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>> aversi a tenere nello stile comico e nell' elegiaco, vale a dire nel » mediocre ed infimo. Ritenuto questo raziocinio tutto per fermo >> ed indubitabile, come appare dal cap. I a tutto il IV, osserviamo » che le Canzoni spettano allo stile tragico; ma la Commedia, » le Ballate ed i Sonetti spettano al comico e all' elegiaco. Ora se » Dante usò il volgare illustre nelle Canzoni, e fece uso dell'altro, cioè » del non illustre, nelle altre composizioni, fu fedele al suo precet » to. Ed appunto così sta la cosa: dunque Dante fu rigido osserva»tore del suo precetto: dunque irragionevolmente viene da alcuno » o da molti censurato. »

Coloro poi che stimano apocrifa l'Opera, e danno al Trissino i titoli d'impostore e falsario, s' appoggiano particolarmente all'autorità di Giovan Mario Filelfo, il quale facendo menzione del Volgare Eloquio, ne riporta un principio, differente da quello ch' abbiamo a stampa. Io mi meraviglio forte che i critici s'appoggino all'autorità d'un tale scrittore, cui i titoli d'impostore e falsario meglio che a qualunque altro convengonsi. Le imposture del Filelfo son tali, che piuttosto che ad ira muovono a riso, e molti scrittori infatti italiani e stranieri hannolo detto e ripetuto. Che forse il Filelfo, se riporta un principio differente del Volgar Eloquio, non fa altrettanto di quello della Monarchia, opera la cui originalità non puossi un momento mettere in dubbio? Che forse non riporta il principio d'una istoria de' Guelfi e Ghibellini, ch' egli gratuitamente afferma scritta da Dante? Che forse non narra cento altre fole, che fanno appieno nota la sua malafede e impudenza?1 Ma non puossi chiaramente mostrare, si continuerà a dire, che il Trissino non sia l'autore del li

« Il citare Mario Filelfo come autorità è tanto ridicolo, come sarebbe il citare l'autore del Don Chisciotte per conferma d'un fatto storico. Mario Filelfo, riconosciuto e vivo e morto per un solenne impostore da tutti, meriterà ora tanta fede? È certo che il libro del Volgare Eloquio non fu conosciuto da alcuno prima del Trissino, benchè fosse noto che Dante l'avesse scritto, siccome afferma il Boccaccio: onde è da credere che il Filelfo ne inventasse il principio, siccome ha inventato i titoli di opere che Dante..... non ha mai scritte nè immaginate. Quella Vita di Dante (scritta dal Filelfo) debb essere un bel romanzo, a giudicarne da' brani pubblicati dal Mehus..... » (G. G. Trivulzio, Lettera al Conte M. Valdrighi, Agosto 1828.)

bro, dappoichè l' originale latino, su cui fece la sua edizione il Corbinelli, mai più s'è veduto, lo che induce grave sospetto di frode. Ma se la maggior parte de' Codici greci, sui quali fece le sue edizioni l'Aldo, son oggi perduti, perchè non potrà essersi perduto quello usato dal Corbinelli? Dicano invece i critici qual molla potea spingere il Trissino e l'editore del testo latino a commettere una tale impostura. Io veggo frattanto che la Poetica del Trissino non concorda colle massime del Volgar Eloquio; dunque lo scrittore non è lo stesso veggo nel Volgar Eloquio, che mai è fatta menzione della Divina Commedia, la qual cosa un impostore, ad autenticare il suo libro, non avrebbe certo lasciato di fare veggo che il traduttore italiano ha talvolta inteso a rovescio le frasi del testo latino, lo che patentemente palesa che l'autore della traduzione non è lo stesso del testo. E questa particolarità fu pure notata dal Dionisi, dal Foscolo, e da altri giudiziosi scrittori.

Ma è tempo omai che abbian fine queste lunghe ed intricate questioni. Io annunziai pel primo all' Italia, che l'originale latino del Volgare Eloquio di Dante, e molto verosimilmente lo stesso Codice di cui si servì il Corbinelli, era già ritrovato, e conservavasi nella pubblica Biblioteca di Grenoble. Il marchese Trivulzio di Milano ne fe' cononoscere un altro, che faceva e fa parte della sua sceltissima e preziosa Biblioteca, ed era quello stesso che tenne sott'occhio il Trissino per far la sua traduzione. Ed il dottor Alessandro Torri annunziò d'averne veduto e consultato un altro nella Vaticana di Roma.2

Dantis Aligherii de Vulgari Eloquio etc.; Florentiæ, typis Allegrini et Mazzoni, 1840.

Il Codice Trivulziano, cartaceo in 4o piccolo, ch'è della fine del secolo XIV o del principio del XV, è quello stesso su cui il Trissino fece nel 1529 la sua traduzione, e ciò si rileva dalle note e postille, che quel suo antico possessore vi fece ne' margini. È dunque anteriore d'un secolo al Trissino.

Il Codice della pubblica Biblioteca di Grenoble, membranaceo in 4° piccolo, è, come quello della Trivulziana, della fine del secolo XIV o del principio del XV; onde è pur esso anteriore d'un secolo al Trissino. Congetturasi esser quello stesso su cui il Corbinelli fece nel 1577 la prima edizione del testo latino.

Il Codice della Biblioteca Vaticana, ch'è cartaceo in 8° e segnato di numero 1370, porta la data del 1508. È dunque anteriore di 21 anni alla traduzione del Trissino.

Ora poichè l'opera mandata in luce e dal Trissino e dal Corbinelli è stata riscontrata (salvo alcune varianti, nella presente questione inconcludenti) pienamente conforme a quella presentata da' detti tre Codici, lo studiato edifizio degli scettici ha dovuto finalmente cadere in frantumi.'

Un'altra domanda è stata fatta, ed è: quando ha egli Dante scritto questo suo libro? prima o dopo la Divina Commedia ? Anco a questo risponderò brevemente, e poi farò fine.

Che il Trattato del Volgar Eloquio, fosse scritto da Dante nel tempo del suo esilio, è indubitato, poichè lo dice egli stesso dne vol

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<< Lo Scolari non vuol riconoscere il Volgar Eloquio per opera di >> Dante, a motivo che trova esservi alcune contradizioni coll' opera del » Convito e della Divina Commedia. sarà forse la prima volta che un >> autore cangia d'opinione, particolarmente in cose scientifiche e lette»rarie? Io ho veduto lo Scolari più volte nello scorso mese a Padova, » e gli ho mostrato che in molte delle emendazioni proposte nell' Appen» dice non avea bene inteso il senso de' passi esaminati; e gli ho fatto >> tornare in gola quel requiescat in pace ch'egli ha cantato (pag. 13) >> sul testo unico del libro del Volgare Eloquio, facendogli vedere e toc>> care ancor vivo il mio Codice, che aveva meco espressamente recato. >> Io l'ho convinto, confuso; ma persuaso? non credo: tanta è la tenacità >> delle opinioni letterarie. Tutta quella pag. 13 è piena zeppa d'erro>> ri, tra i quali non è l'ultimo il confondere, come fa, il ritrovamento » d'un Codice e la compilazione del medesimo, quasi che fosse la stessa » cosa ». (G. G. Trivulzio, lett. cit.) »

Quand' io poi ebbi annunziato il ritrovamento del Codice del Corbinelli, ecco ciò che lo Scolari s'affrettò di dire per le stampe:

<< Mi sia permesso d'avvisare, che sull' autenticità complessiva del » libro che s' attribuisce a Dante sotto il titolo di Volgare Eloquio, col >> testo latino del Trissino, tengo sempre più tranquillamente ch'essa sia >> da escludere affatto, nè in ciò mi resta altro desiderio (dopo quanto >> scrissi nell' Appendice al Convito, e quanto avrei da scrivere ancora) >> fuor quello di vedere co' miei propri occhi quel famoso Codice di Gre>> noble, cui si riporta il chiarissimo signor Fraticelli; Codice che andò >> veramente a cacciarsi un po' lontano da noi per potere esser veduto >> ed esaminato a dovere. Avessi trovato almeno una descrizione esatta » della scoperta avvenuta, quando, come, colla storia de' viaggi che ha >> fatto il Codice per arrivare sin là, ec. ec.! »

E con tale ironico e frivolo scetticismo il tenace signor Filippo Scolari credeva risolvere la combattuta questione! Ma che dirà egli, ora che non uno, ma tre Codici, e tutti anteriori al Trissino, sono stati ritrovati, svolti e consultati, e minutamente descritti ?

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te: al cap. VI del libro I, amiamo tanto Fiorenza, che per averla amata, patiamo ingiusto esilio; ed al cap. XVII del libro medesimo, quant' egli poi (il volgare illustre) faccia i suoi familiari gloriosi, noi stessi l'abbiamo conosciuto, i quali per la dolcezza di questa gloria ponemo dopo le spalle il nostro esilio. E poichè

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in questa operetta va notando le differenze degl'italici dialetti e le varietà dei loro suoni, rendesi molto probabile ch' ei la scrivesse non già ne' primi tempi dell'esilio, ma dopochè in forza di esso aveva egli dovuto peregrinar per l'Italia.

Il libro primo sembra essere stato scritto dal 1305 al 1306. Infatti nel capitolo XVIII dice gl' Italiani mancare di curia (secondo che unica si piglia come quella del re d'Alemagna), perchè mancan di principe. Ma così non avrebbe egli detto nel 1309, quando Arrigo VII di Lussemburgo, stato già eletto re de' Romani, era in sulle mosse per venire in Italia. Nel cap. XII parla poi di Giovanni I di Monferrato, d'Azzo VIII da Este e di Carlo II di Napoli, siccome di personaggi viventi; ed essi morirono nel 1306, 1308, 1309. Bene dunque si deduce che Dante non può avere scritto il primo libro che innanzi quelle date, e così dal 1305 al 1306. Ed a più forte argomento si deduce che non può averlo scritto dopo il 1309. E quanto a quel passo del Convito, che sembrerebbe contradire a questa deduzione, di questo si parlerà altrove più compiutamente in uno libro ch' io intendo di fare, Dio concedente, di volgare eloquenza, se ben si considera, non riesce contradittorio; perciocchè l' autore d' un'opera destinata a contener quattro libri, non avrebbe potuto in diversa maniera parlarne, quand' egli non aveva pure terminati due, e non aveane pubblicato alcuno.

Rispetto all'anno in che fu scritto il libro secondo, quantunque dalle parole colle quali incomincia, promettendo un'altra volta la diligenza del nostro ingegno, e ritornando al calamo della utile opera, sopra ogni cosa confessiamo ec., sembri potersi dedurre che Dante non vi pose mano se non qualche tempo dopo aver compito il primo; pure questo tempo da lui fra l'uno e l'altro libro frapposto, non fu molto lungo. Imperocchè se Azzo VIII da Este, il quale morì nel 31 gennaio 1308, si trova nominato siccome vivente nel libro I, lo si trova pur nel II, la lodevole discrezione del Mar

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DISSERTAZIONE SUL VOLGARE ELOQUIO.

chese da Este, e la sua preparata a tutti magnificenza, fa esso essere diletto (cap. VI). Dunque il libro secondo non può essere stato scritto più tardi del 1307. Ora, se Dante scrisse il Trattato del Vulgar Eloquio dal 1305 al 1307, scrivealo dunque mentre dettava la prima Cantica del suo poema, poichè questa non potè esser compiuta e pubblicata innanzi del 1309.

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