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ignoranza colla presunzione. E siccome Omero diè fuori tutte le forme di parlare, onde in lui Aristotile la tragedia e commedia rinviene; così esprimendo Dante tutti i caratteri degli animi e passioni loro, espone anche la forma di tutti gli stili, così tragico nel grande, come comico e satirico nel mediocre e ridicolo, e nella lode il lirico, e l' elegiaco nel dolore.

Dell' Epica
Poesia, e de'

XIV. Or poichè nel trattar del DanRomanzi. tesco poema tutti i fondamenti scoperti abbiamo della volgar poesia, potremo più speditamente giudicare degli altri celebri poeti, che a lui succedettero, e che, per lo sentiero da Dante aperto, trasportarono alla creazion delle nuove favole l'artifizio e i colori e la dottrina delle antiche. Onde per ragion di maggioranza dall' epico genere di poesia comincieremo, nel quale anche abbracceremo que' poemi eroici, che per essere di varie fila tessuti comunemente s'appellano Romanzi : i quali sono in un genere distinto senza ragione collocati da quelli che, più dalla differenza delle parole a capriccio inventate che dalla conoscenza della cosa, tirano il lor sentimento. Imperocchè se epico altro non significa. se non che narrativo; perchè non sarà epico ugualmente, anzi più, chi un volume di molte imprese grandi espone, che chi ne narra poche ridotte ad una principale ? E se lo stesso luogo ha nelle finzioni poetiche l'epico che ne' veri

successi lo storico, perchè non sarà tanto epico per cagion d' esempio l' Ariosto, quanto è storico Tito Livio? Se pure non vogliamo escluder Livio dal numero degli storici, perchè narra tutti i fatti del popolo Romano, e dar luogo al solo Sallustio, perchè narra la sola guerra di Giugurta é la congiura di Catilina. O forse perchè Omero della guerra Trojana quella sola parte ha voluto descrivere, che nacque dall' ira d' Achille, sarebbe stato meno epico, se quanto in dieci anni avvenne di quello assedio avesse narrato? Ed è in vero cosa assai strana che, per sostenere un precetto d' Aristotile, o dagli altri male inteso, o da lui confusamente spiegato, ci riduciamo a credere per narratore chi narra poche cose ridotte ad una, e non chi ne narra molte e principali? E benchè sembri anche a me sommo artifizio il dilettare ed insegnare con una impresa di proporzionato corpo che, diramandosi in molte azioni, pur poi si riduca e raccolga in una, come più linee che ad un medesimo contro concorrono, ad imitazion dell' Iliade; pur non sò perchè un poeta narrando cose verisimili, e con vivi colori rassomigliate, ma diversamente ordite e senza tale artifizio inventate, non debba riputarsi epico e narratore: poichè siccome le cose in natura possono variamente succedere, così dee esser lecito variamente inventarle e narrarle o secondo la loro unità, o secondo la loro moltitudine.

Onde io non solo non trovo cagione d' escludere dal numero degli epici poemi alcuni più nobili de' nostri, come i due Orlandi; ma nè meno il romanzo dal poema so distinguere, se non che da una sola differenza esteriore ed accidentale, anzi puerile; cioè dall' essere alcuni poemi scritti in lingua Provenzale, la quale, siccome di sopra si è detto, lingua Romanza appellavasi dalla lingua Romana plebea, nella quale in Provenza si cominciarono i fatti a descrivere de' Paladini di Francia, contenuti nel favoloso libro di Turpino Arcivescovo di Rems, e degli eroi della Tavola Rotonda d' Arturo re d' Inghilterra: le quali narrazioni per nome aggettivo chiamavan Romanzi, sottintendendovi il nome sostantivo di poemi, quasi dicesser poemi Romanzi ovvero Romanensi, per cagione della lingua in cui erano composti. Che se vogliamo Romanzi chiamare i due Orlandi, perchè contengono gli eroi e i Paladini che in que' romanzi campeggiavano, sia pure in loro arbitrio il nome, purchè non separino la sostanza, la quale i poemi eroici e i romanzi hanno promiscua: se pur, con maniera strana d'intitolare, non vogliono dare il nome d' eroico a quel poema, ove fa la principale azione un solo, e negarlo a quello dove per avventura molti principalmente operassero. Con qual dialettica novella attribuirebbero al minor numero la proprietà comune, che niegano al maggiore,

quasi che la qualità d' eroico, che deriva separatamente da un solo, non possa da molti insieme derivare ?

Del Bojardo. XV. Dovendo adunque trattare degl' Italiani poemi, sceglieremo, come de' Latini abbiam fatto, i più degni ed utili più a regolare il gusto, e piglieremo a considerare il Bojardo, come fonte, onde poi è uscito il Furioso. Credono molti, che 'l Bojardo avesse ordito il suo poema ad imitazion de' Provenzali, perchè l' ombre e i nomi di quegli eroi per esso veggon trascorrere. Ma da molto più limpida e larga vena trasse egli l'invenzione e l' espression sua, cioè da' Greci e Latini, nel cui studio era versato, senza che a' torbidi torrenti Provenzali dovesse ricorrere; e si servì de' nomi e fatti di quei Paladini, perchè da' Provenzali ed altri antichi romanzi alla volgar conoscenza erano usciti. Onde per essere più grato, e maggiormente applaudito, volle servirsi dell' idee di cui già trovava nel volgo l'impressione. Per lo che siccome Omero e gli altri poeti Greci ebbero per campo delle loro invenzioni l'assedio Trojano, di cui la fama largamente per la Grecia trascorrea; così il Bojardo ebbe per seminario delle sue favole il rinomato e per molti libri celebrato assedio di Parigi, seguendo il genio, che albergava ne' più antichi favoleggiatori della Grecia, i quali attribuirono a' loro Eroi e suggetti dote sopranna

turale, con cui da essi Ercole, Teseo, Capaneo, Achille, Anfiarao, Orfeo, Polifemo, e simili son rappresentati. Alla qual idea son creati gli Orlandi, i Ferraù, i Rodomonti, gli Atlanti, i Ruggieri, l' Orco, ed altri prodigiosi personaggi, ch' esprimono ciascuno la sua parte del mirabile, a similitudine de' greci eroi e suggetti, a ciascuno de' quali potremmo porre uno de' novelli all' incontro, se la brevità di quest' opera il tollerasse. E siccome i Greci salvavano il verisimile colla divinità, che in quegli eroi operava ; così il Bojardo con le Fate e co' Maghi, in vece degli antichi Numi sostituiti, le sue invenzioni difende: e sotto le persone da lui finte i vizj esprime e le virtù, secondo la buona o cattiva figura di cui son vestite, non altramente che delle loro deità ed eroi si servivan gli antichi. Colla qual' arte ha egli, ad esempio de' primi favoleggiatori, prodotto a pubblica scena, in figure ed opere di personaggi maravigliosi, tutta la moral filosofia. Parimente siccome i Greci per significare la debolezza dell' animo umano, che alle discordie, alle stragi, ed alle rovine da leggierissime o vilissime passioni è per lo più trasportato, trasser da Elena gli eventi di tante battaglie e sì funesta guerra che la Grecia vincitrice, non men che l' Asia vinta, coprì di travagli e miserie; così il Bojardo per ripetere a noi il medesimo ammaestramento, dalla sola Angelica eccita di lunghe

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