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contese e d'infinite morti l'occasione. Quindi questo poema, che di tante virtù riluce, sarebbe da molte nebbie libero, se fusse stato condotto a fine, ed avesse avuto il debito sesto nel corpo intero, e la meritata cultura in ciascuna sua parte, colla quale si fussero tolte l'espressioni troppo alle volte vili, e si fusse in qualche luogo più col numero invigorito; affinchè, siccome rappresenta assai felicemente il naturale, avesse avuto anche gli ultimi pregi dell'arte, e fusse rimasto purgato di que' vizj per li quali il Berni, colla piacevolezza del suo stile, l' ha voluto cangiare in facezia.

Dell' Ariosto. XVI. Ma sorgendo dal medesimo nido spiegò l'ali a più largo e più sublime volo l' Ariosto, il quale, producendo alla sua meta la cominciata invenzione, seppe a quella intessere e maravigliosamente scolpire tutti gli umani affetti, costumi, e vicende, sì pubbliche come private; in modo che quanti nell' animo umano eccita moti l'amore, l'odio, la gelosia, l' avarizia, l' ira, l' ambizione, tutti si veggono dal Furioso a luoghi opportuni scappar fuori, sotto il color proprio e naturale; e quanta correzione a' vizj preparano le virtù, tutta si vede ivi proposta sotto vaghi racconti ed autorevoli esempj, su i quali sta fondata l'arte dell' onore, che chiaman Cavalleria, di cui il Bojardo e l' Ariosto sono i più gravi maestri. Tralascio i sentimenti di filosofia

e teologia naturale in molti luoghi disseminati, e più artificiosamente in quel canto ombreggiati, ove S. Giovanni ed Astolfo insieme convengono, Non potevano nè l' Ariosto al suo fine, nè i posteri all' utile che si aspetta dalla poesia, pervenire, se questo poema non esprimea tanto i grandi universalmente quanto in qualche luogo i mediocri e i vili: acciocchè di ciascun genere la passione e l' costume si producesse, ed ap parisse quel che ciascuno nella vita civile imitar debba o correggere, secondo la bellezza o deformità delle cose descritte. La quale mescolauza discreta di varie persone introdotte dall' arte, siccome rassomiglia le produzioni naturali, che non mai semplici ma sempre di vario genere composte sono; così non è sconvenevole all' eroiche imprese le quali, come altrove si è detto, quantunque grandi, sono ajutate sempre dagli strumenti minori; conciossiachè a qualsivoglia eccelsa azione d'illustre padrone sia involta l' operazion de' servi, i quali colla bassezza dello stato loro non toglion grandezza al fatto, perchè alla promozion della grand' opera sono dalla necessità indirizzati. Per lo che, siccome ad Omero, così all' Ariosto nulla di sublimità toglie l'uso raro e necessario di basse persone. A tal varietà di persone e diversità di cose vario stile ancora, e tra se diverso, conveniva; dovendo l'espressione convenire alle materie di cui ella è

l'immagine. Onde siccome ogni miglior' epico, così l' Ariosto, che più cose e varie mescolò nel suo poema, usò stile vario, secondo le cose, passioni, e costumi che esprimea. Ed in vero muove compassione l'affanno, che molti tollerano in cercando, che nota convenga al poeta epico, se la grande, la mediocre, o l'umile, per dar qualche uso a' precetti, che si ascrivono al Falereo, e che per lo più s' abbracciano per leggi di natura universale. Poichè se il poema contiene, come deve contenere, principalmente imprese grandi, chi può dubitare, che generalmente debbasi adoperare lo stil sublime; e che dove poi cadono delle cose mediocre ed umili, debbasi a quelle materie incidenti stile mediocre ed umile appli care? non altramente che degli oratori si dice, de' quali quegli al giudizio di Cicerone è il perfetto, che le cose grandi grandemente, le mediocri con mezzano stile, e l'umili sottilmente sappia trattare. Per qual virtù l' Ariosto, siccome non cede ad alcuno, così a molti è su periore. La medesima ragione e misura, che si dee secondo la natura delle cose distribuire, usò l'Ariosto anche nel numero de' versi: il qual numero da lui a proporzione della materia o s' innalza, o si piega, o pur si deprime, dovendo il numero al pari della locuzion poetica consentire alle cose; alle quali dee ogni stile tanto di poeta, quanto d'istorico e d'oratore puntualmente

ubbidire. Unde se alcun poeta epico Italiano mantien sempre locuzione e numero eroico, sarà lodevole sempre che imprese ed atti e persone eroiche solamente rappresenti; ma biasimevole, se mutando alle volte le persone e le cose, non cangiasse con loro anche lo stile il quale in questa maniera si opporrebbe alla natura, simile a cui l'arte dee produrre ogni suo germe. Per lo medesimo consiglio e con mirabil felicità l' Ariosto descrive minutamente le cose; dispiegandole a parte a parte, e discoprendole intere. Con che non solo nulla perde di grandezza, ma ne acquista maggiore di chi le descrive in generale, ed accresce più colle voci e col suono, che con la rassomiglianza distinta delle cose grandi, le quali più grande idea imprimono; quanto più per tutte le parti si rappresentano al pari dell' Ercole Farnesiano, che dall' espressione distinta de' muscoli, vene, e nervi diventa maggiore. Che, se descritte le parti della cosa umile e mediocre, la natura loro più comparisce, e più vero concetto, o mediocre o umile, si forma; così conosciute più parti della cosa grande, maggiore e più presente sembianza di grandezza comprendiamo. E questa più si genèra, se più proprie sono le parole, colle quali si esprimono, come più alla lor natura vicine, e nate colle cose medesime alle quali sogliono recar maggior luce le parole traslate, purchè contengano l' immagine di quelle, o

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pajono espresse dalla necessità, e siano parcamente adoperate, come l' Ariosto suole, e non accumolate indiscretamente dalla pompa e dal vano ornamento, che in vece di svelare adombra l'oggetto, nè porta seco di grande se non che il rimbombo esteriore; in modo che le cose all' orecchio grandi giungono poi picciole alla mente. A queste virtù principali, delle quali fiorisce l' 'Ariosto, seminati sono alcuni non leggieri vizj attaccatigli addosso buona parte dall' imitazion del Bojardo. Tal' è il nojoso ed importuno interrompimento delle narrazioni, la scurrilità sparsa alle volte anche dentro il più serio, le sconvenevolezze delle parole e, di quando in quando, anche de' sentimenti, l'esagerazioni troppo eccedenti e troppo spesse, le forme plebee ed abbiette, le digressioni oziose, aggiuntevi per compiacere alle nobili conversazioni della Corte di Ferrara, ove egli cercò esser più grato alla sua Dama che a severi giudici della poesia. E pure a parer mio con tutti questi vizj è molto superiore a coloro, a' quali in un co' vizj mancano anche dell' Ariosto le virtu; poiche non rapiscono il lettore con quella grazia nativa, con cui l'Ariosto potè condire anche gli errori, i quali sanuo prima d' offendere ottenere il perdono; in modo che più piacciono le sue negligenze che gli artifizj altrui; avendo egli libertà d'ingegno tale e tal piacevolezza nel dire, che il riprenderlo sem

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