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al vivo, ed esprime i lor pensieri ed azioni talmente, quali non dalla grazia ma dalla natura procedono, necessariamente viene con le virtù a scoprire anche i vizj non di rado mescolati nelle virtù dalle umane passioni, le quali penetrano negli atti nostri anche quando son guidati dalla ragione, se questa non è dalla divina grazia sopra la natural condizione esaltata. Quindi siccome gli uomini da Omero imitati, così anco i rappresentati dal nostro Dante in parlando ed in operando talvolta gli altrui, talvolta i proprj difetti producon fuori ; essendo l'uomo quanto proclive ad errare tanto diligente ad osservar gli errori altrui. E perchè Dante rassomiglia non solo i grandi, ma i mediocri e i piccioli ed ogni genere di persone; perciò è riuscito quel poema simile a quella di Aristofane, e d' altri del suo tempo antica comedia, emendatrice de' vizj e degli altrui costumi dipintrice, da cui Dante così la natura come il nome tolse del suo poema; il quale più del drammatico che del narrativo ritiene : perchè più frequenti sono le persone introdotte a parlare che quella del poeta medesimo, e perciò ragion maggiore acquista al titolo di commedia ch'a quello d'epica poesia.

Della politica di Dante.

XI. Or dall' esterna figura passeremo alle parti interne, e gireremo per entro il sentimento e fine generale, tanto politico quanto morale e teologico, di questo poema. E

rivocando a mente quel che nel primo discorso abbiamo degli antichi poeti dimostrato, sono eglino stati maestri dell' umana vita e civil governo, non solo colle parti del poema loro ma eziandio col tutto. Vedendo, come nel primo discorso abbiamo accennato, il divino Omero tutta la Grecia divisa in tanti piccioli corpi e governi particolari, de' quali ciascheduno a se medesimo era sottoposto ed indipendente dall' altro, conobbe che la libertà disseminata e sparsa potea esser volta in servitù da qualche forza esterna maggiore, quando le città Greche, le quali ciascheduna da se inferiori erano alla forza straniera, non acquistassero potenza a quella eguale o superiore alla loro unione. Onde mostrando prima i Trojani vincitori per le gare de' Greci, e per la disunione d' Agamennone e d' Achille, e poi dalla riunione di questi due facendo i Trojani vinti ed i Greci vincitori apparire, diede alla Grecia la norma, sì poi con pubblico suo danno da lei negletta, da mantener la libertà in ciascu→ na repubblica contro l' assalitore, o particolare o comune, per via della cospirazione ed unione di tutte. Per lo che quando le due gran repubbliche, le quali erano il nodo dell' altre, Sparta ed Atene furono legate in concordia tra di loro dal timore di Dario e di Serse; e dalla forza Persiana non solo la Grecia non cadde, ma

fe' crollare ancora il tronco della Persiana monarchia, e potè contra di lei porgere anche la mano all' Egitto. Ma partendo con la fuga dell' esercito Persiano il timore dalle due repubbliche, e succedendo in luogo della paura negli animi Ateniesi l'ambizione della potestà suprema in tutta la Grecia; nacque giustamente ne' cuori Spartani il sospetto e la gelosia non solo del dominio ma della propria libertà. Onde si consumarono tra di loro gli Spartani e gli Ateniesi in lunghe guerre, nelle quali superati al fine gli Ateniesi trasser nella rovina loro la metà di quella forza ch' avea prima per la Greca libertà combattuto, ed apersero la strada alla nuova e non mai, per l'antica sua ignobiltà, sospettata potenza de' Macedoni; i quali estinsero nella Grecia le discordie con estinguerne la forza e rapirle la libertà, sì ben prima difesa e mantenuta contra la potenza Asiatica, alla quale gl' istessi Macedoni aveano servilmente obbedito. Simil morbo nell' età di Dante serpeggiava per entro le viscere dell' antica e legittima signora delle genti, ed era l'Italia dalle proprie discordie e dalle forze e fazioni straniere sì miseramente lacerata e divelta; che quella, la quale con se medesima consentendo ripigliar poteva il comando de' perduti popoli, fu poi per contrarietà d' umori, che dentro il suo maestoso

corpo a proprio danno combattevano, ridotta vivamente a servire alle soggiogate e da lei trionfate nazioni.

De i Guelfi
e Ghibellini.

XII. Il seme di questo morbo in

Italia fu lo stesso ch' avea tanto tempo prima avvelenata la Grecia, cioè lo sfrenato ed indiscreto disiderio della libertà. La qual passione non solo l' Italia in generale, ma in particolare ogni provincia di lei, ed ogni città, anzi ogni privata famiglia in due fazioni divise, l' una Guelfa, e l'altra Ghibellina appellata. Delle quali l'origine e ragion politica, benchè nota comunemente si crede, pur non è forse al tutto esposta, se non che all' intelligenza di coloro che colla scorta più del proprio giudizio che della divulgata opinione per l' istorie trascorono; conciossiachè l' idee di questi due partiti non tanto dalle cagioni che da gli effetti comunemente si tirano. Erano per l'intervallo, che corse dall' estinzion dell' imperio ne' Francesi alla traslazion sua ne' Tedeschi, disciolte le città d'Italia in varie repubbliche, delle quali ciascuna per se medesima si reggea. Intanto cadde in mente ad alcuni signori potenti della Lombardia di ritener l'imperio allor vacante nel seggio suo primiero, come fu Berengario, Lamberto, Adelberto, li quali, armi e soldati raccogliendo, e città e castelli espugnando, destarono le città libere, e tra esse particolarmente Roma e 'l sacrosanto suo

capo alla comune difesa contro la violenza di coloro, che col titolo imperiale non dal Papa principe del popolo Romano ottenuto, ma dall' ambizion propria usurpato, andavano in preda dell' altrui libertà. Posatosi poi l' imperio ne' Tedeschi, qualora l'Imperadore non contento del governo generale delle milizie e dell' imperio proconsolare, turbar voleva il governo civile di ciascheduna repubblica, ed a se interamente 'l autorità tutta rivocare, nacquero, siccome nasceano nell'antica Roma tra 'l Senato Romano e 'l corpo militare, contrarj partiti ; de' quali l' uno la libertà particolare della sua patria, l' altro la libera ed universale autorità dell' imperio, in tutti i gradi così militari come civili, sosteneva. De' quali partiti quel che combatteva per la libertà della sua patria divisa dall' imperio, Guelfo fu detto; e l'altro Ghibellino, che la libertà della patria al nodo comune dell' imperio intessea. E presero i nomi dall' antiche fazioni, le quali ardevano nella Germania fra' popoli Svevi, distinte in due gran potenze contrarie, con questi due vocaboli significate, nel tempo degli Arrighi e Federici, sotto i quali alle discordie d' Italia gl' istessi nomi e passioni derivarono, quasi due colonie della Svevia, ove furono introdotti i Ghibellini da' Franconi, quando alla Germania signoreggiarono, ed a' Svevi innestarono questa parte della lor gente chiamata Ghibellina, cui diedero il comando

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