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DISSERTAZIONE

SULLA VITA NUOVA.

La Vita Nuova di Dante Alighieri è un'ingenua storia de' giovenili suoi amori con Beatrice Portinari, da lui dettata in forma di commento sopra alcune sue poesie. In questo elegante libretto, da Dante scritto al suo primo amico Guido Cavalcanti, e in volgare solamente, secondo l'intenzione di lui, 1 l'autore, brevemente narrato il principio del suo innamoramento, riporta, secondo l'ordine

1 Che la Vita Nuova fosse da Dante scritta all' amico Cavalcanti si rileva dal passo seguente: Lo intendimento mio non fu da principio di scrivere altro che per volgare; onde, conciossiachè le parole che seguitano a quelle, che sono (di sopra) allegate, sieno tutte latine, sarebbe fuori del mio intendimento s' io le scrivessi; e simile intenzione so che ebbe questo mio amico a cui io scrivo, cioè ch' io gli scrivessi solamente in volgare. (Vita Nuova, verso la fine.) Questo passo somministra pure la spiegazione d'un luogo dell' Inf., X, 62, intorno al quale sonosi finora affaticati indarno i Comentatori, e nel quale Dante dice che Guido Cavalcanti avea a disdegno Virgilio:

« Colui (Virgilio) per qui mi mena,

Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno.

Che egli disdegnasse Virgilio come simbolo della poesia non può essere, dappoichè Guido dava opera alla poesia con tanto fervore, che tenne uno de' primi seggi fra' rimatori dell'età sua: che lo disdegnasse come simbolo della scienza umana non può essere parimente, dappoichè coltivava con indefesso studio le filosofiche discipline. La sola ragione di un tale disdegno dee dunque esser quella, che pare potersi inferire dalle parole della Vita Nuova or riportate, cioè, che Guido non amasse la lingua latina. Egli vedeva che il volgare linguaggio era bello, ricco, armonioso, atto a modificarsi secondo il vario genere de' componimenti, e tale da rivaleggiare colla lingua madre: amava quindi che i dotti, abbandonata la lingua latina di che facean uso, dettassero le loro scritture nell'idioma che aveano succhiato col latte.

DANTE. 2.

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1

del tempo in che furono scritti, i suoi poetici componimenti; e dando a conoscere in quante parti sian essi divisi, dispiega ciò che ha voluto dir nella prima, ciò che ha inteso nella seconda; e le occasioni dell' un componimento facendo succedere e legando a quelle dell' altro, tesse l'istoria della sua vita giovanile, dall' età, cioè, di nove anni fino ai ventisei o ventisette. Dei tratti interessanti per una graziosa semplicità, e per un sentimento di malinconia, ch'è lo stato abituale dell' anima dello scrittore, rinvengonsi frequentemente in questo libretto: il quale, considerato anche per il solo lato della lingua e della elocuzione, dappoichè nell' una riscontrasi molta purezza, nell' altra gran nobiltà, non può a meno d' aversi in gran pregio. Ed essendo che l'amore è stato sempre quello che ha inspirato i giovani poeli, non dovrà recar meraviglia se i poetici componimenti che quivi stanno inseriti, e che sono i primi parti della musa dantesca, abbiano amore per argomento. Quando possa aver sembianza di vero ciò che dice il Ginguené, che cioè Dante scrisse il presente libretto per aver luogo di collocarvi i suoi versi, non potrà esser men vero che egli il facesse per erigere un piccolo monumento alla memoria di colei, che egli amò con un affetto sì costante e sì puro.

Era in Firenze antica costumanza, che con feste e conviti si solennizzassero i primi giorni della Primavera. L'anno 1274 Folco Portinari, cittadino di ottima fama, e di molte facoltà provvisto, aveva accolto nella sua casa i congiunti e gli amici, e fra questi Aldighiero Aldighieri padre di Dante, perchè a dimostrazione del giubilo che infonde nell' animo l'aspetto della ridente stagione, venisse festeggiato il primo giorno di maggio. Dante, abbenchè non avesse per anco oltrepassato il nono anno dell' età sua, era stato condotto dal padre ad una tal festa, quando in sul finire di quella, essendosi cogli altri fanciulli tratto in disparte a trastullarsi, s'imbattè in una piccola figlia di Folco, la quale, come dice il Boccaccio, era assai leggiadretta secondo la sua fanciullezza, e ne' suoi atti gentile e piacevole molto, con costumi e parole assai più gravi e assennate di quello che il suo picciol tempo, d' ott' anni allora compiuti, non richiedesse ed oltre a questo aveva le fattezze del volto ottimamente disposte, e piene di tanta onesta vaghezza, che quasi un' angioletta rassembrava. Il nome di questa fanciulla era Beatrice, che per vezzo

sincopatamente dicevasi Bice; e o fosse la conformità de' loro sentimenti, o quella violenza di simpatia che ci forza ad amar l'un oggetto piuttosto che l'altro, Dante, quantunque fanciullo, s' accolse nel cuore la bella immagine di lei con tanta affezione, che fin da quel giorno dee dirsi che incominciasse ad esser signoreggiato dalla passione d'amore. Ma lasciando di parlare degli accidenti della puerizia, dice il Boccaccio che coll'età moltiplicarono l' amorose fiamme cotanto, che niun' altra cosa gli era piacere, riposo o conforto, se non il vedere quel caro oggetto delle sue affezioni. Quali e quanti fossero poi i pensieri, i sospiri, le lagrime e le altre passioni gravissime, da lui per questo amore nella giovenile età sostenute, egli medesimo il racconta nel presente libro della sua Vita Nuova, e perciò stimo superfluo il ripeterlo. Laonde, lasciando di narrare ciò che dall'autore stesso è narrato, io farò solo alcune parole sul titolo del libro, e sulle controversie che fino ad oggi si sono agitate intorno quest' amore di Dante: nel che fare, se andrò ripetendo alcuno di que' fatti e di quelli argomenti, che furono da me posti in campo allorchè nella Dissertazione sul Canzoniere dell' Alighieri feci la storia de' di lui amori, spero mi verrà di leggieri perdonato, essendo che daranno un qualche peso alle mie asserzioni, e porranno in una qualche luce la verità del mio assunto.

Alcuni filologi non sapendo veder la ragione per cui Dante intitolasse Libro della Vita Nuova quest' opuscolo, se ne trasser fuori dicendo, che egli avealo così intitolato, perchè così gli era piaciuto. Altri credendo che per quel titolo avesse voluto indicare la storia d'uno stadio, o d'un periodo di vita, che succede ad un altro, ne dedussero, averlo chiamato il Libro della Vita Nuova, o perchè va quivi descrivendo un periodo della sua vita, nel quale parvegli di sentire un gran cambiamento, e d' incominciare un'esistenza novella (e quest' era l'effetto del suo amore per Beatrice); o perchè va descrivendo una piccola parte di quel periodo del viver suo, che incominciò dalla morte di essa Beatrice, e che fu per lui una vita diversa, una vita successiva a quella da lui già trascorsa. D' una simile opinione sembra essere stato ancora il Trivulzio, essendochè nella Prefazione alla stampa della Vita Nuova da esso procurata in Milano, disse essere indubitato che quivi Dante tratti della rigenerazione in lui operata da Amore.

Ma i primi ei secondi andarono assai dilungi dal vero, inquantochè Dante nè pose al suo libro quel titolo a capriccio ed a caso, nè volle per esso indicare un nuovo periodo del viver suo, ovvero una rigenerazione della sua vita. Infatti, come mai quello scrittore, il quale non pubblicò mai cosa che non avesse prima in se lungamente meditata, potea porre ad una sua operetta un titolo senza una giusta ragione, un titolo che non rispondesse esattamente all'argomento in quella trattato? Noi sappiamo che Dante nel suo Convito divide l' umana vita in quattro periodi, che etadi appella: della prima parlando, niuno dubita, ei dice, ma ciascun savio s' accorda in istabilire, che ella dura insino al venticinquesimo anno.1 Ecco pertanto che il secondo periodo, il secondo stadio dell' umana vita comincia, secondo lo stesso scrittore, nell' anno ventesimosesto. Ma di quali anni della vita di Dante abbiamo in questo libretto la storia, se non principalmente di quelli, che dal nono trascorsero per infino al ventesimosesto? E come mai poteva l'Alighieri intitolar questo libro la storia del secondo periodo della sua vita, quando in esso ci dà la storia del periodo suo primo, della prima età di ragione, ch' ei fa cominciare dal suo nono anno, perciocchè davanti di quello, poco, dice, potersi trovare nella sua memoria?

Libro della Vita Nuova non altro dunque significa letteralmente e naturalmente, che Libro della Vita giovanile. Nuovo, novello, per giovanile, giovane, si rinvengono di frequente negli antichi scrittori; e i dodici esempi, che qui appresso riporto, credo poter esser bastanti a far persuaso qualunque non per anco lo fosse :

Tutta l'età mia nuova

Passai contento, e 'l rimembrar mi giova. »>

PETR., Canz. XII, St. 2.

«Questi fu tal nella sua vita nuova

Virtualmente, ch' ogni abito destro

Fatto averebbe in lui mirabil prova. »

DANTE, Purg., XXX, 115.

« Nella sua vita nuova, idest nella sua prima età. »

Tratt. IV, cap. XXIV.

LANDINO, Comm. alla Commedia.

<< E per la nuova età, che ardita e presta

Fa la mente e la lingua.

PETR., Tr. 1.

<< Nuovo augelletto due e tre aspetta,
Ma dinanzi dagli occhi de' pennuti
Rete si spiega indarno o si saetta. >>

DANTE, Purg., XXXI, 61.

<< Innocenti facea l'età novella. >>

DANTE, Inf., XXXIII, 88.

<< Dice l'autore che la tenera etade nella quale elli erano li scusava ec.>> L'Ottimo, Comm. alla Commedia.

<< lo sono stato tolto da questa, che voi chiamate vita, per gli inganni della mia novella sposa. >>

FIR., As. d'oro, 60.

<< Bello era e fresco, e nella nuova etade. »>

BOCCACCIO, Tes., lib. X, St. 69.

« Un poco pur la tua novella etade. »

BOCCACCIO, Tes., lib. IV, St. 7.

« Per la novella età che pur nove anni
Son queste ruote intorno di lui torte. »
DANTE, Par., XVII, 80.

« E noi in donne ed in età novella

Vediam questa salute (la gentilezza). »

DANTE, Canz. XVIII, St. 6.

Se per una parte può far meraviglia come un significato sì facile e sì naturale non venisse in mente ad alcun di coloro, che presero a parlare di questo libretto dantesco, non farà per l'altra meraviglia minore l'intendere come i seguaci de' Filelfi e de' Biscioni, levando oggi molto arditi la testa, ed affannandosi a comprovare lo scetticismo di cotesti novatori, asseriscano pertinacemente che la donna di Dante, come tutte quelle degli altri suoi contemporanei, siano una sola e identica allegoria: sicchè, se loro tu presti fede, se' costretto quasi ad inferirne che un gentile e naturale amore nel petto di quei grandi uomini fosse una cosa del tutto impossibile. Il buon canonico Biscioni pensò (come già molto innanzi pensato aveva

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