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LETTERA OTTAVA.

Continuazione dello stesso argomento, e vanità d'altre
scuse e pretesti che vengono addotti per sostenere
l'impunità degli Eretici.

È facile il trionfo quando il nemico combatte contro la veri

tà manifesta; ma non può essere breve il combattimento se all' ingiustizia della causa si unisce l'indocilità del partito, che tenta ogni strada e s' appiglia ad ogni benchè screditato e ruinoso ripiego per sostenersi. Quest' è la viziosa disposizione de' nostri contraddittori, e questa è la misera condizione, alla quale siamo condannati dalla loro ostinazione e protervia. Rovesciati i deboli ripari che si erano procacciati tra le sognate chimere del loro indifferentismo e della loro affettata ignoranza, alzano indefessi i nuovi fortini, che vi ho indicati nell' altra mia, e dalla sfrenata libertà che fingono in noi di pensare e parlare a capriccio in materia di Religione, dall' impossibilità che trovano nell' umana legislazione di compensare a dovere le ingiurie dell'Ente supremo, e dal pericolo, in cui vedono i giudici di nuocere piuttosto coll' asprezza che di giovare al ben pubblico, si procurano un'ostinata difesa. Ma tutto in vano; chè non sono questi ripieghi meno vacillanti e ruinosi degli altri. Il primo che abusa della libertà che ha l'uomo nel credere è d'ogni altro il più debole, come quello che va a distruggere quella tolleranza medesima che cerca di sostenere. Imperciocchè egli è bensì ragionevole che non sia punito chi non crede ciò che ignora invincibilmente, supposizione peraltro da me esclusa nell' Eretico nell' altra lettera; ma il dire che quello non può essere castigato, perchè la Fede è libera, che altro è egli mai che un dire, che non dev'essere castigato perchè merita i più severi castighi? La libertà è la vera sorgente d'ogni nostro merito e demerito; ed ha Iddio, come insegna S. Agostino (a), accordata all'uomo la libera volontà appunto per questo, perchè nec bonam infructuosam, nec malam esse voluit impunitam. Piantano dunque costoro per base della loro impunità ciò che li rende principalmente punibili.

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Ma io voglio analizzare di più questa chimera; e cerco al Bartolotti, che è uno di quelli che appoggiano la tolleranza indiscreta a questa fantastica incoerente invenzione, di qual libertà intende egli di ragionare? della fisica, che porta seco la semplice facoltà di credere o non credere e di ritenere in qualunque determinazione la facoltà di operare il contrario o della morale, che esclude non solo la facoltà ristretta ad una sola parte, ma anche ogni legge e dovere che determini la volontà ad una piuttosto che all' altra delle possibili risoluzioni? Se parla della libertà fisica, conveniamo nel principio e ripeto anch' io con lui che la volontà dell' uomo è sempre libera a piegar l'intelletto a credere o ripudiare le verità rivelate, sinchè queste non divengono ai nostri sguardi evidenti, perchè la sola evidenza necessita il nostro assenso: ma nella deduzione siamo noi così discordi, che in vece d' inferire l' impunità dell'Eretico devo anzi dedurre con S. Agostino, che la sua infedeltà, perchè appunto cattiva e libera, non deve andare impunita: nec malam esse voluit impunitam. In questo modo qualunque empietà è soggetta all' umana libertà: ma di lei non si serve l'uomo ragionevole che per evitarla; e commettendola non ha mai preteso d'andare impunito. Avrà nell' altra vita il meritato castigo da quel giudice integerrimo, di cui ha sprezzato le istruzioni e comandi : aver deve in questa tutte quelle pene che prescrivono le leggi : e supposta la malvagità dell'eresia già dimostrata, non trovo in questa parte e rapporto a questo genere di libertà alcun divario tra i delitti d'infedeltà, e i delitti comuni, nè può il Bartolotti, parlando con coerenza, assolvere per questo capo l'Eretico da ogni pena senz' usare una tale indulgenza con tutti i ladri e ribelli. Se poi parla della morale libertà, oh qui è dove la sua tolleranza vacilla assai di più. Imperciocchè o egli esclude dal Fedele che abbandona la Fede ogni obbligazione, anche quella che s'incontra colla divina giustizia; e precipita in quell' orribile indifferentismo teologico, che egli stesso non ha avuto il coraggio di sostenere a visiera calata: o quella sola obbligazione intende di escludere, che nasce dalle umane leggi e porta seco l' ecclesiastica e civile libertà; ed è troppo chiaro nel suo discorso il vizio che i logici chiamano petizion di principio. Il cercare se l' Infedeltà sia libera per tal modo è lo stesso che chiedere se sia o no soggetta all' umane leggi e castighi: e dopo tante prove e ragioni che si sogliono

addurre per dimostrare che vi deve restar di fatti soggetta, pare che chi pretende il contrario debba servirsi d'ogni altro principio per provarlo che della libertà della Fede, che altro non è che un' inutile ripetizione di ciò ch'è in questione. L'accordare al Fedele l'arbitrio di rigettare la Fede così ragionevole e salutare non è libertà, ma libertinaggio, che tanto si oppone alla vera libertà ragionata come l'operare ragionevole e giusto al licenzioso e brutale. Si veda il P. Domenico Crocenti che lo dimostra ad evidenza in una delle filosofiche sue meditazioni (a).

E' meno ridicolo chi dall' impossibilità, nella quale si trova l'umana legislazione, di dare condegna soddisfazione all' ol traggiata divina maestà prende motivo di argomentare che è dunque inopportuno qualunque castigo: chè riesce talvolta plausibile l'abbandonare un impresa che non può essere condotta a dovere al suo termine: ma non lascia per questo d'essere nel caso nostro irragionevole ed ingiusto il suo divisamento. Imperciocchè se non dà il castigo nel nostro caso condegna soddisfazione all'oltraggiata maestà dell' Altissimo, serve però a riparare le ingiurie delle cattoliche società ed a ritenere gli altri dall'imitar gli Eretici: e se non può in tutto, soddisfa almeno in parte a quella giustizia, che incapace com'è di ricevere, oltraggiata, condegna soddisfazione da semplici creature, non ha però mai voluto perdonare senza soddisfazione le colpe, ed esige da noi per ogni mancamento il conveniente compenso, nè permette che tutto sia trascurato da noi perchè non possiamo far tutto a dovere. Neppur nel foro interiore soffre la divina giustizia negligenza si grande; ed anche dopo di avere perdonata la colpa e la pena eterna, vuole che i colpevoli soddisfino per quanto possono a quel reato di pe. na temporale che in loro rimane per ordinario dopo un sì generoso perdono; e li castiga nell' altra vita se mojono impenitenti e non sciolti affatto da ogni reato. Or ciò ch'esige da ognuno la divina giustizia lo vuole altresì da quelle pubbliche podestà che sono state da lei ordinate a sostenere il buon' ordine, a zelare il suo onore e a tutto restituire al perduto equili brio e que' colpevoli, che ricusano di soddisfare per loro stessi, forz' è che trovino un qualche compenso e nelle spade, che ha poste Iddio in mano de' sovrani per vendicare i suoi torti, e nella

(a) Medit. 12. lib. 1.

verga, che usano i sagri Pastori per correggere ogni disubbidienza. Se avviene che vengano trascurate codeste parti, si moltiplicano le colpe e di quelli che non credono e di quelli che li soffrono, e tutti dovranno poi dare nell' altra vita una più rigorosa soddisfazione per non aver fatto in questa quel poco ch' era permesso alle deboli limitate loro forze; se pure non avviene talvolta che vengano sorpresi da quell' improvvise e straordinarie calamità, colle quali castiga Iddio anche in questo mondo que' delitti, che sono stati risparmiati dalla troppo debole o troppo indolente umana legislazione, senza che vaglia a scusarli o il pericolo che si può incontrare di moltiplicare oltre ogni misura i cattivi e finti credenti, o di sradicare in uno colle zizzanie l'eletto frumento, che sono i due altri pretesti, che i Tollerantisti moderni mettono in campo per sostenersi .

Furono sorpresi da questo vano timore e il Bartolotti e quant' altri si sono dichiarati sinora protettori di questo partito, e più degli altri fors' anche l'Ab. Fleury, il quale per timore di moltiplicare gl'ipocriti e falsi credenti non solo ha negata alla Chiesa la forza coattiva, ma si è ́avanzato ancora a negarle se non il diritto la convenienza almeno del possesso d'ogni altro bene temporale, e scrisse nel suo primo Discorso ossia nella prefazione alla Storia, che non avrebbe stimato cosa inconveniente se i Pastori fossero restati privi di que' molti beni temporali che ora posseggono, perchè avrebbono per tal modo potuto assicurarsi assai meglio della sincerità di que' Fedeli, che seguono i loro ammaestramenti la virtù de' quali nell' abbondanza de' beni ch' ora posseggono i loro maestri, si può credere piuttosto parto di terrena ingordigia che di vera Religione e pietà. Partono questi sentimenti da uno stesso principio d'alienazione e contrarietà alla Chiesa, e vanno a ferire con ugual forza oggetti che interressano egualmente la sicurezza e tranquillità de' Fedeli. Cerca il primo di esentarli da quel timor salutare di temporali castighi che li distoglie dal male: procura l'altro di privarli di que' beni e sussidj, che al dir dell' Angelico, prosunt ad virtutem (a), e spogliati così d'ogni terreno soccorso rendono più vacillante ed incerta la loro salute. Tutt'altro che il seme venefico dell' ipocrisia scoprì S. Agostino ne' beni e ne'mali di questo mondo. Vide in quelli che di

(a) 2. 2. q. 126. art. 1.

stribuiti da mano saggia e benefica, aluntur famelici, nudi vestiuntur, inopes adjuvantur, captivi redimuntur, construuntur Ecclesiae, reficiuntur lassi, pacantur litigiosi, reparantur naufragi, curantur aegroti, corporales opes dispertiuntur in terra, spirituales reconduntur in Coelis (a). Da questi usati colla dovuta equità e moderazione scaturir vide una continuata serie di sincere conversioni succedute anche ai suoi tempi, ne' quali le intere città (b), scosse da ragionevol timore si erano convertite senza finzione: e ne' finti istessi, che vi hanno luogo talvol ta, trova il S. Dottore qualche vantaggio a fronte de' scoperti malfattori ed Eretici, i quali non pregiudicano solo aloro stessi come gl'ipocriti, ma anche agli altri, lo che non succede in chi si dichiara, benchè fintamente, pentito.

Conversioni consimili e molte e sincere riportate per la strada della coazione sono quelle che esperimentò anche Š. Leone (c) coi Manichei di Roma, e il dolcissimo S. Francesco di Sales coi Calvinisti in Savoja, il quale, approvando nella lettera a Clemente VIII. (d) le coazioni minacciate agli Eretici dal suo sovrano, racconta le conversioni che sono venute in seguito, e dice che dum configitur, spina et afflictio dat intellectum : e se crediamo ad Eusebio (e), è accaduto lo stesso ne' primi secoli anche a Natalio, che chiamato da Dio ad abbandonar l'eresia non si convertì se non dopo che pel suo ingrato rifiuto fu flagellato da un'Angelo, e l'eruditissimo Proposito Muratori ci assicura che anche gli Ugonotti di Francia in tempi a noi più vicini rinnovarono gli stessi consolantissimi esempj (f). E dopo un' esperienza così bene appoggiata e costante, che vagliono i timori e le ciancie de' nostri contradditori, o le congetture e discorsi che si potessero addurre in contrario? Maxima fide digna probatio, dice Clemente Alessandrino (g), quae est cum experientia quia nihil fere distat a demonstratione. E se il Bartolotti avrà la degnazione di permettere che quelle podestà, che Dio ha ordinate alla protezione e difesa della sua Chiesa e del

(a) Ser. 50. de verb. Aggaei.

(b) Ep.93.al. 48.ad Vincent. Rogat. cap.5.num.16. 17.& 18. (c) Epist.8.ad Episcop.per Ital.tom.3.p.34. (d) lib.1.litt.1. (e) Hist. lib. 5.c. 28. (f) de Ingenior.Moderat. lib.2.cap.9. (g) lib. 1. Stromat.

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