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ni e riforme? E' cessata infine l'Inquisizion delegata in quel regno, e l'ordinaria vescovile podestà, che sussiste tuttora, priva del forte braccio del supremo Gerarca del Cristianesimo che la istruisca e sostenga temo assai che abbia conosciuto per prova che è assai debole per sola ressistere alla torbida piena di tanti superstiziosi ed increduli che disturbano quel felice soggiorno. A questo forse aspirava il bravo nostro commentatore a dispetto delle molte lodi che profonde a favore del tribunal delegato Io ne temo con gran ragione: e finch'egli non mostra minore impegno per l'avvilimento e distruzione de' presenti suoi amministratori, non mi persuaderà mai del contrario. Ma checchè ne sia, quello che più importa al mio assunto, e che dimostra quanto male a proposito si porti un tale esempio per mostrare il bisogno di questo cambio, si è il sapersi da noi che la riforma di Spagna è nata da tutt'altro motivo che dalla poca abilità che avessero dimostrata 'que' Religiosi, che soli avevano sostenuta l' Inquisizione sino a quel punto o da poca soddisfazione che avessero allora i monarchi delle Spagne dell' Ordine Domenicano. Non hanno mai i Domenicani avuti in quel regno uomini più grandi e zelanti d'allora e l'essersi il Papa ed i sovrani serviti di varj di loro anche dopo la seguita riforma ed anche dopo il famoso Tommaso Turrecremata, che fu il primo de' suoi generali Inquisitori, l'essere stato destinato per loro soli un posto fisso nel gran Consiglio del tribunale, e l'aver ricevuto in quel tempo appunto la Spagna dall' Ordine Domenicano dopo tant' altri vantaggi anche quello che in lei risultava amplissimo della scoperta e conquista del nuovo mondo, che, al riferire di Vincenzo Baronio (a), Cristoforo Colombo attribuiva in gran parte all'assistenza e sapere del gran Prelato Diego Deca Domenicano, che gli agevolò la strada all'impresa, è più che bastevole a persuadere chiunque che se l' Inquisizione è passata allora da quella de' Regolari in mano di alcuni Vescovi, questo non è certamente nato da inabilità e difetto de' primi amministratori, ma da circostanze particolari di quella nazione, come vi ho fatto vedere in altra mia lettera.

Molto meno poi il commentatore mi darà ad intendere che la Bolla di Paolo III. prescriva un tale metodo. Il Pontefice stesso

(a) Apologia lib. 5. sect. 1. §. 3.

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ha mostrato di non capirla in questo senso, avendo provvedute come prima le Inquisizioni di Regolari; e quanti sono da poi venuti e Papi e Cardinali incombenzati di tale provvisione hanno per ben tre secoli continuato sul piede medesimo. Possibile che tanti Papi e Cardinali non abbiano mai inteso ciò che giunse a scoprire verso la metà del secolo XVIII. la gran mente del nostro commentatore? o che siano stati di animo così mal disposti da non voler' eseguire un'ordine manifesto del supremo loro Capo? Ma che dissi di non voler' eseguire? da resistere, dir doveva, e contraddire a dirittura al medesimo: chè sono troppo noti i decreti della Suprema, che vietano agl' Inquisitori di far vicarj Preti ove sussistono Conventi di Regolari; ed è notissima la Bolla di Benedetto XIV. più volte mentovata, nella quale rinnova l'ordine medesimo. Sarebbe il grand' uomo il nostro commentatore, se giunto fosse a scoprire ciò che non videro il de Luca, il Baronio, il Bellarmino il Noris e la mente incomparabile del Benedetto. Io temo però che chiunque ha senno in capo sarà sempre disposto a preferire i pensamenti d'uomini sì rari, dati dalla provvidenza divina a comune istruzione e a gran decoro e presidio del nostro tribunale, a quelli di un'oscuro commentatore, che non iscrive che a sfogo di malnate passioni. Quant' egli abbia sbagliato nel valutare i disordini del sistema presente l'abbiamo già veduto: ci resta ora ad esaminare quanto sia mal pratico nel mestiere di rilevare i sentimenti delle Bolle apostoliche. Basta leggerla una sola volta per iscoprire che o nulla capisce, o l'appoggio che vanta di ritrovare nella Bolla di Paolo III. altro non è che un pretesto preso da lui per far pompa d'ingegno o per vendicarsi piuttosto di un tribunale e di un' Ordine, de' quali senza alcun ragionevole motivo si era dichiarato in più incontri assai malcontento. Fissa Paolo III. in questa Bolla sei Cardinali Inquisitori generali in Roma, e dà loro la facoltà di suddelegare in altre terre e città quant' altre persone ecclesiastiche stimeranno opportune: Alias personas ecclesiasticas idoneas, litteratas, & Deum timentes, in Theologia magistros, seu in altero jurium Doctores, Licentiatos, Baccalaureos, in aliqua Universitate studii generalis graduatos, in trigesimo eorum aetatis anno ad minus constitutos, seu ecclesiarum cathedralium Canonicos, vel alias dignitate ecclesiastica praeditos. Udiste ? non le ecclesiastiche dignità e canonicati, ma basta al conveniente rimpiazzo della carica, che i delegati siano quali esser

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sogliono i Regolari Maestri in teologia, Baccellieri o Licenziati in qualche Università: e l'esser questi nominati in primo luogo, e la particola disgiuntiva sive, che divide gli uni dagli altri, mostra assai chiaramente, che sebbene bastino i canonicati perchè possano essere eletti anche senz'alcuna laurea questa però è quella che vien riputata più utile: altrimenti non della disgiuntiva sive, ma si sarebbe servito della particola congiuntiva et. Coll' accrescere il numero delle qualifiche, ha voluto facilitare la scelta, non restringerla per modo, che si trovasse a stento come supplire al bisogno, ciò che succederebbe bene spesso se i soggetti da promoversi all' Inquisitorato esser dovessero di tutte quelle prerogative adorni, che si cumulano nel testo citato.. Quello però che rende anche più ridicolo il commento del nostro autore si è che anche ammessa la strambissima e prima di lui non mai ideata spiegazione, non giungerebbe all' intento di escludere i Regolari; non mancando tra loro e Abati e Dignità e Canonici, che potrebbero essere trascelti a quest' impiego: ed ha il bravo nostro commentatore la disgrazia non solo d'aver faticato malamente per ottenere un fine cattivo ma d'aver faticato inutilmente, perchè tuttociò che porta di più autorevole invece di procurarlo esclude il suo intento, e conferma i Regolari in quell'impiego ch' hanno da gran tempo ottenuto dalla S. Sede.

Io nulla trovo in quest' infelice commento che meriti approvazione; e vivo sicuro che niuno imparziale e giusto estimator delle cose si scosterà mai dal saviissimo sentimento di Monsignor Devoti, che alludendo forse a questa ridicola produzione scrisse (a), che est reprehensionis causa injusta & inanis, quod Inquisitores sunt Regulares, qui forte partium studiis abripi posse videntur. Principio quid vetat Summum Pontificem, qui omnium Ecclesiarum curam & sollicitudinem gerit, ex Regularibus familiis, quae optime de re christiana meritae sunt ac saepe functae cum magna laude sua & aliorum utilitate amplissimis difficilimisque legationibus, eligere viros doctos & probos, quorum consilio, auctoritate, sapientia ubique integra Religio conservetur? Aggiunge all' autorità del delegante e merito dei delegati anche la diligenza e premura che usa il tribunaper impedire gli abusi, dicendo; ubi hi sunt (parla-degl' Inqui

le

(a) Inst. Canon. lib. 4. tit. 8.num. 10.

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sitori Regolari) haud ipsis quidlibet audere licet, cum subsint supremae Inquisitioni, cui Pontifex ipse praeest, poenisque gravissimis provisum sit, ne quis eorum a recta judiciorum methodo, a legibus, a veritate & aequitate discedat: e l'aggiunta è quanto opportuna altrettanto efficace a smentire quanto il commentatore ha avuto l'ardire di pubblicare colle stampe a scredito dei gran personaggi che reggono il supremo tribunale di Roma, e de' subalterni .

E questo basti per una qualunque soluzione del vostro dubbio: chè quanto alla confutazione dell'opuscolo è anche troppo, perchè assai più che dalle private scritture resta disapprovato da quei fulmini, che ha meritati dalla S. Sede al primo comparire alla luce ed io lo avrei lasciato volontieri in quella dimenticanza e in quel obbrobrio in cui cadde al primo comparire alla luce se voi non m'aveste eccitato a parlare, e se non mi fosse sembrato cosa mal fatta il trascurare affatto questa meschinissima produzione, che tratta, benchè con sì poco sale e criterio, del nostro argomento, dopo d' aver parlato dell' Inquisizion processata, della Riforma d'Italia e di tant' altre infamità tipografiche, che discorrono dello stesso soggetto. Furono per verità i fulmini della S. Sede assai più miti contro la medesima di quelli, che l'autore stesso, consapevole delle atroci falsità che spargeva, aveva predetti nella sua prefazione, e che varj altri avevano creduti assai convenienti: ma i giudici supremi nel risparmiare al libro quella maggiore infamia, non è, à mio credere, che la giudicassero eccedente un reato sì grande, ma vollero forse smentir col fatto quella temeraria asserzione, colla quale vengono ivi in più luoghi spacciati per inerti seguaci e vilissimi approvatori delle opinioni de' Commissari e de' consultori. Il commentatore non è più in caso di ravvedersi del suo fatto e Dio voglia che lo abbia detestato almeno prima di passare al tribunale di Dio. Ma noi, che lo vediamo adesso nel suo vero aspetto disapproviamolo almeno come conviene, e facciamo ai Regolari, che hanno sostenuto sinora con tanta gloria il tribunale del S. Officio, quella giustizia che loro è dovuta, credendoli opportuni, decorosi e utilissimi a un tale impiego. Presto vedrete che non sono stati maltrattati con minor torto i suoi ministri infe, riori. Amatemi intanto, che io non lascierò mai d'essere

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LETTERA TRENTESIMA.

Il tribunale del S. Officio dev' essere assistito dai
suoi Patentati .

Oltre il cambio de' suoi principali ministri che il nostro com

mentatore ha progettato per ruinarlo, vuole altresì privare il tribunale del S. Officio de' suoi Patentati, ossia de' ministri inferiori, perchè mancante così di capo e di braccia divenga un tronco informe ed un peso inutile di quella società, della quale fu per si lunga stagione ornamento e sostegno. Anche in questo si mostra non poco incoerente a se stesso: poichè essendo i vicarj foranei, i consultori, gli avvocati fiscali e de' poveri, i notari ed esecutori in gran numero o Preti o Secolari, pare a me che si sarebbe dovuto compiacere piuttosto di vedere in qualche parte già eseguito il suo piano, che di cercarne la rimozione. Ma non ha alcun limite il disordine in chi posseduto da ceca passione prende a secondarne gl' impulsi. I sofismi più manifesti compariscono ai suoi sguardi dimostrazioni evidenti, i vizj più deformi segnalate virtù; e a lui si mostra disordinato e guasto tutto ciò che non è al suo mal talento conforme. Così è avvenuto al misero commentatore: e dopo averlo scoperto delirante e ceco nella mutazione che progetta de' Commissarj ed Inquisitori, vedetelo ceco egualmente allorchè parla de' loro Patentati e ministri. Non reca a lui minor dispiacere il vedere alla testa del tribunale un Frate, e veder questi attorniato da tanti ministri ed officiali subalterni quanti ne sa immaginare la fervida sua fantasia per concepirlo mal' organizzato e pieno di quella rabbia e malcontento, che lo divora, sclama al capo 8.; Sancti Officii Patentes, uti vocant, ad nauseam populorum, gubernatorum, Episcoporum distribuunt, aut verius vendunt, magno scelere et sceleratorum patrocinio. Al rimbombo di sì strepitose espressioni voi penserete forse di vedere adesso il Commissario e gl' Inquisitori alla testa di una folta schiera di viziosi Patentati, che, come una volta contro gli Eretici a Capi de' buoni Crocesegnati e a difesa della Religione, vadano ora a mano armata contro i Vescovi e governi per frastornarli nelle gravi loro

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