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LETTERA VENTESIMANONA.

Il tribunale del S.Officio non istà male in mano de'Regolari.

Più che la vostra protesta mi persuade della buona intenzione

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che avete di secondare le mie brame il bel quesito, che mi facercandomi se sia o no conveniente che il tribunale del S. Of ficio resti in mano de' Regolari, e seguiti ad essere servito come adesso dai suoi Patentati. Questo riguarda non fatti e cause particolari o antiquate ma la costruzione stessa del tribunale presente ed il suo buon regolamento e sistema; cose tutte che non escono dai confini che ho prescritti ai vostri dubbj nell' altra mia, e tanto interessano il nostro carteggio. Io vi resto tanto più obbligato quanto è più importante il quesito e quanto è stata più pronta e compita la vostra rassegnazione. Devo però av vertirvi prima di scioglierlo che non posso comprendere in una sola lettera l'una e l'altra parte del quesito proposto, sì perchè la prima non può essere spedita così brevemente, come ancora perchè non sono tra loro di ugual condizione e rimarco. De' Patentati parlerò poi: altro non farò in questa che dimostrarvi quanto sia irragionevole il progetto di chi procura di trasferire la carica dell' Inquisitorato dal ceto de' Regolari a quello dei Chierici secolari. Non sarebbe stato soffribile per verità un tal progetto neppur prima dell' indicata riforma, quando sfornito l'impiego di quel magnifico tribunale supremo che modera adesso con

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tant autorità e saviezza tutti i movimenti de' tribunali inferiori, la maggior parte de' suoi affari era terminata come v'ho detto altrove dai Vescovi ed Inquisitori particolari, l' inesperienza ed inesattezza de'quali non andava sempre immune da ogni censura, e la carica d'Inquisitore era provveduta e rimpiazzata da chi non ne comprendeva abbastanza la gravità. Anche allora era assai commendevole l'unione dell' uno e dell'altro ceto per la più facile e diligente spedizione di questi affari. Ma che sarà poi adesso che si poca parte ed arbitrio è restato e delle provviste ai rispettivi Superiori e degli affari agl' Inquisitori partico lari, chè quelle sono devolute alla suprema sagra Congregazione, e questi sono stati sistemati per modo che gl'Inquisitori più che giudici aver si possono per semplici ministri ed esecutori

delle disposizioni della medesima Congregazione? Cosa non v'è nel sistema presente che li disapprovi ed escluda: eppure è adesso che ha presa maggior voga un tal progetto, e per ottenerne l'adempimento si spaccia adesso da alcuni mal' affezionati e ai Regolari e al S. Officio che non è tollerabile perchè si trova in mano de Regolari. Più d'ogni altro però si è riscaldato in questo miserabile impegno l'autore del commentario sopra la Bolla di Paolo III. altrove citato, che non ha solamente cercato d'escluderli da un tale impiego stampando un libro di pagine 288. per dimostrare quam opportunum & necessarium hujusmodi consilium sit, ma ha fatto ogni sforzo per infamarli.

Veramente a leggerlo con qualche attenzione più che il ceto de' Regolari pare che abbia preso di mira quello de' Domenicani, non parlando che di loro in quasi tutto il decorso dell'opera. Nella quale supposizione memore dell'antico propo sito di non ingerirmi in difese di ceti e persone particolari avrei potuto dispensarmi dalla noja di leggerlo e di confutarlo. Sic come però non lascia di parlare talvolta di tutti i Regolari in genere, e pretende che non le private circostanze ed impegni Domenicani ma la stessa condizione, che hanno comune con tutti gli altri, li inabiliti a quest' impiego; così non ho creduto di potermi esentare dal prendere questo libercolaccio nella dovuta considerazione. Lo farò però con quella generalità che esige il vostro quesito e il mio proponimento, senza impegnarmi a dimostrare come convenga ad uno piuttosto che ad altro ceto di Regolari, e molto meno a vendicare il Magistero del S. Palazzo, il Commissariato del S. Officio ed il Segretariato dell' Indice e que' sommi personaggi, che hanno sostenu to sinora quest'impieghi, da quell'imposture e calunnie che ven gono loro addossate dal nostro commentatore. Non ne ha bisogno chi ha una lieve tintura dell'ecclesiastica storia; e basta sapere le loro incombenze e leggere i cataloghi de'loro nomi presso Mons. Luccarini, l'Echard, il Fontana, ed il Catalano per restar persuaso e dell' importanza del loro impiego e della gloria che la maggior parte di loro ha aggiunto coi rari suoi pregi alle cariche quantunque luminosissime invece di acquistarne. Nominerò appena qualche volta il Commissario, che ha maggior connessione cogl' Inquisitori, che interessano di più il nostro argomento, ed ai quali il commentatore mostra maggior' avversione; e nel ribattere le sue storture, stravaganze e calunnie pro

curerò di farlo con quella moderazione, che non sarà in vero corrispondente alla rabbia colla quale egli ha scritto, ma che converrà molto bene alla meschina condizione del suo naturale che merita più compassione che risentimento.

Per riuscir nel mal' augurato suo impegno premette il bravo nostro commentatore, che nel tribunale del S. Officio e in Roma e altrove tutto è interesse, prepotenza, partito e disordine, ed invece di riputarlo, qual'è in realtà, sodo riparo del santuario e fortezza inespugnabile della Chiesa di Dio, perchè assistito da un Frate Commissario e da Inquisitori parimente Frati, lo spaccia qual partitante indegno de' novatori. Ma come suppor ciò dopo d'averlo descritto nel vero suo aspetto e d'averlo riconosciuto composto di quei sommi personaggi ed a quella forma ridotto, ch' io v'ho indicata nella mia lettera 26.? Sono forse i Papi', i Cardinali e tanti Prelati insigni, che circondano il trono Apostolico, ed hanno parte anch'essi nella Congregazione e consulta del tribunale supremo, tinti di simil pece? Ma qual riparo in tanta depravazione di massima e costume ritroverà egli poi ai disordini de' Regolari, se vacillano quelli stessi che procura di sostituire per rimediarvi? Sono forse quelli così ignoranti che non sappiano, o così trascurati almeno e distratti che non vogliano impedirli? Il credereste, amico! quest' è appunto il ripiego al quale si appiglia il commentatore per isfogare con qualche pretesto meno irragionevole il suo livore contro quei pochi Regolari, a' quali è affidato quest' affare che più d'ogni altro interessa la S. Sede. Sono i Regolari per lui così trasportati da spiri to di partito e dall'uniforme loro educazione così disposti a calpestare quanto v' ha di più sagro in Cielo e in terra, che nulla più resta a sperare alla S. Sede da loro in quest'impiego di utile e di decoroso. Sono gli altri così inetti e spensierati nel porgere in questa parte qualche soccorso alla desolata Sionne, che di tutt' altro si occupano, che della sua assistenza e difesa, e vili pedis sequi del Commissario e di pochi astuti Regolari si trovano nella fatale necessità di secondare ogni loro capriccio, e di lasciarsi trasportare dovunque li spinge o la passione o il partito. Ma ditemi voi colla solita vostra ingenuità; cos'è maggiore in costui, l' incoerenza o l'ardire? l'ardire, col quale osa di porre la bocca in Cielo e tacciare di viltà chi appena egli era degno di nominare? o l'incoerenza, che lo induce a spacciare per imperiti e viziosi que' Chierici stessi che cerca di sostituire per correggere

i difetti de' Regolari? Io sono certo che il nostro commentatore sarebbe divenuto di fuoco al leggere nel Prologo che fa al Panegirico di Giansenio Egidio Candido Giansenista sfacciato, che i Teologi e Cardinali eletti ad esaminare il libro di Giansenio non avevano mai lette le Opere di S. Agostino, e che molti di loro non capivano nè tampoco i termini della materia di cui si trattava; e nell'ascoltare molto più dalla sacrilega bocca dell' insidioso Quesnello e del suo avvocato Van Espen, che la massima parte de' Cardinali non intende nulla (a), e che suole uniformarsi ai sentimenti dei Consultori (b): e come poi non si vergogna egli di ripeterlo di tutti allorchè si tratta di rendere odiosi i Padri Domenicani? Così esala dalla stessa bocca il caldo e il freddo; e tanto l' accieca una malnata passione. Io però senza punto alterarmi mi dolgo altamente dei pessimi trattamenti usati coi Cardinali e Prelati più rispettabili di Roma, e da gran tempo compiango la misera condizione, alla quale è stato ridotto dall'altrui malvagità ed invidia il rispettabile Ordine Domenicano, posto già dal mal' umore di chi lo perseguita tra due forze di opinioni ripugnanti e contrarie, che presso de' meno illuminati e meno cauti lo fanno comparire assai diverso da quello che è sempre stato, e coll' ajuto di Dio è da sperarsi che sia per conservarsi mai sempre. Se ascoltiamo gli annalisti di Parigi e Toscana altro non fanno i Domenicani da gran tempo e dalle loro cattedre e colle stampe che favorir quel partito che tanto stava a cuore del nostro commentatore; ed il Gotti, il Ricchini, il Mamachi, il Soldati e la Minerva intera altro più non sono che Domenicani Molinizzanti, che per la vile loro apostasia hanno contribuito moltissimo alle condanne delle opinioni giansenistiche e de' libri di questo partito, e segnatamente de' loro fogli periodici, del Cattechismo del Mesanqui, dell'Analisi del Tamburini, della Teologia di Lione e di tant' altri libri refrattarj, ereticali e scismatici. Se ascolto il commentatore con varj suoi aderenti, non d'altro mai sono stati solleciti che di proteggere il giansenismo per far prevalere la massima dell' antica loro scuola contro il contrario partito, e tutti li spaccia dispostissimi a sagrificare i dommi più sacrosanti della cattolica Religione ai particolari, ch' egli chiama gentilmente gian senistici, loro sentimenti sulla Predestinazione e sulla Grazia. Si fa un torto manifesto ad un' Ordine quanto costante a sostenere

(a) Caus. Quesnel. art. 13. (b) Jus Eccles.Univ.p.1.Tit. 12.

colla permissione della S. Sede una dottrina che crede dell' Angelico suo santo Dottore, tanto pronto a sagrificar tutto in ossequio della S. Sede medesima ed a secondare colla voce, colla penna e col silenzio ancora qualunque suo cenno: e ne sono un'autentica prova le varie questioni che quasi più non s'incontrano ne' scritti d'autori Domenicani dopo che la cattedra di S. Pietro ha imposto silenzio, e le dispute stesse sulla Predestinazione e sulla Grazia per sì lunga stagione sepolte in una lodevole dimenticanza quando parve che questo fosse il desiderio di Roma, e tutti i libri in fine scritti a sola difesa delle incontrastabili verità definite dalla S. Sede contro i moderni novatori e settarj. Se di loro si lagnano i Giansenisti, non si lagnano a torto, che in loro appunto hanno incontrato il maggiore ostacolo nelle irragionevoli loro ed erronee pretensioni: ma non ha ragione di lagnarsene il commentatore, che incontrerà nelle migliori loro Opere moltissimi lumi e ragioni onde sostenere con maggior forza le cattoliche verità, e sodi fondamenti e principj onde procedere con sicurezza tra due opposti estremi ed abbattere con più felice successo l'error contrario. Ma non è affare del presente carteggio il cercar ragioni di torti si grandi. Sono stati vindicati abbastanza, e continuerà con ugual fortuna a vindicare gli oltraggi recati con tant' ingiusti zia e all'Ordine e ai suoi più bravi scrittori chi ha di me più lena e valore e restringendo io il mio ragionare alle sole cose che interessano il tribunal della Fede, prendo a dimostrarvi quanto sia dicevol cosa e plausibile che le Inquisizioni restino in mano de' Regolari, e quanto inette siano e ridicole le congetture e riflessi che porta il commentatore per ispogliarneli. Risulta la prima parte dalle diverse doti e prerogative che si ritrovano nell'uno e`nell' altro clero: nasce l'altro dall'insussistenza e sciocchezza di tutto ciò che il grand' uomo del commentatore ha saputo inventare per dimostrare il contrario.

Sono i Regolari per indispensabile condizione del loro stato addetti ad una vita più metodica e perfetta e sciolta da ogni ingombro di mondane occupazioni e comparse. Nati sono per loro istituto a sussidio del clero secolare, e sono stati introdotti nella Chiesa a coadjutori degli altri, come furono introdotti da Mosè nel governo del Popolo di Dio i Centurioni, i Quinquagenarj, i Decani, e come furono chiamati da S. Pietro nella sua navicella operarj stranieri a scarico dell'abbondante sua pesca. Sono inoltre, a scanso d'ogni variazione nella regolare loro osservanza, per liberale con

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