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LETTERA TRENTESIMASECONDA

Neppure i Vescovi hanno sofferto alcun danno dall' istituzione del S. Officio.

Ripiglio

ora dopo breve riposo la penna, e pago d'aver posto in sicuro, com'era dovere, l'autorità de' sovrani passo ora a parlare con più coraggio di quella de' Vescovi, nel protegger la quale contro le pretese usurpazioni del S. Officio nè sono i nostri nemici meno imprudenti, perchè operano senza ragione, nè sono meno incoerenti a loro stessi, perchè mostrano di ammettere nella sorgente, da cui deriva, quella coazione, che detestano ne' colpevoli che va a ferire. Vantano costoro una libertà senza freno allorchè temono che la loro empietà sia per ricevere il meritato castigo; e tutto è ingiusto ciò che si opera contro di loro; ma se si tratta di abbassar l'autorità del Pontefice, purchè questa non regga, sono pronti a sostenere qualunque altra, nè hanno difficoltà di abilitare a punire gli Eretici non che i sovrani ma anche i Vescovi. Io non voglio spogliare nè gli uni nè gli altri delle loro rispettive prerogative, accordando al Papa i suoi diritti dico solo, che parlando coerentemente non sono nella stessa libertà moltissimi de' nostri avversarj dopo d'avere stesi così ampiamente i limiti della loro tolleranza indiscreta, e che l'autorità del Papa e de' suoi delegati se non è riuscita di alcun pregiudizio ai sovrani e perchè per loro natura incapaci di seder giudici di queste cause e perchè trattati con molta condiscendenza e favore dalla S. Sede, com'è stato già dimostrato, non solo non pregiudica all' ordinaria giurisdizione de' Vescovi, ma serve ai medesimi di forte ajuto e soccorso alla più facile e sicura esecuzione di una delle più premurose loro incombenze. Ed è stato un mero irragionevole trasporto di passione vilissima che ha indotto Quesnello ad esclamare fuor d'ogni ragione (a), essere un rovesciamento orribile, che venga preferito un picciol Frate chiamato Inquisitore ai successori degli Apostoli: nè può per pura passione aver ciò adottato il commentatore da`me

che

(a) Caus. Quesnell. art. 13.

altrove confutato, il quale in ogni altra cosa si mostra tanto contrario ai sentimenti di quest' impostore.

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Che non pregiudichi ai Vescovi l'autorità che esercita nelle loro diocesi il Romano Pontefice l'ho accennato altrove (a), e vel ripeto adesso colle autorevoli parole e proteste che fece S. Gregorio M. al Vescovo Natale (b) ed alla Chiesa di Milano (c), allorchè scrisse al primo; Absit hoc a me ut statuta majorum consacerdotibus meis in qualibet Ecclesia infringam; quia mihi injuriam facio, si fratrum meorum jura perturbo: è all'altra; sicut ab aliis nostra exigimus, ita singulis sua jura servamus. E lo dimostrò anche meglio coi fatti Gregorio IV., il quale dopo d'aver' esposto quant' egli aveva operato a sollievo d'un Vescovo perseguitato ed impedito nelle vescovili sue incombenze, sicut, così scriss' egli a conforto di tutti i Vescovi d'Europa (d), sicut praedicto Fratri S. Petri & nostrae Sedis auctoritate succurrimus ita omnibus quibus necesse fuerit & debemus, subvenire impigre volumus. Che poi niun pregiudizio abbia recato alla loro autorità collo spedire gl' Inquisitori, perchè a difesa della Fede cattolica facessero dovunque le sue veci, lo ha deciso Bonifacio VIII., riferito dal gran Lambertini (e), in quel canone, in cui si esprime con questi termini: Per hoc, quod negotium haereticae pravitatis alicui, vel aliquibus ab Apostolica Sede generaliter in aliqua provincia, civitate vel dioecesi delegatur, dioecesanis Episcopis, quin & ipsi auctoritate ordinaria vel delegata si habent) in eodem procedere valeant, nolumus derogari. Prima di lui lo aveva testificato anche S. Bonaventura (f), assicurando che le straordinarie delegazioni fatte dai successori di S. Pietro servivano di decoro e non di pregiudizio alla podestà de' Pastori: pie providet, ei dice, saluti animorum, et in nullo praejudicat auctoritati Pontificum, tamquam ornans non deornans ecclesiasticam hierarchiam : ed aveva detto altrove (g), che non est eis praejudicium, quia non minuitur jurisdictionis eorum potestas ex tali cooperatione aliorum, sed tantum pondus sollicitudinis et laboris.

(a) Lett. 21.

(b) lib. 2. indict. 10. epist. 37. (c) lib.2.indict.11.epist.29. (d) Bull.Rom.t.1.const.4.p.177. (e) de Syn. dioeces.lib. 9. cap.4. num.3.

(f) Apol.Pauper.opus.2.c.3.§.14. (g) opusc.4.tract.Quare &c.

E' stato, è vero, dopo quest' istituzione insinuato loro di procedere nelle cause di Fede col metodo e stile del S. Officio, e Clemente V. dichiara nulle le loro sentenze, se, dove sussiste, vengono date senza l'assistenza dell' Inquisitor delegato (a), e difettosi i processi fatti nelle cause di Fede secondo il metodo delle cause concernenti i delitti comuni: ma chi dirà mai che opportune istruzioni e leggi salutari prescritte loro dalla prima Sede Madre e maestra di tutto il mondo cattolico riuscir possano di pregiudizio alla loro autorità ordinaria, e che vi perda qualche cosa allorchè acquista nuovi lumi ed ajuti e con più stretti nodi resta a lei più subordinata e congiunta? Ogni Essere, al dir dell' Angelico, divien maggiore per l'avvicinamento al suo superiore; e lo dimostra assai chiaramente tutta la serie delle create cose che hanno tanto maggior perfezione quanto più s'avvicinano all' Esser supremo fonte e sorgente d'ogni bontà. Ma la giurisdizione de' Vescovi nasce da Dio per mezzo del Romano Pontefice, che li chiama a parte delle sue sollicitudini, ed è fonte e principio di tutta l'ecclesiastica giurisdizione: non può dunque da lui ricevere alcun pregiudizio allorchè resta per la delegazione, che fa il Papa di chi deve sedere ai loro fianchi per far le sue veci nelle cause più gravi e difficili, alla S. Sede più subordinata e vicina, diviene anzi tanto più rispettabile, più temuta e perfetta quanto più ponderate riescono le sue consulte, meno esposta la sua autorità, e le sue risoluzioni più maturate ed autentiche.

A che cercare però o autorità che approvino la nostra asserzione, o speculazioni che ne dimostrino la verità, quando abbiamo dalla stessa sperienza argomenti palmari, che la manifestano, e nella cautela ́incredibile usata dai Papi nel sistemarlo una sicura caparra dell'ottima loro intenzione e della loro venerazione verso la vescovile podestà, di cui non manca un' ingenua confessione de' Vescovi stessi che la confermano? Anche prima dell' istituzione del S. Officio, già vel dissi colle parole dello stesso Febronio, ha avuto in costume la S. Sede di spedire in virtù del suo primato Responsali, Apocrisarj, Legati a latere, Legati messi, Legati nati ed altri ministri, che le sue veci esercitassero in diverse guise per tutto il mondo cattolico. Parlano di loro Pietro de Marca (b) ed

(a) Cap.7. de Haeret. in 6., Clement. 1. eod. (b) Concor. lib. 5. cap. 4.

il Tommasino (a). Niun Vescovo allora, niun Metropolitano o Concilio non affatto dimentico de' suoi doveri o non compreso da spirito di diabolica ambizione li ha mai creduti infesti alla loro autorità: e se lo furono talvolta, è da attribuirsi a vizio delle persone, che un tal ministero esercitavano, non al ministero medesimo, checchè ne pensi in contrario l'anonimo autore del libro de Legatis et Nuncis Pontificum stampato in Germania nel 1785.; chè sono troppo chiare le espressioni di S. Leone, colle quali dichiara che commettendo un tale officio ad Anastasio Vescovo di Tessalonica, vuole salvo ed intatto qualunque vescovile diritto (b); ed è celebre l'esempio di Bonifacio che per trentasei anni esercitò in Germania un tale impiego sotto varj Pontefici senza rincrescimento e querela d'alcuno. Ce ne assicura Pietro de Marca, che di lui scrisse così (c); Bonifacius Episcopus Moguntinus a Sede apostolica missus est ad erudiendos in Fide populos Germaniae idolis addictos, et ut Episcopos, in Gallia restitui procuraret, qui vicariatum suum exercuit cum consensu Regum et Episcoporum, quorum intererat, nulla injuria facta juri principum et Conciliorum. Ma se con tanta pace e tranquillità e senza lesione alcuna sono state praticate ne' tempi più felici della Chiesa sì ampie delegazioni, chỉ può temere qualche grave danno e ruina da quelle, che per soaffari di Fede si fanno adesso di semplici Religiosi, ai quali oltre la vastità delle moltiplici incombenze manca ancora il potere di agire senza la presenza e l'assistenza de' Vescovi, e più che giudici aver si possono per semplici relatori e meri esecutori delle loro cause? Avrebbe luogo un tale sospetto, se queste delegazioni nascessero da chi non ben sicuro della propria autorità e ristretto tra confini troppo limitati ed angusti potesse trovare qualche vantaggio nel dilatarla a spese altrui: ma nata dal Papa, fonte e principio di tutta l'ecclesiastica giurisdizione, dal Papa, che non riconosce alcun limite nella pienezza di quella podestà che ha ricevuta da Dio, dal Papa finalmente, che non trova ne' Vescovi che fratelli amatissimi chiamati a parte delle sue sollicitudini, chi può temere che voglia riuscir loro di pregiudizio e d'aggravio? Chi ne può dubitare che sappia la soda base, su cui si fonda la pontificia autorità, il molto vantaggio che trova nella

(a) de Eccles. Discipl. lib. 1. cap. 108. & lib. 2. cap. 18. (b) Bull.Rom.tom. 1.pag.31.

(c) Concor.lib.5.cap.4.

Bbb

vescovile assistenza ed i molti riguardi che ha avuti pe'Vescovi quando ha voluto col mezzo de' suoi delegati ajutarli e soccorrerli?

Udiste dall' antecedente mia lettera quanto ha fatto la S. Sede per mostrare in quest' incontri venerazione e rispetto verso i sovrani: sentite ora quanto è stata liberale e propensa colla dignità vescovile. Niun' Inquisitore intraprende l' impostogli ministero senza prima presentare al Vescovo una lettera della Congregazione, che raccomanda alla sua assistenza e la persona e l'officio. Niuno di loro si trattiene in qualunque luogo senza ricevere pressanti lettere, nelle quali viene loro ingiunto di passarsela coi Vescovi in buona armonia, e di prestar loro i convenienti officj di venerazione e rispetto. Niuno ha mai avuta autorità ordinaria di procedere contro di loro: chè nell'antico sistema era loro vietato dalle citate decretali di Bonifacio VIII., nel nuovo da Paolo III. (a). I Vescovi ancora sono chiamati prima di ultimare le cause: e se ambi, come possono di fatti, hanno proceduto, si comunicano in fine gli Atti. Non si pronuncia sentenza, nè si prende alcuna gravosa risoluzione d'esame rigoroso o di qualche castigo senza il loro consenso; e se discordano talvolta, non cede il Vescovo all' Inquisitore, ma resta sospesa la risoluzione finchè non giunga l' oracolo supremo della S. Sede: e nell'informazioni e suppliche tanto si deferisce loro dagl' Inquisitori e dalla Suprema, che più che congiudici e socj del tribunale delegato sembrar potrebbono i Vescovi talvolta direttori ed arbitri del medesimo. Può darsi di questo favore e convenienza maggiore? Que' soli Vescovi non riconoscono una sì grande parzialità, e si lagnano di una compagnia sì vantaggiosa e discreta, i quali o privi di zelo non curano i mezzi più efficaci per supplire alle gravi loro incombenze, o privi di cognizioni non sanno la decorosa maniera, colla quale vengono assistiti. I più colti ed informati hanno sempre pensato ed operato diversamente, ed hanno cercato d'introdurre gl' Inquisitori dove non erano, ed hanno procurato con ogni premura di farli ritornare dov' erano stati banditi, confermando per tal modo colla loro approvazione quella convenienza e rispetto pel loro carattere, che v'ho accennato poch' anzi, e che è inseparabile dal tribunal della Fede. Sentite come ne parla Mons. Devoti nelle sue celebratissime Istituzioni Canoniche: Officium hoc ( di castigar gli Eretici), et haec pote

(a) apud Eymer. ad calc. director. Const. In apostolici culminis.

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