio bugiardo, o non voglia ascoltarlo, ma perchè non sa bene se abbia parlato, o in qual senso si debbano intendere le sue parole; ond' è che sembra doversi paragonar piuttosto a chi facendo l'uso possibile della ragione ha la disgrazia di non discernere il vero, e di giudicare per fatale necessità d' inevitabile ignoranza conforme alla rivela zione ciò che vi contraddice e ripugna, di quello che debbasi assomigliare a colui che a bella posta s' impazzisce o s'accieca. Ma voi avete ben diverso concetto da quel che meritano e la rivelazione e gli Eretici, se credete che o quella nata ad illuminare ogni uomo del mondo possa restar nascosta a chi la cerca con sincerità e premura, o questi siano incapaci di creder Dio bugiardo nelle sue istruzioni e di rispondere a lui cogli empj di Giobbe; recede a nobis ; scientiam viarum tuarum nolumus (a). Quanto alla forza della rivelazione ve l'ho accenna

(a) Cap. 21. vers. 14.

ta testè con S. Paolo: quanto alla malvagità degli Eretici oltre agli empj, de' quali parla il sagro libro di Giobbe, non hanno avuto scrupolo di ripeterlo i Priscilianisti, i Davidiani e gli Ar meni discepoli d'Eutiche e di Dioscoro, e tant' altri settarj, che potrete incontrare nelle più accreditate storie dei loro errori. Ma quand' anche niuno d'essi o pochi avessero voluto così delirar con costoro, credete voi per questo d' avere avvantaggiato molto a favore degli altri increduli, e di poterli far comparire per ciò meno colpevoli? V ingannate di molto se così la pensate; e la vostra risposta altro non fa che scoprire in costoro una nuova sorgente di reità e malizia. Se non ricusano questi di ammettere la divina rivelazione si mostrano almeno rivoltuosi e ribelli a quell' immancabile autorità, che Dio ha stabilita qui in terra a nostra sicura scorta e governo: e mentre cercate di liberarli dal delitto d'aver credute bugiarde le divine parole, non lasciate di condannarli come colpevoli d' aver riputate înfedeli le sue promesse; col solo divario che se quello è delitto di alcuni, quest' è comune a tutti i settarj, e si può dir di tutti ciò che scrive S. Agostino a Dioscoro (a), conatur ergo auctoritatem stabilissimam fundatissimae Ecclesiae quasi rationis nomine & pollicitatione superare. Omnium Haereticorum regularis est ista temeritas,

Non ha Iddio soltanto parlato all' uomo, nè si è degnato solo di scoprire al medesimo le più utili verità e la maniera di quel culto, col quale vuol' essere onorato; ma ha anche stabilito nella Chiesa il custode ed interprete delle sue rivelazioni : e siccome a rendere nelle civili repubbliche più vantaggioso il lume della ragione ha voluto, che fosse affidato alla pubblica più illuminata podestà il diritto d'interpretarne i dettami, e di prescriverne alle soggette persone i più precisi doveri ; così a rendere più vantaggiosi ai Fedeli i lumi della rivelazione ha stabilito la sacra sacerdotale podestà, cui ha commesse le parti di conservarne con gelosia il deposito, e d'interpretarne occorrendo i sensi oscuri, e di proporli e diffonderli per ogni parte dell'Universo; e quest' autorità è di quelle tanto più rispettabile e pregevole, quanto maggiori sono i privilegj, dei quali l' ha voluta arricchire. Ella nasce da Dio immediatamente, che vestito di mortale spoglia l'ha comunicata colla stessa sua voce agli

(a) Epist. 118.al 56.cap. 5.n. 32,

Apostoli, e quel rito ha istituito, pel quale doveva essere trasferita nei successori; nè è ristretta a sole cerimonie esteriori, o a certi luoghi e nazioni, nè soggetta ad umane mutazioni e vicende; ma si stende sino a cancellare i peccati, abbraccia nel vasto suo seno tutta la terra, e niuna forza o potere può prevalere contro di lei, che spalleggiata dalle divine promesse non sarà mai per cessare sino alla consumazione de' secoli. Doti tutte o quasi tutte, che mancavano al sacerdozio levitico, e mancano molto più a qualunque podestà temporale, che per quan to suppor si voglia elevata e sublime non eccederà mai l'ordine della natura, sarà sempre ristretta tra brevi confini di poche genti e nazioni, e soggetta alle umane vicende. Posto ciò, che non può essere chiamato in dubbio da chi ha letto il vangelo e scorsi i primi elementi dell'una e dell' altra storia, io non cerco che la buona fede in chi m'interroga se commette un delitto colui che si vanta d' intendere meglio della Chiesa la divina rivelazione, o di spiegarla con eguale autorità e sicurezza. Divien reo di delitto gravissimo quel suddito, che al sentir pubblicare la legge del suo sovrano ne mormora e la taccia d'irragionevole ed ingiusta; e resterà innocente un' Eretico, il quale non solo non s'acquieta alla voce della Chiesa che istruisce o spiega la divina parola, ma con insoffribile temerità asserisce che più vagliono i suoi lumi di quelli ch' essa dice d'avere da Dio, e ch' egli solo non s'inganna, e travede la Chiesa? Era meritevole di riprensione e condanna quell' Ebreo, che al sorgere qualche dubbio sull' interpretazione dell' antica legge si regolava a capriccio; e molto più se dopo avere interpellato il parere del Sacerdote, come aveva prescritto Mosè, ricusava di consentirvi; e sarà innocente un Cattolico che ne'suoi dubbj o non consulta l'oracolo infallibile della Chiesa, o lo disprezza? La cosa è così manifesta, che non merita maggiore schiarimento. Non è però in questi incontri vilipeso il solo magistero del quale Gesù Cristo ha voluto arricchire la sua Chiesa; ne soffre ancora quella podestà di regime e governo, della quale l'ha fornita egualmente. Ella non solo insegna le verità rivelate, ma unisce l'autorevole sua voce a quella del Redentore, e comanda ai suoi figli di crederle con ogni docilità e prontezza ed il trasgredire questa legge con pertinacia è un non far conto della sovrana sua autorità, e tutto restringere il suo potere ad uno sterile e debolissimo magistero. So

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che la maggior parte dei Protestanti ch'hanno scritto sul diritto e civile e canonico ricusano d'accordare il nome e valore di pubblica legge all' ecclesiastiche disposizioni, se pure non vengano confermate dall' autorità del sovrano, cui solo accordano il potere di promulgarle ma io credo la loro opinione un'error manifesto contrario a quella suprema podestà, che Gesù Cristo medesimo ha stabilito nella sua Chiesa, allor che disse a S. Pietro di pascere il suo Gregge, e consegnò a lui le chiavi del regno de Cieli; e credo quest' opinione non meno di tant' altre loro bestemmie parto infelice di quella miscredenza, che li accieca. Non è la Chiesa una società meno perfetta dell' altre ; non è dell' altre meno ordinata e visibile; non meno autorevoli adunque esser debbono que' superiori che la governano, pubblici e palesi que' vincoli, che la stringono esteriormente, inviolabili i doveri che l'accompagnano: ed è da credersi assai più sprezzatore di Dio e de' divini comandamenti chi disprezza i`sagri Pastori ed i loro comandi, che chi disprezza il sovrano e le civili sue leggi . Si chiami pure come più loro aggrada un tale comando: chè non è questo il luogo di disputare sulla legislativa podestà della Chiesa; niuno potrà negarmi che incontrino i Fedeli un preciso dovere di obbedire alla Chiesa allorchè definisce e propone le cattoliche verità, senz' aspettare altre approvazioni e conferme. La sua voce non è che la voce di Gesù Cristo: Qui vos audit, me audit. Ed anche prima che i sovrani fossero in disposizione di approvare le celesti sue leggi Dio ha intimato a tutto l'uman genere di credere sotto pena di morte eterna e la Chiesa interprete fedele della divina volontà sotto gravi pene anche temporali ha rinnovato così utili prescrizioni a tutti i Fedeli. Qui non crediderit, condemnabitur; così Gesù Cristo in S. Marco (a): e si hanno poi su questo proposito tante regole conciliari, e tanti canoni apostolici, quante sono le dommatiche definizioni, che proscrivono gli errori e sotto gravissime pene proibiscono di adottarli; ed a queste proibizioni hanno sempre prestata la dovuta obbedienza tutti i buoni Fedeli, nè v'è che il solo Eretico che abbia la temerità di contraddire. Chi può dunque recare in dubbio, che costui oltre il divin magistero non ponga in non cale l'autorità della Chie

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