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noi di lontano una torre quadrata che tonda ci appaja, se affermeremo che sia tonda, giudicheremo falsamente. E ciò ne avviene perchè gli angoli di quella figura si vanno nell' aria con la lontananza perdendo, in modo che ella a noi intera non giunge: che se poi colla vicinanza giungerà intera, noi tosto il falso in vero giudizio cangeremo. Quindi palese rimane, che siccome l'affirmazione contiene percezione della cosa che si afferma; così la negazione contiene percezione dalla quale si esclude la cosa che si niega e l' opinion falsa, in quanto falsa, nulla di positivo comprende; ma è percezione scema da cui la mente non si svelle se non coll' incontro e colla percezione dell' intero. Onde per quella parte che ne giunge della torre l'idea è vera, perchè da tanta quantità la mente è percossa; ma è idea falsa per quella parte degli angoli della torre che non ci pervengono: per la mancanza de' quali si forma il falso giudizio nel creder di vederla intera. Sicchè l'errore non si compone dall'imaginazione di cosa che non ha esistenza sul vero; ma da mancanza d' idea atta ad escluder l'esistenza della cosa per quell' immaginazione rappresentata. Per lo che quando l'immagine della cosa assente o futura non si esclude da un' altra immagine contraria, che tiri a sè l' assenso nostro, ella da noi si riceve come presente e reale, o corrispondente alla certa esistenza del vero. Onde le passioni tutte,

e, più che l'altre, quelle dell' ambizione e dell' amore, che imprimono dentro la mente con maggior forza i loro oggetti che sono l'onore ambito e il sembiante desiderato; e che occupano quasi l'intero sito della nostra fantasia; vengono a generare dentro di noi un delirio, siccome ogn' altra passione più o meno suol fare, secondo la maggior o minor veemenza degli spiriti da' quali è l'immaginazione assalita: perchè tenendosi lungi dalla fantasia nostra l'immagine della distanza di tempo o di luogo; e rimovendosi tutte quelle ch'esprimono l'assenza dell' onore, o del sembiante, per le passioni suddette rappresentato; la mente in quel punto abbraccia la dignità e la bellezza immaginata come vera e presente. Donde avviene che per lo più gli uomini sognano con occhi aperti.

Della efficacia della poe

sia.

II. Or la poesia colla rappresentazion viva e con la sembianza ed efficace similitudine del vero circonda d' ogn'intorno la fantasia nostra, e tien da lei discosto l'immagini delle cose contrarie, e che confutano la realità di quello che dal poeta esprime. Onde ci dispone verso il finto nel modo come sogliamo essere disposti verso il vero. E perchè i moti dell' animo nostro non corrispondono all' intero delle cose, e non esprimono l' intrinseco esser loro; ma corrispondono all'impressione che dalle cose si fa dentro la fantasia, ed esprimono le vestigia da i

corpi esterni in essa segnate; chi con altri strumenti che con le cose reali medesime desta in noi l'istesse immagini già dalle cose reali impresse, e spinge l'immaginazione nostra secondo il corso e tenore de i corpi esterni; ecciterà gli affetti simili a quelli che son destati dalle cose vere, siccome avviene ne' sogni. Quindi è che il poeta per mezzo delle immagini esprimenti il naturale, e della rappresentazion viva e somigliante alla vera esistenza e natura delle cose immaginate, commove ed agita la fantasia nel modo che fanno gli oggetti reali, e produce dentro di noi gli effetti medesimi che si destano da i veri successi: perchè gli effetti son tratti dietro la fantasia in un medesimo corso, e s'aggirano al pari dell'immaginazione, alzandosi ed inchinandosi secondo il moto e quiete di esse, siccome l' onde per l' impeto o posa de' venti.

Alla qual opera son atte le parole che portano in seno immagini sensibili, ed eccitano in mente nostra i ritratti delle cose singolari, rassomigliando successi veri e modi naturali: perchè in tal maniera la mente nostra meno s'accorge della finzione, dando minor luogo all' immagini che rappresentano l'esistenza delle cose contrarie. Onde l'animo in quel punto abbraccia la favola come vera e reale, e si dispone verso i finti come verso i veri successi: imperocchè la fantasia è agitata da i moti corrispondenti alle sensibili e reali impressioni.

Del verisi

mile, e del convenevole.

III. Perciò il poeta conseguisce tutto il suo fine per opera del verisimile, e della naturale e minuta espressione: perchè così la mente astraendosi dal vero s' immerge nel finto, e s' ordisce un mirabile incanto di fantasia. Quindi è, che si recano a gran, vizio nella poesia gl' impossibili che non sono sostenuti dalla possanza di qualche nume, e gli affetti, costumi e fatti inverisimili, o non confacenti al genio ed indole della persona che s' introduce, ed al corso del tempo che si prescrive; perchè sì fatte sconvenevolezze, con apportar a noi l'immagine di cosa contraria alla favola che s' espone, ci destano e ci fanno accorgere del finto, E perciò gli antichi non sofferivano che sulle scene s' adducessero fatti di lunga distesa, è corrispondenti al tratto di mesi e d' anni: perchè volevano finger la cosa appunto come si sarebbe fatta, per rapire con la rappresentazione viva e verisimile l'intera fantasia degli ascoltanti, quasi che quell' azione appunto allora si producesse. Onde misuravano la distesa del successo coll' ore del teatro, le quali erano per lo meno dodici, non solo perchè v'eran tramischiati vari giuochi; ma altresì perchè la Favola si rappresentava colle parole, col canto, col suono e col ballo ch'eran tutti strumenti della poesia. Quindi si scorge non dovere i poeti parer così artifiziosi, che mostrino aver fatto ogni verso a livello: perchè l'artifizio si dee nascondere sotto

l'ombra del naturale; e conviene tal volta industriosamente imprimer su i versi il carattere di negligenza, perchè non si sciolga l'immaginazione dalla credenza del finto con la forza dell' artifizio apparente, che è indizio di cosa meditata, e della coltura troppo esatta che oscura le maniere naturali. Onde i medesimi principj poco dianzi stabiliti ci propongono la ragione da fuggire ugualmente le sconvenevolezze, che la troppo sensibile coltura, o per così dire la lisciatura d'ogni verso e d'ogni parola, e 'l numero troppo rimbombante e vibrato: perchè le prime con apportarci l'immagini contrarie alla favola, e gli ultimi coll' apparente artifizio ci cuoprono l' aspetto della natura: in modo che la mente s' accorge del finto, e la fantasia quasi addormentata si risveglia; onde l'incanto resta in un tratto disciolto.

Dell' artifizio d' Omero.

IV. Omero perciò è il mago più potente e l' incantatore più sagace, poichè si serve delle parole, non tanto a compiacenza degli orecchi, quanto ad uso dell' immaginazione e dalla cosa, volgendo tutta la industria all' espressione del naturale. Ei trascorre talora al soverchio, talora mostra d'abbandonare ma poi per altra strada soccorre; sparge a luogo e tempo d'opportune formole e maniere popolari ne' discorsi che introduce; si trasforma qual Proteo e si converte in tutte le nature: or

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