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cessione del supremo Gerarca del cristianesimo in più cose esenti dalla vescovile giurisdizione ed al Romano Pontefice in modo speciale soggetti, e per pia affezione de' popoli e de' sovrani hanno per tutte le parti del mondo, quelli almeno de' più vasti istituti, comodi stabilimenti e case religiose di diritto comune. Sono queste le più generali e vere prerogative che distinguono sostanzialmente l'uno dall' altro ceto, e sono queste appunto le doti e prerogative che approvano l'uso che ha la S. Sede di commettere ai Regolari il tribunal della Fede, e che io prendo ora a sicuro argomento del primo mio assunto scorrendo per ognuna delle medesime.

La loro professione di vita più umile ritirata e perfetta, che nobilitata anche meglio dai loro voti solenni diviene più luminosa e pregevole, è stata addotta da S. Tommaso e da S. Bonaventura per dimostrare che non ripugnava ma era anzi conveniente, che i Regolari avessero luogo nelle Università, e che fossero promossi anch'essi a gradi accademici, e si esercitassero in quegl' impieghi che venivano loro contrastati dalle ardite opposizioni di Gugliemo di S. Amore e chi considera tutto il tenore del loro ragionare tosto s' avvede che non iscema, ma cresce di forza se venga applicato al soggetto di cui parliamo, che persone esige e più istruite ne' sagri studj e di più caldo zelo accese e meno distratte da terrene e domestiche occupazioni e non può non essere che una vera pazzia il pretendere ch'essi divengano meno atti ai sagri impieghi, perchè professano una vita più morigerata e perfetta. Ma più ancora della loro perfezione approvano il nostro piano le altre doti. E chi può essere mai più atto a servire d'ajuto e sollievo ai Chierici secolari di quelli che sono stati istituiti per questo? chi può meglio servire la S. Sede in qualità di suo special delegato di uno che da lei sola dipende, e vi resta soggetto in modo speciale? Io non voglio detrarre al clero secolare punto di quella lode che si è meritata col valore di tant'uomini sommi in probità e dottrina, e che nella sublimità e grandezza punto non cedono al merito dei Regolari: dico solo che se leggerete la bell' orazione composta dal Padre Segneri in favore di questi, e se entrereté in qualunque discreta libreria, e vi farete a considerare lo stato e la condizione degli autori che la compongono, vi vedrete per lo più costretto di preferire questi a quelli. Quand' anche però in tanta disuguaglianza di numero tra l'uno e l'altro ceto vi restasse qualche divario, non sareb

bero ciò non ostante nell' impiego del S. Officio da posporsi i Regolari ai Chierici secolari e per la speciale loro subordinazione e dipendenza dal Romano Pontefice e pel totale loro disimpegno da ogni cura terrena e per l'umile e disagiata vita che professano e per l'estensione in fine e vasti stabilimenti de' rispet tivi loro istituti, che sono le altre doti tutte caratteristiche e proprie de' Regolari. Li rende le prima più disposti a sostenere una tale delegazione senza gelosia delle diverse diocesi, alle quali si stende per ordinario la loro giurisdizione, senza contrasto de' diversi gradi che al clero secolare appartengono, senza difficoltà di fissare in uno piuttosto che in altro luogo la loro residenza, e senza risentimento di alcuno se uno piuttosto che un' altro ministro subalterno venga scelto ne' vicini distretti . Li rende l'altra più solleciti e pronti nel geloso disbrigo delle loro incombenze. La terza fa sì che riesca meno gravoso il loro mantenimento e la quarta in fine loro lo somministra per ogni dove senz' aggravio e molestia d'alcuno, anche in tempo delle maggiori persecuzioni e contrasti. Vantaggi sono questi che si spererebbono in vano, almeno con pari facilità e prontezza, dai Chierici secolari, i quali e per l'ordinaria subordinazione che hanno ai loro Pastori e per le distrazioni che ricevono dalle temporali loro incombenze non lascierebbono mai di far temere o un grande rammarico ne' primi, se li vedessero distolti dall' immediato loro servizio per accudire a quello della S. Sede, o una maggiore gelosia in quelli delle altre Diocesi che non fossero stati riconosciuti capaci di un tale impiego, e in tutti in somma non piccolo torpore e riserva nell' assistenza e nell' esercizio del difficile impiego per mille altri straordinarj emergenti.

Anche le gare e contrasti, che nascerebbono spesso per sostenere con decoro le convenienze del loro distinto grado, riuscirebbono molestissime, e di non piccolo ostacolo allo spedito e facile disimpegno di così grandi incombenze. Finchè resta il tribunale in mano de' Regolari vedo i suoi amministratori così nascosti tra le oscurità del loro chiostro e così ristretti tra le umili divise del loro santo istituto, che si mostrano appena al di fuori e non trovano ormai più con chi contendere di precedenza e convenevolezza. Vedo i due insigni Ordini Domenicano e Francescano impegnatissimi a somministrar loro quanto occorre al religioso loro mantenimento. Li vedo bene alloggiati dove risiedono per esercitare con quiete la loro ca

rica, e non che mantenuti di vitto e vestito ma anche provvedu
ti di religiosi vicarj, notari, conversi a spese per lo più de' Con-
venti: e se avviene talvolta che dai malevoli perseguitati venga-
no costretti ad abbandonare le loro residenze, li vedo accolti
con uguale zelo e premura in altri Conventi, come è stato pra-
ticato con Michele Gisiglieri, che fu poi Pio V., fuggito da Ber-
gamo e ricevuto con molta liberalità in Como ed in Roma, con
I'Inquisitore Granara scacciato da Mantova e rifugiato in Anco-
na, ed a nostro ricordo cogl' Inquisitori Ciacca e Mabil, che
da Piacenza e da Avignone si sono trasferiti in Pesaro ed in Ri-
mino, e con due Inquisitori Francescani, che nella loro caduta
hanno ritrovato ne'loro Conventi di Toscana sostentamento e ri-
fugio. Ma fate che passi l'impiego dei Regolari in mano dei Chie-
rici secolari; dove troveranno questi spedito e facile l'asilo in
tempo di resistenza e opposizione? e sussistendo pacifici nel loro
impiego, chi potrà provvedere al più magnifico loro sostentamen-
to? Chi porrà termine ai frequenti contrasti che nascer debbono
necessariamente tra persone di distinto carattere, autorizzate alla
stessa incombenza, ed impegnate egualmente dal loro stato a
comparire con decenza e à niuna cedere di quelle decorazioni e
diritti, anche di pura convenienza, che ad esso convengono ?
Sarebbe bastevole a questo intento la Corte di Roina? ma di
quale ostacolo non riuscirebbe mai alla facile composizione de'
dispareri la diffidenza, in cui cadrebbe presso non pochi mal' infor-
mati Presidenti e Pastori per questa medesima novità e per la nuova
comparsa e pompa esteriore di tanti e sì rispettabili delegati aposto-
lici.? Provvedrebbe all' altro la Camera apostolica? ma qual non
soffrirebbe ella aggravio insopportabile dalla moltiplicità di tanti
e sì dispendiosi individui, quanti esser dovrebbono gl' Inquisitori,
che il ben pubblico chiama e moltiplica per ogni dove? I Ves-
covi? ma se non hanno per ordinario come supplire al proprio
mantenimento ed a quello de' poveri della loro diocesi,
potranno assoggettarsi al nuovo dispendio? Le Comunità rispetti
ve? ma se riuscì loro gravoso un tempo il mantenimento delle
carceri e de'carcerati, e furono per ciò esentate da un tal peso,
sarebbe l'aggiunta di ministri così dispendiosi? Non avrebbero a
mio credere alcun termine le dissensioni, ed altro rifugio non
troverebbe la loro sussistenza che o ricorrere alla pietà de' Fe-
deli, che somministrasse loro quanto bisogna o alla soppressione
di qualche monastero o Beneficio, che, trascurate le pie inten-

come

che

!

zioni de' fondatori, volgesse le rendite al conveniente mantenimento de' nuovi delegati apostolici. E questo sarebbe al certo assai coerente alla moderna pratica, che nulla sa fare di bene senza distruggere un' altra cosa ben fatta; e quello sarebbe conforme all'antica religiosità de' primi Cristiani: ma l'uno sembra a me quasi impossibile, l' altro non è affatto esente da moltissimi inconvenienti.

Non essendo le fatiche degl'Inquisitori così frequenti e sensibili, come quelle degli altri sacerdoti, che annunciano la parola di Dio ed amministrano ogni giorno i sacramenti, chi può sperare che in tanta decadenza di fervore e pietà le obblazioni de' Fedeli fossero per riuscire sufficienti, se spontanee, o non odiose e rincrescevoli, se carpite a forza delle loro mani? E le soppressioni de' monasteri e de' Beneficj quanto non diverrebbero per gl' Inquisitori Preti odiosa cosa, se moltiplicate di troppo facessero di continuo risovvenire ai Regolari, che non occupano solo le cariche, che per tanti secoli sono state uno de' lustri maggiori del ceto regolare, ma che vivono ancora a loro spese e discapito? E le Chiese che resterebbono per questo nuovo provvedimento chiuse alla divozione de' Fedeli, e le scienze e le arti ed i poveri, nudriti sì spesso dai monasteri, che resterebbero privi di sì opportuno sovvenimento, e quelli che aspirano al conseguimento de Beneficj, e quelli che hanno il diritto di dispensarli non riclamerebbero tutti contro la disgustosa risoluzione di unir tutto in un solo Monsignor delegato della Sede apostolica? Sa il commentatore di qual disesto riuscì un tempo il solo trasporto di una assai meno interessante incombenza da uno in altr' Ordine Regolare, e non paventa alcun disastro se il trasporto succeda di sì grande incombenza e di tanti beni da quella de'Regolari in mano de' Chierici secola ri? Motivi sono questi assai forti che disapprovano ogni innovazione in questa parte, e rendono tanto più plausibile il presente sistema quanto si scorge più coerente alla condizione di Regolare, più adattato ai bisogni del tribunale e più opportuno alla quiete e convenienza di tutti: cresce però a dismisura la loro forza e valore, se vengono paragonati colla vanità e leggerezza di quelle congetture e riflessi, che porta il commentatore per accreditare il nuovo progetto. Anch' egli presume di trovare ne' Preti singolari prerogative che persuadono di adottarlo, e ne'Regolari tante imperfezioni e defetti, che esigono ad ogni costo la loro esclusione : ma non sono che sogni di sua fantasia troppo alterata codeste pre

ti

pro

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rogative e difetti, e colle inutili sue sofisticherie altro non fa che aggiungere inezie ad inezie, ingiurie ad ingiurie ed a tante cavillazioni una ben lunga serie d' inutili ciancie, che invece di cacciare a lui quel nome immortale che s'era forse ideato di conseguire con questa sua produzione, ed un colpo mortale a danno dei Padri Domenicani e degli Inquisitori, fa che meglio risplenda la gloria delle lodevoli occupazioni di questi, e che meglio si scopra l'inutilità di que' sforzi che il nostro commentatore ha usaper acquistare per così obbliquo sentiero un qualche nome. I Regolari, dic' egli, nati sono ad ubbidire e dipendere non a presiedere e comandare, che è proprio solamente de'Preti secolari e quest' è la base che questo bravo architetto pianta per inalzare il grande edificio del suo progetto, ed è la prima indisposizione che trova ne' Regolari onde escluderli dal loro impiego. Ma se la base è sì debole, qual sarà la sodezza di quell' edificio che sopra s' inalza? I Regolari nati non sono a governare: ma che intende egli con questo? che niuno forse debba farsi Frate o Monaco coll'unica o principal mira di giungere ad un tale impiego? ma ciò non ai soli Regolari, ma è disdetto anche ai Preti secolari, i quali se ne renderebbono affatto indegni se con tale ambizione o si consagrassero al divin culto o s' inoltrassero nell' assunta carriera. Che niuno de' Regolari riceva nella sua ordinazione l'attuale giurisdizione che li abiliti a funzioni di esteriore regime e governo ? ma questo ancora è proprio dell' uno e dell' altro clero, che sono egualmente ordinati, e non può non essere che indegna cosa e ridicola il pretendere, che i Regolari divengano inetti ai sagri impieghi solo perchè professano una vita più mortificata e soggetta. Che niuno finalmente de' Regolari a differenza de' Preti secolari la possa esercitare neppur quando venga a lui comunicata da legittima podestà? ma quest' è quel sistema che oltre le trionfanti ragioni, che hanno addotte per confutarlo negli aurei loro opuscoli S. Tommaso e S. Bonaventura, ha meritato dal primo in Guglielmo di S. Amore l'obbrobriosa taccia di zelo audacissimo acceso da indegna avversione piuttosto che da stimolo di lodevole carità, ed è meritevole di que' rimproveri che si leggono nel Decreto di Graziano compresi ne' seguenti termini: Sunt nonnulli nullo dogmate fulti, audacissimo quidem zelo magis amaritudinis quam charitatis inflammati, asserentes, Monachos, qui mundo mortui sunt, & Deo vivunt, sacerdotalis officii

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